Responsabilità civile del componente di un'associazione a delinquere: la responsabilità è in re ipsa?
16 Febbraio 2022
Il caso. La sentenza in commento trae origine dal procedimento penale nel quale risultavano coinvolti tre imputati relativamente a una serie di reati – fra cui l'associazione per delinquere – finalizzati alla commissione di reati di frode fiscale volti al conseguimento di indebiti rimborsi di crediti IVA. L'Agenzia delle Entrate si costituiva parte civile in tale procedimento chiedendo agli imputati il risarcimento del danno patrimoniale per oltre seicentomila Euro, pari alla differenza tra i rimborsi erogati alle società facenti capo ad uno di essi e quanto recuperato a seguito dell'escussione di alcune polizze fideiussorie; tale domanda veniva rigettata dal Tribunale. Successivamente, la Corte d'Appello di Milano dichiarava estinto il reato per prescrizione e, confermando le statuizioni civili, condannava gli imputati in solido al risarcimento chiesto dall'Agenzia delle Entrate. La decisione della Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato infondati, per quanto di interesse ai fini della presente trattazione, i motivi di appello proposti dai ricorrenti. Secondo la giurisprudenza penale della stessa Corte, la responsabilità per il danno derivante da reato presuppone l'accertamento di un adeguato rapporto di casualità tra fatto ed evento, rapporto che si verifica quando il fatto, pur non determinando di per sé quel determinato evento, abbia tuttavia determinato uno stato tale di cose che senza di esse il danno non si sarebbe verificato. È stato così affermato che ove un reato si inquadri nel piano criminoso di una associazione per delinquere, la vittima del reato fine è legittimata a costituirsi parte civile sia per il reato fine che per quello associativo in quanto danneggiata da quest'ultimo. Quanto al nesso eziologico tra reato associativo e danno riconducibile al reato fine, i Giudici di legittimità hanno ricordato che i singoli reati fine, proprio perché costituiscono il fine dell'associazione criminosa, sono sicuramente agevolati – sia nella riuscita che nell'impunità – dall'essere commessi nell'ambito di una struttura associativa. Ed invero, proprio sul piano naturalistico, una cosa è un reato commesso una tantum in concorso fra due o più persone, altra e ben diversa cosa è il reato commesso da agenti che, in quanto facenti parte di una associazione, ricoprono ruoli in cui si “specializzano”, sono indirizzati sul delitto da compiere, ricevono una copertura logistica dopo la commissione del crimine. Distinguere, in tali fattispecie, fra danno diretto e danno indiretto per far discendere la conseguenza che solo per il primo è ammessa la costituzione di parte civile e non per il secondo, non appare corretto proprio perché si finirebbe per non considerare l'effetto moltiplicatore. Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha statuito che del danno patrimoniale corrispondente agli indebiti rimborsi risponde il componente dell'associazione per delinquere per il solo fatto della partecipazione all'associazione, formulando conseguentemente il principio di diritto in base al quale è civilmente responsabile del danno patrimoniale cagionato all'Amministrazione finanziaria dagli indebiti rimborsi IVA il partecipante ad una associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di attività fraudolente per la percezione di tali rimborsi, per il solo fatto di partecipare all'associazione.
(Fonte: Diritto e Giustizia) |