La responsabilità civile derivante dai danni da cose in custodia
17 Marzo 2022
Con l'ordinanza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di risarcimento avanzata dai proprietari di un immobile per i danni subiti a causa delle infiltrazioni dovute alla rimozione della copertura di un pozzo durante l'installazione di un'antenna da parte di U.S. Nello specifico, i proprietari dell'immobile contestano il rigetto da parte della Corte d'Appello della domanda risarcitoria da loro avanzata, sul presupposto che il pozzo luce fosse «non di proprietà esclusiva di U.S., ma condominiale, oppure di proprietà esclusiva dei ricorrenti, e comunque sottratto ad un potere fisico e quindi ad un dovere di custodia da parte del medesimo U.S».
Il ricorso è infondato. La Suprema Corte, infatti, afferma che «la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo postula, invero, l'effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa che comporti il potere-dovere di intervento su di essa»; la disponibilità della cosa che ha l'utilizzatore non comporta, invece, necessariamente il trasferimento in capo a questo della custodia. A riguardo, inoltre, la Corte chiarisce che la relativa indagine, così come più in generale la verifica della sussistenza del nesso di causalità materiale - richiesto dall'art. 2043 c.c., in tema di responsabilità extracontrattuale - tra un'azione o un'omissione ed un evento, costituisce accertamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass. civ., n. 15096/2013). Nel caso in esame, la Corte d'Appello ha quindi correttamente escluso la configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c. di U.S. con riguardo al pozzo luce, negando che il bene fosse di proprietà esclusiva di quest'ultimo, e che comunque fosse soggetto ad un potere fisico dello stesso. Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
(Fonte: Diritto e Giustizia) |