L'assicuratore della RCA non è un debitore qualsiasi ma è qualificato dalla veste professionale
10 Marzo 2022
Breve premessa
Con la sentenza n. 4668/2022 del 14 febbraio 2022 la Sesta Civile della Suprema Corte di Cassazione affronta una problematica sempre attuale e di interesse in materia di gestione da parte dell'assicuratore dei tempi, così come scanditi dal Legislatore, nella gestione della liquidazione di un sinistro derivante dalla circolazione stradale. La vicenda prende spunto da un sinistro stradale in cui l'assicuratore in primo grado venne condannato ultramassimale, per rivalutazione ed interessi, in quanto ritenuto di avere colpevolmente ritardato l'adempimento delle proprie obbligazioni risarcitorie. La sentenza, appellata dall'assicuratore, venne sovvertita dalla Corte d'Appello che ritenne insussistente la mora colpevole dell'assicuratore.
A detta della Corte d'Appello la condotta fu invece “prudenziale” in quanto: a) i postumi permanenti patiti dal danneggiato si stabilizzarono soltanto due anni dopo il sinistro; b) la prima richiesta analitica di risarcimento inviata dal danneggiato non era conforme alle prescrizioni dell'art. 148 cod. ass.; c) "in ogni caso", anche a voler ritenere produttiva di effetti la suddetta costituzione in mora, il termine legale di 90 giorni, entro il quale l'assicuratore avrebbe dovuto formulare la propria offerta alla vittima, venne a scadere il 13 giugno 2011 e l'assicuratore pagò un primo acconto di 60.000 euro il 22 dicembre 2011; d) al momento dell'introduzione della lite la dinamica del sinistro non era affatto chiara e legittimava il sospetto di un concorso di colpa della vittima; e) la sentenza penale di condanna della persona assicurata dalla società Generali, nella parte in cui aveva ravvisato un concorso di colpa della vittima, era priva di efficacia vincolante in sede civile, e anch'essa giustificava di conseguenza il ritardo dell'assicuratore nell'adempimento della propria obbligazione; f) la liquidazione di alcune delle voci di danno lamentate richiedevano un accertamento giudiziale; per altre voci di danno, invece, il ritardo dell'assicuratore era giustificato dalla carenza degli elementi probatori.
Il danneggiato ricorreva dunque in Cassazione con quattro motivi di censura ritenuti tutti fondati e basati sull'erronea applicazione degli artt. 1176, 1218 e 1224 c.c. Circa i presupposti e gli effetti della mora debendi dell'assicuratore RCA nei confronti della vittima, la Suprema Corte rammenta come l'assicuratore sia debitore in via diretta d'una obbligazione risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato (art. 144 cod. ass.) e come questa vada adempiuta nel termine stabilito dalla legge, che nel caso di morte o lesioni personali causate da persona assicurata da una impresa assicuratrice in bonis è di 90 giorni decorrenti da quello in cui la vittima ha richiesto per iscritto il risarcimento (art. 148 cod. ass.).
In questo caso la responsabilità da colpevole ritardo, nell'ambito del rapporto tra assicuratore e danneggiato, è fondata sulla costituzione in mora del primo ex art. 145 e segg. Codice delle Assicurazioni e non è necessario che il danneggiato, per ottenere la corresponsione degli interessi e della rivalutazione oltre il limite del massimale, formuli una specifica domanda, essendo sufficiente che abbia chiesto l'integrale risarcimento del danno. Segnatamente la responsabilità ultramassimale dell'assicuratore nei confronti della parte danneggiata trova titolo in un comportamento dell'obbligato ingiustificatamente dilatorio, a fronte della richiesta di liquidazione avanzata dal danneggiato, trascorso il termine di legge alla cui scadenza l'assicuratore è da considerare in mora, sempreché sia stato posto in grado con la detta richiesta di determinarsi in ordine all'an e al quantum della somma dovuta a titolo di risarcimento. Sarà dunque onere dell'assicuratore dimostrare che il ritardo sia dovuto a causa a lui non imputabile.
