Impugnativa delle delibere assembleari: ancora incertezze sulla ripartizione della competenza

Adriana Nicoletti
18 Febbraio 2022

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaperto un tema che, in realtà, non si è mai chiuso e che riguarda la ripartizione della competenza tra il Giudice di Pace ed il Tribunale quando l'oggetto dell'impugnativa della delibera assembleare sia la contestazione, da parte del condomino, di una quota di spese comuni poste a suo carico dal provvedimento collegiale. La decisione dei giudici di legittimità va nel senso di prendere in considerazione l'intero deliberato di spesa, ma non tutti la pensano così
Il quadro normativo

Allo stato attuale la competenza per valore per le cause relative ai beni mobili è ripartita tra il Giudice di Pace ed il Tribunale ed è disciplinata dall'art. 7, comma 1, c.p.c. che attribuisce al primo, per una serie di controversie, anche una competenza di carattere funzionale e svincolata dall'entità del contenzioso. Per il settore condominiale tale competenza diviene esclusiva con riferimento alle cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case (ivi comma 2, n. 2).

La norma, entrata in vigore con l'istituzione del Giudice di Pace nel lontano 1991 ma con decorrenza dal 1°maggio 1995, è stata oggetto, solo sulla carta, di un invasivo riesame che ne avrebbe mutato i lineamenti, avendo dilatato al massimo il campo di azione del Giudice di Pace. Infatti, con il d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116 - emanato come espressione di una riforma organica della magistratura onoraria in una con altre disposizioni sui Giudici di Pace - sarebbero state affidate al “giudice onorario” le controversie di valore fino ad € 30.000,00, come previsto dall'art. 27, comma 1, lett. a). L'entrata in vigore della norma, tuttavia, è stata definitivamente rinviata al 31 ottobre 2025 (come da proroga dei termini di cui all'art. 8-bis del d.l. 30 dicembre 2019, n. 162 convertito con modificazioni dalla l. 28 febbraio 2020, n. 8).

Da ultimo, la meglio nota “Legge Cartabia” (l. 26 novembre 2021, n. 206), la cui finalità è quella di introdurre un “riassetto formale e sostanziale del processo civile, mediante novelle al codice di procedura civile e alle leggi processuali speciali, in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile”, ha previsto che entro un anno dall'entrata in vigore della normativa saranno emessi i relativi decreti legislativi. Per quanto concerne il giudizio dinanzi al Giudice di Pace, l'art. 7 ha previsto che il decreto o i decreti legislativi recantile modifiche al codice di procedura civile in materia di cognizione di primo grado davanti al Giudice di Pace dovranno anche “provvedere a una rideterminazione della competenza del Giudice di Pace in materia civile, anche modificando le previsioni di cui all'art. 27 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116”.

Competenza per valore e controversie condominiali: un caso particolare

In àmbito condominiale, occorre distinguere tra spese che sono erogate in forza di interventi e forniture di beni e servizi che non richiedono il consenso dell'assemblea, che possono essere definite di “riscossione immediata”, e spese che sono assoggettate ad autorizzazione della medesima, tramite relativa delibera e conseguente ripartizione degli importi secondo i criteri indicati dagli artt. 1123 ss. c.c. Queste ultime si riferiscono non solo alle opere urgenti e necessarie ma anche a tutti quegli interventi, di carattere straordinario e/o innovativo, che esulano dall'àmbito del mandato affidato all'amministratore. L'art. 1135 c.c., infatti, nel definire le attribuzioni dell'assemblea stabilisce che questa è titolata ad approvare il rendiconto annuale redatto dall'amministratore ed a definire l'impiego del residuo attivo della gestione (ivi n. 3), nonché a determinare la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria o di innovazione, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale con la relativa ripartizione tra i condomini.

Solo dalla redazione del bilancio consuntivo annuale e dal contestuale stato di ripartizione, sottoposto all'approvazione dei condomini, ciascuno di essi ha il quadro della situazione contabile generale e personale ed è proprio in questo momento che nascono le confutazioni in ordine alla distribuzione degli oneri condominiali. Contestazioni che potrebbero essere risolte amichevolmente, ma sempre su base documentale e che, invece, nella maggior parte dei casi portano all'impugnazione della delibera assembleare.

I motivi posti a fondamento della richiesta di annullamento della deliberazione possono essere di carattere formale, quando interessano irregolarità nella convocazione dell'assemblea - come, ad esempio, il mancato rispetto dei termini di cui all'art. 66 disp. att. c.c.; la mancata ricezione dell'avviso di convocazione; la mancata indicazione nell'ordine del giorno di un argomento che sia, poi, stato oggetto di discussione e votazione e così via - oppure se si riferiscono alla mancanza dei quorum, costitutivo e deliberativo oppure di natura sostanziale, da considerarsi tali perché incidono economicamente sul patrimonio di chi ha promosso l'impugnativa e sostanzialmente consistono in asseriti errori nella ripartizione degli oneri condominiali. Si tratta di vizi che possono da soli costituire motivo di impugnativa, ma possono anche coesistere con i primi.

