L'obbligo di agire informati per gli amministratori privi di deleghe

Francesco Baldocci
15 Febbraio 2022

L'obbligo imposto dall'art. 2381 c.c., ultimo comma, agli amministratori delle società per azioni di "agire in modo informato", pur quando non siano titolari di deleghe, si declina, da un lato, nel dovere di attivarsi, esercitando tutti i poteri connessi alla carica, per prevenire o eliminare ovvero attenuare le situazioni di criticità aziendale di cui siano, o debbano essere, a conoscenza...
Massime

L'obbligo imposto dall'art. 2381 c.c., ultimo comma, agli amministratori delle società per azioni di “agire in modo informato”, pur quando non siano titolari di deleghe, si declina in un duplice versante. Sotto un primo profilo esso si sostanzia in un obbligo dell'amministratore di agire, vale a dire di attivarsi, esercitando tutti i poteri connessi alla carica, per prevenire o eliminare o attenuare le situazioni di criticità aziendale di cui sia, o debba essere, a conoscenza; si tratta cioè, specularmente, di un divieto di inazione nelle situazioni, conosciute o conoscibili dall'amministratore, che richiedano azione. Sotto un secondo e concorrente profilo esso consiste nell'obbligo dell'amministratore, pur se privo di deleghe, di informarsi, affinché tanto la scelta di agire quanto quella di non agire risultino fondate sulla conoscenza della situazione aziendale che egli possa procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle sue specifiche competenze (art. 2392, comma 1, c.c.). Tale duplice obbligo si connota con caratteristiche di particolare incisività per gli amministratori di società che esercitano l'attività bancaria perché, in tali ipotesi, esso va ad inscriversi in una sfera di responsabilità che non è soltanto quella, di natura contrattuale, di cui l'amministratore è gravato nei confronti dei soci ma è anche quella, di natura pubblicistica, di cui il medesimo amministratore è gravato nei confronti dell'Autorità di vigilanza. (Cass., 18 settembre 2020, n. 19556)

L'obbligo imposto dall'art. 2381 c.c., ultimo comma, agli amministratori delle società per azioni di "agire in modo informato", pur quando non siano titolari di deleghe, si declina, da un lato, nel dovere di attivarsi, esercitando tutti i poteri connessi alla carica, per prevenire o eliminare ovvero attenuare le situazioni di criticità aziendale di cui siano, o debbano essere, a conoscenza, dall'altro, in quello di informarsi, affinché tanto la scelta di agire quanto quella di non agire risultino fondate sulla conoscenza della situazione aziendale che gli stessi possano procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Tali obblighi si connotano in termini particolarmente incisivi per gli amministratori di società che esercitano l'attività bancaria, prospettandosi, in tali ipotesi, non solo una responsabilità di natura contrattuale nei confronti dei soci della società, ma anche quella, di natura pubblicistica, nei confronti dell'Autorità di vigilanza. (Cass., 12 ottobre 2021, n. 27710)

I casi

Le sentenze oggetto del presente commento - Cass. 18 settembre 2020 n. 19556 e Cass. 12 ottobre 2021 n. 27710 - sono di particolare interesse per la rilevanza degli argomenti trattati e per i numerosi spunti di riflessioni che offrono. Prima di esaminare il contenuto di tali pronunce, occorre tuttavia ricostruire le vicende da cui quest'ultime traggono origine.

i) Cass., 18 settembre 2020, n. 19556

Un ex amministratore non delegato di s.p.a. bancaria – che per un certo periodo aveva anche rivestito la carica di presidente del relativo c.d.a. – proponeva ricorso avverso il provvedimento con il quale la Banca d'Italia gli aveva inflitto una sanzione pecuniaria di 30.000 euro per carenze nell'organizzazione e nei controlli interni, nonché per violazioni concernenti la disciplina in tema di minimi patrimoniali.

