L'ordine di esibizione degli estratti conto: evoluzione nella giurisprudenza della Suprema Corte

Maria Domenica Marchese
23 Febbraio 2022

Il tema degli oneri probatori del cliente si interseca strettamente con quello dei mezzi di prova disponibili e, in particolare, con il tema del rapporto tra l'ordine di esibizione degli estratti conto ex art. 210 c.p.c. e la previsione di cui all'art. 119, comma 4, TUB.

Introduzione

Il tema degli oneri probatori del cliente si interseca strettamente con quello dei mezzi di prova disponibili e, in particolare, con il tema del rapporto tra l'ordine di esibizione degli estratti conto ex art. 210 c.p.c. e la previsione di cui all'art. 119, comma 4, TUB.

Quest'ultima norma stabilisce che il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, in un congruo termine e comunque non oltre 90 giorni, copia della documentazione inerente le singole operazioni poste in essere negli ultimi 10 anni. Al cliente possono essere addebitati i costi di produzione di tale documentazione.

Come noto, l'art. 210 c.p.c. consente alla parte di chiedere al giudice l'ordine, diretto all'altra parte o ad un terzo, di esibire in giudizio un documento o un'altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo e che si trovi, appunto, in possesso dell'altra parte o del terzo.

Il rapporto tra le due previsioni è foriero di rilevanti ricadute applicative nell'ambito del contenzioso bancario perché incide notevolmente sull'ampiezza dei mezzi istruttori nella disponibilità del cliente.

Il panorama interpretativo e la sua evoluzione

Nel corso del tempo si sono registrati orientamenti del tutto opposti in merito alla percorribilità dell'ordine di cui all'art. 210 c.p.c. a fronte dell'inerzia del cliente rispetto alle facoltà a questi accordate dell'art. 119 citato.

Giova premettere che l'art. 210 c.p.c. è comunemente interpretato nel senso che deve avere ad oggetto atti specificatamente individuati o individuabili (Cass. civ., n. 13072/2003), che si tratti di atti indispensabili ai fini della prova di un fatto controverso (Cass. civ., n. 10916/2003) e che non possano essere diversamente acquisiti al processo (Cass. civ., n. 9522/2012).

Si tratta infatti di uno strumento processuale che deroga all'art. 2967 c.c. e per questo la giurisprudenza ne ha costantemente precisato in termini restrittivi l'ambito applicativo alle ipotesi in cui la parte non possa diversamente procurarsi l'atto o il documento oggetto dell'istanza di esibizione (da ultimo Cass. civ., n. 18152/2020 secondo cui «l'ordine di esibizione dei libri contabili ex art. 2711, comma 2, c.c. è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito e richiede che la prova del fatto da dimostrare non sia acquisibile aliunde; tale norma, dovendo coordinarsi con le regole ordinarie dell'onere di allegazione e di prova a carico della parte che fa valere un diritto nonché con il principio dispositivo, deve intendersi in senso restrittivo, potendo il potere officioso essere esercitato solo nel caso in cui una parte non possa essa stessa procurarsi i documenti contabili mediante il ricorso ad altri mezzi di prova, ivi compresa l'istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c»).

Quanto all'art. 119 TUB la giurisprudenza ha altrettanto sempre ribadito come il diritto in esso sancito possa avere ad oggetto gli estratti conto e non già solo specifiche operazioni, indipendentemente dalla loro trasmissione periodica (Cass. civ., n. 22385/2019).

Queste brevi premesse teoriche spiegano la difficoltà di tracciare un punto di equilibrio tra le prerogative di cui all'art. 119 TUB e l'ambito dell'art. 210 c.p.c.

Come detto, si sono avvicendate plurime opzioni esegetiche. Una prima impostazione, più restrittiva, ha escluso la percorribilità dell'istanza ex art. 210 c.p.c. tutte le volte in cui il correntista sia rimasto inerte rispetto alle facoltà di cui all'art. 119 TUB. In tal senso deporrebbe la considerazione per cui si tratta di documentazione che viene consegnata al correntista e dunque nella sua disponibilità.

Ne conseguiva, nella prassi, l'inammissibilità della richiesta ex art. 210 c.p.c. allorquando il correntista non avesse previamente richiesto la documentazione ai sensi dell'art. 119 TUB salvo il documentato rifiuto di rilascio di copia di detti documenti (così Cass. civ., n. 149/2003 e n. 19475/2005 secondo cui «Non può essere ordinata, in relazione al disposto dell'art. 210 c.p.c.., l'esibizione in giudizio di un documento di una parte o di un terzo, allorquando l'interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa»).

Successivamente la Cassazione si è invece orientata nel senso di ritenere che «il titolare di un rapporto di conto corrente ha sempre diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, ai sensi dell'art. 119 del d.lgs. 385/1993 (TUB), anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell'esistenza del rapporto contrattuale, (...) l'onere della prova gravante sul correntista, dunque, può ritenersi adempiuto - anche - mediante semplice richiesta di produzione documentale avanzata in corso di causa» (così Cass. civ., sez. VI, 8 febbraio 2019, n. 3875).

Al fine di ottenere dalla banca il rendiconto sarebbe perciò sufficiente la sola prova dell'esistenza del rapporto contrattuale in quanto, come anche precisato, l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. non è uno strumento alternativo rispetto a quello di cui all'art. 119, comma 4, TUB perché opera sul piano processuale mentre l'art. 119 TUB opera sul piano sostanziale del rapporto tra banca e correntista (così Cass. civ.,, 11 marzo 2010, n. 6975 e 14231/2019).

