Holding industriali: profili fiscali

24 Febbraio 2022

Per stabilire se una holding di partecipazione rientri fra le società di partecipazione finanziaria o tra le società di partecipazione non finanziaria è necessario analizzare la composizione dell'attivo patrimoniale, verificando se l'ammontare complessivo delle partecipazioni in società finanziarie o non finanziarie superi il 50% del totale dell'attivo patrimoniale.
Introduzione

Per stabilire se una holding di partecipazione rientri fra le società di partecipazione finanziaria o tra le società di partecipazione non finanziaria è necessario analizzare la composizione dell'attivo patrimoniale, verificando se l'ammontare complessivo delle partecipazioni in società finanziarie o non finanziarie superi il 50% del totale dell'attivo patrimoniale. L'art. 162-bis del TUIR non opera comunque alcuna distinzione - ai fini dell'inserimento tra gli intermediari finanziari e le società di partecipazione ivi previsti - tra soggetti in liquidazione e soggetti in normale svolgimento dell'attività. Nel conteggio del totale delle attività, laddove la società non detenga una partecipazione nella controllante, non vanno ricompresi, al fine della verifica dei requisiti di prevalenza, anche i rapporti con la stessa controllante. Né, al fine della verifica dei requisiti di prevalenza, vanno ricompresi nel conteggio del totale delle attività anche i debiti per finanziamenti soci infruttiferi di interessi in essere verso la società controllante.

La vicenda oggetto d'esame

L'Agenzia delle Entrate, nel rispondere ad una istanza di interpello (Risposta n. 834 del 17 dicembre 2021), ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di holding industriali.

Nel caso di specie, la società istante, ALFA, partecipata da BETA e da GAMMA, svolgeva come attività principale quella di compravendita e locazione di beni immobili, fino alla messa in liquidazione. Le attività esercitate erano quelle di "compravendita di beni immobili effettuata su beni propri", quale attività "primaria", e di "locazione immobiliare di beni propri o in leasing (affitto)", quale attività "secondaria". La suddetta società era proprietaria di un prestigioso immobile, per il quale era stato iniziato (e poi concluso) un progetto di ristrutturazione e trasformazione in porzioni residenziali e commerciali. Le porzioni commerciali poste al piano terra dell'edificio, adibite a negozi/uffici erano state alienate, così come anche le unità ad uso deposito, ubicate al piano interrato. Le porzioni residenziali, approntate con finiture di lusso ed in parte completamente arredate, erano state poi destinate in parte alla creazione di un Private Residence Club, DELTA, ed in parte cedute a terzi. L'istante aveva quindi acquisito, quale "socio fondatore", mediante partecipazione alla sua costituzione, una partecipazione del capitale sociale di DELTA; partecipazione ancora presente nell'attivo patrimoniale della società istante e che non aveva subito variazioni nel corso degli anni. La società istante non aveva ancora terminato la fase di liquidazione, in quanto vi erano immobilizzazioni materiali che dovevano essere ancora vendute, oltre alla partecipazione in DELTA, e doveva essere completato il pagamento dei debiti esistenti. Nell'attivo dello stato patrimoniale erano presenti infine anche crediti e debiti nei confronti della società controllante BETA. Pertanto, l'istante faceva presente di essere un soggetto in liquidazione, la cui unica attività consisteva nella liquidazione delle attività e nel pagamento dei debiti esistenti, al fine di addivenire alla cessazione della società, laddove, dalla bozza di bilancio chiuso al 31 dicembre 2020, non ancora approvato al momento della presentazione dell'istanza, emergeva che la consistenza dell'attivo di stato patrimoniale risultava in sintesi così composta:

a) immobilizzazioni materiali, al netto dei rispettivi fondi di ammortamento, e costituite da impianti, attrezzature, mobili ed arredi cd altri beni materiali;

b) immobilizzazioni finanziarie, interamente costituite dalla quota di partecipazione in DELTA;

c) crediti tributari (IRAP ed IVA);

d) il resto dell'attivo, costituito dai crediti vantati nei confronti della società controllante BETA. I crediti verso la società controllante erano in particolare costituiti da crediti commerciali, dal credito derivante dal cash pooling e dal credito scaturente dall'adesione al consolidato fiscale.

