Divieto di parcellizzazione dell'azione giudiziale e controversie per il pagamento delle spese condominiali

01 Marzo 2022

Secondo l'indirizzo consolidato della Corte di Cassazione, la parcellizzazione della do¬manda giudiziale costituisce “abuso del processo” e comporta l'improponibilità delle domande. L'àmbito di applicazione del principio è ampio e si estende - a parere dei giudici di legittimità - all'ipotesi delle domande fondate su fatti costitutivi che, pur diversi, facciano parte di una relazione unitaria tra le parti. Il principio trova applicazione anche nel caso delle domande dirette al pagamento delle spese condominiali: nel testo che segue vengono prese in esame in tale prospettiva le fattispecie delle azioni promosse dall'amministratore del condominio nei confronti dei condòmini per il pagamento dei contributi.
Il quadro normativo

Con una recente pronuncia - l'ordinanza 9 settembre 2021, n. 24371 - la Corte di Cassazione ha affrontato nuovamente il tema del divieto di parcellizzazione della domanda giudiziale.

La fattispecie esaminata dalla Corte riguardava l'iniziativa assunta da un avvocato volta a fare valere separatamente nei confronti di un ex cliente (si trattava di una società cooperativa) i crediti per i compensi per l'attività professionale svolta per numerose pratiche affidategli nel corso di diversi anni.

La Corte - richiamando quanto affermato dalle Sezioni Unite dapprima con la sentenza n. 23726/2007 e poi con la sentenza n. 4090/2017 - ha ritenuto che nel caso le domande proposte in via distinta ed autonoma fossero improponibili alla luce del principio per cui è vietata la parcellizzazione della domanda giudiziale configurando tale fattispecie un “abuso del processo”.

Perché possa essere compreso il principio enunciato nella sentenza delle Sezioni Unite n. 4090/2017 alla cui stregua non possono essere azionati in separati giudizi (a meno che il creditore non risulti titolare di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata) i diritti i quali, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, “fondati” sul medesimo fatto costitutivo” secondo la Corte devono essere formulate alcune precisazioni.

Innanzitutto, va notato che “l'espressione “medesimo rapporto di durata” deve essere letta in senso storico/fenomenologico: alla parola “rapporto” va, cioè, assegnato non il significato tecnico-giuridico di coppia diritto/obbligazione derivante da una delle cause elencate nell'art. 1173 c.c., bensì il significato di relazione di fatto realizzatasi tra le parti nella concreta vicenda da cui deriva la controversia” e poi che “nell'espressione “medesimo fatto costitutivo”, l'aggettivo “medesimo” va letto con riferimento non all'identità ma alla qualità, e quindi non come sinonimo di “identico” ma come sinonimo di “analogo”.

Alla luce di queste considerazioni, la Corte enuncia il seguente principio di diritto: “le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inseriscano nell'ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia. Tale divieto processuale non opera quando l'attore abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad azionare in giudizio solo uno, o solo alcuni, dei crediti sorti nell'ambito della suddetta relazione unitaria. La violazione dell'enunciato divieto processuale è sanzionata con l'improponibilità della domanda, ferma restando la possibilità di riproporre in giudizio la domanda medesima, in cumulo oggettivo, ai sensi dell'art. 104 c.p.c., con tutte le altre domande relative agli analoghi crediti sorti nell'ambito della menzionata relazione unitaria tra le parti”.

L'applicazione del principio del divieto di parcellizzazione dell'azione giudiziale

È opportuno fare cenno in primo luogo alle conseguenze dell'applicazione del principio enunciato.

- La sanzione dell'improponibilità delle domande

Innanzitutto, deve notarsi come la sanzione che secondo la Corte di Cassazione trova applicazione nel caso in cui vengano proposte in via separata più pretese che siano riconducibili ad unitarietà è quella della improponibilità delle domande.

La previsione così disegnata è quella della improponibilità di tutte le domande: si noti che non si afferma l'improponibilità solo delle domande avanzate successivamente ad una prima domanda parziale (soluzione questa che consentirebbe al creditore di fare valere - con la prima domanda - una pretesa che, in base a valutazioni e scelte proprie dello stesso creditore, fosse quantitativamente limitata e che impedirebbe solo la successiva proposizione di altre domande volte a fare valere altre parti del medesimo credito) ma si afferma invece che la sanzione dell'improponibilità concerna tutte le domande, anche la prima delle domande proposte.

