Il giudizio di opposizione allo stato passivo: effetti della mancata allegazione del decreto ex art. 97 l. fall. e comparizione delle parti

Chiara Ravina
10 Febbraio 2022

Con i provvedimenti in oggetto la Corte di Cassazione torna ad affrontare la problematica relativa alla natura del giudizio di opposizione allo stato passivo ed alla disciplina ad esso applicabile, con particolare riguardo all'applicabilità delle norme di rito che regolano l'appello civile, nonché, più in generale, delle norme del codice di procedura civile, anche relative al giudizio di primo grado.
Massime

L'opposizione al decreto che rende esecutivo lo stato passivo ha natura di impugnazione della decisione del giudice delegato alla procedura, di segno anche solo parzialmente negativo, di domanda di ammissione al passivo e il procedimento incidentale alla formazione del passivo della procedura, che con essa si instaura, ha la sua intera disciplina nella legge fallimentare: in tale procedimento non trova dunque applicazione la disciplina recata dagli artt. 339 ss.c.p.c. e in particolare dall'art. 347, comma 2, c.p.c.; con la conseguenza che nel caso di mancato deposito da parte dell'opponente di copia della decisione del giudice delegato, ritenuta indispensabile ai fini della decisione sull'impugnazione, il tribunale non potrà legittimamente definire l'opposizione con pronuncia, di rito ovvero di merito, fondata solo su tale omissione, dovendo, invece, sollecitare officiosamente la cooperazione delle parti costituite nell'acquisizione di tale atto ovvero, in alternativa, accedere direttamente al fascicolo d'ufficio della procedura per riscontrare il contenuto (Cass. Civ. 29 luglio 2021, n. 21826)

L'opposizione allo stato passivo, regolata dagli artt. 98 e 99 l.fall., non è equiparabile al giudizio d'appello, ancorché abbia natura impugnatoria, sicché non si applicano le norme dettate per il procedimento di gravame e la mancata comparizione della parte opponente, tempestivamente costituitasi, in un'udienza successiva alla prima, non può dar luogo a pronuncia di improcedibilità dell'opposizione ex art. 348 c.p.c. La mancata comparizione delle parti è disciplinata dalle norme del codice di procedura civile sul giudizio di primo grado, in particolare gli artt. 181 e 309 c.p.c. (Cass. civ. 30 luglio 2021, n. 21991)

Il caso

Con i provvedimenti in oggetto la Corte di Cassazione torna ad affrontare la problematica relativa alla natura del giudizio di opposizione allo stato passivo ed alla disciplina ad esso applicabile, con particolare riguardo all'applicabilità delle norme di rito che regolano l'appello civile, nonché, più in generale, delle norme del codice di procedura civile, anche relative al giudizio di primo grado. Trattasi di un argomento molto discusso ed oggetto di numerosi, e anche recenti, arresti della corte di legittimità.

Entrambe le sentenze in commento presentano profili di peculiarità e novità rispetto ai precedenti sul tema.

La prima perché contribuisce a mettere in luce alcuni profili di incoerenza e equivocità di un certo orientamento giurisprudenziale che, se, da un lato, ha affermato che il giudizio di opposizione allo stato passivo non è un giudizio d'appello, dall'altro lato, tuttavia, ha finito per applicare ad esso, nella sostanza, alcune regole proprie di tale giudizio; tra queste quella concernente l'obbligo di allegazione della copia autentica dello stato passivo impugnato, in conformità a quanto previsto dall'art.347 c.p.c.

La seconda perché afferma il principio dell'applicabilità delle norme del codice di procedura civile sul giudizio di primo grado, i.e. gli artt. 181 e 309 c.p.c., in caso di mancata comparizione delle parti, in linea con quanto previsto dalla recente riforma (cfr. art. 207 CII).

Le questioni trattate nei due arresti in commento scaturiscono da due vicende processuali che ripercorriamo qui di seguito.

