Riforma processo civile: le novità normative in tema di pignoramento presso terzi

16 Febbraio 2022

All'interno della l. 206/2021 sono state incluse anche alcune disposizioni che spiegheranno a breve i loro effetti, alcune delle quali vanno ad incidere in modo significativo sull'espropriazione presso terzi. Nel presente contributo ci si sofferma in particolare su due di tali interventi.
Il quadro normativo: la modifica in tema di competenza

Con l. 206/2021 è stata varata la delega al Governo per una significativa riforma in tema di processo civile e di strumenti per la risoluzione alternativa delle controversie (per una prima analisi in tema di impatto della legge delega sull'espropriazione forzata, si veda P. Farina, “Riforma del processo civile: espropriazione forzata”, in Ilprocessocivile edito da Giuffrè – Francis Lefebvre).

In coda a tale delega, poi, sono state inserite alcune modifiche normative che non necessitano di attuazione, ma che saranno efficaci, stando al comma 37 dell'art. 1 della legge in questione, a partire dal centottantesimo giorno successivo alla entrata in vigore della stessa.

In particolare, i commi 29 e 32 dell'art. 1 della legge hanno ad oggetto due importanti interventi in tema di procedure esecutive di espropriazione presso terzi.

Esaminiamo dunque brevemente questi due interventi normativi, partendo da quello concernente la nuova disciplina in tema di competenza per l'espropriazione di crediti.

Il comma 29, appena citato, dispone una modifica del primo comma dell'art. 26-bis c.p.c., con riferimento all'ipotesi in cui esecutata sia una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, quinto comma, c.p.c., prevedendo che in tale caso competente per l'espropriazione di crediti sia «il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede».

A riguardo, pare utile dare conto delle modifiche normative che hanno interessato, nel corso dell'ultimo decennio, l'argomento in esame.

Fino alla introduzione dell'art. 26-bis c.p.c. (avvenuta ad opera dell'art. 19, comma 1, lett. b), del d.l. 132/2014, convertito, con modificazioni, in l. 162/2014), il giudice competente per l'espropriazione di crediti veniva individuato con una sintetica previsione normativa contenuta nel secondo comma dell'art. 26 c.p.c.

Tale disposizione, poi abrogata nel 2014, prevedeva che il giudice competente per l'espropriazione di crediti venisse individuato con riferimento alla residenza del terzo pignorato.

Una disposizione normativa, quella appena menzionata, che mirava, per così dire, a favorire la posizione del terzo pignorato, agevolandolo il più possibile nel poter rendere la propria dichiarazione di terzo.

Una previsione normativa, però, che manifestava alcune criticità, non consentendo la concentrazione dinanzi ad un unico giudice dell'esecuzione delle procedure esecutive di espropriazione presso terzi avviate nei confronti di uno stesso debitore e, comunque, avrebbe finito per perdere la sua originaria funzione (di consentire al terzo pignorato di rendere più agevolmente la propria dichiarazione) una volta che al terzo pignorato non fosse più stato richiesto di rendere personalmente la propria dichiarazione in udienza.

L'art. 26-bis c.p.c., dunque, veniva introdotto nel 2014 allo scopo di superare le evidenziate criticità e di adeguare il quadro normativo al complessivo mutamento della disciplina dettata in tema di pignoramento presso terzi, la quale non prevedeva più, almeno ordinariamente, la comparizione del terzo pignorato in udienza per rendere la propria dichiarazione.

Stando alla disposizione disegnata dal legislatore del 2014, giudice competente per l'espropriazione di crediti sarebbe stato, in linea generale, quello del luogo in cui aveva residenza, domicilio, dimora o sede il debitore esecutato, con l'eccezione, però, del caso in cui esecutata fosse stata una pubblica amministrazione, nel qual caso, in base al primo comma dell''art. 26-bis, il giudice competente avrebbe dovuto essere individuato, salvo quanto previsto da leggi speciali, con riferimento alla residenza, al domicilio, alla dimora o alla sede del terzo pignorato.

Una norma, anche quella varata dal legislatore del 2014, che non mancava di evidenziare qualche criticità, specie con riferimento all'ipotesi prevista al primo comma dell'art. 26-bis; quella, appena menzionata, concernente la individuazione del giudice competente per l'espropriazione di crediti nel caso in cui esecutata fosse una pubblica amministrazione.

Un primo problema che subito si pose all'attenzione dei primi interpreti della nuova disposizione, era costituito dalla stessa individuazione dell'esatto contenuto della norma, dal momento che il primo comma dell'art. 26-bis recava un riferimento al caso in cui «debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, comma 5» che poteva risultare fuorviante, atteso che l'art. 413, comma 5, c.p.c., non reca affatto una elencazione o definizione di pubblica amministrazione, come invece rinvenibile in altre disposizioni.

