Il prosieguo dello smart working dopo lo stato di emergenza
07 Marzo 2022
Il Lavoro agile, dal 2017, è entrato all'interno del rapporto lavorativo tra datore e lavoratore, modificando insindacabilmente la struttura dei rapporti di lavoro. Deve essere indubbiamente rilevato come, se prima della pandemia gli smart worker erano poco meno di seicento mila, questa ha notevolmente incrementato i lavoratori agili, fissando un punto di non ritorno in materia. È infatti, anche per le piccole-medie imprese addivenuto uno strumento necessario, ma soprattutto, richiesto dagli stessi lavoratori, che non riescono a farne a meno.
Risulta essere quindi necessario andare ad analizzare analiticamente quali saranno gli sviluppi post fine dello stato di emergenza per lo smart working, vale a dire dal prossimo 31 marzo 2022.
La pandemia ha obbligato l'insinuazione del lavoro agile nella maggior parte delle categorie di lavoratori; se in prima battuta i datori erano scettici sulla portata produttiva, successivamente hanno dovuto constatare che, al contrario, nella maggior parte dei casi, vi è stata una inalterata produttività delle prestazioni; addirittura, in molti settori, un vero e proprio aumento della fruttosità, rassicurando i datori e migliorando il rapporto con i lavoratori.
Al termine dello stato di emergenza, sancito al 31 marzo 2022, vi dovrà essere necessariamente un prosieguo di questa modalità organizzativa del lavoro; da un lato, i lavoratori hanno modificato le loro abitudini nel rapporto vita-lavoro, e non sono più in grado di tornare ai precedenti standard, dall'altro i datori, rinvigoriti da una eccellente produttività, ritengono il lavoro agile un ottimo strumento di prosecuzione dell'attività lavorativa.
Il problema che deve essere però sollevato riguarda le modalità attraverso le quali far proseguire la prestazione smart.
Non deve essere trascurato infatti che il lavoratore dovrà sempre e comunque sentirsi soggetto facente parte di una comunità lavorativa, con degli obiettivi e traguardi che vengono dati dal datore; da questo assunto, dunque, il lavoro agile dovrà essere rimodulato affinché resti parte integrante dei nuovi contratti, e soprattutto dei Contratti Collettivi, ma dovrà altresì essere contenuto rispetto alle prestazioni ordinarie in sede aziendale. Il pericolo maggiore, ai cui possono andare in contro le realtà aziendali, è che lo smart worker a tempo pieno possa slacciarsi completamente dalla realtà aziendale, estraniandosi dai rapporti con i colleghi e con il datore, verso un profondo isolamento, nocivo sia per il lavoratore – e per la sua attività produttiva – ma anche per l'individuo stesso immerso nella società.
Considerando l'assunto di cui sopra, a parere dello scrivente, lo smart working, post pandemia, sarà una necessaria modalità di prestazione del lavoro, affiancandosi, senza dubbio, alla modalità storica, diventando un completamento ed un supporto per il lavoratore. A tal riguardo dovranno essere competenti gli esperti nelle materie giuslavoristiche nel trovare quel punto di incontro tra il Datore e il Lavoratore per porsi obiettivi comuni di produttività, lasciando il prestatore nel poter arrivare a conciliare il lavoro con gli interessi di natura personale e familiare. Questo potrà comportare, sia una diminuzione netta dei costi del lavoro, ma anche un favoreggiamento nella costruzione di un rapporto sano e razionale tra datore e lavoratore; un lavoratore a suo agio e appagato sarà anche più conscio delle dinamiche aziendali e quindi più produttivo.
Conseguenza delle nuove dinamiche lavorative è l'implementazione stabile del lavoro agile all'interno nei contratti singoli, ma soprattutto all'interno della contrattazione collettiva; deve essere infatti prevista come possibilità quella di poter accedere alla modalità di lavoro da remoto, ormai inseritasi all'interno delle vite e famiglie dei lavoratori, tanto da non poter più ritornare come ante pandemia. Allo stesso modo i datori devono avere delle risposte certe dal quadro normativo affinché possano al meglio organizzare il lavoro ed essere certi dell'esercizio del potere datoriale nei confronti dei lavoratori stessi, ed in particolare riferimento ai poteri di controllo ed al diritto alla disconnessione.
Inoltre, l'implementazione stabile del lavoro agile può attrarre nuova forza lavoro e motivare i dipendenti rendendoli più soddisfatti del proprio lavoro e delle proprie prestazioni. Ciò comporterà una fidelizzazione maggiore riducendo, così, il turnover (poco apprezzato dalle aziende).
Potrebbe quindi instaurarsi una nuova prospettiva di lavoro, basata su tre concetti portanti, capisaldi del rapporto datore-lavoratore: autonomia nel lavoro, responsabilità nelle mansioni e fiducia reciproca.