Con riguardo a Cass. civ. 29 luglio 2021, n. 21826, il Tribunale di Patti aveva respinto l'opposizione allo stato passivo proposta da una società creditrice del fallimento, ponendo a fondamento di tale rigetto la circostanza che l'opponente non avesse allegato il progetto di stato passivo, al cui contenuto il decreto ex art. 97 l. fall. impugnato aveva rinviato per il rigetto della domanda. Secondo il tribunale, ciò avrebbe reso impossibile la verifica della decisione impugnata, le ragioni della dichiarata inopponibilità del credito alla curatela, l'interesse dell'opponente, nonché, più in generale, la fondatezza dei motivi di opposizione. A fondamento di tale decisione, il tribunale richiamava i principi affermati nelle sentenze Cass. civ. 5 ottobre 2015, n. 19802 e Cass. civ. 22 febbraio 2012, n. 2677.

La società creditrice proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale, per violazione e falsa applicazione degli artt. 99 l. fall. e 347 c.p.c. sul presupposto che, secondo legge, il provvedimento impugnato da produrre nel giudizio di opposizione è solo quello costituito dal decreto di esecutività dello stato passivo. La Corte di Cassazione accoglie il motivo di impugnazione, enunciando il principio di cui alla massima.

Con riguardo a Cass. civ. 30 luglio 2021, n. 21991, il Tribunale di Roma aveva dichiarato improcedibile ai sensi dell'art. 348 c.p.c. l'opposizione allo stato passivo presentata da una società creditrice dell'impresa fallita, sul presupposto della mancata comparizione per due udienze successive della parte opponente e regolarmente costituita. La società creditrice proponeva ricorso in cassazione avverso la decisione del tribunale capitolino, lamentando come l'art. 348 c.p.c. applicato dal tribunale riguardasse una fattispecie - diversa da quella in esame - caratterizzata dal fatto che l'appellante non si costituisca nei termini, ovvero non compaia alla prima udienza ed a quella successiva. La Corte di cassazione accoglie il motivo di impugnazione, affermando il principio per cui, non essendo il giudizio di opposizione soggetto alle norme di rito sull'appello, l'art. 348 c.p.c. non è applicabile, dovendosi fare applicazione delle norme sul giudizio di primo grado (in particolare, gli artt. 181 e 309 c.p.c.) a parte le specifiche deroghe previste dalla legge fallimentarenegli artt. 98 e 99 l.fall.

Le questioni giuridiche e le soluzioni offerte dalle sentenze in commento

Le pronunce in commento, come detto, intervengono sulla questione relativa alla natura del giudizio di opposizione allo stato passivo ed alla applicabilità allo stesso delle norme che regolano l'appello civile (artt. 339 ss. c.p.c.).

Al riguardo, se è vero che a seguito della riforma della legge fallimentare di cui al D.lgs. 169/2007 – che ha ridisegnato l'accertamento del passivo nella fase di competenza del giudice delegato secondo il modello della giurisdizione contenziosa, imperniata su un confronto dialettico tra le parti contrapposte innanzi ad un giudice “terzo” (così Fauceglia, Le impugnazioni dello stato passivo, in Crisi d'Impresa e Procedure Concorsuali, (diretto da) Cagnasso – Panzani, tomo secondo, Milanofiori Assago, II, 2016, 1710-1711) - è ormai ampiamente riconosciuta, in dottrina come in giurisprudenza, la natura impugnatoria del giudizio di opposizione allo stato passivo (si v. ex multis Canale, La formazione dello stato passivo ed il sistema delle impugnazioni, in La riforma della legge fallimentare, diretta da Ambrosini, Bologna, 2006, 200; Cavalli, L'accertamento del passivo, in Il fallimento, Trattato Cottino, XI, 2, diretto da Ambrosini-Cavalli-Jorio, Padova, 2009, 582; Fabiani, Impugnazioni allo stato passivo, in Foro it., 2008, I, 637; Fauceglia, Le impugnazioni dello stato passivo, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da Cagnasso e Panzani, Torino, 2016, 1711 e riferimenti di dottrina e giurisprudenza ivi contenuti; Cass. 22 marzo 2013, n. 7287; Cass. 8 giugno 2012, n. 9341; Cass. 30 marzo 2012, n. 5167; Cass. 25 febbraio 2011, n. 4708), è altrettanto vero che l'individuazione della normativa di rito applicabile a questo particolare giudizio, per i profili non espressamente disciplinati dagli artt. 98 e 99 l.fall., è tutt'ora incerta per le peculiarità che caratterizzano il giudizio medesimo.

