Scontro fra 3 veicoli: a chi spetta il ristoro dei danni e quando si applica l'indennizzo diretto?

Filippo Rosada
25 Febbraio 2022

Un'auto che effettua una manovra d'immissione nel principale flusso veicolare non si avvede del sopraggiungere di una moto che sta percorrendo la via principale e la impatta. Per effetto del primo urto, la moto collide un altro veicolo, fermo in sosta consentita. Il proprietario del veicolo in sosta chi deve citare in giudizio ai fini del ristoro del suo danno? Quali sono i regimi probatori consequenziali alla scelta di volere applicare il c.d. indennizzo diretto?

In un sinistro stradale che vede coinvolti 3 veicoli, il veicolo A (auto), che effettua una manovra d'immissione nel principale flusso veicolare non si avvede del sopraggiungere del veicolo B (moto), che viene impattato mentre percorre la via principale, e per effetto del primo urto collide il veicolo C, fermo in sosta consentita. Il proprietario del veicolo C chi deve citare in giudizio ai fini del ristoro del suo danno?
Quali sono i regimi probatori consequenziali alla scelta di volere applicare il c.d. indennizzo diretto e/o la citazione sia nei confronti del veicolo A, come responsabile dell'evento, e sia del veicolo B, per non avere evitato l'impatto alla sua vettura?

La prima questione da affrontare nel momento in cui dobbiamo decidere come impostare l'azione stragiudiziale risarcitoria è comprendere l'applicabilità o meno della procedura d'indennizzo diretto (o meglio, di risarcimento diretto) ex art. 149 cod. ass., piuttosto che la procedura ordinaria ex art. 148 cod. ass.

I presupposti per l'adottabilità della procedura di risarcimento diretto sono:

1) che il sinistro sia intercorso tra due veicoli a motore;

2) che i suddetti veicoli siano stati identificati e siano assicurati per la responsabilità civile obbligatoria;

3) che a questi veicoli siano derivati danni.

Se possiamo presumere la sussistenza dei punti 2 e 3, certamente non esiste il primo presupposto (il sinistro ha visto coinvolti tre veicoli e non due); consegue, pertanto, la non applicabilità della speciale procedura di risarcimento diretto.

La seconda questione concerne la responsabilità del sinistro.
Sappiamo che la norma cardine atta a regolare la responsabilità civile della circolazione stradale è l'art. 2054 co. 2 c.c., che prevede la presunzione di responsabilità paritaria dei conducenti dei veicoli confliggenti. Sappiamo anche, però, che la suddetta presunzione di responsabilità ha carattere sussidiario (Cass. civ., sez. III, 15 febbraio 2018, n. 3696), nel senso che ove è possibile identificare l'effettivo responsabile, non si può fare riferimento al criterio presuntivo sopra richiamato.

Ciò chiarito, certamente responsabile è il conducete del veicolo A che effettua l'immissione nel traffico senza verificare di non essere d'intralcio agli altri utenti della strada, così violando il primo comma dell'art. 154 c.d.s.: I conducenti che intendono eseguire una manovra per immettersi nel flusso della circolazione … devono: a) assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza, direzione di essi…).
La condotta di guida del conducente del veicolo A è certamente da porre in nesso causale con l'urto con il motociclo sopraggiungente e quindi con l'urto di quest'ultimo contro il veicolo C in lecita sosta.

Più delicato è stabilire se anche il motociclista (veicolo B) possa essere ritenuto corresponsabile solidale; ai sensi dell'art. 2054, co. 2, c.c. anch'egli è, in via presuntiva, responsabile, sempre che non riesca a fornire la prova contraria, eventualmente anche indiretta (Cass. civ., ord. 21 maggio 2019, n. 13672).
In estrema sintesi, il motociclista può provare di non essere corresponsabile dell'accadimento del sinistro sia dimostrando che la sua condotta di guida non ha violato alcun principio del codice della strada (neppure l'art. 141 co. 2 c.d.s.: Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.) sia dimostrando che l'eventuale nesso causale tra la sua condotta di guida e l'urto con il veicolo C è interrotto dalla condotta gravemente colposa tenuta dal conducente del veicolo A.

In conclusione, tenuto conto quanto sopra osservato, parrebbe prudente non chiamare in giudizio il proprietario/conducente del motociclo e il suo assicuratore, così da evitare il rischio di vedersi respinta la domanda con condanna alle spese di soccombenza.

Il proprietario del veicolo C, pertanto, potrà limitarsi a rivolgere la domanda risarcitoria al soggetto apparentemente più responsabile, identificato nel proprietario/conducente del veicolo A e nel suo assicuratore della RCA.

Per il principio di solidarietà (art. 2055 c.c.), infatti, quand'anche vi fosse una corresponsabilità del conducente del motociclo, il conducente del veicolo A e il suo assicuratore saranno condannati a risarcire comunque il danno integrale. Si osserva, inoltre, che nell'ipotesi in cui il danneggiato convenga in giudizio il proprietario/conducente di uno solo dei veicoli coinvolti in uno scontro, non implica di per sé una remissione tacita del debito nei confronti del corresponsabile del danno, né una rinuncia alla solidarietà (Cass. civ., 29 maggio 2015, n. 11179).

Se, invece, sarà il convenuto conducente del veicolo A a chiamare in giudizio il proprietario/conducente e l'assicuratore del veicolo B, la domanda risarcitoria dell'attore si estenderà automaticamente anche nei confronti del terzo, con esonero dal dover corrispondere il contributo unificato e senza il rischio della condanna alle spese di lite nel caso in cui la condotta di guida del motociclista venisse ritenuta corretta (Cass. civ., 28 novembre 2019, n. 31066).

Nel promuovere il giudizio, l'attore dovrà premurarsi di essere in grado di poter provare:

1) il fatto storico e quindi anche la colpa del conducente del veicolo A dalla quale è conseguita la collisione con il motociclo che a sua volta è andato ad urtare il veicolo C;

2) il danno subito dal veicolo;

3) il nesso causale tra il lamentato danno e il sinistro.

Per quanto riguarda il danno al veicolo, sarà bene che l'attore produca:

  • il libretto di circolazione, così da poter consentire di valutare il valore del veicolo ante sinistro e quindi la non sussistenza dell'antieconomicità delle riparazioni;
  • la fattura di riparazione con idonee fotografie che comprovino l'esecuzione dei lavori; in alternativa il preventivo di riparazione (evitando di perdere il possesso del veicolo prima che un consulente del Giudice possa prendere visione dello stesso; se ciò accadesse, sarebbe molto difficoltoso provare il danno, salvo aver cristallizzato la prova con un procedimento di accertamento tecnico preventivo ante causa).

È bene ricordare che l'IVA è sempre risarcibile anche qualora il veicolo non sia stato ancora riparato (Cass. civ., ord. 27 agosto 2019, n. 21739).

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