L'adesione alla voluntary disclosure non pregiudica il diritto al rimborso dell'euroritenuta

Massimo Romeo
18 Marzo 2022

Continua il contrasto all'interno delle corti di merito milanesi sul tema del diritto al rimborso dell'euroritenuta per il contribuente che abbia aderito alla Voluntary Disclosure (VD), anche se si riscontra un indirizzo maggioritario a sfavore della parte pubblica.

Il contrasto giurisprudenziale. Continua il “botta e risposta” all'interno delle corti di merito milanesi sul tema del diritto al rimborso dell'euroritenuta per il contribuente che abbia aderito alla Voluntary Disclosure (VD), anche se si riscontra un indirizzo maggioritario a sfavore della parte pubblica. La posizione dell'Amministrazione finanziaria è quella di ritenere che:

  • il contribuente non abbia diritto al rimborso dell'euroritenuta non essendo la stessa considerata dalla Convenzione fra i casi di doppia imposizione;
  • l'articolo 165 del TUIR osta al rimborso in assenza della presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • la VD sarebbe una species rispetto al genus degli accertamenti con adesione e come tale irretrattabile.

In linea con la posizione dell'Agenzia delle Entrate, ad esempio, la CTP di Milano (sent. n. 421/2020) statuiva per il no al rimborso dopo l'adesione alla VD. L'accesso alla procedura di collaborazione volontaria, motivavano i giudici tributari, preclude la restituzione di quanto versato in passato «in quanto i due momenti impositivi (euroritenuta e voluntary disclosure) hanno natura diversa e vanno valutati separatamente». La Ctp sottolineava le diverse ratio legis dei due istituti: il primo, volto a garantire che i redditi da risparmio venissero tassati secondo la legislazione dello Stato di residenza dei soggetti beneficiari, anche se corrisposti in un altro Stato membro; il secondo, mirato a stimolare, attraverso una riduzione delle sanzioni, i contribuenti che detenevano illecitamente patrimoni all'estero a regolarizzare la propria posizione. aveva ad oggetto l'impugnazione da parte di un contribuente di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo del Modello Unico persone fisiche 2015 (anno di imposta 2014) conseguente al disconoscimento da parte dell'Agenzia delle Entrate del credito esposto per imposte assolte all'estero. A breve distanza rispondeva in direzione opposta, fra le altre, la CTR Lombardia (sent. n. 712/2021 e n. 2075/2021) concludendo per il diritto al rimborso contribuente in ossequio al divieto di doppia imposizione e indipendentemente dai presupposti indicati dall'art. 165 Tuir. In tali pronunce i giudici d'appello hanno osservato che nel nostro ordinamento la disciplina comunitaria (Direttiva 2003/ 48/CE) era stata recepita con il d.lgs. 84/2005 il quale prevedeva, per i redditi percepiti da contribuenti residenti m Italia assoggettati ad euroritenuta, il riconoscimento di un credito di imposta pari all'importo trattenuto, al fine di evitare ipotesi di doppia imposizione. «L'adesione alla VD, affermavano gli interpreti, non pregiudica tale diritto al rimborso; diversamente, si determinerebbe un'ingiustificata violazione del principio del divieto di doppia imposizione». Il fatto che il reddito non fosse stato indicato in dichiarazione dal contribuente, quale presupposto per l'attribuzione del credito d'imposta ex art. 165 TUIR, non avrebbe potuto giustificare la doppia imposizione. Del resto, motivava la Ctr, il meccanismo stesso dell'euroritenuta, che trasforma in sostituti d'imposta gli Stati nei quali sono detenute le consistenze finanziarie, è stato introdotto in determinati contesti proprio per evitare la doppia imposizione sul medesimo imponibile. L'asserita assimilabilità da parte dell'Ufficio della procedura di collaborazione volontaria a quella di accertamento con adesione, il cui perfezionamento determina la definitività e non impugnabilità della pretesa erariale, non appariva ai giudici condivisibile per le evidenti differenze tra i due istituti: l'assenza di una contestazione, l'assenza di una mediazione tra diverse interpretazioni, le modalità di versamento. Per quanto concerne, poi, il dies a quo da cui decorrerebbe il diritto al rimborso, la stessa CTR Lombardia (sent. n. 1552/2020) statuiva che tale termine, di decadenza biennale ex art. 21 d.lgs. 546/1992, inizia a decorrere dalla data del pagamento delle somme dovute a seguito dell'adesione alla procedura di collaborazione volontaria, in quanto è da quel momento che si realizza la doppia imposizione.

La conferma dell'indirizzo maggioritario. Con la recentissima sentenza n. 831 del 7 marzo 2022 la CTR per la Lombardia conferma l'indirizzo giurisprudenziale maggioritario a favore del riconoscimento del diritto al rimborso dell'euroritenuta anche qualora il contribuente abbia aderito alla procedura di collaborazione volontaria (VD).

