Responsabilità professionale dell’avvocato e obblighi informativi nei confronti del cliente

Redazione Scientifica
22 Febbraio 2022

Per quanto riguarda l'adempimento degli obblighi informativi gravanti sul professionista, nonostante l'incarico assunto dall'avvocato sia un'obbligazione di mezzi e non di risultato, egli deve illustrare al cliente tutti gli elementi contrari (rischi del processo) per i quali, nonostante il regolare svolgimento di tale attività, gli effetti possano essere inferiori a quelli previsti, oppure in concreto nulli o persino sfavorevoli, determinando in tal modo un pregiudizio rispetto alla situazione antecedente.

L'obbligazione assunta da un avvocato nei confronti del suo cliente ha natura di obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna ad espletare la sua attività, volta a porre in essere tutte le condizioni tecnicamente necessarie a consentire al cliente la realizzazione dello scopo perseguito, ma non si impegna con la propria opera professionale al conseguimento del risultato sperato.

L'avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del proprio cliente, ai sensi degli artt. 2236 e 1176 c.c., in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge e, in genere, nei casi in cui, per negligenza o imperizia, compromette il buon esito del giudizio.
Invece, nelle ipotesi di interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità, a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave.

Per quanto riguarda l'adempimento degli obblighi informativi gravanti sul professionista, la giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato che l'evidenziata natura della obbligazione assunta dal professionista come obbligazione di mezzi non esime quest'ultimo dal dovere di prospettare al cliente tutti gli elementi contrari, (ipotizzabili in virtù di quella preparazione tecnica e di quell'esperienza medie caratterizzanti l'attività professionale alla luce degli evidenziati parametri normativi) per i quali, nonostante il regolare svolgimento di tale attività, gli effetti a questa conseguenti possano essere inferiori a quelli previsti, oppure in concreto nulli o persino sfavorevoli, determinando in tal modo un pregiudizio rispetto alla situazione antecedente.

Il professionista, infatti, deve porre in grado il cliente di decidere consapevolmente, sulla base di una adeguata valutazione di tutti gli elementi favorevoli ed anche di quelli eventualmente contrari ragionevolmente prevedibili, se affrontare o meno i rischi connessi all'attività richiesta al professionista medesimo.

La Suprema Corte ha poi avuto modo di affermare che anche oggi, la norma deontologica non si spinge ad enunciare un obbligo dell'avvocato che accetta il mandato alle liti di formulare un pronostico sull'esito della lite, se non richiesto, bensì un onere di valutare l'interesse del cliente in rapporto alle caratteristiche della lite e di prospettare la prevedibile durata del processo e gli oneri di spesa ipotizzabili, informando il cliente dello svolgimento del mandato a lui affidato (v. Cass. n. 30169/2018).

Del resto, la giurisprudenza di legittimità nel sottolineare il dovere dell'avvocato di informare il cliente in merito ai rischi del processo fa riferimento a casi in cui la causa promossa è chiaramente avventata o in cui il professionista omette di informare il cliente di elementi ostativi all'accoglimento della domanda, quali la decadenza dall'azione o la prescrizione del diritto).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.