Sanitario che decide di non vaccinarsi: limitati spazi per ottenere tutela d'urgenza
15 Marzo 2022
Massima
“Il diritto soggettivo individuale al lavoro ed alla conseguente retribuzione è certamente meritevole di protezione, ma ciò solo fino a che la sua tutela non sia suscettibile di arrecare pregiudizio all'interesse generale a preservare la salute pubblica, dinnanzi al quale è destinato inesorabilmente a soccombere: pertanto, ove il singolo consapevolmente tenga comportamenti potenzialmente dannosi per la collettività, violando una disposizione di legge che miri specificamente a proteggere quell'interesse collettivo, dovrà sopportarne le conseguenze normativamente previste” Il caso
Un'infermiera, esercente mansioni presso il reparto di pediatria di una struttura pubblica, ha proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. dinnanzi al giudice del lavoro chiedendo tutela d'urgenza avverso la determinazione datoriale di sospensione dal servizio e dalla retribuzione sino al 31 dicembre 2021 o sino all'assolvimento dell'obbligo vaccinale, quale conseguenza del suo rifiuto di sottoporsi alla profilassi vaccinale per contenere il rischio di diffusione della pandemia da Covid-19, sostenendo l'illegittimità costituzionale della normativa nazionale.
Si è costituito in giudizio il datore di lavoro, chiedendo il rigetto del ricorso per carenza dei presupposti normativi, difettando tanto il periculum in mora quanto il fumus boni iuris. La questione
L'ordinanza di cui trattasi, così come numerosi altri provvedimenti di merito pubblicati negli ultimi mesi, affronta la questione della possibilità di concedere, in via d'urgenza, tutela al lavoratore destinatario dell'obbligo vaccinale ex art. 4 D.L. 44/2021, conv. in L. 76/2021, che non si sia sottoposto alla vaccinazione e che, di conseguenza, sia stato sospeso dal servizio e dalla retribuzione.
Alla luce del disposto dell'art. 700 c.p.c., quindi, il Tribunale di Catanzaro ha verificato se, sulla base delle deduzioni e della documentazione in atti, sussistesse la minaccia di un pregiudizio imminente ed irreparabile al diritto azionato dalla ricorrente e, in ogni caso, ha preso posizione in ordine alla lamentata incostituzionalità del D.L. 44/2021, conv. in L. 76/2021.
Ad avviso dell'infermiera, infatti, sussisterebbe il periculum in mora, essendo unica fonte di reddito certa del proprio nucleo familiare, essendo il coniuge un venditore ambulante con incassi incerti, e dovendo sostenere spese per l'istruzione del figlio; sussisterebbe, parimenti, il fumus boni iuris, in quanto la normativa che le impone – quale esercente la professione sanitaria – di sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid-19 sarebbe violativa dell'intangibile ed indisponibile diritto soggettivo al lavoro e alla percezione della retribuzione, così violando la Costituzione. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Catanzaro ha, innanzitutto, rimarcato come sia necessario un accertamento stringente e puntuale circa la sussistenza dei requisiti essenziali cui è subordinato il ricorso alla tutela d'urgenza, e ciò al fine di evitare che la tutela cautelare assuma una funzione surrogatoria di quella ottenibile all'esito di un giudizio ordinario, essendo onere del ricorrente provare la situazione di vulnus su di esso incombente, cioè l'imminenza ed irreparabilità del pregiudizio e delle possibili conseguenze – legate alla mancata concessione del provvedimento richiesto – attraverso l'indicazione di indici dai quali desumere oggettivamente la consistenza del nocumento discendente dalla condotta censurata. In particolare, poi, si è precisato come la peculiarità del rito del lavoro e la compressione del diritto di difesa nell'ambito della tutela d'urgenza impongano un vaglio particolarmente attento e rigoroso del requisito del periculum in mora, che non può essere ritenuto in re ipsa neppure in considerazione della natura fondamentale dei diritti che si assumano potenzialmente lesi.
