Cosa accade se non si prendono i provvedimenti necessari per la tutela del fabbricato di un condominio minimo?

Redazione scientifica
14 Marzo 2022

A seguito di accertamento tecnico preventivo, attivato nell'interesse di un condomino di un edificio composto da due condomini il consulente CTU rilevava un consistente degrado del fabbricato condominiale. Cosa può fare il condomino?

A seguito di accertamento tecnico preventivo, attivato nell'interesse di un condomino di un edificio composto da due condomini (condominio minimo) il consulente CTU rilevava un consistente degrado del fabbricato condominiale e danni di una certa entità alla porzione immobiliare appartenente alla ricorrente della procedura dell'A.T.P. Premesso ciò, al fine di trovare una soluzione alla questione, si chiede se con il ricorso ex art. 1105 c.c., il condomino può chiedere: la nomina di un amministratore condominiale che compia gli atti necessari per l'esecuzione dei lavori e delle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, nonché la possibilità di agire nei confronti del condomino che si rifiuti di adempiere all'obbligazione risarcitoria riguardante il danno subito dalla condomina alla sua unità immobiliare.

Da quanto appreso, la questione riguarda la problematica di un condominio minimo, cui all'esito dell' A.T.P., il tecnico aveva individuato lo stato dei luoghi; dunque, (in assenza di ulteriori elementi utili alla definizione della questione) sembra che il degrado del fabbricato ha determinato un danno sulla proprietà della condomina. Degrado certamente determinato dall'incuria delle parti comuni dovuta (soprattutto) al mancato raggiungimento di una iniziativa comune di entrambi condomini.

Ai fini della corretta qualificazione della questione sono necessarie alcune precisazioni (natura della volontaria giurisdizione e natura contenziosa). In tema, il provvedimento con cui l'autorità giudiziaria nomina, ex art. 1105, comma 4, c.c., un amministratore della cosa comune, al fine di supplire all'inerzia dei partecipanti alla comunione, ha natura di atto di giurisdizione volontaria, perciò privo di carattere decisorio o definitivo, in quanto revocabile e reclamabile ai sensi degli artt. 739, 742 e 742-bis c.p.c. e, conseguentemente, non ricorribile per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., salvo che il provvedimento, travalicando i limiti previsti per la sua emanazione, abbia risolto in sede di volontaria giurisdizione una controversia su diritti soggettivi (Cass. civ., sez. VI, 22 giugno 2017, n. 15548). Cioè, il ricorso al giudice viene formulato su domanda degli interessati (gestione della cosa comune) e non è, al contrario di quello emesso per contenzioso, destinato a risolvere controversie (appunto della quantificazione del risarcimento del danno). Per meglio dire, l'azione di volontaria giurisdizione di cui all'art. 1105 c.c. dà luogo a un procedimento in camera di consiglio autonomo e distinto sostanzialmente e proceduralmente da una azione di cognizione avente ad oggetto condanna al risarcimento dei danni (Trib. Napoli 12 ottobre 1995, n. 7021). Da ciò si desume che sono due cose diverse la richiesta dell'intervento del giudice per la tutela del bene comune e la pretesa risarcitoria.

Dopo questa doverosa precisazione, in argomento, giova ricordare che la disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici trova applicazione anche in caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti (ma, ciò vale anche per quelli con meno di 8 partecipanti) con riguardo alle disposizioni che regolamentano la sua organizzazione interna (Cass. civ. sez. un. 31 gennaio 2006, n. 2046). Invero, Il condominio "minimo" è il condominio composto di due sole unità immobiliari. In merito alle decisioni relative alla manutenzione, i giudici di legittimità hanno precisato che le decisioni relative alla manutenzione necessaria devono comunque essere prese all'unanimità e, ove tale condizione non si realizzi, non potendo applicarsi il principio della maggioranza vista la presenza di due soli partecipanti, si deve ricorrere all'autorità giudiziaria ai sensi degli artt. 1139 e 1105 c.c. (Cass. civ., 14 gennaio 2019, n. 620; Trib. Massa, decr. 28 gennaio 2019). Attenzione: il condomino deve formalmente convocare l'altro per una riunione nella quale considerare e poi decidere sulla questione particolare. Difatti, come già precisato, nel condominio c.d. minimo, le regole codicistiche sul funzionamento dell'assemblea si applicano allorché quest'ultima si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione “unanime”, tale dovendosi intendere quella che sia frutto della partecipazione di ambedue i comproprietari; ove, invece, non si raggiunga l'unanimità, o perché l'assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché alla riunione benché regolarmente convocata – si presenti uno solo dei partecipanti e l'altro resti assente, è necessario adire l'autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario (Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2017, n. 5329). Secondo altre pronunce, in caso di mancato raggiungimento di un accordo, il proprietario che intenda comunque procedere ai lavori deve attivarsi ricorrendo all'Autorità giudiziaria, come previsto dagli artt. 1105 e 1139 c.c., lasciando a quest'ultima il compito di prendere gli opportuni provvedimenti (Giudice di Pace Campobasso 27 agosto 2019, n. 249. Nella fattispecie non era stata fornita la prova certa dell'esistenza delle lamentate infiltrazioni dal tetto né che l'attore avesse preventivamente avvertito il convenuto dell'urgenza di compiere lavori o semplicemente dell'imminente esecuzione degli stessi, con conseguente impossibilità di riconoscere all'attore il rimborso delle spese da lui fatte per le opere eseguite frutto di una mera quanto ingiustificata manifestazione di volontà del condomino-attore, ma non riconducibili alla necessità di fronteggiare un'urgenza).

Riepilogando: secondo l'art. 1105, comma 4, c.c. «se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore», sta a significare che è necessario chiedere la convocazione di un'assemblea con inserimento all'ordine del giorno del punto relativo alle opere che si richiede di eseguire. In caso di mancato accordo o di totale disinteresse del condomino, sarà necessario procedere con rituale ricorso ex art. 1105 c.c. Diversamente, però, per la questione di natura privatistica, cioè dei danni, il condomino dovrà attivare un giudizio di natura contenziosa.

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