La società istante non deteneva, né direttamente né indirettamente mediante altre società, alcuna partecipazione nella società controllante e/o nei confronti di altre società facenti parte del Gruppo BETA. Nel passivo dello stato patrimoniale della società, alla data del 31 dicembre 2020, risultava altresì presente un debito per un finanziamento infruttifero di interessi, che era stato erogato nella forma di conto corrente di corrispondenza infruttifero di interessi dalla società EPSILON, società che poi era stata incorporata da BETA. Il conto corrente di corrispondenza (cash pooling) sopra indicato, in essere con la società controllante BETA, veniva classificato nel bilancio al 31 dicembre 2020 tra "Crediti verso controllanti" dell'attivo circolante.

La società istante percepiva e corrispondeva consistenti proventi ed oneri finanziari, derivanti dal rapporto di conto corrente di corrispondenza in essere con la società controllante BETA, anche se non rilevavano in alcun modo ai fini della verifica della prevalenza la struttura dcl conto economico e la suddivisione dei ricavi e proventi tra quelli finanziari e quelli non finanziari. Inoltre, l'istante riferiva che quello che inizialmente era un c/c di corrispondenza, tramite il quale la società controllante BETA finanziava la società controllata ALFA in liquidazione, con corresponsione di interessi passivi da parte di quest'ultima, si era trasformato, con il passare del tempo, in un rapporto anche attivo di conto corrente di corrispondenza, sempre con il meccanismo del cash pooling, a favore della società controllante, con conseguente produzione anche di proventi finanziari in capo all'istante. Evidenziava inoltre ALFA che non effettuava finanziamenti a favore di altre società del Gruppo "BETA" e possedeva solo il conto di corrispondenza di cui sopra, che veniva utilizzato per gestire la tesoreria centralizzata a livello di Gruppo. L'istante non rientrava inoltre fra i soggetti di cui al d.m. n. 53 del 2015, non trattandosi di un intermediario finanziario.

Premesso quanto precede, l'istante rilevava quindi che l'articolo 162-bis del TUIR contiene, al comma 1, una classificazione normativa di "intermediari finanziari", "società di partecipazione finanziaria" e "società di partecipazione non finanziaria" e, nei successivi commi 2 e 3, i criteri per definire, rispettivamente, le società di partecipazione finanziaria (holding finanziarie) e quelle di partecipazione non finanziaria (holding industriali).

Al riguardo, la società istante - la cui unica attività era adesso costituita dalla liquidazione delle attività e dal pagamento dei debiti esistenti – chiedeva dunque se dovesse essere trattata fiscalmente come società industriale o commerciale, oppure se dovesse ritenersi soggetta al diverso trattamento fiscale previsto per le società di partecipazione non finanziaria, di cui all'articolo 162-bis, comma 1, lettera c), del TUIR. Più precisamente, la società istante desiderava conoscere il parere dell'Amministrazione finanziaria in merito ai seguenti quesiti:

1) se una società che si trova in stato di liquidazione possa essere annoverata o meno tra le holding ai sensi dell'articolo 162-bis del TUIR;

2) se vadano ricompresi nel conteggio del totale delle attività al fine della verifica dei requisiti di prevalenza anche i rapporti con la società controllante (non partecipata) ed in particolare se vi rientri o meno il rapporto di "conto corrente di corrispondenza";

3) se vadano ricompresi sempre nel conteggio del totale delle attività al fine della verifica dei requisiti di prevalenza anche i debiti per finanziamenti soci infruttiferi di interessi in essere verso la medesima società controllante.