Scendendo più nel concreto, il Giudice di Catanzaro ha ritenuto di non poter concedere la richiesta tutela d'urgenza, difettando, nel caso in esame, il requisito del periculum in mora, non avendo la ricorrente provveduto ad allegare – ancor prima che provare – le concrete e personali situazioni di fatto atte ad integrare il pregiudizio irreparabile ed imminente richiesto dall'art. 700 c.p.c..
L'infermiera, infatti, ha dedotto circostanze generiche ed astratte in ordine alla posizione economica del proprio nucleo familiare, avendo esclusivamente documentato i redditi del coniuge per l'anno 2020 (certamente ridotto a causa del severo lock down imposto), ma non avendo dimostrato alcunché in ordine alle spese sostenute per fare studiare il figlio, né avendo neppure dedotto la sussistenza di ulteriori oneri finanziari a suo carico.
In ogni caso, poi, il Tribunale ha rammentato come il pregiudizio oggetto del pericolo previsto dall'art. 700 c.p.c. non sia ravvisabile in una mera perdita economica, in quanto sempre suscettibile di risarcimento e quindi priva del carattere della irreparabilità.
Evidenziando come il provvedimento datoriale di sospensione dal diritto allo svolgimento della prestazione lavorativa e dalla conseguente retribuzione produca, ex lege, effetti solo fino alla sottoposizione al vaccino o, in mancanza, fino al 31 dicembre 2021, il Giudice del Lavoro ha ritenuto che l'efficacia della sospensione sia sottoposta ad una condizione risolutiva potestativa dipendente dalla volontà della stessa ricorrente, che, in ogni momento, potrebbe sottoporsi alla vaccinazione, non essendo dedotta alcuna ragione medica ostativa o, comunque, sia temporalmente limitata, in quanto il termine finale della sospensione è legislativamente indicato nel 31 dicembre del medesimo anno. La circostanza che la sospensione sia dipendente dalla volontà dell'infermiera e, comunque, destinata a terminare in pochi giorni, conduce ad affermare l'insussistenza di alcun profilo di urgenza.
In ogni caso, il Tribunale ha ritenuto l'opportunità di prendere posizione in ordine alla doglianza di illegittimità costituzionale dell'obbligo vaccinale paventata dalla ricorrente, ritenendola manifestamente infondata.
Infatti le argomentazioni della ricorrente, nei cui confronti non sussiste alcuna controindicazione all'inoculazione dei sieri vaccinali, trascurano di considerare la sussistenza di una pandemia in atto, che ha portato il legislatore all'adozione di misure eccezionali – quale quella di cui di discute, a presidio della tutela della collettività.
Se è vero, pertanto, che il diritto soggettivo al lavoro ed alla conseguente retribuzione sia meritevole di protezione, è altrettanto vero che la sua tutela non può spingersi fino al punto di arrecare un pregiudizio all'interesse collettivo generale: il diritto individuale, in buona sostanza, soccombe dinnanzi all'interesse generale alla salute pubblica, in quanto il singolo che tenga comportamenti potenzialmente dannosi per la collettività, violando una norma di legge che intenda tutelare l'interesse della stessa, dovrà sopportarne le conseguenze.
Richiamando le ragioni espresse in una recente pronuncia del Consiglio di Stato (n. 7045/2021) e in due sentenze della Corte Costituzionale (n. 258/1994 e 5/2018) il Tribunale ha concluso per la piena legittimità costituzionale dell'obbligo vaccinale, apparendo quale ragionevole esito del bilanciamento tra diritto del singolo e adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale.
Il Tribunale, infine, ha evidenziato come l'imposizione di un trattamento sanitario non sia incompatibile con l'art. 32 Cost., come la protezione vaccinale non sia diretta solo a preservare la salute di chi vi è assoggettato, ma anche della collettività nel suo complesso e che non incida negativamente sulla salute di chi vi è obbliato, eccezion fatta per le conseguenze assolutamente tollerabili, essendo, poi, nel caso di danni ulteriori, prevista la corresponsione di un'equa indennità, anche a prescindere dalla tutela risarcitoria. Osservazioni
L'ordinanza in commento ha respinto il ricorso, ritenendo l'insussistenza di uno dei presupposti richiesti dall'art. 700 c.p.c., vale a dire del periculum in mora, così da rendere superflua ogni valutazione in ordine all'ulteriore requisito del fumus boni iuris.