Peraltro, l'affermazione dell'improponibilità di tutte le domande è il frutto di una scelta coerente sul piano dei principi: se ciò che si intende affermare è il divieto della parcellizzazione della domanda pare corretto ritenere che questa si realizzi già con la proposizione della prima domanda parziale, che viene ad essere - appunto sul piano dei principi - improponibile alla stessa stregua di tutte le domande parziali che fossero proposte successivamente.

Da notare che la dichiarazione di improponibilità della domanda nel caso che stiamo esaminando deve essere resa dal giudice d'ufficio: essa deve essere pronunciata anche se la parte convenuta non abbia sollevato la relativa eccezione ed anche se la parte convenuta non si sia nemmeno costituita in giudizio (in questo caso, peraltro, sarà difficile sul piano concreto che nel giudizio venga ad emergere la circostanza della proposizione della pluralità di domande parziali).

- L'ambito di applicazione del divieto di parcellizzazione

In secondo luogo, deve notarsi che l'ordinanza della Corte di Cassazione precisa che il principio del divieto di parcellizzazione vale non solo nel caso di promozione di più giudizi separati diretti a fare valere diverse porzioni della medesima obbligazione, ma anche nel caso della promozione di più giudizi distinti diretti a fare valere azioni di qualità “analoga”.

L'affermazione allarga considerevolmente la portata del principio: l'applicazione di questo non resta limitata al caso in cui siano proposte domande relativamente a più porzioni della prestazione dovuta in forza del medesimo obbligo, ma viene estesa invece a tutti i casi in cui oggetto delle domande siano più prestazioni analoghe dovute in forza di obblighi pur distinti ma aventi la medesima origine.

Non solo: rientra nel campo di applicazione del divieto di proposizione separata delle domande anche l'ipotesi delle azioni volte a fare valere diritti derivanti da fatti costitutivi diversi a condizione che si tratti di fatti “analoghi” (per tali dovendosi intendere i fatti individuati attraverso la descrizione fornita dall'ordinanza che abbiamo ricordato).

- L'interesse che esclude il divieto di azione frazionata

Altro aspetto fondamentale della questione è legato all'affermazione che l'improponibilità deve escludersi nel caso in cui vi sia un interesse del creditore a condurre separatamente le azioni. Si precisa infatti che la parcellizzazione è vietata “a meno che il creditore non risulti titolare di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata”.

Si noti che l'interesse che deve essere considerato in questo senso è l'interesse del creditore e non l'interesse del debitore. Interesse che deve essere però apprezzabile sul piano oggettivo: dunque, scelta che non sia operata dal creditore sulla base di valutazioni personali ma deve potersi apprezzare sul piano obiettivo.

Diviene, pertanto, importante individuare situazioni specifiche nelle quali possa vedersi un tale interesse. Solo a titolo di esempio può pensarsi:

- all'ipotesi della maggiore onerosità per il creditore della promozione di un'azione unica rispetto ad azioni separate per le distinte frazioni del credito;

- all'ipotesi in cui vi sia diversità di prospettive di accoglimento - in base a ragioni di carattere oggettivo - delle domande relative alle parti del credito rispetto alla domanda unica volta a fare valere il credito nella sua unitarietà;

- all'ipotesi della diversità della strada - sul piano delle procedure giudiziarie da adottare - che possa essere seguita per fare valere il credito nel caso di azioni separate rispetto all'azione unitaria (si pensi - per esempio - all'ipotesi in cui solo per una parte del credito possa essere fatto utilizzo della procedura per ingiunzione di pagamento).

Quelli che abbiamo qui indicato sono solamente alcuni esempi di situazioni che potrebbero giustificare la promozione di azioni giudiziarie separate. Ciò che è certo è che - come si è detto - la valutazione dell'interesse del creditore alla promozione di una prima azione parziale - ovvero e comunque della promozione di più azioni separate e parziali - va condotta sulla base di criteri obiettivi.

L'applicazione del principio alle controversie per il pagamento delle spese condominiali

Prendiamo ora in esame il divieto di parcellizzazione della domanda giudiziale nel caso delle controversie condominiali. Il campo rispetto al quale valuteremo se e quali questioni della natura indicata si prospettino è quello delle azioni dirette al pagamento dei contributi dovuti dai condomini.

