Competenza della sezione specializzata in caso di impresa assoggettabile ad amministrazione straordinaria: la risposta negativa della Cassazione

Luca Jeantet
22 Febbraio 2022

In tema di concordato preventivo del debitore che abbia i requisiti per l'ammissione all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, resta ferma la competenza del tribunale nel cui circondario si trova il suo centro degli interessi principali, poiché ai sensi dell'art. 27, comma 1, del Codice della crisi d'impresa, la competenza dell'ufficio sede della sezione specializzata in materia di imprese è riservata ai soli procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza delle imprese che siano già state ammesse all'amministrazione straordinaria.
Massima

In tema di concordato preventivo del debitore che abbia i requisiti per l'ammissione all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, resta ferma la competenza del tribunale nel cui circondario si trova il suo centro degli interessi principali, poiché ai sensi dell'art. 27, comma 1, CCI, la competenza dell'ufficio sede della sezione specializzata in materia di imprese è riservata ai soli procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza delle imprese che siano già state ammesse all'amministrazione straordinaria.

La questione giuridica e le soluzioni

La Corte di Cassazione, in accoglimento del regolamento di competenza proposto dalla società debitrice e sostenuto in via d'ufficio da parte del Tribunale di Bologna, riforma la decisione della Corte d'Appello di Bologna e dichiara la competenza del Tribunale di Reggio Emilia sul presupposto che l'art. 27 CCI può trovare applicazione nei confronti delle sole imprese che siano già assoggettate, oppure debbano essere assoggettate secondo la normativa speciale applicabile, ad amministrazione straordinaria, ma non anche, come nel caso di specie, qualora esse attivino una diversa procedura regolatrice del proprio stato di crisi e, nello specifico, presentino una domanda di concordato preventivo ai sensi degli artt. 161 ss. l. fall., restando in tal caso ferma la competenza territoriale prescritta dall'art. 9 l. fall.

Osservazioni

Il Codice della crisi d'impresa, promulgato con il D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, prevede, al suo art. 389, comma 2, l'entrata in vigore, con decorrenza dal 14 marzo 2019, di alcune disposizioni, tra le quali l'art. 27, comma 1, secondo cui per i procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza e le controversie che ne derivano relativi alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione è competente il tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese di cui all'art. 1 D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168. Il tribunale sede della sezione specializzata in materia di imprese è individuato a norma dell'art. 4 D.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, avuto riguardo al luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali".

La questione, esaminata nella pronuncia della Corte di Cassazione in commento, riguarda l'ambito di applicazione di questa norma ed è stata risolta nel senso che la competenza, in caso di impresa assoggettabile ad amministrazione straordinaria, spetta al giudice del luogo in cui ha sede colui che chiede la concessione del termine di cui all'art. 161, comma 6, l. fall., anziché al tribunale sede della sezione specializzata in materia di impresa territorialmente individuato ai sensi dell'art. 4 d .lgs. 168/2003.

Più nel dettaglio, viene affermato che l'art. 27, comma 1, CCI si limita a prevedere la competenza dei tribunali sede della sezione specializzata in materia di impresa con esclusivo riferimento ai procedimenti di accertamento dello stato di insolvenza di cui all'art. 3, comma 1, D. lgs. 270/1999 – e ciò in quanto tale articolo contiene un espresso rinvio all'art. 27, comma 1, CCI – ed agli altri procedimenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza di cui sia parte una impresa già ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria.

La conclusione cui giunge la Corte di Cassazione si fonda sul dato letterale della disposizione in esame nella parte in cui si riferisce “ai procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza (…) relativi alle imprese in amministrazione straordinaria”, conducendo questa formulazione alla necessità di un già avvenuto assoggettamento dell'impresa alla procedura in questione affinché si inneschi la competenza (speciale) prevista dalla norma.

Seguendo questa lettura del dato legislativo, la Corte di Cassazione ritiene che, nel caso sottoposto al suo esame, la competenza territoriale vada dichiarata, nonostante la previsione vigente del Codice della crisi d'impresa, al Tribunale del luogo in cui ha la sede principale il debitore, dal momento che non risulta incardinato un procedimento di regolazione della crisi e dell'insolvenza di cui sia parte una impresa che sia già stata, oppure che debba essere ammessa, alla procedura di amministrazione straordinaria.