L'autonomia e la responsabilizzazione si fondano sul raggiungimento degli obiettivi aziendali e di produttività, sopra tutto nell'affidarsi ai lavoratori che, responsabilizzati e più autonomi della gestione del work-life balance, raggiungono al meglio di obiettivi predisposti aumentando il livello delle performance e accrescendo la fiducia del datore di lavoro.
La fiducia è quell'elemento imprescindibile del rapporto di lavoro da remoto che deve esistere e perdurare tra le Parti; sia il datore che il lavoratore devono avere reciproca fiducia allorquando si instaura in lavoro smart, ove da una parte il lavoratore deve garantire gli standard prefissati e necessari per il raggiungimento degli obiettivi, dall'altra il datore non deve recidere il rapporto fiduciario con interventi lesivi dei diritti dei prestatori inerenti al controllo e alla disconnessione.
Sarà quindi lasciata all'esperienza delle Parti la scelta organizzativa e strutturale all'interno dell'azienda per quanto concerne il lavoro agire, lasciando agli interpreti il giusto intervento affinché questo possa essere duraturo per un rapporto lavorativo sano e produttivo.
A marzo prossimo, come anticipato, scadrà l'ultima proroga dello stato di emergenza e conseguentemente scadrà anche la possibilità di avviare il cosiddetto smart working semplificato.
Seppur fautore dell'importanza della previsione, nei contratti collettivi di categoria, nello smart working, ritengo che comunque questo debba prevedere una contrattazione individuale con il lavoratore, affinché tale modalità possa essere inserita nel riparto aziendale.
In origine l'esplosione del lavoro agile è, indubbiamente, stata causata dalla pandemia mondiale, dove le aziende, ovvero i datori in generale, si sono trovati nell'emergenza di dover trovare una modalità che consentisse la prosecuzione delle attività lavorative da casa.
Al contrario, con l'ammorbidirsi del fattore pandemico, cambiano i paradigmi. È imprescindibile la stipula di un accordo di lavoro ad hoc per lo smart working: con la caduta dello stato di emergenza, dove molti accordi erano stati presi in condizioni di necessità per mezzo di accordi lampo, serve una trattazione coerente con le necessità del lavoratore e gli interessi aziendali.
Deve essere infatti analizzato come l'invio unilaterale da parte del datore della necessità di effettuare la prestazione a distanza, non possa essere più considerato valido; mancherebbero infatti i presupposti necessari per la modificazione della mansione, venendo meno anche quei caratteri di consapevolezza da parte del datore. Risulta necessario quindi che le Parti arrivino ad un accordo così che sia chiaro come deve essere esperita la prestazione; questo consente da un lato al lavoratore di far salvo ogni diritto spettante la sua mansione, dall'altro un esercizio concreto e ragionevole dei poteri datoriali.
La specificazione scritta del lavoro agile consente altresì di poter diminuire notevolmente una futura attività contenziosa che si potrebbe ingenerare da rapporti di carattere poco chiaro e lacunoso.
Volendo avanzare uno schema approssimativo di contrattualistica individuale di lavoro agile questo dovrebbe contenere: obiettivi da raggiungere; modalità di interazione ed orario di lavoro, indicazione degli strumenti concessi al lavoratore, diritto alla disconnessione (con tutti i suoi paradigmi), e tutti i diritti e doveri delle parti.
Va aggiunto anche un elemento fondamentale, in questa fase di regolazione interna del rapporto, quale la “nuova cooperazione” che deve insorgere tra prestatore e datore. Infatti, come previsto dall'art. 22 comma 2 della L. 81/2017, il lavoratore agile è tenuto a cooperare all'attuazione delle misure predisposte dal datore, affinché questo possa esercitare correttamente la propria mansione. Ampliando dunque il quadro normativo, si pensi all'art. 41 della Costituzione e all'art. 2087 c.c., siamo di fronte ad una nuova enunciazione del paradosso della responsabilità della saluta e della sicurezza dei lavoratori. In altre parole, questa, da sempre a capo dei datori, nello smart working, troverà concreta ed effettiva applicazione esclusivamente qualora vi sia una certa collaborazione e cooperazione del lavoratore. È infatti impossibile negare che vi potrà essere una numerosa casistica di situazioni di fatto dove la responsabilità possa ricadere esclusivamente sul prestatore.
In conclusione, si auspica che al momento della conclusione dello stato di emergenza, vi possa essere un quadro normativo nazionale, che possa consentire un corretto utilizzo della modalità del lavoro agile, addivenuta ormai un elemento cardine modificativo del rapporto datore-lavoratore, sempre più rivolto ad un'organizzazione aziendale che però tiene conto della vita e della famiglia di tutti gli operatori.
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