Sul punto, ha fatto poi chiarezza la Cassazione - recependo la posizione espressa sul punto già dalle corti di merito e da buona parte della dottrina - con la sentenza n. 8172/2018, stando alla quale «in tema di foro relativo all'espropriazione forzata di crediti, il rinvio che l'art. 26-bis, comma 1, c.p.c. fa all'art. 413, comma 5, dello stesso codice non concerne l'oggetto del credito per cui le P.A. sono debitrici (rapporti di lavoro alle loro dipendenze), bensì solo la qualità di esse e, dunque, la norma che a quegli effetti identifica tali Pubbliche Amministrazioni, che è l'art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001».

Ma anche una volta sgombrato il campo dagli obiettivi dubbi interpretativi nascenti dalla equivoca formulazione letterale della norma, restavano alcuni limiti della disposizione in esame, come introdotta per effetto del d.l. 132/2014.

La ragione di una tale previsione normativa e la preminente spinta che aveva condotto il legislatore a prevedere, per il caso di esecuzione nei confronti delle pubbliche amministrazioni, un foro diverso da quello previsto in via generale, era legata alla ravvisata necessità di limitare la concentrazione di procedure espropriative dinanzi ad un unico Tribunale, quello nel cui circondario avevano sede la maggior parte delle amministrazioni centrali e molti enti pubblici.

Tuttavia, una tale finalità, perseguita dal legislatore con la previsione contenuta al primo comma dell'art. 26-bis, finiva per essere svilita per effetto dello specifico criterio individuato dal legislatore per l'individuazione del giudice competente nel caso in cui esecutata fosse una pubblica amministrazione: poiché, infatti, la competenza si radicava con riguardo alla sede del terzo pignorato, avveniva che anche il terzo pignorato, si trattasse della Banca d'Italia o di altro istituto di credito tesoriere, finisse quasi sempre per avere sede nel circondario del Tribunale di Roma, con conseguente radicamento della procedura esecutiva dinanzi a quel tribunale.

Da ciò discendeva non solo il rischio di congestionamento dell'attività di quell'ufficio, ma anche, in fondo, una maggiore difficoltà per le stesse pubbliche amministrazioni di monitorare le procedure nelle quali le stesse risultassero coinvolte come debitrici.

E' pur vero, poi, che il menzionato primo comma dell'art. 26-bis faceva comunque salva, ai fini della individuazione del giudice competente per l'espropriazione di crediti delle pubbliche amministrazioni, la applicazione di leggi speciali, con l'effetto che già in sede di prima applicazione del primo comma dell'art. 26-bis si ritenne di valorizzare alcune disposizioni dettate in tema di contabilità pubblica al fine di individuare un differente criterio di individuazione del giudice competente con riferimento a tali ipotesi espropriative (si veda, ad esempio, con riferimento agli enti pubblici soggetti a tesoreria unica, la valorizzazione, ad opera della Cassazione con la già citata sentenza n. 8172/2018, dell'art. 1-bis della l. 720/1984).

E' su un quadro normativo così succintamente tratteggiato che interviene la recente riforma normativa: in qualche modo, il legislatore ha finito per recepire le indicazioni fornite dalla giurisprudenza e dall'elaborazione dottrinale, affermando che nel caso in cui sia esecutata una pubblica amministrazione il giudice competente per l'espropriazione di crediti non vada più individuato con riferimento al luogo nel quale ha sede il terzo pignorato, bensì con riferimento al luogo in cui ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Una previsione normativa, quella da ultimo varata, che vale certamente a superare le criticità che erano state inizialmente evidenziate con riguardo all'originario primo comma dell'art. 26-bis: viene comunque privilegiata una concentrazione delle procedure esecutive dinanzi ad alcuni tribunali ma, se non altro, non dinanzi ad un unico ufficio, bensì dinanzi agli uffici capoluogo di ciascun distretto, consentendo così di realizzare un migliore raccordo tra luogo in cui deve avvenire il pagamento e ufficio competente per l'espropriazione forzata, così consentendo anche un miglior monitoraggio, da parte delle articolazioni territoriali delle pubbliche amministrazioni debitrici, delle procedure esecutive nelle quali le stesse risultino coinvolte.

La modifica apportata all'art. 543 c.p.c.

Di indubbio rilievo è anche la novità introdotta dal comma 32 dell'art.1 della l. 206/2021.

