Cambio appalto e licenziamento plurimo

12 Febbraio 2022

L'obbligatorietà della procedura di licenziamento collettivo fa si che la normativa di riferimento costituisca norma imperativa, non derogabile dall'impresa né dalla volontà dei contraenti del rapporto di lavoro individuale...
Massima

L'obbligatorietà della procedura di licenziamento collettivo fa si che la normativa di riferimento costituisca norma imperativa, non derogabile dall'impresa né dalla volontà dei contraenti del rapporto di lavoro individuale.

Alla nullità del licenziamento consegue, stante la non contestata applicabilità dell'art.18 St. lav, la tutela di cui all'art.18, comma 1 St. lav, come modificato dalla Legge 12/2012: condanna della società a reintegrare i ricorrenti nel posto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni maturate dal licenziamento alla effettiva reintegrazione, detratto quanto percepito a titolo di retribuzione alle dipendenze della impresa subentrata nell'appalto o di eventuali e diversi datori di lavoro.

Il caso

Con comunicazione del 28 gennaio 2020, n.6 dipendenti di un'azienda di pulizie venivano licenziati per giustificato motivo oggettivo a seguito della cessazione dell'appalto per la raccolta rifiuti affidato alla azienda; contestualmente, gli stessi dipendenti venivano assunti dalla nuova società aggiudicataria dell'appalto, con termini e condizioni peggiorativi rispetto al rapporto di lavoro precedentemente in essere.

Pertanto, tre dei suddetti dipendenti impugnavano il licenziamento con missiva del 14 aprile 2020, presentando successivo ricorso ex art. 1, comma 48 e ss L. 92/2012 rivendicando la nullità del licenziamento per violazione di norma imperativa, L. 223/1991.

La società, costituitasi in giudizio, contestava l'intervenuta decadenza dall'impugnazione nonché la fondatezza del ricorso.

La questione

Nell'ipotesi di licenziamenti plurimi per giustificato motivo oggettivo per cambio appalto quando è applicabile la procedura ex l. 223/1991 sui licenziamenti collettivi?

Le soluzioni giuridiche

Preliminarmente, il Tribunale di Lodi ha accertato la tempestività dei tre licenziamenti stante la sospensione del “decorso dei termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione” dal 22 febbraio 2020 fino al 31 marzo 2020 introdotta dal D.L. 2 marzo 2020, n. 9 per i soggetti residenti in determinati comuni, tra i quali rientravano anche i ricorrenti.

Peraltro, il fatto che il D.L. n. 9/2020 fosse stato successivamente abrogato con L. n. 27/2020 è stato ritenuto irrilevante, essendo stati fatti espressamente salvi gli effetti prodottisi ai sensi del suddetto Decreto Legge.

Ciò premesso, il Tribunale di Lodi ha accertato la nullità dei licenziamenti irrogati per violazione di norma imperativa, i.e. art. 4 e 24 L.223/1991.

In particolare, non è stata ritenuta applicabile l'eccezione prevista dall'art. 7 comma 4-bis D.L. 31 dicembre 2007, ai sensi del quale “l'acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, non comporta l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, in materia di licenziamenti collettivi, nei confronti dei lavoratori riassunti dall'azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore … o a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative”.

Pertanto, in assenza di un accordo collettivo siglato con i sindacati più rappresentativi, è necessario che il trattamento economico e normativo dei dipendenti neo assunti resti invariato.

Come ribadito dalla Suprema Corte (Cass. sez. lav., 22 novembre 2016, n. 23732) “(solo) nella ricorrenza di tali presupposti, infatti, la situazione fattuale costituisce sufficiente garanzia per i lavoratori, risultandone la posizione adeguatamente tutelata, ed esonera dal rispetto dei requisiti procedurali richiamati dalla L. n. 223 del 1991, art. 24”.

In conformità con il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. anche Cass. 17 agosto 2018, n. 20772), il Tribunale di Lodi ha dunque accolto il ricorso, avendo accertato che il trattamento economico e normativo previsto dal CCNL applicato dalla società convenuta con riferimento all'inquadramento dei tre ricorrenti fosse deteriore rispetto a quello del precedente datore di lavoro che applicava un differente CCNL.

Osservazioni

Alla luce dell'orientamento giurisprudenziale prevalente che impone una interpretazione restrittiva dell'art. 7 comma 4-bis D.L. 31 dicembre 2007, soprattutto nell'ipotesi in cui l'azienda subentrante applichi un contratto collettivo diverso dall'azienda uscente, è opportuno tentare di raggiungere un accordo collettivo con le rappresentanze sindacali al fine di escludere il rischio di potenziali rivendicazioni da parte dei relativi dipendenti.