- La rateizzazione delle spese condominiali

Un primo profilo da considerare si collega al fatto che i contributi dei condòmini per le spese condominiali maturano in tempi diversi e di regola vengono frazionati - quanto alla loro esigibilità - in rate aventi scadenze differenziate.

Con riguardo a questo aspetto, deve notarsi che non può avere influenza sull'applicazione del principio che sancisce il divieto della parcellizzazione dell'azione il fatto che parte del debito di un condomino per i contributi derivi dal riparto del bilancio consuntivo delle spese relativo ad un esercizio ed altra parte derivi invece dal riparto del bilancio preventivo dell'esercizio successivo: è chiaro infatti che in questo caso l'amministratore dovrà agire per il pagamento della somma dovuta a titolo di “saldo”, somma che sarà data da tutto ciò che sarà dovuto ad un determinato momento (senza distinzione tra quanto dovuto in base al consuntivo di un esercizio condominiale e quanto dovuto in base al preventivo dell'esercizio successivo).

Il principio del divieto di parcellizzazione dell'azione giudiziaria porta a ritenere poi che anche nel caso di rateazione dei contributi condominiali l'azione diretta al pagamento dovrà essere unica per tutte le rate: l'amministratore del condominio non potrà agire nei confronti del condomino moroso solo per il pagamento di alcune delle rate che siano scadute, ma dovrà agire necessariamente per il pagamento di tutte le rate scadute. Nel caso si ha esattamente quanto viene descritto nella motivazione della decisione che abbiamo ricordato: i debiti in discussione “oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, “fondati” sul medesimo fatto costitutivo”.

Conseguenza dell'applicazione del principio è che l'iniziativa giudiziaria dell'amministratore - ove l'azione fosse promossa per il pagamento di una o più rate determinate ma non di tutte le rate scadute - dovrebbe considerarsi non proponibile. Si noti che - in relazione a quanto si è detto sopra - nel caso la conclusione a cui dovrebbe pervenirsi sarebbe non già che l'azione fosse proponibile solo per la parte del credito fatta valere per prima e che fosse esclusa la possibilità della successiva azione per il pagamento delle altre rate che fossero già scadute al momento della promozione dell'azione giudiziaria, ma invece che già la prima e parziale azione sarebbe improponibile.

Diverso sarebbe il discorso che dovrebbe farsi per le rate che non fossero ancora scadute al momento della proposizione dell'azione giudiziaria: in questo caso, è chiaro che una volta che le rate che in precedenza non fossero ancora scadute venissero a scadenza nulla osterebbe alla promozione di un nuovo giudizio diretto al loro pagamento pur nel caso in cui fosse già stato promosso un primo giudizio per il pagamento di quanto fosse in precedenza scaduto. Sotto questo profilo, non sembra possa condividersi l'opinione - che è stata espressa in dottrina - secondo cui “l'assunto della Corte sembra far ritenere il creditore, che abbia proposto azione nei confronti del debitore per un credito derivante da una fornitura periodica possa essere responsabile di abuso dello strumento processuale se successivamente proceda con ulteriore procedura giudiziaria per i crediti nascenti da forniture effettuate successivamente a quella per cui ha agito” .

- Rapporti con l'obbligo dell'amministratore di agire per il pagamento delle spese condominiali

Vi è da chiedersi se possano esservi interferenze tra il principio in esame e l'obbligo dell'amministratore di agire per il recupero delle spese dovute dal condomino moroso entro i sei mesi dalla chiusura dell'esercizio cui le spese si riferiscono, regola fissata dal comma 9 dell'art. 1129 c.c. (che dispone che “salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del presente codice”).

Non sembra che tra il divieto della parcellizzazione dell'azione e la regola anzidetta possano esservi interferenze: ciò dal momento che la regola in questione è finalizzata a che l'amministratore debba agire entro un certo termine e non già ad escludere che egli debba agire prima di un certo momento.

Non possono esservi incertezze nemmeno con riguardo alla parte del credito del condominio che fosse maturata nel periodo più recente e cioè nel semestre a far data dalla chiusura dell'esercizio: l'applicazione del divieto di parcellizzazione comporta che l'amministratore è tenuto ad agire per il pagamento di tutto il credito maturato nel momento in cui sia promossa l'azione e, dunque, anche per la parte del credito che sia maturata nel periodo più recente.