La contestuale denuncia di tali vizi fa sì che si cumulino due domande: da un lato, quella di valore indeterminabile che riguarda l'impugnativa dell'atto assembleare, nella doppia fase della convocazione e della votazione e, dall'altro, quella connessa al valore della quota di spese contestata e che potrebbe rientrare nella competenza del Giudice di Pace.

Questo è un, o meglio il punto critico sul quale i giudici di merito si confrontano su posizioni diverse, talchè la questione è stata portata più volte dinanzi alla Corte di Cassazione che ha deciso in sede di regolamento di competenza.

I giudici di legittimità (Cass. civ., sez. VI/II, 20 luglio 2020, n. 15434) hanno affermato che nella fattispecie la competenza spetta, in via residuale, al Tribunale, definendo un principio che trova fondamento nella sussistenza dell'interesse ad agire, anche quando la relativa azione sia svolta esclusivamente alla rimozione delle deliberazioni assembleari, allorché il vizio abbia carattere meramente formale e la delibera stessa non incida direttamente sul patrimonio dell'attore.

La fattispecie sottesa a tale decisione è sicuramente interessante e merita di essere esaminata. Un condomino impugnava una delibera assembleare contestando, in primis, la mancata indicazione dei nominativi dei votanti e delle rispettive quote e, in secondo luogo, l'errato addebito a suo carico di spese comuni. Il Tribunale adito dichiarava la propria incompetenza per essere competente il Giudice di Pace, motivando tale decisione con il fatto che l'entità della quota ascritta all'attore faceva sì che la domanda rientrasse tra quelle previste dall'art. 7, comma 1, c.p.c. e ritenendo irrilevante, ai fini del valore, che la delibera fosse stata impugnata per irregolarità formali. Inoltre, nel rapporto tra quota individuale e l'importo complessivo della delibera è il primo che assumerebbe consistenza anche se il condomino agisce per sentire dichiarare - come nel caso di specie - l'inesistenza del proprio obbligo di pagamento sull'assunto dell'invalidità della delibera.

Contro la decisione, il condomino proponeva regolamento di competenza evidenziando come l'aver dedotto, come primo motivo di impugnativa, il vizio formale della deliberazione avesse implicato il valore indeterminabile della controversia, che non poteva comportare una quantificazione economica della stessa. La competenza, quindi, non poteva che essere attribuita al Tribunale. La successiva contestazione sull'addebito della quota di spesa spettante all'attore avrebbe, inoltre, coinvolto l'intero importo della spesa deliberata, considerato che l'accoglimento della domanda avrebbe avuto inevitabili ricadute, in aumento, sulle quote di tutti gli altri condomini.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, osservando che l'attore aveva proposto due distinte domande che avevano in comune il petitum (declaratoria di nullità/annullabilità e/o inefficacia della deliberazione) ma distinte nella causa petendi (i vizi dedotti). Nella sussistenza di tali circostanze, in forza del combinato disposto degli artt. 9 e 10 c.p.c., la competenza dell'azione di annullamento della deliberazione assembleare, che spetta al Tribunale, si estende anche alla seconda domanda anche se la competenza della stessa sarebbe del Giudice di Pace. La fattispecie, pertanto, costituirebbe un'ipotesi di vis attractivadel primo giudice rispetto alsecondo.

Sostanzialmente sulla stessa linea la successiva decisione del Supremo Collegio (Cass. civ., sez. VI/II, 11 settembre 2020, n. 18938) chiamata a decidere un giudizio di impugnativa di delibera assembleare avente ad oggetto più domande, tra le quali quella di cancellazione dell'ipoteca iscritta dal condominio a garanzia di una somma ingiunta al condomino tramite decreto. Premesso - come evidenziato dalla Corte - che la determinazione della competenza deve essere fatta alla stregua della domanda giudiziale, talchè non rilevano le contestazioni sollevate dal convenuto in ordine non solo alla sua fondatezza nel merito ma anche alla sua validità in rito, la competenza per valore spetta al Tribunale in forza del combinato disposto di tre norme: ovvero l'art. 7, comma 1, c.p.c., l'art. 9, comma 1, c.p.c. e l'art. 10, comma 2, c.p.c. Tutto ciò anche se anche le altre domande giudiziali non siano altrimenti connesse (art. 104, comma 1, c.p.c.) ed anche se le stesse fossero state di competenza del Giudice di Pace.