L'inquadramento delle holding di partecipazioni

La società istante, dopo aver riportato il testo dell'articolo 162-bis del TUIR, osservava, in sostanza, che, per stabilire se una holding di partecipazione rientri fra i soggetti di cui alle lettere b) (società di partecipazione finanziaria) o c) (società di partecipazione non finanziaria) del comma 1, è necessario analizzare la composizione dell'attivo patrimoniale, secondo le disposizioni dei commi 2 e 3, vale a dire verificando se l'ammontare complessivo delle partecipazioni in società finanziarie o non finanziarie superi il 50% del totale dell'attivo patrimoniale, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate nell'attività di assunzione di partecipazione. Ai fini della verifica della suddetta prevalenza, entrambi i commi fanno riferimento ai «dati del bilancio approvato relativo all'esercizio chiuso».

A tale proposito, l'istante riportava quindi i chiarimenti già forniti con la risposta a interpello n. 40 del 13 gennaio 2021, relativa al bilancio cui occorre fare riferimento per la verifica della prevalenza, nonché alla circostanza che detta prevalenza sussiste quando gli elementi summenzionati siano superiori al 50 per cento dell'attivo di stato patrimoniale, ancorché le stesse voci riferite alle partecipazioni finanziarie e quelle concernenti le partecipazioni non finanziarie, prese distintamente, non siano prevalenti rispetto al totale dell'attivo di stato patrimoniale. In base a quanto appena indicato, l'istante riteneva quindi che i dati rilevanti nel bilancio al 31 dicembre 2020 per il calcolo dell'asset test fossero i seguenti:

- Immobilizzazioni Finanziarie,

- Partecipazioni,

- Totale attivo patrimoniale,

laddove le attività legate alle disponibilità attive, derivanti dal conto corrente di corrispondenza, si sostanziavano in un «credito verso la società controllante», ricompreso tra i crediti dell'attivo circolante, da escludere pertanto dal calcolo sopra indicato.

Al riguardo, l'istante osservava inoltre che un accordo di cash pooling consiste nell'accentrare in capo ad un unico soggetto giuridico la gestione delle disponibilità finanziarie di un gruppo societario, allo scopo di gestire al meglio la tesoreria aziendale con riguardo ai rapporti in essere tra le società aderenti al gruppo e gli Istituti di credito. Accordo che permette di compensare i saldi attivi di conto corrente di alcune società con i saldi negativi di altre, realizzando un risparmio di interessi passivi ed ottenendo il risultato indiretto di finanziare le società che presentano posizione debitoria nei confronti degli Istituti di credito.

Si tratta, pertanto, di un contratto atipico, nel quale il fondamento causale del negozio è la gestione della tesoreria, secondo modalità tali da compensare, seppure temporaneamente, le carenze di liquidità di alcuni partecipanti con le disponibilità di altri, anche al fine di evitare e/o ridurre il ricorso all'indebitamento bancario, laddove, in proposito, con la circolare n. 21/E del 3 giugno 2015, paragrafo 3.7, è stato chiarito (ancorché in riferimento alla deduzione ACE) che «.... con riferimento alle somme movimentate infragruppo in base a contratti di cash pooling nella forma del c.d, zero balance system, si ritiene che non possa configurarsi un'operazione di finanziamento ... Ciò in quanto le caratteristiche del contratto che prevede l'azzeramento giornaliero dei saldi attivi e passivi delle società del gruppo e il loro trasferimento automatico sul conto accentrato della capogruppo, senza obbligo di restituzione delle somme così trasferite e con maturazione degli interessi attivi o passivi esclusivamente su tale conto non consentono l'effettiva possibilità di disporre delle somme suddette ....».

Con riferimento agli «altri elementi patrimoniali», da considerare ai fini del calcolo della prevalenza, l'istante evidenziava poi che, nella risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-01951 del 18 aprile 2019, era stato precisato che non dovevano essere comprese le attività derivanti da rapporti commerciali con le società partecipate, quali, per esempio, i crediti commerciali, le royalties, i canoni di locazione infragruppo e simili, oltre che i crediti per imposte verso le partecipate derivanti dall'adesione al consolidato fiscale, dovendovi invece essere inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate, nonostante il tenore letterale della norma (articolo 162-bis, comma 3, del TUIR) richiami tali elementi esclusivamente con riguardo "holding finanziarie". In ogni caso, l'istante, con riferimento alla propria posizione, riteneva che tra gli elementi che dovevano essere "aggiunti" al valore totale dell'attivo patrimoniale non dovesse comunque essere ricompreso il debito per finanziamenti soci esistente nei confronti della controllante BETA, sia in quanto la società istante non deteneva una partecipazione nella stessa BETA, e sia perché non reputava corretto effettuare la sommatoria non algebrica tra crediti e debiti, da rapportare poi al totale dell'attivo patrimoniale al fine della verifica della prevalenza per mancanza di omogeneità degli stessi.

