Il diritto al doppio compenso del professionista delegato incaricato due volte nella stessa procedura esecutiva

Giuseppe Caramia
01 Marzo 2022

La pronuncia affronta il tema vuoi dell'autonomia di ciascun incarico conferito al professionista delegato, seppur nell'ambito della medesima procedura esecutiva, vuoi degli effetti non vincolanti di eventuali accordi stipulati tra Ufficio e Ordini professionali circa i criteri di predeterminazione del compenso del professionista.
Massima

Qualora, nel corso della medesima procedura di espropriazione forzata, il giudice dell'esecuzione abbia conferito nuova delega al medesimo professionista già in precedenza delegato e revocato, la nuova delega importa il diritto ad un autonomo compenso, se del caso suscettibile di riduzione ai sensi del comma 3 dell'art. 2 del D.m. 227/2015 nella formulazione applicabile ratione temporis.

Il caso

La vicenda processuale esaminata dal Giudice della nomofilachia e ricostruita anche alla stregua di quanto risulta dalla App “Giustizia Civile” - posto che la consultazione anonima dei registri di cancelleria dal sito ministeriale pst.giustizia.it è sospesa da lungo tempo - può essere riassunta nei seguenti termini:

- avviata la procedura esecutiva immobiliare, il Giudice dell'esecuzione pronunciava ordinanza di vendita, delegando un professionista ai sensi dell'art. 591-bis c.p.c. per il compimento delle conseguenti operazioni di liquidazione;

- fissata la data della vendita, veniva depositata istanza di sospensione concordata ex art. 624-bis c.p.c. e il Giudice dell'esecuzione sospendeva la procedura, revocava la delega e chiedeva al professionista di quantificare le proprie competenze, che venivano conseguentemente liquidate;

- a distanza di qualche mese dall'ordinanza di sospensione, plausibilmente veniva depositata da uno dei creditori istanza di revoca dello stesso provvedimento e per l'effetto il Giudice dell'esecuzione fissava udienza di comparazione delle parti, cui seguiva la pronuncia di una nuova ordinanza di vendita con delega delle operazioni al medesimo professionista precedentemente designato;

- fissata nuovamente la data della vendita, il Giudice dell'esecuzione disponeva l'estinzione della procedura esecutiva, revocava l'ulteriore delega e con decreto liquidava il nuovo compenso al professionista per il medesimo ammontare di cui alla prima liquidazione;

- avverso questo secondo decreto di liquidazione del compenso del delegato, il creditore procedente proponeva opposizione ai sensi dell'art. 170 del d.P.R. 115/2002, novellato dal d.lgs. 150/2011, deducendo che lo stesso costituisse duplicazione di quanto già liquidato in sede di revoca del primo incarico di delega;

- il Tribunale accoglieva l'opposizione e revocava parzialmente l'ordinanza impugnata per la parte ritenuta eccedente rispetto al compenso dovuto al delegato. Nel provvedimento si rimarcava che il secondo incarico era consistito unicamente nella redazione di un nuovo avviso di vendita dal contenuto identico a quello precedente e già oggetto di liquidazione;

- avverso questa ordinanza il professionista delegato propone ricorso innanzi al Giudice di legittimità, il quale, stante la manifesta fondatezza del ricorso, decide in Camera di consiglio.

La questione

La pronuncia resa dal Collegio, «condividendo appieno la proposta del relatore», conoscitore della materia esecutiva, affronta il tema vuoi dell'autonomia di ciascun incarico conferito al professionista delegato, seppur nell'ambito della medesima procedura esecutiva, vuoi degli effetti non vincolanti di eventuali accordi stipulati tra Ufficio e Ordini professionali circa i criteri di predeterminazione del compenso del professionista.