Anzitutto, nonostante l'intervento della riforma, resta ancora discusso se l'opposizione ex art. 98 l. fall. determini il passaggio da una fase di cognizione sommaria, caratterizzante la verifica avanti il giudice delegato, ad una fase a cognizione piena della pretesa azionata (seppur nel contesto di un procedimento speciale), ovvero se la fase impugnatoria rappresenti una sorta di giudizio di secondo grado (sul punto cfr. Pajardi, sub Art. 98, in Codice del fallimento, a cura di Bocchiola e Paluchowski, Milano, 2013, 1178 ss e riferimenti di dottrina e giurisprudenza ivi contenuti).

Anche l'assimilazione del procedimento al rito camerale e quindi la possibilità di etero-integrazione della disciplina processuale con quella dettata dagli artt. 737 – 742 c.p.c. non è del tutto pacifica (in tal senso Pajardi, cit.; Montanari, sub Art. 98, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio, Bologna, 2006, 1481; in giurisprudenza Trib. Sulmona 30 giugno 2010, in Fallimento 2011, 55 che lo definisce come “camerale sui generis” o “camerale ibrido” introduttivo di un novum judicium, inteso come impugnazione ad effetto sostitutivo; contra Sant'Angeli, Nuova legge fallimentare, Milano, 2016, secondo cui il procedimento de quo, a seguito delle modifiche introdotte dal decreto 167/2007, sarebbe assimilabile ad un contenzioso speciale, senza più alcun riferimento alla camera di consiglio).

Con specifico riguardo all'applicabilità delle norme di rito sull'appello – tematica trattata dalle pronunce in commento - la giurisprudenza ha evidenziato in più occasioni come le specialità di questo rito lo rendano difficilmente assimilabile tout court ad un appello (Cass. civ. 6 novembre 2013, n. 24972; Cass. civ. 22 marzo 2013, n. 7278; Cass. civ. 11 settembre 2009, n. 19697). In particolare, il punto nodale del problema, con riguardo all'atteggiarsi dell'opposizione allo stato passivo quale rimedio impugnatorio, si riassume nel quesito se tale opposizione possa essere effettivamente qualificata quale giudizio di secondo grado, nella sostanza assimilabile a quello di appello, ovvero se la natura impugnatoria del rimedio debba essere intesa in senso soltanto funzionale, essendo essa diretta all'introduzione di un procedimento di primo grado (e, nell'attuale contesto normativo, di unico grado), allo stesso modo in cui - a titolo di esempio tra gli altri possibili - la medesima natura è stata riconosciuta, ad altro fine, all'opposizione a decreto ingiuntivo, giacché diretta a contestare il provvedimento monitorio, sia nei profili di rito, sia in quelli di merito (da ultimo Cass. 1 settembre 2015,n. 17383).

Posta la questione in questi termini, la giurisprudenza, nel tempo, si è ripetutamente orientata nel senso di escludere che il giudizio di opposizione allo stato passivo, ancorché di natura impugnatoria, sia un giudizio d'appello (cfr. tra le tante Cass. civ.1 giugno 2016, n. 11392; Cass. civ. 11 maggio 2016, n. 9617; Cass. civ. 6 novembre 2013, n. 24972; Cass. civ. 22 febbraio 2012 , n. 2677) ed ha escluso altresì l'applicabilità delle norme generali del codice di rito sulle impugnazioni (artt. 323 ss.) ovvero, in taluni arresti, l'ha ammessa, subordinatamente ad un'attenta valutazione caso per caso (in tal senso, Cass .civ.1 giugno 2016, n. 11392).