Da ultimo, l'istante evidenziava che la modalità operativa con cui svolgeva la propria attività liquidatoria non dava origine ad alcuna partecipazione, tranne quella sopra indicata (di importo scarsamente rilevante), nè ad altri elementi connessi con l'associazione partecipata, tra cui, ad esempio, crediti commerciali o finanziari. L'istante riteneva, pertanto, di non integrare il requisito in termini di prevalenza con riferimento alla detenzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari, così come richiesto dalla normativa di riferimento, anche considerato che non deteneva una partecipazione nella società controllante BETA. Ciò posto, l'istante evidenziava che le imprese assimilate alle società di partecipazione non finanziaria di cui all'articolo 162-bis, comma 1, lettera c), n. 2, del TUIR sono entità che predispongono i bilanci secondo lo schema previsto dal codice civile e dal Dlgs n. 139 del 2015 e che, fiscalmente, vengono assimilate alle holding industriali e commerciali. La categoria di cui al punto precedente include, in estrema sintesi, tutti i soggetti che esercitano attività di finanziamento ma non nei confronti del pubblico; vi rientrano, ad esempio, le attività esercitate esclusivamente nei confronti del gruppo di appartenenza e l'acquisto di crediti vantati da terzi nei confronti di società del gruppo (articolo 3, comma 2, del decreto ministeriale n. 53 del 2 aprile 2015).

In conclusione l'istante, data la portata soggettiva ed oggettiva dell'articolo 162-bis, in base all'attività effettivamente svolta dalla società, così come sopra descritta, ed in considerazione della composizione dell'attivo patrimoniale, riteneva di non rientrare in alcuna delle tipologie previste dalla norma, e, in conseguenza di ciò, l'interpellante intendeva determinare il valore della produzione netta IRAP secondo le modalità ordinarie previste per le società industriali e commerciali.

Il requisito della prevalenza patrimoniale

L'Agenzia delle Entrate, nel rispondere al quesito, evidenza, in via preliminare, che quanto riportato nel parere non trova applicazione qualora l'«attività di finanziamento» operata per il tramite della tecnica del cash pooling assuma caratteristiche tali per cui l'istante si qualifichi come un'impresa assimilata alle società di partecipazione non finanziaria di cui all'articolo 162-bis, comma 1, lettera c), n. 2, del TUIR (elemento fattuale la cui valutazione esula dalle competenze esercitabili in sede di interpello), restando impregiudicato al riguardo ogni potere di controllo da parte dell'amministrazione finanziaria.

Rileva poi che l'articolo 162-bis del TUIR - introdotto a seguito delle modifiche apportate con le disposizioni normative di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142, di recepimento delle direttive "ATAD" (Anti Tax Avoidance Directive) - dispone che: «Ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si definiscono: a) intermediari finanziari [...]; b) società di partecipazione finanziaria: i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l'attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari; c) società di partecipazione non finanziaria e assimilati: 1) i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l'attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari; 2) i soggetti che svolgono attività non nei confronti del pubblico di cui al comma 2 dell'articolo 3 del regolamento emanato in materia di intermediari finanziari in attuazione degli articoli 106, comma 3, 112, comma 3 e 114 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché dell'articolo 7-ter, comma 1-bis, della legge 30 aprile 1999, n. 130». L'inclusione tra i soggetti di cui alle citate lettere b) e c) del comma 1 è legata alla composizione del totale dell'attivo patrimoniale, come stabilito dai successivi commi 2 e 3, laddove, in particolare, ai sensi del comma 2, «l'esercizio in via prevalente di attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari sussiste, quando, in base ai dati del bilancio approvato relativo all'ultimo esercizio chiuso, l'ammontare complessivo delle partecipazioni in detti intermediari finanziari e altri elementi patrimoniali intercorrenti con gli stessi, unitariamente considerati, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate, sia superiore al 50 per cento del totale dell'attivo patrimoniale, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate [...]».