Effettivamente le argomentazioni svolte in ordine alla carenza di prova – e ancor prima di deduzione – in ordine al periculum in mora appaiono del tutto condivisibili.
E' noto, in quanto insegnamento giurisprudenziale consolidato, infatti, come non sia possibile ottenere la tutela d'urgenza laddove si deduca che il pregiudizio imminente intacchi la propria sfera economica, in quanto, essendo il danno economico suscettibile di ristoro per equivalente, difetterebbe il requisito dell'irreparabilità. Al più il danno economico – che nel caso si identifica, nella tesi della ricorrente, nella perdita della retribuzione - può trovare tutela solo laddove la perdita stessa incida direttamente, comprimendo o sopprimendo l'esercizio di altri diritti, di natura ed a funzione non (strettamente) patrimoniale.
Essendo state, sul punto, le allegazioni dell'infermiera generiche e riferite esclusivamente al fatto che la sua retribuzione sia la maggior fonte di reddito della famiglia, in assenza di documenti che attestino spese atte a soddisfare diritti ulteriori, correttamente il Tribunale di Catanzaro ha escluso la sussistenza del periculum.
Altrettando condivisile è, poi, la considerazione svolta in ordine alla breve perduranza della sospensione dal servizio e dalla retribuzione, considerando che, in base alla normativa all'epoca vigente, gli effetti del provvedimento erano destinati ad esaurirsi, al più, alla data del 31 dicembre di quello stesso anno e, cioè, a distanza di meno due settimane dalla pronuncia.
Non convince, al contrario, quanto sostenuto in riferimento alla condizione risolutiva potestativa cui la sospensione sarebbe soggetta, e cioè all'affermazione secondo cui la ricorrente ben potrebbe volontariamente fare cessare gli effetti del provvedimento censurato semplicemente sottoponendosi alla vaccinazione: a ben vedere, infatti, la lavoratrice censura proprio la norma che detta vaccinazione impone, ritenendola violativa di un proprio inviolabile diritto e mirando ad ottenere un'esenzione giudiziale dall'obbligo, cosicché concludere in tal senso appare semplicistico, pur non intaccando, nella sostanza, l'accertata insussistenza dei presupposti di una tutela d'urgenza.
Infine, appare del tutto condivisibile quanto affermato in ordine alla manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della normativa impositiva dell'obbligo vaccinale per i soggetti esercenti le professioni sanitarie.
In ordine all'assenza del periculum in mora: Tribunale Napoli, ord. 26 ottobre 2021; Tribunale Roma, sez. lav., ord. 16 luglio 2021; Trib. Modena, ord. 19 maggio 2021.
In ordine alla manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'obbligo di vaccinazione contro il virus Sars-CoV-2 per gli esercenti le professioni sanitarie: Cons. Stato, Sez. III, n. 6401 del 2 dicembre 2021; Cons. Stato, Sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045; Cons. Stato, Sez. II, 11 ottobre 2021, n. 6790; Tribunale Vincenza, ord. 26 gennaio 2022; Tribunale Ravenna, ord. 31 dicembre 2021; Tribunale Ivrea, ord. 23 agosto 2021; Tribunale Verona, sez. lav., ord. 20 maggio 2021.
Rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale: Tribunale Militare Napoli, Sez. Pen., ord. 3 febbraio 2022.
Il bilanciamento di interessi sotteso al D.L. 44/2021, conv. in L. 76/2021, infatti, appare ragionevole, considerando che l'obbligo è stato imposto a una categoria di soggetti (sanitari) che operano a stretto contatto con persone che, laddove contagiate, sconterebbero un'alta probabilità di sviluppare la malattia in forma grave, con esiti anche mortali, e che, in ogni caso, il diritto del singolo soccombe a fronte dell'interesse collettivo alla salute. |