La natura del reclamo avverso l’ordinanza di estinzione del processo esecutivo

Redazione scientifica
14 Marzo 2022

In tema di estinzione del processo esecutivo, il reclamo di cui all'art. 630, comma 3, c.p.c. non è atto c.d. endoprocessuale e, pertanto, non è soggetto alla disciplina del deposito telematico obbligatorio.

La vicenda trae origine dall'eccezione di estinzione della procedura esecutiva per inattività delle parti sollevata dai debitori esecutati all'interno di una procedura esecutiva immobiliare promossa nei loro confronti da una società a responsabilità limitata.

I debitori assumevano che la procedura esecutiva era stata sospesa su accordo delle parti fino al 30.11.2015 e che, pertanto, l'istanza per la prosecuzione del processo esecutivo presentata dal difensore della società creditrice il 27.11.2015 era avvenuta in violazione dell'art. 626 c.p.c.

Il G.E. accoglieva l'eccezione e dichiarava l'estinzione della procedura esecutiva ai sensi dell'art. 630, comma 2, c.p.c. con ordinanza avverso la quale la società creditrice proponeva reclamo ex art. 630, comma 3, c.p.c.

I debitori esecutati deducevano l'inammissibilità del reclamo perché depositato in cartaceo e non telematicamente.

Il Tribunale accoglieva tuttavia il reclamo e revocava la pronuncia di estinzione della procedura esecutiva, con decisione confermata anche dalla Corte d'appello in sede di gravame.

Di qui il ricorso per cassazione proposto dai debitori esecutati con il quale veniva censurata l'interpretazione della Corte territoriale sulla natura del reclamo ex art. 630, comma 3, c.p.c.

Secondo i giudici di secondo grado il reclamo ex art. 630 cit. «introduce una fase incidentale di nuovo giudizio di cognizione, con la conseguenza che la presentazione in forma telematica sarebbe meramente facoltativa, non obbligatoria».

Viceversa, secondo i ricorrenti, il reclamo avverso l'ordinanza che dichiara l'estinzione del processo esecutivo ha, invece, «natura di atto endoprocedimentale prosecutorio del processo, con il corollario che la sottoscrizione e la trasmissione in forma telematica sono obbligatorie».

La terza sezione civile ha ritenuto tale motivo ponesse una questione di massima di particolare importanza, per cui ha disposto la rimessione della questione alle Sezioni Unite.

Nell'affrontare la questione, i giudici di legittimità muovono preliminarmente dall'art. 16-bis del d.l. 179/2012, conv. in l. 221/2012, il quale, al comma 1, stabilisce, nei procedimenti civili (…), l'obbligo di deposito telematico degli atti processuali per le parti «precedentemente costituite».

Il comma 2 della medesima disposizione aggiunge che nei processi esecutivi di cui al libro terzo del codice di procedura civile «la disposizione di cui al comma 1 si applica successivamente al deposito dell'atto con cui inizia l'esecuzione».

Ora, il comma 1, fissa la regola generale dell'obbligatorietà del deposito telematico degli atti c.d. endoprocessuali e, al fine di individuare tali atti, distingue a seconda che le parti siano o meno «precedentemente costituite».

Con tale ultima espressione, il comma 1 dell'art. 16-bis cit. non si riferisce solo all'atto di costituzione in senso tecnico, ma anche, più in generale, all'acquisizione della veste di parte in senso formale nel procedimento incardinato dinanzi al giudice adito.

Ai sensi di tale disposizione, dunque, una volta che le parti sono entrate in contatto con il giudice a mezzo del loro primo atto, ogni deposito successivo deve essere ormai obbligatoriamente telematico, fintanto che il rapporto non debba essere nuovamente instaurato.

E ciò può avvenire o perché la parte non è più la stessa o perché non più lo stesso il giudice.

Tanto premesso, evidenziano i giudici come quanto fin qui esposto rileva ai fini della soluzione del quesito loro sottoposto, inerente alla natura del reclamo ex art. 630, comma 3, c.p.c. e se esso esiga o meno il deposito telematico.

Sul punto si sottolinea che la Corte ha già preso posizione sulla naturadel rimedio citato, osservando come attraverso di esso «è assicurato un controllo sistemico del provvedimento di estinzione» e che esso «deve essere riconosciuta struttura cognitiva».

Trattandosi di procedimento di natura cognitiva, e che dunque si colloca al di fuori «dei processi esecutivi di cui al libro III del codice di procedura» cui si riferisce il comma 2 dell'art. 16-bis cit., il regime del deposito va desunto dalla regola generale posta dal comma 1 della disposizione.

Ora, proprio la natura cognitiva del procedimento, che si dipana sullo sfondo dell'esecuzione forzata, ma del tutto al di fuori di essa, induce a ritenere per certo che laproposizione del reclamoin discorsonon sia riconducibile al novero degli atti endoprocessuali.

Invero, occorre constatare che, per effetto del reclamo, si instaura una nuova relazione parti-giudice, tale ricondurre il reclamo medesimo al novero degli atti introduttivi sottratti alla disciplina dell'obbligatorio deposito telematico.

Si intende dire cioè che il reclamo, pur rivolto al giudice dell'esecuzione, è tuttavia deciso dal collegio ai sensi dell'art. 630, comma 3, c.p.c.: è solo con il reclamo, dunque, che il reclamante entra per la prima volta in contatto con il collegio.

In conclusione, il reclamo contro l'ordinanza che dichiara l'estinzione della procedura esecutiva non è atto c.d. endoprocessuale soggetto alla disciplina dell'obbligatorio deposito telematico.