La tesi fatta propria dalla Suprema Corte non aveva, in passato, trovato l'adesione di alcuna giurisprudenza di merito (Trib. Bergamo, decr., 8 luglio 2020) che aveva, per contro, osservato che, secondo un criterio sistematico, essa confliggerebbe con il dato dell'apposita modifica del D. lgs. n. 270/1999 in materia di competenza alla declaratoria di amministrazione straordinaria, non solo con riguardo al foro competente, ma anche al criterio di selezione dello stesso, non più ancorato, come nella legge fallimentare, alla sede principale dell'impresa, bensì al centro principale degli interessi del debitore, talché sul presupposto, pur residuale, di uno scostamento tra sede principale e “c.o.m.i.”, si dovrebbe pensare ad un foro competente per il concordato preventivo disciplinato secondo la legge fallimentare, diverso da quello previsto dalla legge fallimentare; secondo un criterio funzionale, essa contrasterebbe con il criterio di maggior specializzazione voluto dal legislatore delegante ed attuato dal legislatore delegato solo con riferimento proprio alle imprese di maggiori dimensioni, poiché attuata la delega con riguardo a tali imprese, si dovrebbe allora ritenere che il tribunale più specializzato sia competente solo per il procedimento più semplice (dichiarazione d'insolvenza) e non per quelli di pari o maggiore complessità, pure d'iniziativa della stessa società; secondo un criterio di ragionevolezza, tale intentio legis sarebbe del tutto incongrua, postulandosi la competenza alternativa di due distinti fori secundum eventum liitis (se il concordato preventivo o l'accordo di ristrutturazione hanno un risultato favorevole per la società, rimarrebbe competente il tribunale ordinario, in caso contrario la competenza transiterebbe su quello specializzato), con imprevedibili e paralizzanti conseguenze in caso di eventuale apertura di subprocedimenti ex art. 173 l. fall.; infine, secondo un criterio logico-sistematico, la testi fatta propria dalla Corte di Cassazione risulterebbe incongrua rispetto alla piena continuità tra gli istituti disciplinati dalla legge fallimentare e quelli del Codice della crisi d'impresa, di là di una diversa regolazione degli stessi.

Al cospetto delle due opposte interpretazioni, va anzitutto constatata la sussistenza di un disallineamento tra la normativa processuale (quale l'art. 27, comma 1, del Codice della crisi d'impresa, oggi vigente) e la normativa sostanziale (essendo tutt'ora vigente il R.D. 267 /1942 e non già la disciplina degli strumenti di composizione della crisi di cui al Codice della Crisi d'impresa) e questo disallineamento può creare oggettiva incertezza, anche alla luce di una scritturazione non propriamente perspicua della novella concorsuale.

La composizione di questa distonia sistemica non è oggettivamente semplice, come non è oggettivamente semplice esprimersi a favore di un'interpretazione letterale piuttosto che a favore di un'interpretazione sistematica andando, quindi, nella direzione di ritenere che il legislatore, mediante la formulazione cui si richiama decisivamente la Corte di Cassazione, non abbia voluto restringere l'ambito di applicazione della norma, bensì, ed al contrario, abbia voluto prevedere una competenza speciale per l'intera gamma di procedimenti concorsuali che riguardano le imprese aventi i requisiti di cui all'art. 2 D.lgs. n. 270/1999; e ciò per non incorrere nel rischio, sollevato da alcuna dottrina (Farina, La Cassazione e la competenza del Tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di impresa ai sensi dell'art. 27, comma 1, del Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza. Una restrittiva interpretazione letterale che non convince, 23 agosto 2021, in judicium.it), che l'interpretazione fatta propria dalla Corte di Cassazione giunga ad offrire una soluzione che potrebbe, in teoria, eliminare qualsiasi rilevanza alla disposizione, giacché, se la competenza del Tribunale sede della sezione specializzata vale solo per quei “procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza” relativi ad una impresa già sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria, l'unico significato della norma dovrebbe essere solo quello di prevedere una competenza territoriale speciale per il procedimento di cui all'art. 3 D.lgs. n. 270/1999.