Sul punto la Corte d'Appello accolse il gravame proposto dall'assicuratore affermando che: a) i postumi permanenti patiti dal danneggiato si stabilizzarono soltanto due anni dopo il sinistro (la Suprema Corte invece afferma che la Corte d'appello accertò in fatto un adempimento tardivo e parziale successivo alla stabilizzazione dei postumi ed escluse allo stesso tempo gli effetti della mora: di qui la violazione degli artt. 1218 c.c. e 145 cod. ass.: il giudice di merito infatti accertò in punto di fatto che il primo pagamento da parte della Generali avvenne nove mesi dopo la stabilizzazione dei postumi e per di più sol perché la Generali fu condannata in sede penale al pagamento d'una provvisionale); b) la prima richiesta analitica di risarcimento inviata dal danneggiato non era conforme alle prescrizioni dell'art. 148 cod. ass. (la Suprema Corte invece afferma che l'art. 148, co. 5, cod. ass., impone all'assicuratore, il quale abbia ricevuto una richiesta di risarcimento incompleta, l'onere (e non la facoltà) di richiedere al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento le necessarie integrazioni); c) anche a voler ritenere produttiva di effetti la costituzione in mora, il termine legale di 90 giorni, entro il quale l'assicuratore avrebbe dovuto formulare la propria offerta alla vittima, venne a scadere il 13 giugno 2011 e l'assicuratore pagò un primo acconto di 60.000 euro il 22 dicembre 2011 (la Suprema Corte invece afferma che una volta scaduto il termine di 90 giorni di cui all'art. 148, co. 2, cod. ass., l'assicuratore della RCA è costituito in mora, e non è più dato discorrere se abbia adempiuto la propria obbligazione molto tempo o poco tempo dopo quella scadenza); d) al momento dell'introduzione della lite la dinamica del sinistro non era affatto chiara e legittimava il sospetto di un concorso di colpa della vittima (la Suprema Corte invece afferma che l'incertezza sulla dinamica del sinistro deve indurre qualsiasi assicuratore diligente, ai sensi dell'art. 1176, co. 2, c.c., ad offrire quanto meno la metà del presumibile risarcimento, posto che l'art. 2054, co. 2, c.c. postula una presunzione di pari responsabilità dei conducenti); e) la sentenza penale di condanna della persona assicurata dalla società Generali, nella parte in cui aveva ravvisato un concorso di colpa della vittima, era priva di efficacia vincolante in sede civile, e anch'essa giustificava di conseguenza il ritardo dell'assicuratore nell'adempimento della propria obbligazione (la Suprema Corte invece afferma che la circostanza che l'assicurato sia stato condannato in sede penale, aggrava, invece di escludere, la mora colpevole dell'assicuratore, non esclusa sol perché sussistano incertezze sull'apporto causale della vittima alla verificazione del sinistro); f) la liquidazione di alcune delle voci di danno lamentate richiedeva un accertamento giudiziale, mentre per altre voci di danno, il ritardo era giustificato dalla carenza degli elementi probatori (la Suprema Corte invece afferma che il rifiuto di risarcire un danno che la vittima abbia allegato, ma non dimostrato potrà dirsi legittimo solo a posteriori, dopo avere esaminato se e quali accertamenti l'assicuratore abbia svolto, per accertare la fondatezza della pretesa di controparte). Mala gestio impropria e propria
La Suprema Corte disquisisce poi sul significato di mala gestio impropria e mala gestio propria. Occorre rammentare che a partire dal noto arresto delle Sezioni Unite (Cass. sez. un., 8 luglio 2003, 10725) che ha riconsiderato ex novo la problematica, la Suprema Corte ha costantemente ribadito (cfr. Cass. civ. 28 giugno 2010, n. 15397; Cass. civ. 5 agosto 2005, n. 16598; Cass. civ. 4 febbraio 2005, n. 2276; Cass. civ. 22 dicembre 2004, n. 23819) che in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, va distinta l'obbligazione diretta dell'assicuratore nei confronti del danneggiato, da quella dell'assicuratore stesso nei confronti del danneggiante-assicurato e va, conseguentemente, distinta l'eventuale ipotesi di responsabilità relativa al primo rapporto (mala gestio c.d. impropria), da quella riconducibile ai rapporti assicuratore-assicurato.
Correttamente la pronuncia in commento evidenzia come la mala gestio dell'assicuratore della RCA nei confronti del terzo danneggiato sia spesso designata nella prassi forense e giudiziaria "mala gestiti impropria", ma, per utilizzare le parole della Corte “questa espressione è puramente convenzionale e, essa sì, "impropria". Invero la responsabilità ultramassimale dell'assicuratore nei confronti della parte danneggiata trova fonte nel suo colpevole ritardo e non nella “mala” gestione degli interessi altrui, ovvero quelli del danneggiato.