Le soluzioni giuridiche

Con ordinanza ai sensi dell'art. 375, n. 5, c.p.c. la Corte enuncia il seguente principio di diritto: «qualora nel corso della medesima procedura di espropriazione forzata il giudice dell'esecuzione abbia conferito nuova delega al medesimo professionista già in precedenza delegato, la nuova delega importa il diritto ad un autonomo compenso, se del caso suscettibile di riduzione ai sensi del comma 3 dell'art. 2 del D.m. 227/2015 nella formulazione applicabile ratione temporis».

Osservazioni

Come ben noto, la disciplina della liquidazione del compenso del professionista delegato alla vendita coattiva ai sensi dell'art. 591-bis c.p.c. è contenuta, innanzitutto, nell'art. 179-bis disp. att. c.p.c., rubricato proprio «Determinazione e liquidazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell'esecuzione»: il 1° comma della disposizione stabilisce che «Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Consiglio nazionale del notariato, il Consiglio nazionale dell'ordine degli avvocati e il Consiglio nazionale dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, è stabilita ogni triennio la misura dei compensi dovuti a notai, avvocati, e commercialisti per le operazioni di vendita di beni immobili».

Il comma successivo prevede che la liquidazione del compenso è operata dal Giudice della esecuzione, distinguendo la parte a carico della procedura da quella da addebbiate all'aggiudicatario; il relativo provvedimento costituisce titolo esecutivo.

La norma è stata introdotta dalla legge di riforma 302/1998 con la quale si introdusse la delega delle operazioni di vendita in favore dei notai; successivamente è stata modificata dal d.l. 35/2005, conv., con modif., in l. 80/2005, e modificata dalla l. 263/2005, adeguandola alla possibilità di delegare anche avvocati e commercialisti oltre che notai.

Quindi, sebbene sia previsto un aggiornamento triennale dei compensi dei professionisti delegati, ad oggi l'ultimo decreto ministeriale contenente i criteri di liquidazione del compenso è il D.m. 227/2015 in vigore dal 10 marzo 2016; è appena il caso di rilevare che l'attuale stagione di riforme ispirata dagli impegni comunitari del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, potrebbe costituire una occasione per adeguare le tariffe dei professionisti delegati.

Come altrettanto noto, l'attuale decreto ministeriale individua, come parametri cui aver riguardo, il valore di aggiudicazione o assegnazione del cespite staggito e l'attività in concreto espletata dal delegato: in relazione al primo parametro sono previsti tre scaglioni di valore (fino a € 100.000,00, fino a € 500.000,00, oltre € 500.000,00), mentre per quanto attiene alle attività svolte sono distinte quattro fasi alla stregua della quadripartizione introdotta da Cass., civ., sez. un., n. 11178/1995, e cioè: a) fase di studio e preparatoria, comprendente le attività svolte dal conferimento dell'incarico sino alla redazione dell'avviso di vendita, b) fase di vendita, riguardante le operazioni compiute successivamente all'avviso di vendita e sino all'aggiudicazione, c) fase di trasferimento, che si conclude con la emissione del decreto di trasferimento, e, infine, d) fase distributiva.

Inoltre, il medesimo decreto ministeriale all'art. 2 comma 3, con specifico riferimento ai beni immobili, prevedeva che il giudice dell'esecuzione potesse aumentare o ridurre il compenso determinato alla stregua dei suddetti parametri in misura non superiore al 60%, avendo riguardo alla complessità delle attività svolte dall'ausiliario.

Questa ultima disposizione è stata parzialmente annullata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 7440/2019, e, al fine di recepire le indicazioni ivi contenute, con D.m. 104/2021, l'art. 2 comma 3 del D.m. 227/2015, è stato modificato prevendo che il giudice, in relazione alla complessità del caso, può aumentare del 60 per cento il compenso, ma non può ridurlo per più del 25 per cento.

