Quando valgono i vincoli contenuti nel regolamento di condominio?

Donato Palombella
04 Marzo 2022

Spesso il regolamento di condominio contiene una serie di vincoli di varia natura: dal divieto di modificare l'euritmia del fabbricato, al divieto di svolgere particolari attività all'interno delle unità immobiliari. Ed è proprio questo il nostro caso. Si tratta di stabilire se un condòmino possa esercitare, nella proprietà esclusiva, una attività che, a quanto pare, non piace a molti condòmini.

Anche le fondazioni benefiche hanno problemi. Una fondazione benefica acquista un immobile all'interno di un condominio; per dare attuazione ai propri scopi statutari, il bene viene ceduto in comodato ad una ONLUS che lo ristruttura destinandolo ad ambulatorio medico per extracomunitari privi del permesso di soggiorno. Come spesso accade, tutti vogliono fare beneficenza ma… a debita distanza da casa propria, così l'assemblea di condominio decide di metter mano alla carta bollata vietando alla ONLUS di svolgere la propria attività.

Lo strumento per boicottare l'iniziativa benefica si materializza sotto forma del classico cavillo: il regolamento condominiale vieterebbe lo svolgimento dell'attività ambulatoriale. In effetti il regolamento prevedeva che «è vietata qualsiasi attività dei Condomini nelle proprietà esclusive che sia incompatibile con le norme igieniche, con la tranquillità degli altri condomini o con il decoro dell'edificio e con la sua sicurezza».

L'impugnativa della Fondazione. La Fondazione scende in campo difendendo a spada tratta la propria iniziativa. Sostiene che il regolamento condominiale non sarebbe opponibile nei suoi confronti in quanto non trascritto nei pubblici registri immobiliari. In ogni caso, ritiene erronea l'interpretazione data dall'assemblea condominiale alle clausole regolamentari poste a fondamento della propria delibera.

Il parere del Tribunale. Il Tribunale accoglie la tesi della Fondazione: il regolamento condominiale, formatosi nel 1999 e non trascritto, non poteva valere nei confronti della Fondazione che, avendo acquistato l'immobile nel 2003, doveva essere considerata come “parte terza acquirente”. Il giudice di primo grado sottolinea un ulteriore elemento: l'atto di acquisto non conteneva alcuno specifico riferimento al regolamento condominiale limitandosi ad affermare, in maniera del tutto generica, che alla compratrice competeva la proporzionale quota di comproprietà sulle parti comuni dell'edificio. Di conseguenza, eventuali divieti contenuti nel regolamento, non potevano essere azionati contro il terzo acquirente.

La Corte cambia prospettiva. La Corte territoriale ribalta l'esito del giudizio. Il giudice d'appello basa il proprio convincimento su una sorta di prova indiretta. Il regolamento di condominio, anche se non trascritto e, quindi, non legalmente conoscibile dalla Fondazione-acquirente, viene fatto valere per vie traverse, indirettamente, attraverso una clausola contenuta nell'atto di acquisto con cui si attribuiva all'acquirente «la proporzionale quota di comproprietà condominiale nelle parti comuni dell'edificio, come per legge e regolamento» nonché con un richiamo all'atto di acquisto del suo dante causa «atto al quale le parti fanno ampio richiamo» in cui il precedente proprietario aveva dichiarato di «di ben conoscere ed accettare il Regolamento condominiale indicato in tutti i suoi estremi formali».

Ambulatorio irregolare? Accertata l'opponibilità del Regolamento condominiale, si tratta di stabilire se l'attività esercitata dalla ONLUS (ambulatorio medico per extracomunitari non in regola col permesso di soggiorno) sia vietata.

La Corte territoriale non ha dubbi: benché il regolamento non vieti espressamente l'esercizio dell'attività ambulatoriale, nonostante i locali siano in regola con la normativa igienico-sanitaria e risultino dotati di un ingresso autonomo rispetto al portone dell'edificio condominiale, l'ambulatorio viene considerato fuori legge. Motivo? Il notevole accesso di extracomunitari irregolari e nomadi viene ritenuto lesivo delle esigenze di tranquillità dei condomini!

Si arriva in Cassazione. La Fondazione praticamente non ha scelta e non può tirarsi indietro. È logico pensare che a nessuno piaccia assistere, vicino alla propria casa, ad un via vai di extracomunitari dichiaratamente irregolari, ma bisogna pur pensare a tutelare gli interessi dei soggetti meno fortunati che comunque vivono nel nostro Paese. Se la Fondazione non può svolgere la propria attività istituzionale perché in contrasto con gli interessi di un condominio e della comunità locale, dovrebbe sciogliersi per impossibilità di raggiungere lo scopo.

Interviene la Cassazione. La Corte di Cassazione accoglie la tesi della Fondazione. I vincoli limitativi la destinazione della proprietà esclusiva contenuti nel regolamento condominiale non trascritto non possono essere opposti al terzo acquirente. Gli Ermellini ricordano come, per la giurisprudenza, le clausole contenute nel regolamento di condominio che, vietando lo svolgimento di determinate attività, impongono dei limiti al godimento della proprietà esclusiva, devono essere approvate espressamente, col consenso di tutti i condomini. Questo, ovviamente, vale al momento di perfezionamento ed approvazione del regolamento condominiale. Successivamente cosa accade? Secondo la Cassazione, i vincoli regolamentari possono essere opposti ai successivi acquirenti-condomini solo ove il regolamento sia stato trascritto.

Il problema della trascrizione. Facile dire “il regolamento deve essere trascritto” ma…. come otteniamo questo risultato? Le possibilità, sostanzialmente, sono due. Il caso tipico, è rappresentato dal regolamento redatto dall'unico proprietario-costruttore che, prima di procedere alla vendita del primo immobile, redige il regolamento che viene poi allegato al primo atto pubblico di vendita. In questo modo, trascritta la vendita, si trascrive il regolamento. Nel caso di regolamento contrattuale assembleare, il problema si complica, ma non di molto. Approvato il regolamento da parte dell'assemblea, bisogna rivolgersi ad un notaio per il deposito dell'atto e chiedere la relativa trascrizione.

I vincoli comportano una servitù. La Cassazione effettua una ulteriore precisazione. Le clausole del regolamento contrattuale che impongono dei vincoli sulle parti comuni (si pensi, per esempio, al divieto di stendere i panni o a vincoli relativi all'uso del cortile condominiale), devono essere approvate all'unanimità ex art. 1108, comma 3, c.c. Le clausole che comprimono il diritto di proprietà di singoli condomini, costituendo una sorta di servitù a carico dei soggetti obbligati, devono essere approvate specificatamente dagli interessati.

A queste regole occorre aggiungere un corollario: le clausole che impongono limiti alle proprietà esclusive, valgono solo se il terzo acquirente le abbia specificatamente accettate nel contratto d'acquisto non essendo sufficiente una clausola generica con cui si accetta il regolamento condominiale (Cass. civ., n. 21024/2016, Cass. civ., n. 6769/2018, Cass. civ., 24188/2021).

Il principio di diritto. A questo punto la Cassazione, nel cassare la sentenza impugnata, ha rinviato alla Corte d'appello fissando il seguente principio di diritto: «la previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche; ne consegue che l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c. In assenza di trascrizione, peraltro, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscono limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che nel medesimo contratto d'acquisto prenda atto in maniera specifica del vincolo reale gravante sull'immobile, manifestando tale presa d'atto con una dichiarazione di conoscenza comprendente la precisa indicazione dello ius in re aliena gravante sull'immobile oggetto del contratto».

Fonte: dirittoegiustizia.it

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.