La decisione della Corte di Appello di Roma – che aveva integralmente rigettato il gravame – veniva impugnata in Cassazione, eccependo, in particolare, l'errore nell'aver ritenuto che, anche a seguito della riforma del 2003, sull'amministratore di s.p.a. gravi un dovere di vigilare sulla corretta gestione della società. La Suprema Corte, accertata l'infondatezza di tutti i motivi proposti, respingeva il ricorso.

ii) Cass., 12 ottobre 2021, n. 27710

Un ex amministratore non esecutivo di una cassa di risparmio proponeva ricorso avverso la delibera con la quale la Consob gli aveva inflitto una sanzione amministrativa per la violazione:

a) dell'art. 21, comma 1, lett. d), e dell'art. 15 del Regolamento congiunto di Banca d'Italia e Consob del 29 ottobre 2007, che impongono agli intermediari di dotarsi di procedure idonee ad assicurare il corretto svolgimento dei servizi di investimento;

b) dell'art. 21, comma 1, lett. a),, che richiede agli intermediari di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza al fine di servire al meglio l'interesse dei clienti;

c) degli artt. 39 e 40 del Regolamento Consob, 29 ottobre 2007 n. 16190, che disciplinano la valutazione di adeguatezza degli investimenti.

La sentenza della Corte di Appello di Bologna - che aveva disatteso tutti i motivi di opposizione - veniva impugnata, dall'ex membro del c.d.a., di fronte alla Suprema Corte, affermando specificatamente che, nell'attuale contesto normativo, non sussiste in capo agli amministratori non operativi di s.p.a. un dovere generale di vigilanza. I giudici di legittimità - non accogliendo nessuna delle domande difensive - respingevano integralmente il ricorso.

Le questioni giuridiche

Con la sentenza n. 19556 del 18 settembre 2020 i giudici di legittimità hanno preso posizioni di particolare interesse su questioni classiche ma al contempo attuali quali: i) l'ampiezza dei doveri di controllo degli amministratori non esecutivi (sia all'interno delle s.p.a. di diritto comune sia in quelle bancarie); ii) la natura giuridica dell'attività bancaria. Posizioni che recentemente sono state confermate e ribadite nella seconda pronuncia in esame (Cass., 12 ottobre 2021, n. 27710, cit.).

A. Per quanto attiene al primo profilo giuridico evidenziato, entrambe le decisioni in oggetto giungono a riconoscere la responsabilità dei ricorrenti sulla base della seguente ricostruzione:

(i) a seguito della modifica dell'art. 2392 c.c. avvenuta con la riforma del 2003, gli amministratori deleganti non sono più tenuti al dovere di vigilanza “sul generale andamento della gestione”. Essi, tuttavia, rispondono qualora abbiano violato l'obbligo di agire in modo informato ex art. 2381, comma 6, c.c. Quest'ultimo si declina in un dovere del consigliere di:

1) informarsi sulla situazione aziendale attraverso tutti i poteri di iniziativa cognitoria legati alla carica e con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle sue specifiche competenze (ai sensi dell'art. 2392, comma 1, c.c.);

2) attivarsi per prevenire o eliminare o attenuare le situazioni di criticità di cui abbia o debba avere contezza anche in ragione dell'obbligo di cui al precedente punto 1);

(ii) la Banca d'Italia ha emanato disposizioni generali aventi ad oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni e l'organizzazione societaria, le quali sanciscono doveri di particolare pregnanza in capo al consiglio di amministrazione delle società bancarie, che riguardano l'intero organo collegiale e, conseguentemente, anche i consiglieri non esecutivi. Nello specifico, quest'ultimi devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business bancario e, “essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte all'interno del consiglio, hanno l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo tale da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute” (così Cass., 18 settembre 2020, n. 19556);

(iii) il dovere di agire in modo informato ex art. 2381, comma 6, c.c. per gli amministratori non esecutivi nelle s.p.a. bancarie risulta, dunque, più stringente.

B. Con riferimento, invece, al secondo tema menzionato, ovvero alla natura giuridica dell'attività bancaria, la Corte, in entrambe le sentenze, nell'esaminare l'atteggiarsi dell'obbligo di agire in modo informato ex art. 2381, comma 6, c.c., nel comparto creditizio, afferma che, in tale settore, il consigliere è gravato di una responsabilità di “natura pubblicistica” nei confronti dell'Autorità di vigilanza.

Tanto premesso, lo scopo delle note che seguono consiste nel ripercorrere (pur senza la pretesa di esaustività) come la giurisprudenza e la dottrina hanno affrontato le questioni sopra indicate per poi giungere a formulare un breve commento alle pronunce in esame.

Le soluzioni

i) L'obbligo di agire in modo informato ed il ruolo dei c.d. segnali di allarme

A. È noto che nel vigore del regime normativo anteriore alla riforma del 2003, il dovere di vigilare “sul generale andamento della gestione” (il quale era previsto dalla disciplina dell'art. 2392, comma 2, c.c.) aveva comportato, nell'esperienza giurisprudenziale, una indebita estensione della responsabilità dei consiglieri non esecutivi (cfr. Relazione di accompagnamento al D.Lgs., § 6, III, 4).