Gli argomenti che portano ad escludere l'equiparabilità tra il giudizio di opposizione allo stato passivo e il giudizio di appello sono così riassumibili:

1. La natura sommaria del procedimento di verifica del passivo

In primo luogo, va considerato che il legislatore, nel riformare la disciplina del fallimento - pur avendo mutato la natura del giudizio di verifica, attribuendo al curatore il ruolo di parte ed affermando all'art. 95, comma 3, che il giudice delegato pronuncia su ciascuna domanda "nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati" - ne ha però mantenuto la caratteristica di giudizio a cognizione sommaria, in cui non è obbligatoria l'assistenza tecnica a favore del creditore ed ove è previsto che il giudice possa procedere "ad atti di istruzione a richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento" (art. 95, comma 3).

A tale connotazione si collega la natura dell'opposizione, che non può di conseguenza essere qualificata come appello: se è vero, infatti, che il legislatore ha delineato il procedimento di verifica dei crediti come un procedimento che ha natura decisoria e si fonda sul principio della domanda e dell'eccezione, in cui il curatore assume la qualità di parte ed il giudice pronuncia secondo le regole del contraddittorio e non nelle forme del rito inquisitorio, resta fermo che tale procedimento prevede, come detto, pur sempre una cognizione sommaria.

Ne deriva che il giudizio di opposizione, sebbene contro il provvedimento che lo definisce non sia ammissibile l'appello, ma soltanto il ricorso per cassazione, è pur sempre un giudizio di merito a cognizione piena, il cui oggetto non assume le caratteristiche proprie dell'appello (in questo senso Cass. 11 settembre 2009, n. 19697).

2. Inapplicabilità del principio devolutivo

In secondo luogo, il giudizio di opposizione allo stato passivo non sembra retto dal principio devolutivo (tantum devolutum quantum appellatum) che presiede invece al funzionamento del giudizio di appello, ormai definitivamente connotato come revisio prioris istantiae destinata a svolgersi nei rigorosi limiti dei motivi di impugnazione formulati ai sensi dell'art. 342 c.p.c., salvo quanto eventualmente ancora rilevabile d'ufficio, nonché delle domande ed eccezioni non accolte esplicitamente riproposte secondo la disciplina dell'art. 346 c.p.c..

Ai sensi dell' art. 99, comma 2, n. 4 e comma 7, l.fall., difatti, il ricorso in opposizione deve contenere, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti, mentre la costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria difensiva contenente pure essa, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.

In altri termini, mentre tutte le eccezioni, ivi comprese quelle in senso lato, hanno ingresso nel giudizio di appello solo per il tramite dell'espressa riproposizione richiesta dall'art. 346 c.p.c., le sole eccezioni in senso stretto devono essere spiegate a pena di decadenza, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, nei rispettivi atti introduttivi.

3. La disciplina dell'intervento dei terzi

Un ulteriore elemento di differenziazione del giudizio di opposizione rispetto all'appello riguarda la disciplina dell'intervento dei terzi.

Al riguardo l'art. 99, comma 8, l.fall. prevede che l'intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste: e ciò vuol dire che l'intervento di qualunque interessato è sempre possibile, purché avvenga nel rispetto delle forme a tal fine richieste. Nel giudizio d'appello l'intervento dei terzi non è mai ammesso, salvo che si tratti di coloro i quali potrebbero proporre opposizione a norma dell'art. 404 c.p.c., soggetti, cioè, che neppure possono qualificarsi terzi in senso proprio.