La singola quota di spesa e l'impugnativa della delibera

Di recente, la giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2021, n. 19250) è tornata sul tema della ripartizione della competenza tra Giudice di Pace e Tribunale. Il dibattito sulla questione sembra essersi riaperto nel momento in cui è stato affermato che “la domanda di impugnazione di delibera assembleare introdotta dal singolo condomino, anche ai fini della stima del valore della causa, non può intendersi ristretta all'accertamento della validità del rapporto parziale che lega l'attore al condominio e dunque al solo importo contestato, ma si estende necessariamente alla validità dell'intera deliberazione e dunque all'intero ammontare della spesa, giacché l'effetto caducatorio dell'impugnata deliberazione dell'assemblea condominiale, derivante dalla sentenza con la quale ne viene dichiarata la nullità o l'annullamento, opera nei confronti di tutti i condomini, anche se non abbiano partecipato direttamente al giudizio promosso da uno o da alcuni di loro”.

La Corte si è così manifestamente discostata da una parte, anche recente, di quell'orientamento giurisprudenziale secondo il quale, nella controversia avente ad oggetto il riparto di una spesa approvata dall'assemblea, anche se il condomino agisce per sentire dichiarare l'inesistenza al suo obbligo di pagamento sull'assunto dell'invalidità della deliberazione assembleare si deve fare riferimento all'importo contestato e non all'intero ammontare risultante dal riparto approvato (Cass. civ., sez. VI/II, 11 settembre 2020, n. 18938; Cass. civ., sez. VI/II, 20 luglio 2020, n. 15434; Cass. civ., sez. VI/II, 3 ottobre 2019, n. 24748; Cass. civ., sez. VI/II, 28 agosto 2018, n. 21227; Cass. civ., sez. VI/II, 5 luglio 2013, n. 16898; Cass. civ., sez. II, 16 marzo 2010, n. 6363). Orientamento che - giova evidenziarlo - per le ordinanze nn. 18938 e 15434/2020 è stato richiamato in via incidentale, considerato che le fattispecie trattate erano di diverso tenore.

Seguendo il ragionamento della Corte Suprema, assumerebbe rilevanza decisiva, al fine di individuare il giudice competente, la relazione inscindibile tra l'accoglimento della domanda, anche se di valore inferiore rispetto a quanto indicato dall'art. 7, comma 1, c.p.c., e l'effetto che l'annullamento produce sull'intera compagine condominiale, che rimette in discussione la posizione debitoria di ciascun condomino nei confronti del condominio.

L'attuale posizione della Corte, peraltro, non è il frutto di una decisione isolata ma conosce numerosi precedenti. Così era stato affermato (Cass. civ., sez. II, 5 aprile 2004, n. 6617) che, quando il condomino agisce nei confronti del condominio per sentire dichiarare l'inesistenza del suo obbligo personale di pagare la quota della spesa deliberata ed approvata e posta a suo carico, in via generale, dall'assemblea sull'assunta invalidità della deliberazione, quale titolo per la pretesa del condominio nei suoi confronti (e non già dell'insussistenza, per qualsiasi titolo, della propria personale obbligazione), la contestazione deve intendersi estesa necessariamente all'invalidità dell'intero rapporto implicato dalla delibera. Infatti, il valore da prendere in considerazione ai fini di determinare la competenza non riguarda l'obbligo del singolo bensì l'intera spesa della deliberazione, la cui validità non può essere riscontrata solo in via incidentale.

Nello stesso senso si era, poi, espressa successivamente la Corte (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2007, n. 23559), mentre in altra ordinanza (Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 2010, n. 1201) il thema della competenza è stato risolto considerando due prospettive, con la prima delle quali si era uniformata a quanto deciso nel citato provvedimento n. 6617/2004. Ove, invece, il condomino abbia dedotto l'insussistenza della propria obbligazione per qualsiasi diverso titolo - nella specie: la delibera era stata impugnata perché lo stato di ripartizione approvato aveva addebitato all'attore una quota, malgrado l'esclusione prevista in sede di regolamento condominiale - il valore della causa deve essere determinato in base al titolo contestato, poiché la decisione non implica una pronuncia sulla validità della delibera concernente la voce di spesa nella sua globalità.

In conclusione

Le posizioni della giurisprudenza sembrano essere chiaramente delineate ed equamente ripartite, per cui si rende sempre di più auspicabile che le Sezioni Unite della Cassazione si esprimano sul punto per chiudere un cerchio che, altrimenti, lascerebbe aperto sempre un vulnus che lascia spazio per decisioni contrastanti. Ma forse il legislatore, anche involontariamente, con il futuro spostamento della competenza del Giudice di Pace alle controversie di valore di trentamila euro ha già superato tale problematica.

Riferimenti

Celeste, Il riparto di competenze tra il magistrato professionale e laico in tema di riscossione di contributi condominiali, in Condominioelocazione.it, 2018;

Monegat, Impugnazione delle delibere assembleari e riparto spese: come determinare la competenza per valore, in Immob. & proprietà, 2018, 597;

Tamburro, La competenza del giudice di Pace in materia condominiale, in Arch. loc. e cond., 2012, 258.

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