Risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa e inadeguatezza delle tavole di mortalità di cui al R.D. n. 1403/1922

Redazione Scientifica
18 Marzo 2022

La Cassazione ha sancito l'inadeguatezza del criterio di liquidazione rappresentato delle tavole di mortalità di cui al R.D. n. 1403/1922 ai fini del risarcimento del danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica. Secondo i giudici è necessario garantire l'integrale ristoro del danno attraverso il ricorso a coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, non necessariamente tratti da fonti legislative.

La Corte di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rideterminava in € 217.829,58 la somma spettante, a titolo di risarcimento del danno, ad un lavoratore vittima di infortunio sul luogo di lavoro.
Il giudice d'appello infatti ha ritenuto che il danno da incapacità lavorativa dovesse essere determinato sulla base delle tavole di mortalità di cui al R.D. n. 1403/1922, non potendo trovare applicazione i criteri di cui alle tavole di mortalità del 1981 elaborate dall'ISTAT, privi di natura legislativa.
Ricorrendo in Cassazione, il lavoratore lamenta la violazione del principio dell'integrale risarcimento del danno per avere la Corte d'appello, nella liquidazione del danno patrimoniale da incidenza della lesione sulla capacità lavorativa dell'infortunato, applicato il coefficiente di capitalizzazione previsto dal R.D. n. 1403/1922. Tale coefficiente, come chiarito da recenti pronunzie di legittimità, è rapportato ad un tasso dei saggi di interesse e ad una durata della vita media privi di riscontro nell'attualità.
Lamenta il danneggiato che, un risarcimento basato sull'applicazione di queste tabelle, non garantirebbe l'effettivo e pieno ristoro del pregiudizio sofferto.

La Cassazione, ritenendo il ricorso meritevole di accoglimento, osserva che i recenti arresti della Suprema Corte (Cass. n. 18093/2020, Cass. n. 16913/2019) hanno evidenziato l'inadeguatezza del criterio di liquidazione rappresentato dalle tavole di mortalità di cui al R.D. n. 1403/1922 e la necessità di garantire l'integrale ristoro del danno attraverso il ricorso a parametri non necessariamente tratti da fonti legislative.

La sentenza impugnata, continuano i giudici, è incorsa in errore di diritto ponendosi in contrasto con il principio secondo cui «il danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica, in applicazione del principio dell'integralità del risarcimento sancito dall'art. 1223 c.c., deve essere liquidato moltiplicando il reddito perduto per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, utilizzando quali termini di raffronto, da un lato, la retribuzione media dell'intera vita lavorativa della categoria di pertinenza, desunta da parametri di rilievo normativi o altrimenti stimata in via equitativa, e, dall'altro, coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano».

In accoglimento dei motivi di ricorso sopra esposti, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Trieste, in diversa composizione, per il riesame alla luce del principio enunciato.

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