Il rischio certo sussiste, ma non dovrebbe potersi eliminare mediante interpretazioni sistematiche o funzionali, risultando non agevolmente superabile il fatto che il Codice della crisi d'impresa, ancora per effetto del D.L. n. 118/2021 convertito mediante la legge n. 147/2021, non è ancora oggi entrato in vigore nella sua interezza e, nelle disposizioni efficaci a far data dal 14 marzo 2019, convive con la legge fallimentare.

Maggiori appaiono, infatti, essere le ragioni che inducono a preferire l'interpretazione letterale proposta e seguita dalla Corte di Cassazione.

Più nel dettaglio:

-non v'è dubbio che la dizione testuale dell'art. 27, comma 1, CCI “in amministrazione straordinaria” debba essere interpretata nel senso di “assoggettabile ad amministrazione straordinaria”, sotto pena di inapplicabilità del primo periodo della medesima norma e di sua esclusiva circoscrizione ai gruppi di imprese;

-tuttavia, l'art. 27, comma 1, CCI si riferisce ai “procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza”, non potendo che essere intesi quali i soli strumenti disciplinati dal CCII e meglio indicati nell'art. 1 del medesimo codice e non anche quelli previsti dalla legge fallimentare che è, attualmente, ancora in vigore;

-la normativa sostanziale che disciplina questi strumenti di composizione della crisi non è oggi vigente e non vi è alcuna indicazione normativa che consenta di assimilare, sic et simpliciter, questi nuovi strumenti ai diversi strumenti disciplinati dalla legge fallimentare che è, attualmente, ancora in vigore o, comunque, che estenda la regola processuale di cui all'art. 27, comma 1, CCI anche ai medesimi strumenti;

-quanto precede trova conforto in alcuna giurisprudenza di merito che, ancorché riferita alla materia dei gruppi di imprese, ha negato la competenza del tribunale distrettuale in favore di quello della sede legale od effettiva sul presupposto che “non è discutibile la competenza territoriale di questo Tribunale, avendo la società la propria sede legale a Cesena e dunque nel circondario di questo Tribunale e non essendo ancora applicabile la diversa competenza del Tribunale delle Imprese prevista dall'art. 27 CCI (D.lgs. 14/2019) per i gruppi di imprese di rilevante dimensione, non ancora entrata in vigore(Trib. Forlì, decr., 7 novembre 2019, inedito);

-similmente, e come anticipato, la disciplina dei “procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza”, menzionati dall'art. 27, comma 1, CCI, non è ancora entrata in vigore;

-la conseguenza è che la disciplina processuale di cui all'art. 27, comma 1, CCI deve intendersi circoscritta, sino al momento in cui non sarà entrato in vigore l'intero Codice della crisi d'impresa, ai soli casi di avvio di una procedura di amministrazione straordinaria e non anche ad un diverso strumento previsto dalla vigente legge fallimentare (i.e., concordato preventivo od accordo di ristrutturazione);

-in definitiva, l'amministrazione straordinaria (pendente al momento della vigenza dell'art. 27, comma 1, CCI potrebbe integrare un prius rispetto alla procedura fallimentare per il caso di conversione a seguito dell'impossibilità di perseguire l'obiettivo della continuità e della salvaguardia produttiva.

Conclusioni

L'art. 27, comma 1, del Codice della crisi d'impresa è applicabile, al momento e sino alla sua entrata in vigore, alle sole imprese che chiedano di accedere, avendone i requisiti, alla procedura di amministrazione straordinaria e non agli altri strumenti previsti dalla legge fallimentare attualmente vigente, con la conseguenza che, rispetto a questi ultimi, sussiste la competenza del tribunale nel cui circondario si trova il centro degli interessi principali dell'impresa debitrice e non già la competenza dell'ufficio sede della sezione specializzata in materia di imprese.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

In giurisprudenza, favorevole ad un'interpretazione letterale Trib. Padova, 4 giugno 2020, inedito; Trib. Forlì, decr., 7 novembre 2019, inedito. Incline ad una lettura sostanziale della norma Trib. Bergamo, decr., 8 luglio 2020, in ilcaso.it. In dottrina: Farina, La Cassazione e la competenza del Tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di impresa ai sensi dell'art. 27, comma 1, del Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza. Una restrittiva interpretazione letterale che non convince, in judicium.it.; Filippi, Qual è il tribunale competente a decidere sulle grandi imprese in crisi ?, in giustiziainsieme.it.

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