Vi è da chiedersi poi - alla luce della previsione della norma ricordata che, come si è visto, prevede che l'amministratore possa essere dispensato dall'assemblea dall'obbligo di agire entro il termine indicato dalla norma - se l'assemblea possa disporre che l'amministratore agisca solo per il pagamento dei crediti più risalenti e lo dispensi dall'obbligo di agire per le somme che siano maturate più recentemente (disposizione che potrebbe trovare la sua ragione nel fatto che per la parte del credito maturata in tempi recenti l'inadempimento del condomino potrebbe considerarsi privo di gravità o comunque meno grave dell'inadempimento relativo alla parte restante del debito). Pare, però, che - in applicazione del divieto di parcellizzazione - la risposta al quesito debba essere negativa: non può ritenersi che il creditore possa sottrarsi al divieto di parcellizzazione dell'azione sulla base di decisioni e scelte che egli stesso operi soggettivamente.

- Le azioni dirette al pagamento delle spese ordinarie e delle spese straordinarie

Vi è da chiedersi se presenti rilevanza ai fini dell'applicazione della regola che vieta la parcellizzazione dell'azione diretta al recupero dei contributi condominiali la distinzione tra le spese per attività ordinaria e le spese per attività straordinaria.

Va al proposito ricordato che le due specie di spese presentano diversità. Come riconosce la giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2016, n. 10685), il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione (rimessi all'iniziativa dell'amministratore nell'esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condomini ex art. 1131 c.c.) e atti di amministrazione straordinaria (al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare, per produrre effetto, salvo quanto prevede l'art. 1135, comma 2, c.c.) riposa sulla “normalità” dell'atto di gestione rispetto allo scopo di utilizzazione e godimento dei beni comuni, sicché gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante “superiore a quello normalmente inerente la gestione”, necessitano della delibera dell'assemblea condominiale (per queste spese “l'iniziativa contrattuale dello stesso amministratore, senza la preventiva deliberazione dell'assemblea, non è sufficiente a fondare l'obbligo dei singoli condòmini, salvo che non ricorra il presupposto dell'urgenza contemplato nella fattispecie di cui all'art. 1135 c.c.)”. Da ricordare che nel caso di spese volte a realizzare opere di manutenzione straordinaria o innovazioni è previsto anche l'obbligo di costituzione di un fondo speciale.

Proprio in relazione ai profili di differenziazione ora segnalati accade spesso nella prassi che per le due specie di spese vengano approvati dall'assemblea documenti contabili (preventivo di spesa e suo riparto tra i condòmini; consuntivo della spesa e suo riparto) distinti.

Alla luce degli aspetti di differenziazione cui si è fatto cenno - pur tenendosi conto del fatto che in entrambi i casi si tratta di obblighi nei confronti del condominio a carico del medesimo soggetto, obblighi che hanno anche la medesima origine di fondo (la condizione di partecipazione al condominio) - potrebbero individuarsi ragioni che giustifichino una conduzione separata dell'iniziativa diretta al recupero quantomeno nei caso in cui dovessero riconoscersi esigenze differenziate del condominio di disporre delle somme (in relazione, per esempio, alle diverse scadenze delle relative obbligazioni condominiali): in questi casi potrebbe pensarsi che la promozione di azioni distinte ed autonome nei confronti del medesimo condomino per fare valere i crediti relativi all'una e all'altra specie di spese non contrasti con il divieto di parcellizzazione che stiamo considerando.

