Niente locale per il custode dello stabile: costruttore condannato a risarcire il Condominio

Redazione scientifica
21 Marzo 2022

Necessario un nuovo processo in appello per quantificare il ristoro economico in favore del Condominio. Evidente, però, l'inadempimento contrattuale addebitabile alla società che ha costruito l'immobile e poi provveduto alla vendita dei singoli appartamenti.

Costruttore edile condannato a risarcire il Condominio se, nonostante quanto stabilito nel contratto, non ha messo a disposizione gratuitamente un locale destinato ad ospitare il custode dello stabile e i suoi familiari.

A dare il “la” alla vicenda giudiziaria è l'azione proposta dal Condominio, che chiama in causa la società costruttrice del complesso edilizio e venditrice dei numerosi appartamenti e ne chiede la condanna all'esecuzione delle opere necessarie all'eliminazione dei vizi riscontrati nelle parti comuni dell'edificio e, in subordine, al risarcimento del corrispondente danno patrimoniale.

In primo grado la richiesta è ritenuta «improcedibile per carenza di legittimazione attiva» poiché, secondo i giudici, «essa ha ad oggetto l'adempimento delle obbligazioni assunte dalla società in seno ai singoli contratti di compravendita delle porzioni immobiliari dell'edificio, sicché la legittimazione spetta ai singoli condomini acquirenti».

Di diverso avviso sono invece i giudici di secondo grado, i quali accolgono il ricorso proposto dall'amministratore del condominio, legittimato ad adire le vie legali poiché «le domande proposte attengono, per la quasi totalità, a parti comuni del complesso residenziale».

Di conseguenza, la società costruttrice del complesso immobiliare viene condannata a versare oltre 26mila euro al come «risarcimento del danno da inadempimento contrattuale».

In Cassazione arriva poi un'ulteriore vittoria per il condominio, che può puntare a un più corposo ristoro economico.

Su questo fronte, difatti, l'amministratore censura la pronuncia d'Appello che «dopo aver riconosciuto l'inadempimento della società costruttrice rispetto all'obbligo, contrattualmente assunto nei confronti del condominio, di adibire un'unità immobiliare di circa 50 metri quadrati ad alloggio del portiere, ha quantificato il danno derivante dalla messa a disposizione di un semplice gabbiotto di 11 metri quadrati, prendendo come riferimento il canone medio relativo a un immobile di 40 metri quadrati – canone quantificato in 500 euro – per un periodo di sei mesi, parametrato al preavviso con cui, sempre ai termini del menzionato accordo, la società costruttrice avrebbe potuto reclamare la restituzione dell'immobile».

Secondo l'amministratore «tale quantificazione trascura arbitrariamente la previsione contrattuale secondo cui la società, nell'eventualità in cui avesse preteso indietro quel locale, avrebbe dovuto mettere a disposizione gratuitamente un altro locale per l'alloggio del custode».

Queste considerazioni sono fondate, secondo i Giudici della Cassazione, i quali osservano che «il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale non può che essere parametrato all'utilità che il creditore avrebbe conseguito nell'ipotesi in cui il contratto fosse stato correttamente adempiuto».

Applicando questa prospettiva alla vicenda presa in esame, quindi, «se si parte dal presupposto che il costruttore si era obbligato a consentire l'uso gratuito, da parte del Condominio, di una porzione immobiliare nella quale il custode potesse dimorare stabilmente con la propria famiglia –quella specificamente indicata dalle parti, ovvero, in caso di richiesta di restituzione, un'altra porzione immobiliare –, la limitazione dell'arco temporale di riferimento al solo periodo di sei mesi si mostra incoerente con l'entità del pregiudizio a cui ragguagliare la liquidazione equitativa» del risarcimento in favore del Condominio.

Necessario quindi un secondo processo in Appello per fissare «una nuova quantificazione del danno» subito dal condominio alla luce dell'«inadempimento della specifica obbligazione contrattualmente assunta dalla società costruttrice».

Fonte: dirittoegiustizia.it

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