Risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa e inadeguatezza delle tavole di mortalità di cui al R.D. n. 1403/1922
18 Marzo 2022
La Corte di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rideterminava in € 217.829,58 la somma spettante, a titolo di risarcimento del danno, ad un lavoratore vittima di infortunio sul luogo di lavoro.
La Cassazione, ritenendo il ricorso meritevole di accoglimento, osserva che i recenti arresti della Suprema Corte (Cass. n. 18093/2020, Cass. n. 16913/2019) hanno evidenziato l'inadeguatezza del criterio di liquidazione rappresentato dalle tavole di mortalità di cui al R.D. n. 1403/1922 e la necessità di garantire l'integrale ristoro del danno attraverso il ricorso a parametri non necessariamente tratti da fonti legislative. La sentenza impugnata, continuano i giudici, è incorsa in errore di diritto ponendosi in contrasto con il principio secondo cui «il danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica, in applicazione del principio dell'integralità del risarcimento sancito dall'art. 1223 c.c., deve essere liquidato moltiplicando il reddito perduto per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, utilizzando quali termini di raffronto, da un lato, la retribuzione media dell'intera vita lavorativa della categoria di pertinenza, desunta da parametri di rilievo normativi o altrimenti stimata in via equitativa, e, dall'altro, coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano». In accoglimento dei motivi di ricorso sopra esposti, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Trieste, in diversa composizione, per il riesame alla luce del principio enunciato.
|