Un'ipotesi particolare da segnalare in argomento è quella della vendita di un'unità immobiliare che intervenga dopo che l'assemblea abbia deliberato di sostenere una spesa straordinaria. In questo caso - come noto - si ritiene che debitore nei confronti del condominio per le spese relative all'intervento straordinario sia il condomino che fosse proprietario dell'unità immobiliare all'epoca dell'adozione della deliberazione e non il condomino proprietario dell'immobile all'epoca dell'esecuzione dell'opera e che dunque - pur nel caso in cui l'opera deliberata prima della vendita venisse eseguita in data successiva alla vendita dell'unità immobiliare - debitore delle spese sia il venditore e non l'acquirente (fermo restando comunque sempre il principio fissato dall'art. 63, comma 3, disp. att. c.c., secondo cui l'acquirente risponde delle spese condominiali maturate nell'anno in corso all'epoca del trasferimento della proprietà dell'unità in condominio e nell'anno precedente). Nel caso indicato, potrebbe pensarsi alla promozione di due distinte azioni: l'una nei confronti del vecchio condomino per il pagamento delle spese straordinarie e l'altra nei confronti del nuovo condomino per il pagamento delle spese ordinarie. Pare chiaro che la promozione in via distinta delle due azioni sia pienamente consentita e che non si prospetti in alcun modo l'eventualità di una dichiarazione di improponibilità: da notare peraltro che nel caso indicato il condominio potrebbe procedere con la richiesta del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo di cui al comma 1 dell'art. 63 disp. att. c.c. solamente nei confronti del soggetto che fosse condomino (e pertanto, nel caso in esame, solo nei confronti dell'acquirente), mentre nei confronti del soggetto che non fosse più condomino non sarebbe consentito il ricorso a tale specifico strumento (si ritiene infatti che solo nei confronti di colui che rivesta la qualità di condomino può trovare applicazione l'art. 63, comma 1, disp. att. c.c.: v. Cass. civ., sez. II, 9 novembre 2009, n. 23686).

- L'ipotesi del condomino proprietario di più unità nel condominio

Una situazione che si presenta frequentemente nella realtà è quella in cui il medesimo soggetto sia proprietario di più unità nel condominio.

Vi è da chiedersi se tale condizione comporti la necessità dell'applicazione del principio che vieta la parcellizzazione dell'azione e se pertanto l'azione promossa dall'amministratore del condominio e diretta al recupero del credito per le spese condominiali debba essere in questo caso necessariamente unica.

Pare che le ragioni segnalate dalla pronuncia della Corte di Cassazione sopra ricordata - ragioni che impongono l'unicità dell'azione giudiziaria - debbano valere anche in questo caso: anche in questo caso infatti si tratterebbe di “domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi”, domande in relazione alle quali pertanto vale la regola per cui (per usare le parole della Corte di Cassazione) le domande “non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inseriscano nell'ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia”.

Se questa è la conclusione alla quale deve giungersi di norma rispetto all'ipotesi qui prospettata, vi è da dire comunque che non potrebbe escludersi che anche in questo caso possano individuarsi ragioni che giustifichino azioni separate ove vi siano esigenze differenziate di disporre delle somme a credito del condominio per le diverse scadenze dei debiti del condominio che dovessero essere pagati con le somme da recuperare (situazione che potrebbe verificarsi soprattutto nel caso in cui le diverse unità immobiliari di cui il condomino fosse proprietario dovessero concorrere al pagamento delle spese in misure differenziate, come per esempio nel caso di situazioni legate all'esistenza di un condominio parziale).

- La diversità degli strumenti processuali

Altro aspetto che potrebbe venire in campo in relazione all'applicazione del divieto della parcellizzazione dell'azione giudiziaria è quello della diversità degli strumenti processuali utilizzabili per fare valere il diritto del condominio al pagamento dei contributi.

A questo proposito, può presentare rilievo il principio secondo cui la possibilità di fare valere il credito del condominio nei confronti del condomino con il ricorso al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo previsto dall'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. è data solo nel caso in cui il credito derivi da un prospetto di riparto delle spese approvato dall'assemblea (la norma fa menzione dello “stato di ripartizione approvato dall'assemblea”), mentre nel caso in cui non vi sia stata l'approvazione assembleare dello stato di ripartizione l'amministratore potrebbe comunque chiedere la pronuncia di un decreto ingiuntivo di pagamento ma questo non potrebbe essere dichiarato provvisoriamente esecutivo (Cass. civ., sez. II, 29 marzo 2001, n. 4638).

Dall'applicazione di questo principio nel caso che stiamo considerando, deriverebbe che potrebbe ritenersi giustificata - e che pertanto non comporterebbe l'improponibilità delle domande - l'iniziativa dell'amministratore che procedesse con due distinte azioni giudiziarie nel caso in cui per una parte del credito nei confronti del condomino fosse presente uno stato di ripartizione delle spese approvato dall'assemblea e per altra parte invece un tale elemento mancasse.

