La Cassazione può interpretare il titolo esecutivo giudiziale

Redazione scientifica
25 Febbraio 2022

Le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla questione di massima e di particolare importanza riguardante la possibilità per la Corte di cassazione di procedere all'interpretazione del titolo esecutivo giudiziale, fornendo risposta positiva.

La vicenda trae origine dal ricorso promosso da un lavoratore dinanzi al Tribunale di Foggia, al fine di far accertare il diritto ad essere iscritto nell'elenco dei lavoratori agricoli del comune con conseguente condanna dell'INPS alla rettifica dei suddetti elenchi.

Il Tribunale, in accoglimento del ricorso, dichiarava il diritto del ricorrente all'iscrizione negli elenchi dei lavoratori, con sentenza 6567/2010 che veniva posta a fondamento di un'esecuzione forzata per obblighi di fare.

A seguito della spontanea iscrizione negli elenchi anagrafici, l'esecutante chiedeva di dichiarare l'estinzione del processo esecutivo con liquidazione delle relative spese.

Il g.e., rilevato, a fini delle spese, che il titolo esecutivo era relativo a domanda di accertamento e che idoneo a fondare l'esecuzione era solo il provvedimento di condanna, dichiarava l'estinzione della procedura e compensava le spese.

Avverso l'ordinanza del g.e. il lavoratore proponeva opposizione agli atti esecutivi, la quale veniva accolta dal Tribunale con conseguente riforma della statuizione in punto di spese.

Di qui il ricorso per cassazione proposto dall'INPS, con il quale si denunciava omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere il Tribunale erroneamente ricostruito la portata precettiva deltitolo posto alla base dell'esecuzione forzata.

In particolare, mentre nell'ordinanza del g.e. si evidenzia la natura esclusivamente dichiarativa della sentenza 6567/2010, oggetto della valutazione del Tribunale è stato non il contenuto della sentenza ma la domanda introduttiva del giudizio.

Si aggiunge che ove il contenuto della sentenza fosse meramente dichiarativo del diritto del ricorrente all'iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli, detta statuizione sarebbe inidonea a fondare l'azione esecutiva del tipo di quella intrapresa.

Premessa tale ricostruzione fattuale, i giudici della Corte hanno ritenuto opportuno un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite circa la possibilità per il giudice di legittimità di procedere all'interpretazione del titolo esecutivo.

Rilevano i giudici che, in caso di risposta positiva, ne deriverebbe l'accoglimento del motivo di ricorso presentato, avendo la statuizione contenuta nella sentenza portata dichiarativa, con conseguente inidoneità a fondare l'esecuzione promossa.

Ad una tale possibilità si oppone il consolidato orientamento che esclude la possibilità di censurare in cassazione l'interpretazione del titolo esecutivo compiuta dal g.e. o da quello chiamato a sindacarne l'operato, se non nei limiti dell'art. 360, n. 5, c.p.c.

Di qui, l'opportunità, secondo la sezione rimettente, di sottoporre a revisione l'orientamento richiamato.

A soluzione della predetta questione, le Sezioni Unite muovo da una fondamentale premessa: la smentita del ruolo di «mero presupposto di fatto» che il titolo esecutivo assolverebbe nell'esecuzione forzata.

Nel processo esecutivo il titolo non è il presupposto fattuale dell'azione esecutiva, ma è il «valore giuridico» la cui la realtà materiale deve essere ricondotta per la realizzazione dell'interesse del creditore sancito dal diritto.

Ogni qualvolta ai fini dell'accertamento del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, emerge una questione per la cui decisione deve farsi capo al titolo esecutivo, quest'ultimo somministra il valore giuridico che il giudice deve interpretare.

Si evidenzia, poi, che mentre il risultato interpretativo in materia negoziale non risulta sindacabile in sede di legittimità, a conseguenze diverse deve giungersi con riferimento al giudicato.

L'interpretazione di quest'ultimo, svolta mediante i canoni esegetici ex art. 12 preleggi, ha quale termine di riferimento una norma di diritto sostanziale, la natura di «legge del caso concreto» che il giudicato possiede.

La peculiare natura del valore giuridico corrispondente al giudicato («legge del caso concreto») «fonda così, nell'ipotesi in cui si censuri il provvedimento per violazione dell'art. 2909 c.c., il potere/dovere del giudice di legittimità di interpretare il titolo esecutivo corrispondente al giudicato se il giudicato somministra il diritto sostanziale applicabile per l'accertamento del diritto della parte istante a procedere a esecuzione forzata o per l'accertamento della legittimità degli atti esecutivi».

Ai fini di tale denuncia, tuttavia, «il ricorrente ha l'onere, a pena di inammissibilità del ricorso, sia di specifica indicazione ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., del precetto sostanziale violato, nei cui limiti deve svolgersi il sindacato di legittimità, sia, ex art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di specifica indicazione della sede nel giudicato del precetto di cui si denuncia l'errata interpretazione e dell'eventuale elemento extratestuale, ritualmente acquisito nel giudizio di merito, che sia rilevante per l'interpretazione del giudicato».

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