Illegittimo il provvedimento di sospensione del lavoratore e collocazione in CIGO con causale Covid-19 in mancanza dei requisiti normativi
16 Settembre 2021
Massima
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. un lavoratore adiva il Tribunale di Roma al fine di far dichiarare illegittimo il provvedimento adottato dalla propria società datrice di lavoro di collocazione in cassa integrazione a zero ore, con causale Covid-19, in quanto emesso in assenza dei presupposti indicati dall'art. 19 del D.L. n. 18/2020. Ne deduceva quindi il lavoratore l'illegittimità in quanto provvedimento adottato con l'unica finalità di realizzare una riorganizzazione aziendale, con soppressione del suo posto di lavoro, e pertanto volta ad aggirare il divieto normativo di licenziamento per g.m.o.
Per l'effetto il lavoratore chiedeva la riammissione in servizio con assegnazione alle mansioni originarie e la condanna della società datrice di lavoro al pagamento delle relative differenze retributive e contributive maturate fino alla revoca del provvedimento oltre al risarcimento del danno non patrimoniale per lesione del diritto all'immagine. A tal fine il ricorrente specificava dunque i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora costituito quest'ultimo dalla percezione di una retribuzione mensile drasticamente inferiore a quella contrattualmente prevista e dalla perdita di professionalità essendo inquadrato in un livello caratterizzato da una significativa esperienza lavorativa.
Nel resistere la società datrice di lavoro solleva in primo luogo eccezione di incompetenza territoriale del giudice adito e di nullità del ricorso per mancata indicazione della domanda eventualmente fatta valere nel futuro giudizio di merito. In secondo luogo evidenziava l'assenza dei requisiti ex art. 700 c.p.c. e la possibilità di avvalersi dell'ammortizzatore sociale in discorso anche in caso di mera riorganizzazione aziendale ed in assenza di riduzione del volume di affari.
Il giudice a scioglimento della propria riserva accoglieva infine il ricorso cautelare ritenedo sussistenti entrambi i presupposti. La questione
La principale questione giuridica posta alla base della presente pronuncia è rinvenibile nella valutazione dell'illegittimità di un provvedimento di sospensione lavorativa e richiesta di cassa integrazione con causale Covid-19 in assenza del requisito legislativo indicato dall'art. 19 del D.L. n. 18/2020.
Detto articolo afferma infatti che è possibile ricorrere all'istituto della cassa integrazione in caso di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19.
Se infatti da un lato il legislatore durante la fase emergenziale ha semplificato il ricorso alla cassa integrazione ordinaria dall'altro ha comunque previsto la specifica connessione della sospensione lavorativa a vicende riferibili all'attuale situazione pandemica.
Ne consegue che non sarebbe possibile ricorrere all'ammortizzatore sociale in discorso in caso di mera riorganizzazione aziendale, e pur in assenza di fattori idonei a comprimere i volumi d'affari della società. Le soluzioni giuridiche
Rigettate le preliminari eccezioni di incompetenza territoriale e di nullità del ricorso cautelare avendo il giudice adottato, in conformità alla giurisprudenza maggioritaria, in relazione alla prima una nozione di dipendenza aziendale non coincidente con quella di unità produttiva ed evidenziato la semplice desumibilità del contenuto della futura ed eventuale domanda formulata nel successivo giudizio di merito, passato all'esame della sussistenza dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora il giudice della fase cautelare accoglie il ricorso sulla base di quanto sostenuto dal lavoratore in punto di illegittimità del provvedimento di sospensione dal lavoro.
In relazione al fumus boni iuris il giudice romano dichiara verosimile, seppur al termine di una valutazione sommaria propria del procedimento ex art. 700 c.p.c, l'illegittimità del provvedimento adottato dalla società datrice di lavoro concernente la sospensione lavorativa del dipendente e la sua contestuale collocazione in cassa integrazione ordinaria con causale Covid-19 a zero ore. A sostegno di ciò asserisce che presupposto legislativo per il ricorso alla cassa integrazione, anche per quella con causale Covid-19, sia l'esistenza di una situazione di oggettiva difficoltà aziendale nella regolare continuazione dell'attività lavorativa non rinvenibile nel caso di specie ed anzi disdetta dalla stessa società datrice di lavoro. In assenza di tale specifica situazione per il giudice cautelare il suddetto provvedimento appare finalizzato piuttosto ad operare una riorganizzazione aziendale volta alla soppressione del posto di lavoro e non possibile in virtù del divieto emergenziale di licenziamento per g.m.o. Infine, il tribunale romano evidenzia come il ricorso alla cassa integrazione ordinaria, strumento finalizzato alla tutela di interessi solidaristici quale la tutela dell'occupazione e finanziata collettivamente, non possa essere utilizzata dalle aziende a fini di massimizzazione economica, ponendosi tale comportamento in aperto contrasto con la ratio legis dell'istituto.
Anche per ciò che attiene al requisito del periculum in mora il giudice cautelare lo ritiene giustificato alla luce dell'inquadramento contrattuale del dipendente in una categoria caratterizzata da particolare professionalità e dall'esiguità della retribuzione anticipata in luogo di quella precedentemente goduta. Osservazioni
Attraverso il D.L. n. 18/2020 il legislatore è intervenuto prevedendo la possibilità per le imprese di ricorrere alla cassa integrazione guadagni ordinaria per eventi appunto connessi al difficile e delicato periodo pandemico che attualmente ci troviamo a vivere e che ha inevitabilmente avuto riflessi significativi sulla gestione del rapporto di lavoro.
Tuttavia, il legislatore coerentemente con le finalità solidaristiche proprie dell'istituto della cassa integrazione la quale è volta alla tutela dell'occupazione ha previsto la possibilità per le aziende di ricorrere a tale strumento in caso di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19. Nel caso di specie non si ritiene sussistere tale elemento non avendo la società datrice di lavoro risentito dell'emergenza sanitaria relativamente al proprio fatturato ed alla propria attività lavorativa. Se infatti da un lato con il Decreto Cura Italia il legislatore ha ampliato la base di beneficiari della CIGO dall'altro esplicitamente lega la il ricorso alla stessa a riduzioni/sospensioni dell'attività lavorativa a vicende riferibili allo stato di emergenza. Se ne evince che la cassa integrazione è riservata alle aziende che attraversano situazioni di crisi economica. Vagliata la sussistenza di entri i requisiti richiesti dall'art. 700 c.p.c. accoglie il ricorso. Va tuttavia evidenziato come in riferimento al periculum in mora parte della giurisprudenza in materia richiede ai fini della sua non carenza la prova dell'impossibilità del ripristino integrale del diritto costituzionalmente tutelato laddove la lesione riguardi situazione avente carattere patrimoniale. È infatti noto come alla luce della giurisprudenza maggioritaria la lesione di situazioni caratterizzate da aspetti economici sia per loro natura sempre ripristinabile e dunque ai fini della sussistenza del periculum occorra la prova di una irreparabilità del diritto fondamentale leso a causa del tempo necessario per farlo valere.
Tale principio è stato puntualmente accolto dal Tribunale di Roma, sez. lavoro feriale, in composizione collegiale, il quale con provvedimento del 5 agosto 2021 emesso a seguito di reclamo avverso l'ordinanza oggetto del presente commento, rilevando proprio il difetto del periculum in mora, ha provveduto alla sua revoca con conseguente rigetto della domanda cautelare proposta del lavoratore (Tribunale Roma 5 agosto 2021, Sospensione della attività lavorativa e ricorso alla CIG, non sussiste un periculum in mora per il lavoratore, in Casi e sentenze).
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