Nell'ambito delle pronunce in tema, una cospicua casistica riguarda, in particolare, l'applicabilità dell'art. 347 c.p.c. al giudizio di opposizione allo stato passivo; tematica oggetto della prima pronuncia in commento (Cass. Civ. 29 luglio 2021, n. 21826).

La questione è quindi se debba essere dichiarato improcedibile il ricorso in opposizione a cui non sia stata allegata copia autentica del decreto del giudice delegato.

Dall'esame delle sentenze sul tema, si riscontra la costante affermazione preliminare secondo cui il giudizio di opposizione allo stato passivo, ancorché abbia natura impugnatoria, non è tuttavia un giudizio d'appello, costituendo rimedio avverso la decisione del giudice delegato interna al procedimento sommario della verifica del passivo.

Fatta questa premessa, le pronunce giungono, però, a conclusioni differenziate tra loro e non sempre del tutto coerenti con la premessa medesima.

Più precisamente, possono essere individuati due “macro-orientamenti”.

Un primo orientamento - pur escludendo l'equiparazione tra il giudizio di opposizione ed il giudizio d'appello e, quindi, l'improcedibilità del ricorso ex art. 98 l. fall. in caso di mancata allegazione del decreto impugnato – ritiene, in termini “contraddittori”, che il precetto di cui all'art. 347 cod. proc. civ. sia comunque applicabile al giudizio di opposizione allo stato passivo nei seguenti termini:

- il decreto impugnato va inserito nel fascicolo dell'opponente allo scopo di assicurare l'esame del provvedimento da parte del tribunale (Cass. civ. 12 agosto 2016, n. 17086);

- la mancata allegazione del provvedimento impugnato può determinare il rigetto, nel merito, dell'opposizione, laddove il giudice, in mancanza di tale documento, sia impossibilitato a valutare le censure dell'opponente e accertarne l'infondatezza (Cass. civ. 5 ottobre 2015, n. 19802);

- il deposito di copia autentica del decreto impugnato può effettuarsi in qualsiasi momento anche nel giudizio di rinvio fino alla chiusura del contraddittorio, trattandosi di un documento indispensabile per la decisione (Cass. civ. 17 settembre 2015, n. 18253 e Cass. civ. 4 maggio 2012, n. 6804);

- in tema di opposizione allo stato passivo, la mancata produzione della copia autentica del provvedimento impugnato non costituisce causa di improcedibilità del giudizio, non trovando applicazione la disciplina di cui agli artt. 339 ss. c.p.c. […] e non potendo la predetta opposizione essere qualificata come appello […]. Tuttavia, risulta applicabile il precetto enunciato dall'art. 347c.p.c. che ha come scopo la possibilità dell'esame del provvedimento impugnato da parte del giudice d'appello; esigenza soddisfatta, nel caso di specie, per avere il ricorrente trascritto nel ricorso il contenuto del decreto del giudice delegato, come ripreso dalla comunicazione del curatore (; 17086).

Un secondo orientamento – a cui fa capo anche la pronuncia in commento – è invece dell'avviso che la mancata allegazione al ricorso del decreto impugnato non comporti l'improcedibilità del ricorso, né alcun tipo di decadenza o inammissibilità/rigetto del ricorso medesimo in considerazione:

- dell'inapplicabilità delle norme di rito sull'appello al giudizio di opposizione allo stato passivo (ivi incluso l'art. 347 c.p.c.) (Cass. civ. 7 aprile 2021, n. 9939; Cass. civ. 13 novembre2020, n. 25663; Cass. civ. 22 ottobre 2020, n. 23138; Cass. civ.18 maggio 2017, n. 12549);

- della circostanza che tale procedimento trovi la sua integrale disciplina negli artt. 98 e 99 l.fall. il quale ultimo prevede l'obbligo del ricorrente di indicare (soltanto), a pena di decadenza, i documenti prodotti nel corso della verifica, di cui intende avvalersi nel giudizio di opposizione (Cass. 18 maggio 2017, n. 12549);