Il caso. Un contribuente deteneva un rapporto finanziario in Svizzera, per i periodi di imposta dal 2010 al 2013, produttivo di interessi assoggettati ad euroritenute. Non avendo dichiarato le predette disponibilità nel quadro RW e al fine di sanare le violazioni commesse nei periodi di imposta dal 2009 al 2013, presentava nel 2015 istanza di collaborazione volontaria di cui all'art. 1 della legge n. 186/2014. In esito a tale istanza, l'Agenzia delle Entrate aveva provveduto alla liquidazione delle somme dovute per ciascun anno di imposta. Sul presupposto che le somme assoggettate a tassazione in sede di VD, a titolo di interessi, erano le stesse già assoggettate a prelievo a titolo di euroritenuta, il contribuente nel 2018 presentava istanza di rimborso della predetta euroritenuta per poi impugnare il silenzio rifiuto dell'Amministrazione Finanziaria, rivendicando il proprio diritto alla restituzione, pena la violazione del principio di divieto della doppia imposizione. I giudici di prime cure rigettavano il ricorso concordando con la posizione dell'A.F. come sopra sintetizzata.

La riforma della sentenza.I giudici “del riesame” preliminarmente illustrano la disciplina della euroritenuta. Essa trova applicazione in forza di quanto previsto dalla Direttiva n. 2003/48 CE, per assoggettare ad imposizione i redditi di capitale derivanti da attività finanziarie detenute all'estero da parte di persone fisiche beneficiarie effettive, che risultino fiscalmente residenti al altro Stato membro. Nella normativa italiana è previsto che:

  • per i redditi percepiti da contribuenti residenti in Italia assoggettati ad euroritenuta, trova applicazione il credito di imposta;
  • qualora l'importo della ritenuta sia superiore al credito di imposta o, comunque, nei casi in cui lo stesso non sia azionabile, spetta al contribuente il rimborso della euroritenuta o l'utilizzo della stessa in compensazione con altri debiti.

Questi redditi sono soggetti ad imposizione sostitutiva, con la conseguenza che gli stessi non possono godere del credito di imposta, consentendo al contribuente di proporre richiesta di rimborso, alternativamente all'utilizzo in compensazione del credito derivante da tale ritenuta.

Nella fattispecie concreta si trattava, quindi, di stabilire se il contribuente avesse diritto al rimborso della euroritenuta su redditi emersi solo in seguito all'adesione alla procedura di collaborazione volontaria. La Commissione non condivide l'accostamento propostdella VD alla procedura di accertamento con adesione stante le differenze fondamentali esistenti tra gli impianti normativi dei due istituti:

  • l'accertamento con adesione è un procedimento che trova presupposto e scaturigine in una contestazione della A.F., invece assente nel caso di collaborazione volontaria;
  • l'accertamento con adesione ha lo scopo di mediare circostanze oggetto di rilievi dalla A.F. già accertati, nel mentre la collaborazione volontaria ha lo scopo di consentire al contribuente la possibilità di operare una sorta di ravvedimento operoso connotato dal carattere della specialità;
  • l'accertamento con adesione attribuisce alla A.F. la riliquidazione degli importi dovuti sulla base delle risultanze emerse dal contraddittorio con il contribuente, nel mentre nella procedura di collaborazione volontaria è lo stesso contribuente che “autoaccerta” la propria posizione;
  • nella collaborazione volontaria la fase di contraddittorio è solo eventuale, potendo il contribuente accettare la liquidazione proposta dall'Ufficio ovvero avere già auto-liquidato correttamente quanto dovuto;
  • i due procedimenti si distinguono e diversificano anche nelle modalità di versamento e di eventuale rateizzazione delle somme dovute.

In altre parole, secondo la Ctr, «la procedura di collaborazione volontaria è connotata da una specialità, che ne esclude la riconduzione a qualsiasi altri procedimento avente natura di definizione della posizione contributiva ed è costituita da una propria specifica disciplina, di stretta interpretazionenon suscettibile di essere integrata in via ermeneutica né dalle norme generali dell'ordinamento tributario, né da quelle dettate per altre forme di definizione». Pertanto, sulla base dei principi generali dell'ordinamento tributario il diritto al rimborso della euroritenuta versata non può essere precluso sol perché relativo a redditi emersi in sede di procedura di collaborazione volontaria: il mancato riconoscimento, infatti, integrerebbe non solo la fattispecie di doppia imposizione economica, ma anche quella di doppia imposizione giuridica, essendo indubitabile che il reddito altrimenti assoggettato a doppia imposizione sia il medesimo, sì da porsi in contrasto con il concetto di capacità contributiva (ex art. 53 Costituzione). Sicché, concludeva il Collegio, non potendo revocarsi in dubbio che, al momento del perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria, il contribuente avesse ex lege regolarizzato, sia pure tardivamente, la propria posizione in difetto di alcuna espressa deroga prevista dal legislatore, non vi era alcuna ragione giuridicamente rilevante che potesse essere ritenuta giustificativa della mancata applicazione del principio generale che l'ordinamento attribuisce al divieto di doppia imposizione.