Liquidazione compenso avvocato: gli interessi decorrono dalla messa in mora
22 Marzo 2022
La vicenda trae origine dal ricorso per la liquidazione dei compensi ex art. 14 d.lgs. 150/2011 proposto avanti al tribunale di Benevento da uno studio legale associato nei confronti di un istituto per le case popolari per l'attività difensiva prestata in favore di quest'ultimo.
Il tribunale accoglieva parzialmente la domanda e, quanto agli interessi, rilevava che gli stessi non potevano che decorrere dall'emissione del provvedimento di liquidazione, in conformità a costante orientamento giurisprudenziale.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione un ex socio dello studio legale, il quale censurava il provvedimento per il mancato riconoscimento della degli interessi moratori dalla data di messa in mora.
La S.C. richiama preliminarmente i contrapposti orientamenti formatisi in relazione al diritto agli interessi di mora per i crediti del professionista legale.
Un primo secondo il quale in caso di liquidazione effettuata con il procedimento speciale, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione delle somme con l'ordinanza che conclude il procedimento.
Tale indirizzo, pur consapevole che la mora non presuppone la liquidità del credito, ritiene pur sempre necessario, affinchè sia configurabile il colpevole ritardo del debito, che sussista una sufficiente certezza del suo importo.
Sicchè, nel caso in cui nel giudizio avente ad oggetto la determinazione del credito per prestazioni professionali, si chieda di determinare se la pretesa del difensore sia «congrua», risulterebbe essenziale la liquidazione giudiziale.
Altro orientamento afferma che l'invio della notula contenente la richiesta di pagamento dei compensi (ove giunta a conoscenza del destinatario) segna il dies a quo del decorso degli interessi moratori a carico del cliente.
Tale indirizzo si fonda sulla constatazione per cui nel nostro ordinamento non opera il principio non illiquidis non fit mora, con la conseguenza non assume alcun rilievo il fatto che il credito non sia determinato nel suo ammontare.
La richiesta di pagamento per una somma maggiore o minore non esclude che il credito sia sufficiente identificato, sicchè è valida, ai fini della costituzione in mora, anche la richiesta di una somma maggiore.
L'insorgere di contestazioni sull'an e sul quantum ed il conseguentemente accertamento giudiziale, fanno sì che l'atto di costituzione in mora produca i suoi effetti nei limiti della parte di credito non contestata (ovvero di quella dovuta a seguito dell'accertamento giudiziale).
Legittimamente, quindi, la sentenza che liquida l'obbligazione rimasta inadempiuta stabilisce la decorrenza degli interessi moratori dalla data dell'intimazione di pagamento.
Ebbene la S.C. aderisce a questo secondo indirizzo stabilendo che «anche per i crediti professionali dell'avvocato gli interessi decorrono dalla data della messa in mora, e ciò anche nel caso in cui alla liquidazione si pervenga all'esito del procedimento di cui all'art. 14 d.lgs. 150/2011».
Depone a favore di tale soluzione, il rilievo, più volte sottolineato, che «nel nostro ordinamento non è stato riproposto il principio romanistico non illiquidis non fit mora e, che pertanto, non sussistono valide ragioni per differenziare il diritto di credito dell'avvocato da quello degli altri creditori».
Va altresi' ricordato che sussiste la mora del debitore e cioè il ritardo colpevole di lui ad adempiere «quando la mancata o ritardata liquidazione sia conseguente alla sua condotta ingiustificatamente dilatoria, quale è il suo illegittimo comportamento processuale per avere egli a torto contestata la propria obbligazione».
Ne consegue che «la sentenza ovvero l'ordinanza che liquidano l'obbligazione inadempiuta legittimamente stabiliscono la decorrenza degli interessi dalla data dell'intimazione di pagamento, sempre che la stessa permetta al debitore di comprendere le ragioni in base alle quali il pagamento gli viene richiesto». |