- del fatto che il decreto del giudice delegato exart.96co.4l.fall. entra a far parte del fascicolo della procedura – che è unico ai sensi dell'art. 90 l. fall. – e “rimane acquisito nella sfera conoscitiva dell'autorità giudiziaria preposta al procedimento”, sicché, anche in mancanza di allegazione al ricorso in opposizione, il tribunale può accedere al fascicolo della procedura per conoscere il contenuto della statuizione impugnata (Cass. civ. 22 ottobre 2020, n. 23138; Cass. civ. 13 novembre 2020, n. 25663; Cass. civ. 7 aprile 2021, n. 9339);

- del fatto che il corollario del principio dispositivo che regola le impugnazioni - secondo cui i documenti prodotti nel precedente grado di giudizio e custoditi nei rispettivi fascicoli di parte sono di regola portati alla cognizione del giudice dell'impugnazione attraverso la riproduzione del medesimo fascicolo innanzi al nuovo giudice – non pare applicabile al giudizio di opposizione allo stato passivo in considerazione sia del tenore dell'art. 99, comma 2, l.fall. (secondo cui nell'opposizione allo stato passivo il ricorso deve contenere, “a pena di decadenza, l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti”), sia del fatto che “nel procedimento di verifica dello stato passivo non si rinviene una distinzione tra fascicolo di parte e fascicolo d'ufficio, unico essendo il fascicolo della procedura fallimentare, nel quale ai sensi dell'art. 90 l. fall. sono contenuti «tutti gli atti, i provvedimenti e i ricorsi attinenti al procedimento” (Cass. civ. 18 maggio 2017, n. 12549; in senso contrario, per l'applicabilità del principio dispositivo al giudizio di opposizione allo stato passivo Cass. civ. 8 novembre 2010, n. 22711; Tribunale Roma 24 ottobre 2011; Tribunale Treviso 6 luglio 2011; Cass. civ. 16 gennaio 2012, n. 493; Cass. civ. 23 marzo 2012, n. 4744; Tribunale Reggio Emilia 15 dicembre 2014);

- dell'inapplicabilità in via analogica delle norme di rito sull'appello al giudizio di opposizione e del fatto che le cause di definizione in rito del procedimento hanno carattere tassativo (Trib. Padova 20 luglio 2012).

Nel predetto contesto, la sentenza n. 21826/2021 in commento aderisce a questo secondo orientamento, ritenendolo “caratterizzato da razionalità giuridica interna” e precisa che l'acquisizione al fascicolo del giudizio di opposizione del decreto del giudice delegato e, ove necessario ai fini della decisione sull'opposizione medesima, anche della proposta del curatore formulata nel progetto di stato passivo, ben può avvenire ad opera di parte, “officiosamente” sollecitata dal giudice dell'opposizione, ovvero, in mancanza, ad opera del giudice medesimo, in considerazione dell'”unicità” del fascicolo fallimentare sopra menzionata..

Venendo, invece, alla questione giuridica affrontata nella seconda pronuncia in commento (Cass.Civ. 30 luglio 202, n. 21991), i giudici di legittimità hanno ribadito l'inapplicabilità delle norme di rito sull'appello al giudizio di opposizione allo stato passivo, con particolare riguardo al disposto dell'art. 348 c.p.c. che sancisce l'improcedibilità dell'appello nella duplice ipotesi in cui l'appellante non si costituisca nei termini, ovvero, in alternativa, benché costituito, non compaia per due udienze successive.

Secondo la Corte, la mancata comparizione del creditore opponente per due udienze successive doveva essere affrontata dal tribunale alla stregua dei principi dettati dal codice di procedura civile in materia di mancata comparizione delle parti nel giudizio di primo grado ai sensi degli artt.181 e 309c.p.c.; principi applicabili al giudizio di opposizione allo stato passivo, in quanto non espressamente derogati dagli artt. 98 e 99 l.fall.