- Altre ipotesi di condizioni di differenziazione relative alle spese condominiali

Nella realtà del condominio, vi sono molte altre ipotesi e molte altre ragioni che possono dare luogo a differenziazioni delle condizioni relative all'obbligo di pagamento dei contributi condominiali.

Si pensi, per esempio, al caso in cui per le spese dovute da un'unità immobiliare in condominio vi sia un obbligo solidale di pagamento a carico di più soggetti (situazione questa che può derivare da tante ragioni diverse: la comproprietà del bene, il trasferimento della proprietà del bene, l'esistenza di un diritto di usufrutto, ecc.).

Si pensi poi al caso in cui l'unità immobiliare facente parte del condominio fosse locata.

Si consideri, poi, l'ipotesi in cui il regolamento condominiale contrattuale o altro strumento preveda condizioni di favore per determinate unità (come nel caso - che nella prassi non è infrequente - in cui sia prevista la riduzione dei contributi dovuti da determinate unità fino a quando queste rimangano in proprietà al costruttore ed originario unico proprietario dell'edificio).

Non sembra, però, che in chiave generale tali ipotesi possano avere l'effetto di escludere l'applicazione del principio che vieta la parcellizzazione dell'azione giudiziaria: ciò a meno che in chiave concreta nelle singole ipotesi possa riconoscersi un interesse effettivo - oggettivamente valutabile - all'azione differenziata e separata di recupero del credito del condominio.

In conclusione

Alla luce di quanto si è visto, il principio che vieta la parcellizzazione della domanda giudiziale trova applicazione, dunque, anche nei confronti delle azioni promosse per il pagamento delle spese condominiali.

Vi è, però, da chiedersi se, riguardo alla realtà condominiale, sia consentita la deroga pattizia alla regola che vieta la parcellizzazione dell'azione giudiziaria.

Premesso che nel campo dei rapporti nell'ambito condominiale lo strumento previsto per la fissazione delle regole dirette a disciplinare i rapporti stessi è il regolamento di condominio e che questo strumento - ove esso abbia natura contrattuale - consente anche la fissazione di regole che incidano sui diritti dei condòmini, vi è da chiedersi se una specifica previsione inserita nel regolamento contrattuale del condominio possa escludere l'applicabilità del divieto di parcellizzazione dell'azione giudiziaria (consentendo pertanto la promozione di azioni giudiziarie separate ed autonome per il recupero delle spese condominiali).

Non è agevole dare risposta al quesito: da un lato deve considerarsi che il divieto di parcellizzazione trova ragione nella necessità di tutela del debitore (nel caso si tratta del condomino moroso) che non deve essere gravato in misura e con modalità irragionevoli ed eccessive dagli oneri e dall'attività che pure conseguano ad un suo inadempimento; dall'altro lato va considerato che il divieto in questione trova la sua ragione anche nell'esigenza - di carattere generale e pubblico - di evitare che il sistema giudiziario venga gravato oltre misura da attività inutile e sproporzionata.

Attesa la pluralità delle finalità del divieto di parcellizzazione - e la diversità di tali ragioni e finalità - non è facile appunto dare risposta al quesito. Riservato ad altra sede l'approfondimento della questione (non consentito dalla brevità delle presenti note), pare comunque possa essere fin d'ora segnalato come la stessa possibilità - indicata dalla pronuncia che si è ricordata della Corte di Cassazione - dell'inapplicabilità del divieto in presenza di un interesse effettivo ed oggettivo del creditore alla promozione di azioni differenziate possa suggerire quale strada idonea a consentire alle parti di raggiungere il risultato anzidetto l'inserimento nel regolamento di condominio (che nel caso peraltro dovrebbe avere necessariamente natura contrattuale) dell'indicazione di specifici obiettivi del condominio (e dunque di interessi di questo) che possano rendere ragionevole e giustificata l'inapplicabilità del divieto di parcellizzazione

Riferimenti

De Tilla, Decreto ingiuntivo e morosità nel condominio, in Arch. loc. e cond., 2001, 535;

Piselli, Parcellizzare la domanda giudiziale è abuso degli strumenti processuali, in Guida al diritto, 2021, fasc. n. 49-50, 69;

Romagno, I regolamenti condominiali: profili relativi al contenuto, in Giur. it., 2022, 259.

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