Al fine di ovviare a tale criticità, il legislatore, con il D.Lgs., è intervenuto espungendo tale regola e innovando profondamente il quadro di riferimento. In particolare, è stato introdotto un sistema in cui agli obblighi degli amministratori delegati di riferire al plenum con cadenza almeno semestrale “sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo” (art. 2381, comma 5, c.c.) corrispondono speculari doveri (art. 2381, comma 3, c.c.) del consiglio di:

1) valutare l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società attraverso le informazioni ricevute;

2) esaminare i piani strategici, industriali e finanziari, quando elaborati;

3) valutare il generale andamento della gestione, sulla base della relazione dei delegati (sul rapporto informativo tra amministratori operativi e quelli non esecutivi v. L. A. Bianchi, La gestione dell'impresa: i consigli di amministrazione tra regole e modelli organizzativi, Bologna, 2021, 185 ss.; Tombari, Riflessioni sulle “funzioni” degli amministratori “non esecutivi” e sull' “amministrazione” nella S.p.A. quotata, in RDS, 2020, 323 ss.; Calandra Buonaura, L'amministrazione della società per azioni nel sistema tradizionale, Torino, 2019, 235 ss.; Barachini, Sub. art. 2381, in Le società per azioni, diretto da Abbadessa e Portale, Milano, 2016, 1181 ss.; Luciano, La gestione della s.p.a. nella crisi pre-concorsuale, Milano, 2016, 93 ss.; Montalenti, Amministrazione e controllo nella società per azioni: riflessioni sistematiche e proposte di riforma, in Riv. Soc., 2013, 42 ss. In giurisprudenza v., ad esempio, Cass., 31 agosto 2016, n. 17441, in Giur. Comm., 2017, II, 835 ss.; Trib. Milano, 12 dicembre 2012, in Giur. Comm., 2013, II, 1073 ss.).

La seconda innovazione apportata dalla novella del 2003 si rintraccia nella disposizione dell'art. 2381, comma 6, c.c., la quale esordisce affermando che gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato e prosegue, nel secondo periodo, prevedendo il potere/dovere per ciascuno di essi di chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società. Un potere/dovere quest'ultimo che, secondo la ricostruzione che è stata fornita dalla giurisprudenza (v., in particolare, Cass., 12 dicembre 2018, n. 32135, in GiustiziaCivile.com; Cass., 31 agosto 2016, n. 17441, cit.; nella giurisprudenza di merito cfr. Trib. Milano, 30 gennaio 2018, in Giur. Comm., 2019, II, 1129 ss.) e dalla dottrina (ex multis L. A. Bianchi, op. cit., 188 s.; Terranova, La responsabilità degli amministratori di s.p.a. nei confronti della società (art. 2392 c.c.), in Responsabilità degli amministratori nelle società di capitali, a cura di Marchetti, Torino, 2021, 19; Calandra Buonaura, op. cit., 315; Visentini, L'amministrazione della società per azioni, 2016, Roma, 161; Bonelli, Gli amministratori di s.p.a, a dieci anni dalla riforma, Milano, 2013, 119; Abbadessa, Profili topici della nuova disciplina della delega amministrativa, in Il nuovo diritto delle società - Liber amicorum Campobasso, diretto da Abbadessa e Portale, Torino, 2006, II, 501 ss.), sorgerebbe solo in presenza di insufficienze nella rendicontazione ricevuta o di indici di anomalie tali da porre sull'avviso gli amministratori alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze (c.d. teoria dei segnali di allarme). Diversamente, infatti, richiedendo ai consiglieri non esecutivi di domandare chiarimenti e approfondimenti su ogni operazione, documento, contratto e atto, si finirebbe con il reintrodurre quel generico dovere di vigilanza che lariforma aveva voluto espungere. Peraltro, crea significativi problemi stabilire con esattezza quali siano i menzionati segnali di allarme. A questo proposito, a titolo esemplificativo, tali indicatori di rischio sono stati rinvenuti: nella soggezione all'altrui gestione personalistica, in operazioni anomale, nell' eccessivo indebitamento e nell'incongruenza dei dati contabili (ai fini dell'identificazione dei segnali di allarme v. Cass., 29 ottobre 2018, n. 27365, in Soc., 2019, 187 ss., Cass., 29 dicembre 2017, n. 31204, in Foro it., 2018, 1292 ss., Cass., n. 32352, Cass. pen., 19 giugno 2007, n. 23838, in Giur. Comm., 2008, II, 369 ss. Sul punto cfr. anche Renna, La responsabilità degli amministratori di società di capitali, Bologna, 2021, 139; L. A. Bianchi, op. cit., 189 ss.; Mosco - Lopreiato, Doveri e responsabilità di amministratori e sindaci nelle società di capitali, in Riv. Soc., 2019, 141 ss.; Tombari - Luciano, La responsabilità degli amministratori non esecutivi di s.p.a. nella giurisprudenza più recente, in questo portale, 5 settembre 2017; Bonelli, op. cit., 74 ss.).