Orbene, se l'inapplicabilità dell'art. 348 c.p.c. al giudizio di opposizione allo stato passivo è principio riscontrabile in altri precedenti di legittimità (si v. Cass. 26 gennaio 2016, n. 1342; Cass. civ. 6 novembre 2012, n.19145 e Cass. civ. 18 marzo 2010, n. 6623), è interessante soffermarsi sulla motivazione che sorregge la decisione in commento, laddove si legge che il giudizio di opposizione allo stato passivo sarebbe regolato dalle norme del codice di rito sul giudizio di primo grado, che non siano espressamente derogate dagli artt. 98 e 99 l. fall. ; ciò sul presupposto che “detta norma [art. 99 l. fall. ndr] prevede che la sentenza del Tribunale, che decide sulla opposizione, può essere appellata nel termine di quindici giorni e che quella della Corte d'Appello, che decide sul gravame, può essere, a sua volta, impugnata con ricorso per cassazione nel termine di trenta giorni. Pertanto, a parte le deroghe previste dalla L. Fall., artt. 98 e 99, che per questo debbono essere considerate norme di carattere eccezionale e, come tali, non suscettibili di interpretazione analogica, il giudizio di opposizione è regolato dalle norme del codice di rito che disciplinano il giudizio di primo grado”.

Sennonché, l'affermazione dei giudici di legittimità sopra riportata - e su cui la decisione in commento basa la propria conclusione, secondo cui il giudizio di opposizione allo stato passivo sarebbe retto dalle norme del codice di procedura civile sul giudizio di primo grado non espressamente derogate dalla legge fallimentare – si riferisce evidentemente alla disciplina delle opposizioni allo stato passivo nel testo vigente anteriormente alla riforma di cui al D.lgs. n. 9/20016.

Nel testo attualmente vigente, infatti, come noto, l'art. 99, comma 12, l. fall. prevede che il decreto del tribunale che decide sull'opposizione allo stato passivo sia ricorribile in cassazione nei successivi trenta giorni.

Del resto e non a caso, il riferimento al doppio grado di impugnazione è presente nel precedente della Corte di cassazione 18 marzo 2010, n. 6623 che, però riguardava un'opposizione allo stato passivo presentata nel 2000, a cui era quindi applicabile l'art. 99 l. fall. nel testo vigente ante riforma del 2006. Laddove invece, i due precedenti successivi in termini - Cass. 26 gennaio 2016, n. 1342; Cass. civ. 6 novembre 2012, n. 19145 – si limitano ad affermare l'inapplicabilità dell'art. 348 c.p.c. e in generale delle norme di rito sull'appello, al giudizio di opposizione allo stato passivo ed escludere, per l'effetto, l'improcedibilità dell'opposizione laddove l'opponente, costituitosi in termini, non compaia ad un'udienza successiva alla prima.

Ferme le considerazioni che precedono sui contenuti della motivazione della sentenza in commento, pare opportuno evidenziare che la conclusione a cui giungono i giudici di legittimità – ovverosia l'applicazione degli artt. 181 e 309 c.p.c. in caso di mancata comparizione delle parti - è avvalorata dalla previsione contenuta nell'art. 207, comma 10, CCI che introduce per la prima volta, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, una disciplina ad hoc per l'ipotesi di mancata comparizione delle parti, con espresso richiamo agli artt. 181 e 309 c.p.c., “in attuazione del criterio di delega diretto all'accelerazione del procedimento” (cfr. Relazione Illustrativa 4 ottobre 2008, art. 206).

Osservazioni

Le sentenze in commento intervengono su una questione – i.e. l'applicabilità delle norme di rito dell'appello al giudizio di opposizione allo stato passivo – destinata probabilmente ad essere oggetto di dibattito anche in futuro, anche in considerazione del tenore dell'art. 206 CII che, se da un lato, ricalca la disciplina dell'art. 98, suggerendo quindi la continuità dell'istituto così come oggi regolato dalla legge fallimentare, dall'altro lato, introduce al comma 4, nei casi di opposizione allo stato passivo e di impugnazioni dei crediti ammessi, la possibilità per la parte contro cui l'impugnazione è proposta di avanzare impugnazioni incidentali, anche se è decorso il termine per presentare l'impugnazione principale ai sensi dell'art. 207, comma 1, CCI.