Come messo in luce dalla dottrina, la prerogativa di cui all'art. 119 è sintomatica del dovere di solidarietà costituzionalmente presidiato così come dell'obbligo di buona fede (così Federico «Può quindi concludersi che la richiesta di trasmissione degli estratti conto è un diritto che promana dall'obbligo di buona fede, correttezza e solidarietà, declinandosi in una prestazione imposta dalla legge secondo una regola di esecuzione in buona fede (ex art. 1375 c.c.) che aggiunge tali obblighi a quelli convenzionali quale impegno di solidarietà (ex art. 2 Cost.), che trova fondamento e regolazione nell'art. 119 del TUB. Tale diritto ha dunque natura sostanziale, sicché non assume alcun rilievo l'utilizzazione che il cliente o colui che a quest'ultimo sia subentrato intende fare della documentazione, e non può essere realizzato senza la collaborazione della controparte»).

Da ultimo la Corte di legittimità, con la pronuncia n. 24641/2021 torna a subordinare l'ammissibilità dello strumento di prova di cui all'art. 210 c.p.c. al fatto che la documentazione oggetto dell'istanza sia stata precedentemente richiesta alla banca che, a sua volta, non vi abbia ottemperato senza giustificazione. D'altra parte, e correlativamente, ha precisato la Corte, tale documentazione non può essere acquisita in sede di operazioni peritali laddove abbia ad oggetto fatti e situazioni che, in quanto a fondamento della pretesa del cliente, devono essere provati dallo stesso («Il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell'amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall'art. 119, comma 4, d.lgs. 385/1993, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l'istanza di cui all'art. 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca e quest'ultima, senza giustificazione, non abbia ottemperato»).

La ragioni dei singoli orientamenti

E' intuibile come la prevalenza dell'una o dell'altra opzione interpretativa sia foriera di delicate ricadute applicative sulle sorti dei giudizi, anche ove già pendenti incidendo fortemente sulla percorribilità di tale mezzo di prova.

Alla base della ricostruzione da ultimo recepita dalla Corte di legittimità vi è la volontà di coordinare le due norme sulla base delle consuete direttrici interpretative dell'art. 210 c.p.c., ovvero l'esigenza di un'interpretazione restrittiva della norma che non può supplire all'onere della prova gravante in capo al cliente.

Non sono mancate voci critiche all'impianto motivazionale che, proprio mettendo in luce il diverso piano operativo delle due norme, l'uno sostanziale e l'altro processuale, non intravedono il rischio di violazione dell'art. 2697 c.c. (così Federico, «Non si tratta, dunque, di una deviazione dai principi in materia di riparto dell'onere della prova ex art. 2697 c.c., in quanto sarebbe la banca a fornire il supporto probatorio della domanda attrice, né di un improprio intervento del giudice, quanto piuttosto dell'esercizio, nell'ambito del processo, di un fondamentale diritto del correntista, cui è correlato il «dovere di protezione» della banca, di fornire gli idonei supporti documentali alla propria clientela, anche dopo la conclusione del rapporto, quale essenziale strumento di documentazione di tutte le reciproche obbligazioni nascenti dal contratto»).

D'altra parte la stessa Corte di legittimità, nei precedenti di segno opposto a quello più recente del 2021, aveva messo in luce il rischio che un'esegesi in termini di mutua esclusione tra le due norme finirebbe col penalizzare il cliente (Cass. civ., n. 24181/2020 secondo cui «Il titolare di un rapporto di conto corrente ha sempre diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, ai sensi dell'art. 119 del d.lgs. 385/1993, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell'esistenza del rapporto contrattuale, non potendosi ritenere corretta una diversa soluzione sul fondamento del disposto di cui all'art. 210 c.p.c., perché non può convertirsi un istituto di protezione del cliente in uno strumento di penalizzazione del medesimo, trasformando la sua richiesta di documentazione da libera facoltà ad onere vincolante. Lo stesso diritto spetta, inoltre, al fideiussore il quale, in ragione dell'accessorietà del rapporto di fideiussione rispetto al contratto di conto corrente, può definirsi, in senso lato, un cliente della banca, non diversamente dal correntista debitore principale»).

Riferimenti
  • Angarano R., ll saldo zero e la parità delle armi. L'onere della prova nei rapporti di conto corrente nuovamente al vaglio della Cassazione, in Corriere Giuridico, 2020, 4, 449
  • Chironi, I casi di azzeramento del saldo nel caso di azione promossa dal correntista, nota a Cass. 9.10.2019, n. 25373, in Riv. dir. risp., 2019, p. 109 ss.;
  • Federico G., Brevi note su Cass. n. 24641 del 13 settembre 2021 in materia di richiesta di esibizione ex art. 119 TUB nel corso del processo, in Questione giustizia.it;
  • Laghezza P., nota a Cass. 2.5.2019, n. 11543, in Foro it. , 2019, I, p. 3224 ss.
  • Zurlo, nota a Cass. 9.12.2019, n. 32019, in Riv. dir. risp., 2019, p. 161, Produzione incompleta degli estratti conto: necessari ulteriori mezzi di prova idonei a comprovare il saldo per il periodo non coperto;
  • Zurlo, nota a Cass. 4.12.2019, n. 31667, in Riv. dir. risp., 2019, p. 168 ss., Azione di ripetizione dell'indebito: ripartizione onere probatorio e alcune criticità.

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