B. L' art. 2392 c.c., al secondo comma, prevede che in ogni caso sono solidalmente responsabili i consiglieri che, “fermo il rispetto del terzo comma dell'art. 2381 c.c.”, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno agito per impedirne o eliminarne o attenuarne il compimento. Alla luce di quanto sopra osservato, si è ricondotto all'interno della nozione di “conoscenza” anche le situazioni di colposa ignoranza: ossia quei casi in cui l'amministratore non esecutivo, seppur non adeguatamente informato per mezzo della rendicontazione periodica della compagine delegata ai sensi del terzo e del quinto comma dell'art. 2381 c.c., in presenza dei c.d. segnali di allarme, avrebbe comunque potuto avere contezza del fatto pregiudizievole in virtù dell'obbligo di agire in modo informato ex. art. 2381, comma 6, c.c. (v., in particolare, Cass., 22 marzo 2019, n. 8237, in BBTC, 2020, II, 851 ss.; Cass., 31 agosto 2016, n. 17441, cit.; Montalenti - Riganti, La responsabilità degli amministratori non esecutivi, in Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di società di capitali: profili sostanziali e processuali, a cura di De Poli e Romagnoli, Pisa, 2021,96; Mosco - Lopreiato, op. cit., 141 ss.;Calandra Buonaura, op. cit., 315 s.;Tombari - Luciano, op. cit.; Sacchi, Gli amministratori deleganti e il dovere di agire in modo informato, in Giur. Comm., 2008, II, 377 ss.).

C. La governance delle società bancarie negli ultimi anni (soprattutto a seguito della crisi di inizio secolo) è stata oggetto di importanti interventi da parte del legislatore europeo e nazionale (v. Sacco Ginevri - Capriglione, La metamorfosi della governance bancaria, Milano, 2019; Riganti, Il sistema dei controlli interni nelle banche tra vigilanza esterna e corporate governance, Torino, 2019; Stella Richter Jr., I sistemi di controllo delle banche tra ordinamento di settore e diritto comune, Notazioni preliminari, in Riv. Soc., 2018, 320 ss.; Luciano, Adeguatezza organizzativa e funzioni aziendali di controllo nelle società bancarie e non, in Riv. dir. comm., 2017, I, 317 ss.; Frigeni, La governance bancaria come risk governance: evoluzione della regolamentazione internazionale e trasposizione nell'ordinamento italiano, in Regole e mercato, a cura di Mancini, Paciello, Santoro e Valensise, Torino, 2016, I, 46 ss.; Portale, La corporate governance delle società bancarie, in Riv. Soc., 2016, 48 ss.; Cera, Il buon governo delle banche tra autonomia privata e vigilanze pubbliche, in Riv. Soc., 2015, 947 ss. In una prospettiva comparatistica: Hopt, Corporate governance of Banks and Financial Institutions: Economic theory, supervisory practice, evidence and policy, in ECGI Law Working Paper n. 507/2020).