La disposizione in questione introduce due nuovi commi dopo il quarto dell'art. 543 c.p.c.

Viene così previsto, nel nuovo quinto comma dell'art. 543 c.p.c., che: «Il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione. La mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell'esecuzione determina l'inefficacia del pignoramento».

Nel successivo sesto comma, introdotto per effetto di tale riforma, viene ulteriormente precisato che nel caso nel quale nell'atto di pignoramento fossero indicati una pluralità di terzi pignorati, l'inefficacia avrà luogo solo relativamente a quei terzi pignorati per i quali non vi siano stati la notifica e il deposito dell'avviso in questione, concludendo che gli obblighi del debitore e del terzo pignorato, in caso di mancata notifica e di mancato deposito dell'avviso in questione, vengano meno a far data dalla data di udienza indicata nell'atto di pignoramento.

Una previsione, quella disegnata dal legislatore, che può apparire macchinosa (e che in parte lo è realmente) ma che, al tempo stesso, risponde ad una esigenza di chiarezza obiettivamente sussistente.

Occorre, a tal riguardo, richiamare il meccanismo normativo che presiede all'iscrizione a ruolo della procedura esecutiva presso terzi presso l'ufficio giudiziario competente per l'esecuzione.

L'atto di pignoramento presso terzi, nella sua duplice veste di atto processuale predisposto dalla parte e di verbale di pignoramento realizzato dall'ufficiale giudiziario, si manifesta innanzi tutto mediante la sua notifica, da parte dell'ufficiale giudiziario, al debitore esecutato e al terzo pignorato: a far data da tale momento scattano, per tali due soggetti, gli obblighi normativi imposti in materia di pignoramento, quali, per l'esecutato, quello di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni sottoposti a pignoramento (art. 492, primo comma, c.p.c.) e, per il terzo pignorato, l'obbligo di custodia relativamente alle somme dovute all'esecutato entro i limiti dell'importo precettato, aumentato della metà (art. 546 c.p.c.).

Tuttavia - stando alla disciplina del pignoramento presso terzi disegnata a seguito della riforma introdotta per effetto del già citato d.l. 132/2014 - non è sufficiente la sola notifica del pignoramento per incardinare la procedura esecutiva dinanzi all'ufficio giudiziario competente per l'esecuzione, ma occorre un atto di parte, costituito dall'iscrizione a ruolo, disciplinato dal quarto comma dell'art. 543 c.p.c.

Il citato quarto comma dell'art. 543 c.p.c. prevede espressamente che qualora l'iscrizione a ruolo non avvenga entro trenta giorni dalla restituzione dell'atto di pignoramento al creditore procedente, il pignoramento perda efficacia.

Il problema, però, è che tanto il debitore, quanto il terzo pignorato non sono di norma edotti della avvenuta iscrizione a ruolo della procedura, con l'effetto che gli stessi rischiano di rimanere sottoposti agli obblighi nascenti dal pignoramento anche in caso di mancata iscrizione a ruolo della procedura esecutiva.

E' abbastanza frequente, così, nella prassi, che il debitore cerchi di conseguire la liberazione delle somme vincolate dal terzo pignorato a seguito di notifica dell'atto di pignoramento e che quest'ultimo rifiuti un tale svincolo in mancanza di sicuro riscontro in merito alla mancata iscrizione a ruolo della procedura.

La riforma del 2014 aveva, per la verità, introdotto alcune previsioni normative finalizzate a superare tale possibile criticità: da un lato, l'art. 164-ter disp. att. c.p.c. imponeva al creditore procedente, entro cinque giorni dalla scadenza del termine per l'iscrizione a ruolo, di inviare una comunicazione al debitore esecutato e al terzo pignorato, i quali risultavano così edotti della mancata iscrizione a ruolo e della perdita di efficacia del pignoramento.

Dall'altro, veniva espressamente prevista la possibilità che a chiedere l'iscrizione a ruolo della procedura fosse un soggetto diverso dal creditore procedente (art. 159-ter disp. att. c.p.c.), in tal modo consentendo al debitore esecutato di iscrivere a ruolo la procedura al solo scopo di vedere dichiarata l'inefficacia del pignoramento.

Due previsioni normative, tuttavia, che non risolvevano ogni problema: quanto alla prima, se la stessa imponeva un obbligo al creditore procedente, non sanciva tuttavia alcuna sanzione per il caso di mancata conformazione del creditore procedente alla stessa, con l'effetto che la comunicazione prevista nell'art. 164-ter disp. att. c.p.c. non sempre veniva inviata. Quanto alla seconda, la stessa indubbiamente imponeva un onere di attivazione, in capo al debitore esecutato, che poteva apparire eccessivo e non pienamente giustificato.