Inoltre, secondo quanto disposto dal successivo comma 3, «l'esercizio in via prevalente di attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari sussiste, quando, in base ai dati del bilancio approvato relativo all'ultimo esercizio chiuso, l'ammontare complessivo delle partecipazioni in detti soggetti e altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi, unitariamente considerati, sia superiore al 50 per cento del totale dell'attivo patrimoniale».

Al fine, pertanto, della verifica della prevalenza, entrambi i commi in parola fanno riferimento ai «dati del bilancio approvato relativo all'ultimo esercizio chiuso».

E, in proposito, con la risposta a interpello n. 40 del 13 gennaio 2021 l'Agenzia delle Entrate ha già chiarito che:

- la valutazione sulla prevalenza deve essere operata al momento di presentazione della dichiarazione dei redditi, conseguendone che, tenuto conto degli ordinari termini di scadenza per la presentazione della medesima, il bilancio cui fanno riferimento i predetti commi 2 e 3 è quello relativo all'esercizio sociale coincidente con il periodo d'imposta oggetto della dichiarazione;

- l'attività prevalente di "assunzione di partecipazioni", ai sensi del sopracitato articolo 162-bis del TUIR, sussiste, in primis, quando gli elementi summenzionati siano superiori al 50 per cento dell'attivo di stato patrimoniale, ancorché le stesse voci riferite alle partecipazioni finanziarie e quelle concernenti le partecipazioni non finanziarie, prese distintamente, non siano prevalenti rispetto al totale dell'attivo di stato patrimoniale.

Ciò posto, venendo al caso di specie, si osserva innanzitutto che l'articolo 162-bis del TUIR non opera alcuna distinzione - ai fini dell'inserimento tra gli intermediari finanziari e le società di partecipazione ivi previsti - tra soggetti in liquidazione e soggetti in normale svolgimento dell'attività.

Del resto, le condizioni stabilite dalla norma in parola, riguardanti la composizione qualitativa e quantitativa dello stato patrimoniale, prescindono dal fatto che il soggetto in questione sia o meno in liquidazione. Pertanto, in risposta al primo quesito, la circostanza che l'istante si trovasse in liquidazione non la esonerava dalla verifica delle condizioni per l'appartenenza alle categorie di soggetti indicate nell'articolo 162-bis del TUIR.

Con riferimento all'effettiva riconducibilità dell'istante, per l'anno 2020, alle holding di cui alle lettere b) e c) del comma 1 del citato articolo 162-bis (secondo e terzo quesito), si osserva poi che, nella valutazione sulla prevalenza di cui sopra, alla luce del dettato normativo, non si deve tenere conto, ai fini dell'individuazione degli «altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi», dei valori di bilancio derivanti, rispettivamente, dal finanziamento soci infruttifero e dal conto corrente di corrispondenza (cash pooling) descritti.

Ciò in quanto, conclude l'Agenzia, l'interpellante non detiene alcuna partecipazione nella società controllante e, in ogni caso:

(i) le passività finanziarie non sono di per sé incluse tra le componenti utili per determinare l'asset test qui in esame e

(ii) il credito derivante dal contratto di cash pooling non presentava caratteristiche tali per essere considerato come un rapporto di finanziamento duraturo, finalizzato a supportare le attività di altri soggetti del gruppo come strumento alternativo ad un conferimento o versamento a fondo perduto.

In conclusione

Alla luce della summenzionata composizione dell'attivo di bilancio, nel presupposto della corretta contabilizzazione delle attività detenute, l'Amministrazione finanziaria ritiene che la società istante, ai fini tributari, per l'anno di imposta in esame, non dovesse essere ricondotta alle società di partecipazione di cui all'articolo 162-bis del TUIR.

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