Al riguardo, uno degli aspetti più significativi concerne l'enfasi che la normativa di settore pone sul ruolo degli amministratori deleganti. Più precisamente, quest'ultimi, ai sensi delle Disposizioni di Vigilanza di Banca d'Italia, sono chiamati a svolgere una fondamentale “funzione dialettica e di monitoraggio” (v. Circolare n. 285 del 2013 di Banca d'Italia, Parte prima, Capitolo I, Sezione IV, 1) e sono titolari di penetranti poteri informativi [Circolare n. 285 del 2013 di Banca d' Italia, Parte I, Titolo IV, Capitolo I, Sezione IV, 2.2., lett. A), n. 1]. Ad essi è, altresì, domandato un livello di diligenza più elevato rispetto a quello ordinario in considerazione dei peculiari requisiti di professionalità richiesti (v., sul punto, art. 26, t.u.b. ed il recente Decreto del Ministero dell'Economia del 23 novembre 2020, n. 169). Da ciò discenderebbe (Ferretti, Note in tema di responsabilità degli amministratori non esecutivi delle banche, in Giur. Comm., 2020, II, 87 ss.; Patti, Il dovere degli amministratori senza delega di agire in modo informato, in Riv. Dir. Comm., 2016, II, 710 ss.; Guizzi, Elasticità e permeabilità dei modelli, Incontro studio del 23 giugno 2016, in Dir. banca mercato fin., 2016, 787 ss.; Minto, La speciale natura dell'incarico amministrativo in banca tra limitazione della discrezionalità organizzativa e vincoli sull'agire in modo informato, in Giur. Comm., 2015, II, 24 ss. In giurisprudenza v., ex multis, Cass., 4 febbraio 2021, n. 2620, in Soc., 2021, 559 ss.; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24851, in Giur. it., 2020, 866 ss.; Cass., 22 marzo 2019, n. 8237, cit.), che l'obbligo di agire in modo informato, ex art. 2381, sesto comma, c.c., sarebbe più stringente per gli amministratori privi di deleghe operanti nel comparto bancario. Nello specifico - profilo che in questa sede più interessa - la Corte di legittimità ha statuito che in tali società l'ordinamento ripone “un particolare affidamento nella specifica competenza degli amministratori sia pure non esecutivi, in ragione dei loro requisiti di professionalità, e, perciò, di una dovuta sensibilità percettiva” con la conseguenza che “in presenza di segnali di allarme percepibili da un amministratore diligente secondo la specifica competenza, egli risponde del mancato utile attivarsi” (così Cass., 9 novembre 2015, n. 22848, in Riv. dir. comm., 2016, II, 710 ss., principio poi ripreso da Cass., 23 aprile 2018, n. 9973). Ne deriva che i consiglieri bancari non operativi, in virtù dei menzionati requisiti richiesti, sono tenuti a cogliere anche quegli indici di anomalie che, diversamente, le corrispondenti figure nelle società di diritto comune non sarebbero obbligate a riconoscere (su questo punto cfr. anche Houben, Il dovere di agire in modo informato degli amministratori non esecutivi delle banche, in Banca, impresa, società, 2018, 289 s.).

ii) La natura dell'attività bancaria

A. È noto come la questione concernente la natura (privatistica e/o pubblicistica) dell'attività bancaria sia da sempre una di quelle maggiormente complesse e controverse del relativo ordinamento. Merita, a questo proposito, ricordare che all'art. 1 del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, il legislatore aveva previsto che: “la raccolta del risparmio tra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico”. Tale disposizione aveva condotto la dottrina (v. Giannini, Istituti di credito e servizi di interesse pubblico, in Moneta e Credito, 1949, 105 ss.) e la giurisprudenza (cfr., in particolare, Cass. pen., 10 ottobre 1981, in Foro it., 1981, 553 ss.) ad effettuare una ricostruzione in termini pubblicistici della attività in esame. Aspetti sintomatici di detta qualificazione venivano rintracciati anche nel penetrante e variegato controllo esercitato dalle Autorità creditizie (il quale riguardava sia il momento genetico, sia quello di gestione). Nel corso degli anni, tuttavia, non solo il suddetto Decreto è stato abrogato, ma sono venuti a mancare anche gli indici sui quali si fondava la ricostruzione appena riportata. Difatti, attraverso la valorizzazione del paradigma imprenditoriale (sancito dall' art. 10 del t.u.b.) nello svolgimento dell'attività bancaria, sono stati fortemente ridotti l'estensione e la pervasività dei poteri dell'Autorità di vigilanza con una forte limitazione della discrezionalità a quest'ultima riconosciuta (v., ex multis, Sacco Ginevri - Capriglione, op. cit., 41 ss.; Riganti, op. cit., 43 ss.; Nigro, Considerazioni conclusive, in Società bancarie e società di diritto comune. Elasticità e permeabilità dei modelli. Incontro studio del 23 giugno 2016, in Dir. banca mercato fin., 2016, 835 ss.; Minto, La governance bancaria tra autonomia privata ed eteronomia, Milano, 2012, 1 ss.). In seguito a tali novità, si è pertanto arrivati ad affermare la natura privatistica dell'attività bancaria (cfr., nello specifico, Urbani, L'impresa bancaria nella prospettiva del mercato unico europeo, Padova, 2005, 221 ss.; Abbadessa, La banca come impresa e sviluppo locale. Il profilo giuridico, in Sistema creditizio e sviluppo locale, a cura di M. Napoli, Milano, 2004, 13 ss.; Cass. pen., 28 febbraio 1989, in Foro it., 1989, 505 ss.).