Infatti una "cattiva gestione" degli interessi altrui è concepibile unicamente nel rapporto tra assicurato ed assicuratore. Solo nell'ambito di questo rapporto, infatti, è ipotizzabile una condotta colposa consistente nella malaccorta gestione degli interessi altrui e la responsabilità ultramassinale, in detto caso “propria”, trova fonte in un diverso titolo: ovvero per “fatto dell'assicuratore”, differentemente dalla mala gestio impropria ove il pagamento ultramassimale trova fonte nel “fatto altrui”, ovvero il risarcimento del danno causato dall'assicurato. Possiamo dunque sostenere che nel rapporto tra assicurato ed assicuratore mora e mala gestio sono concetti non coincidenti: la mora è l'effetto dell'inadempimento d'una obbligazione di dare; la mala gestio è invece l'inadempimento di una obbligazione di fare (la cura degli interessi dell'assicurato). Diverse conseguenze a seconda che il massimale sia o meno capiente
Le conseguenze pregiudizievoli per l'assicuratore in caso di colpevole ritardo, ovvero la sua esposizione ultramassimale possono però mutare a seconda della capienza o meno del massimale. Sino a quando il massimale resti capiente rispetto al danno causato dall'assicurato al terzo, la mora dell'assicuratore è giuridicamente irrilevante, perché resta assorbita dalla mora dell'assicurato. Infatti, gli interessi (compensativi) di mora dal giorno dell'illecito, costituiscono una delle voci del risarcimento spettante al terzo danneggiato e dunque sino al limite di capienza del massimale l'assicuratore in mora sarà tenuto a versarli. Una diversa soluzione viene prospettata nel caso in cui il danno causato dall'assicurato ecceda il massimale. In questo caso quando l'assicuratore della RCA è tenuto al pagamento dell'intero massimale e sia colposamente in ritardo, non potrà più beneficiare del limite del massimale dovendo farsi carico anche delle conseguenze della sua mora.
La Suprema Corte dunque sancisce che in virtù del principio di autoresponsabilità (per effetto del quale ciascuno deve sopportare le conseguenze giuridiche delle proprie azioni od omissioni) l'assicuratore in mora nel pagamento dell'intero massimale sarà tenuto a sopportare gli effetti della mora stessa “senza limiti di sorta”. Due però le conseguenze a seconda dei soggetti richiedenti:
La pronuncia affronta dunque il tema di quando l'assicuratore possa considerarsi in mora e di come possa liberarsi dei suoi effetti. L'assicuratore si trova in colpevole ritardo ogni qualvolta non formuli una congrua offerta, non potendosi ritenere la sua condotta “prudenziale” allorquando opponga la sua inerzia in quanto risulti difficoltosa ricostruzione della dinamica del sinistro o vi sia l'intervento di assicuratori sociali. Ugualmente la mancanza di prova di alcune delle voci di danno richieste dalla vittima non costituiscono di per sè cause di esclusione della mora dell'assicuratore.
È dunque negligente l'assicuratore della RCA che: a) ignori o trascuri di rispettare le norme di legge in base alle quali accertare la responsabilità del proprio assicurato; b) ignori o trascuri di rispettare le norme giuridiche in base alle quali individuare i danneggiati; c) ignori o trascuri di rispettare le norme giuridiche in base alle quali accertare e stimare il danno causato dal proprio assicurato.
L'assicuratore della r.ca., quando sia scaduto lo spatium deliberandi di cui all'art 148 cod ass., potrà evitare gli effetti della mora o attraverso l'offerta reale o secondo gli usi o attraverso il deposito liberatorio di cui all'art. 140 cod ass., oppure dimostrando che l'inadempimento è dipeso da causa non imputabile. Conclusioni
In conclusione, la titubanza dell'assicuratore della RCA nella liquidazione del danno, a suo dire scaturente da una assunta incertezza circa la dinamica del sinistro o sull'ammontare del danno, non può mai essere giustificata e le sue conseguenze non possono ricadere sulla vittima, né sull'assicurato. Diversamente argomentando l'assicuratore della RCA sarebbe addirittura incentivato a ritardare il pagamento dinanzi a qualsiasi minima incertezza sulla dinamica del sinistro o sull'ammontare del danno, fidando sul fatto che il decorso del tempo renderà incapiente il massimale e gli risparmierà le conseguenze della mora. Detta interpretazione sarebbe però contraria alla ratio ed allo scopo dell'intera legislazione in materia di assicurazione della RCA, la quale consiste nella tutela della vittima, e non nell'eliminazione del rischio d'impresa. |