Ecco allora che si coglie il senso della introduzione dei due nuovi commi all'interno dell'art. 543 c.p.c., con la previsione di un nuovo obbligo posto a carico del creditore procedente (il quale è tenuto, entro la data di udienza indicata nell'atto di pignoramento, ad inviare al debitore esecutato e al terzo pignorato una comunicazione di avvenuta iscrizione a ruolo della procedura), provvisto stavolta di una significativa sanzione, costituita dalla perdita di efficacia del pignoramento per il caso di mancato adempimento da parte del soggetto onerato.

Una previsione, anche questa, da salutarsi con favore, forse potendosi esprimere qualche riserva in merito al continuo proliferare di adempimenti posti a carico del creditore procedente, quasi sempre rilevabili d'ufficio e sanzionati con la perdita di efficacia del pignoramento, tali da rendere la procedura esecutiva di pignoramento presso terzi sempre più una attività riservata ai soli «addetti ai lavori», essendo davvero complicato per un professionista poco esperto di esecuzioni districarsi tra i numerosi incombenti imposti in vista della buona riuscita del pignoramento.

L'applicazione delle nuove disposizioni

Come accennato in precedenza, vengono in rilievo due disposizioni destinate a spiegare la loro efficacia tra breve. Stando al comma 37 dell'art. 1 della l. 206/2021, le stesse «si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge».

Poiché la legge in questione è entrata in vigore il 24 dicembre 2021, deve ritenersi che tali disposizioni troveranno applicazione per i procedimenti instaurati a far data dal 22 giugno 2022.

Ci si potrebbe chiedere, a riguardo, come debba interpretarsi il riferimento alla «instaurazione» del procedimento, contenuto nel citato comma 37; se cioè lo stesso faccia riferimento alla notifica dell'atto di pignoramento, oppure alla sua iscrizione a ruolo.

Non facile, per la verità, individuare una risposta univoca a tale quesito.

Non agevole ricavare elementi dirimenti sulla base di dati normativi o della elaborazione giurisprudenziale.

Neppure risulta agevole pervenire ad una risposta univoca alla luce del complesso normativo che regolamenta il pignoramento presso terzi: da un lato, la circostanza che gli effetti propri del pignoramento derivino dalla sua esecuzione, che avviene con la notifica dell'atto da parte dell'ufficiale giudiziario, indurrebbe a propendere per una soluzione che veda l'instaurazione del procedimento avvenuta già per effetto della notifica del pignoramento, dovendo attribuirsi natura di mero adempimento alla iscrizione a ruolo della procedura; dall'altro, però, il riferimento contenuto nel citato art. 37 alla instaurazione di un «procedimento» potrebbe far propendere per una diversa soluzione, dovendosi ritenere che una procedura esecutiva in tanto esista, in quanto sia avvenuta la sua iscrizione a ruolo.

Conclusioni

Come si è già esposto in precedenza, le disposizioni da ultimo introdotte per effetto dei commi 29 e 32 dell'art. 1 della l. 206/2021 apportano elementi di maggiore chiarezza nella disciplina del pignoramento presso terzi e sono, pertanto, da salutare con sicuro favore.

Forse, pur consapevoli di quanto complessa e delicata sia l'attività del legiferare, si potrebbe esprimere qualche riserva sul fatto che il legislatore si sia limitato ad una attività di mera rifinitura della disciplina vigente, quando vi sono diversi limiti davvero significativi nella attuale disciplina del pignoramento presso terzi che probabilmente meriterebbero qualche correttivo: solo per fare qualche esempio, si potrebbe citare la necessità di prevedere l'estensione dell'obbligo di custodia in capo al terzo pignorato nel caso di azione esecutiva che abbia ad oggetto crediti di modesta entità (dal momento che le procedure avviate per la riscossione di tali crediti finiscono per risultare sempre inevitabilmente incapienti, causando il proliferare di altre procedure esecutive), oppure la necessità di por mano al meccanismo presuntivo di cui all'art. 548 c.p.c. (il quale mal si attaglia alla ipotesi di esecuzioni avviate per crediti di elevata entità), così come al meccanismo di accertamento dell'obbligo del terzo sommariamente disegnato dall'art. 549 c.p.c. (il quale poco si adatta, ad avviso di chi scrive, a quei casi in cui l'accertamento richieda lo svolgimento di una complessa attività istruttoria), per concludere, poi, con la necessità di conciliare la completa dematerializzazione del titolo esecutivo con l'esigenza di evitare utilizzi distorti dello stesso.

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