In considerazione dell'ampia forbice nell'ambito della quale il Giudice dell'esecuzione può determinare il compenso, molti tribunali, con l'ausilio e il supporto delle locali associazioni professionali, hanno elaborato delle linee guida o protocolli d'intesa al fine di predeterminare il compenso del professionista, in modo da rendere la liquidazione il più possibile omogena all'interno del medesimo Ufficio; tali iniziative si collocano tra quegli strumenti di soft law di cui spesso si sono avvantaggiate le procedure esecutive con positivi risultati in termini di trasparenza delle procedure stesse.

Nel caso esaminato dalla Corte di legittimità, è accaduto esattamente questo: alla stregua dell'accordo siglato tra gli operatori, è stata disposta una diversa quantificazione del compenso del delegato per le attività afferenti al secondo incarico ricevuto, con riduzione del 75%.

Al riguardo la Corte correttamente evidenzia come tali intese, quando incidono su posizioni giuridiche soggettive, quale quella che scaturisce dalla liquidazione del compenso spettante al professionista delegato, non possono avere alcuna valenza precettiva e, pertanto, a nulla vale che le stesse abbiano previsto una diversa quantificazione del compenso in caso di riattivazione di una procedura esecutiva sospesa.

Ed allora lo strumento attraverso il quale adeguare il compenso del delegato rispetto alla maggiore o minore complessità dell'attività compiuta, evidentemente più agevole nel caso in cui si tratti di reiterare attività già svolte, è proprio il potere del giudice dell'esecuzione di ridurre l'ammontare del compenso oggi in misura non superiore al 25%.

Inoltre, prosegue il Giudice nomofilattico, il secondo incarico ricevuto dal professionista è del tutto autonomo rispetto alla prima delega revocata per sospensione concordata della procedura esecutiva e ciò postula anche l'autonomia del compenso, a nulla rilevando «l'assunto del tribunale secondo cui trattasi di attività poco significativa, siccome gli atti trascritti ed iscritti in epoca successiva alla trascrizione del pignoramento sono privi di efficacia».

È di solare evidenza la estemporaneità dell'affermazione contenuta nel provvedimento cassato, per il solo fatto che ciascun delegato è ben consapevole che prima di ogni tentativo di vendita e prima del deposito della minuta del decreto di trasferimento deve aggiornare le visure ipocatastali, al fine di verificare se medio tempore siano intervenute trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli da indicare nell'avviso di vendita, ove non cancellabili con il decreto di trasferimento.

Invero, sebbene l'art. 586 c.p.c. preveda che con il decreto di trasferimento si cancellano «le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie successive alla trascrizione del pignoramento», è da dire che esistono trascrizioni successive al pignoramento tutt'altro che prive di efficacia, non potendo essere cancellate dal giudice dell'esecuzione e che, pertanto, sono opponibili all'aggiudicatario, il quale potrebbe vedere pregiudicato il suo diritto e la conseguente commerciabilità del bene; si pensi ad esempio, alla trascrizione di una domanda giudiziale con la quale un terzo abbia preteso la proprietà o altro diritto reale sul bene medesimo (Cass. civ., 10 settembre 2003, n. 13212) o di una misura cautelare penale, ipotesi ormai sempre più frequente che impone al delegato approfondite verifiche in ordine alla natura della misura stessa, al fine di verificare la natura e la opponibilità all'aggiudicatario della successiva misura ablativa.

Ed allora non è chi non veda come l'attività del delegato è tutt'altro che ripetitiva anche nel caso in cui riceva un secondo incarico nell'ambito della medesima procedura esecutiva, implicando comunque le necessarie verifiche funzionali al pieno e stabile trasferimento del bene in favore dell'aggiudicatario, o comunque alla corretta informazione in favore dell'offerente circa lo stato giuridico del bene; tali verifiche preliminari rispondono alla imprescindibile esigenza di sistema di tutelare al meglio il diritto dell'aggiudicatario, principio sancito a partire dalla paradigmatica pronuncia della Corte nella sua formazione più autorevole n. 21110/2012.

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