Sinistri stradali e mora dell'assicuratore

Ilaria Pietroletti
21 Marzo 2022

La mora dell'assicuratore della responsabilità civile automobilistica nei confronti del danneggiato ha conseguenze diverse a seconda che il massimale sia capiente, oppure il danno causato dall'assicurato ecceda il massimale.

La sesta sezione civile della Suprema Corte, con ordinanza n. 8676 del 17 marzo 2022, si è pronunciata sul tema delle conseguenze della mala gestio della compagnia assicurativa che ritardi la liquidazione dei danni in favore del danneggiato da sinistro stradale.

Il caso. La vicenda in fatto risale all'anno 2006 quando una donna, investita da un autoveicolo, perdeva la vita: a distanza di quattro anni, dopo aver atteso, invano, il risarcimento dei danni subiti, gli eredi della vittima adivano il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per ottenere un ristoro economico da parte della compagnia di assicurazione del responsabile.

In data 19.7.2014 il Tribunale campano accoglieva la domanda, riconoscendo un 30% di co-responsabilità della vittima nella causazione del sinistro; la sentenza veniva appellata ed all'esito del giudizio la Corte, escluso il concorso di colpa, riconosceva la mala gestio impropria della compagnia assicurativa per aver ritardato il pagamento del risarcimento e la condannava al pagamento dell'intero danno sofferto dai quattro eredi, in eccedenza rispetto al massimale e senza limitazioni.

Il giudizio in cassazione. Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli ha interposto ricorso la Compagnia, ai sensi dell'art. 360, n. 3 c.p.c. nel quale ha dedotto:

a) che il danno patito complessivamente eccedeva il massimale;

b) che quella che grava sull'assicuratore della r.c.a. è una obbligazione di valuta;

c) che la mora dell'assicuratore può comportare esclusivamente il pagamento degli interessi di cui all'art. 1224 c.c. calcolati sul valore nominale del massimale e che tutti i suddetti principi erano stati violati dalla Corte del merito.

La censura è stata condivisa dai Giudici di legittimità, i quali hanno osservato che l'assicuratore è debitore in via diretta di una obbligazione risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato; nell'ipotesi in cui ritardi il relativo pagamento, va incontro agli effetti della mora, a meno che non dimostri che il ritardo sia dovuto a causa a lui non imputabile, ex art. 1218 c.c.

Ora, la mora dell'assicuratore comporta conseguenze diverse a seconda che il massimale sia capiente o meno.

Nel primo caso, la mora resta insignificante poiché assorbita da quella dell'assicurato: l'assicuratore, quindi, sarà tenuto a versare all'assicurato gli stessi interessi da questi dovuti, ovvero, quelli c.d. compensativi. Per tali ragioni, ha aggiunto la Corte, tale obbligazione, definita di valuta, si dice “si comporti” come una obbligazione di valore, per quanto attiene le conseguenze della mora, fino a quando non supera il massimale.

Nel secondo caso, invece, l'obbligazione dell'assicuratore nei confronti del terzo danneggiato ha per oggetto l'intero massimale e, in caso di inadempimento, la compagnia è tenuta alla corresponsione degli interessi legali, da calcolarsi a decorrere dal giorno della mora, oltre all'eventuale maggior danno di cui all'art. 1224, comma 2, c.c.

Infatti, se la assicurazione non adempie nei termini di legge, per fatto ad essa imputabile, dovrà sopportare gli effetti della mora senza limiti di sorta poiché le conseguenze non scaturiscono dall'illecito dell'assicurato e sarà chiamata a corrispondere gli interessi di mora al saggio legale, oltre al maggior danno (laddove chiesto e provato dal creditore).

Trattasi, in tal caso, di mora debendi dell'assicuratore nei confronti del terzo danneggiato, ipotesi che non deve essere confusa con la c.d. “mala gestio impropria”, poiché sono concetti non coincidenti. La mora è l'effetto dell'inadempimento di una obbligazione di dare; la mala gestio è l'inadempimento di una obbligazione di fare.

In definitiva, dunque, la mora dell'assicuratore non può mai comportare altre conseguenze che quelle sancite dall'art. 1224 c.c. con la conseguenza che, la sentenza gravata, è stata cassata per avere condannato la Compagnia morosa a pagare somme eccedenti il massimale, non solo quanto agli interessi ma anche in conto capitale, oltre che calcolato il danno da mora nell'adempimento di una obbligazione di valuta, con i criteri che disciplinano la mora nelle obbligazioni di valore.

(Fonte:

Diritto e Giustizia

)

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