Osservazioni

A. All'interno del contesto delineato, le sentenze in commento assumono un importante significato. Esse, infatti, prima di statuire che nel comparto bancario l'obbligo di agire in modo informato ex art. 2381, comma 6, c.c. risulta particolarmente stringente, offrono una ricostruzione di carattere generale (e dunque valevole anche per le società di diritto comune) di tale dovere che merita attenzione.

Nello specifico, i giudici di legittimità affermano che in ossequio al citato obbligo ex art. 2381, comma 6, c.c., il consigliere privo di deleghe deve informarsi “affinchè tanto la scelta di agire quanto quella di non agire risultino fondate sulla conoscenza della situazione aziendale che egli possa procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle sue specifiche competenze (art. 2392 c.c., comma 1)”. Ebbene, l'interpretazione del dovere di agire in modo informato (ex art. 2381, comma 6, c.c.) appena indicata sembra richiedere agli amministratori non esecutivi un'attivazione costante di “tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica” indipendentemente dalla presenza di indici di anomalie. In tal modo, tuttavia, essa omette di considerare (se non, addirittura, sembra “superare”) la c.d. teoria dei segnali di allarme, secondo la quale - come in precedenza osservato - i consiglieri non operativi dovrebbero acquisire informazioni ulteriori (rispetto alla rendicontazione periodica della compagine delegata) solo al ricorrere di particolari indicatori di pericolo. Occorre allora evidenziare che l'impostazione proposta dalla pronuncia in esame non solo si pone in contrasto con il prevalente orientamento giurisprudenziale e dottrinale in materia (v. supra), ma sembra anche capace di condurre ad un'eccessiva responsabilizzazione dei consiglieri privi di deleghe, cui sarebbe richiesto di rispondere per una diffusa condotta di vigilanza, tale da trasmodare nei fatti in un'ipotesi di responsabilità oggettiva. Un risultato che deve essere evitato, riaffermando con chiarezza, la fondamentale funzione dei c.d. segnali di allarme.

B. Peraltro, è necessario osservare che l'interpretazione del dovere di agire in modo informato ex art. 2381, comma 6, c.c., suggerita dalle sentenze in esame, non sarebbe stata condivisibile nemmeno se circoscritta all'interno del comparto bancario. Pare, infatti, a questo proposito, preferibile (per quanto anch'essa non sia priva di aspetti problematici) la ricostruzione fornita dalla Corte di Cassazione nelle precedenti pronunce (v. supra), secondo la quale la peculiare normativa di settore comporta un innalzamento della “capacità percettiva” degli amministratori non operativi e non il venir meno della c.d. teoria dei segnali di allarme.

C. Suscitano, inoltre, interesse le sentenze in commento anche laddove si afferma che gli amministratori bancari sono gravati nei confronti dell'Autorità di vigilanza di una responsabilità di natura pubblicistica. In tal modo, infatti, la Corte di Cassazione sembra rievocare l'antica concezione dell'attività bancaria come funzione pubblica.

Conclusioni

In conclusione, la ricostruzione dell'obbligo di agire in modo informato ex art. 2381, comma 6, c.c. fornita dalla Corte di Cassazione con le pronunce in esame non appare condivisibile, in quanto suscettibile di condurre a pericolose derive verso un obbligo di vigilanza eccessivamente ampio e indefinito (e ad una conseguente responsabilità oggettiva), che sarebbe idoneo, tra l'altro, a disincentivare l'ingresso nel consiglio di amministrazione di soggetti di spiccata competenza. Un aspetto quest'ultimo tanto più importante se, come affermato, durante l'emergenza da Covid-19, dal Governatore di Banca d'Italia (Visco, L'economia italiana e le banche: implicazioni della pandemia e prospettive, 16 settembre 2020), livelli di esperienza e di professionalità adeguati all'interno delle governance bancarie costituiscono un presupposto fondamentale per affrontare “efficacemente e con risolutezza” le sfide del futuro.

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