Nel regime vigente la possibilità di presentare un'impugnazione incidentale nell'ambito dei rimedi di impugnazione dello stato passivo (opposizione, impugnazione revocazione) è stata espressamente esclusa dalla corte di legittimità (Cass. civ. 1 giugno 2016, n. 11392), proprio in considerazione della non assimilabilità del giudizio di opposizione ad un giudizio di appello. La tematica ha costituito oggetto di ampio dibattito anche in dottrina, laddove chi ha riconosciuto natura di appello/giudizio di secondo grado all'istituto, ha ritenuto ammissibile l'impugnazione incidentale (cfr. F. Lamanna, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo, Inquadramento sistematico della verifica dei crediti e dei diritti sui beni, Milano, 2006; poi da La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2008, 260; infine da G.U. Tedeschi, L'accertamento del passivo, in Didone (a cura di), Le riforme delle procedure concorsuali, Padova, 2016, 921 e ss.; in senso contrario, v. anche, Montanari, Le impugnazioni dello stato passivo, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da Bassi-Buonocore, III, Padova, 2011, 209 e ss., secondo cui “Con la riforma, che ha visto la legittimazione all'impugnativa dei provvedimenti di ammissione al passivo estesa anche al curatore, può affermarsi, anzi, che l'istituto sia venuto a conquistare spazi che gli erano in precedenza negati. Se difatti, in passato, le vie del gravame incidentale erano percorribili solamente nel caso di impugnazione

ex art. 100 l. fall

. vuoi contro un creditore la cui domanda non fosse stata integralmente accolta e per questo, dunque, legittimato a fare opposizione ai sensi del precedente art. 98 vuoi, fors' anche, contro un creditore che intendesse, a sua volta, contestare l'ammissione al passivo del ricorrente, nel sistema attuale, viceversa, esse risultano dischiuse, anche a favore del curatore convenuto nel giudizio di opposizione al passivo”).

La scelta del legislatore di ammettere le impugnazioni incidentali, mantenendo, però, sostanzialmente invariato l'impianto attuale della disciplina dei giudizi di opposizione, impugnazione e revocazione, potrebbe quindi, almeno in astratto, contribuire a mantenere in essere il dibattito sulla normativa di rito applicabile al giudizio sullo stato passivo. Fermo restando che dalla Relazione Illustrativa del 4 ottobre 2018 emerge con chiarezza come l'introduzione delle impugnazioni incidentali risponda all'esigenza di accelerazione del procedimento imposto dalla legge delega, e non ad un ripensamento sulla natura delle impugnazioni allo stato passivo.

Guida all'approfondimento

Oltre ai riferimenti di giurisprudenza e dottrina indicati nel corpo dell'articolo, si richiamano i seguenti riferimenti di dottrina e giurisprudenza: Asprella, sub Art. 98, in Il nuovo fallimento, a cura di Santangeli, Milano, 2006, 438; Comerci - Cinaglia, sub Art. 98, in Commentario breve alla legge fallimentare, diretto da Maffei Alberti, Padova, 2013, 645; Deiana, Improcedibilità dell'opposizione allo stato passivo, in il fallimentarista.it, 2021; Culmone, Natura del giudizio di opposizione allo stato passivo e inapplicabilità dell'art. 347 c.p.c., in questo portlale, 2021; Paganini, Acquisizione d'ufficio del fascicolo della verifica dei crediti nel procedimento d'impugnazione, ivi ; Zoppellari, sub Art. 98, in LeggeFallimentare, commentario teorico-pratico, a cura di Ferro, Padova, 2014, 1260 ss.

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