Composizione negoziata e perimetro delle misure protettive del patrimonio

23 Marzo 2022

Quando le misure protettive vengono richieste dall'imprenditore in crisi in forma generale ed estesa, nell'ambito del procedimento di composizione negoziata, ritenuta l'assenza di controindicazioni da parte dell'esperto incaricato, esse vanno confermate dal Tribunale (erga omnes), perché altrimenti le trattative sarebbero inevitabilmente pregiudicate, se i creditori potessero agire individualmente in via esecutiva o potessero risolvere i contratti pendenti, precludendo così il piano di risanamento dell'impresa.
Massima

Quando le misure protettive vengono richieste dall'imprenditore in crisi in forma generale ed estesa, nell'ambito del procedimento di composizione negoziata, ritenuta l'assenza di controindicazioni da parte dell'esperto incaricato, esse vanno confermate dal Tribunale (erga omnes), perché altrimenti le trattative sarebbero inevitabilmente pregiudicate, se i creditori potessero agire individualmente in via esecutiva o potessero risolvere i contratti pendenti, precludendo così il piano di risanamento dell'impresa.

Il caso

La questione si riferisce alla richiesta delle misure di protezione del patrimonio previste dall'art. 6 D.L. 24 agosto 2021, n. 118 (conv. con l. 21 ottobre 2021, n. 147), formulata contestualmente all'istanza di nomina dell'esperto. La richiesta suddetta è stata depositata tramite l'apposita piattaforma telematica e pubblicata nel registro delle imprese, come prescritto dalla norma citata. Il ricorrente, in ossequio a quanto stabilito dall'art. 7 D.L. 118/2021, ha quindi instato per la “conferma” delle suddette misure, chiedendo in particolare:

(i) l'inibizione della prosecuzione delle azioni esecutive in corso nonché dell'avvio di nuove azioni esecutive ad opera di qualsiasi creditore della società per la durata di 120 giorni, prorogabili di ulteriori 120 giorni;

(ii) la produzione dell'effetto ex lege di cui all'art. 6, comma 5, D.L. 118/2021, in forza del quale tutti i creditori interessati dalle misure protettive non possono unilateralmente rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori.

Il Tribunale di Padova ha confermato le misure oggetto della richiesta, sottolineando come quest'ultima dovesse considerarsi strumentale al buon esito delle trattative, altrimenti pregiudicate da azioni esecutive individuali.

La questione

Il provvedimento qui annotato assume una posizione netta in ordine ad una delle questioni che si sono affacciate in occasione delle prime applicazioni del nuovo istituto della composizione negoziata.

La questione ruota intorno all'ampiezza delle misure protettive che possono formare oggetto di istanza ad opera del ricorrente, dovendosi stabilire in particolare se tali misure debbano essere “selettive”, operanti cioè solo nei riguardi dei creditori che abbiano avviato (o minacciato di avviare, mediante notifica del precetto) un procedimento esecutivo, o se le medesime debbano avere un perimetro più vasto, allargato indistintamente a qualsivoglia creditore che possa astrattamente dare avvio ad un siffatto procedimento.

Le soluzioni giuridiche

Le soluzioni giuridiche adottate dalle prime Corti di merito che si sono cimentate sul tema delle misure protettive nell'ambito della composizione negoziata divergono proprio sul profilo del raggio di operatività delle stesse. In questo quadro l'ordinanza in commento, nel confermare tali misure, ne stabilisce l'applicazione nei riguardi sia dei “creditori finora procedenti” e sia di “eventuali ulteriori creditori”, che abbiano intenzione di dare avvio a nuove azioni esecutive o cautelari sul patrimonio della società. Come sottolineato nella medesima ordinanza, non sono invece “inibiti i pagamenti spontanei”, con la conseguenza che l'imprenditore potrà proseguire nella normale operatività comprendente (anche) la gestione dei flussi finanziari.

Il tema sopra descritto ha originato, già nell'ambito delle primissime pronunce della giurisprudenza di merito, orientamenti divergenti di cui occorre in questa sede dare conto.

- Orientamento per il quale le misure protettive possono operare solo nei confronti dei creditori che abbiano già assunto iniziative (potenzialmente) lesive del patrimonio del debitore. Secondo tale primo indirizzo, la richiesta formulata dal debitore di inibire la facoltà di acquisire diritti di prelazione o iniziare o proseguire azioni esecutive sul suo patrimonio non potrebbe essere rivolta genericamente a tutti i creditori. E ciò in quanto, alla luce dell'art. 6, comma 1, D.L. 118/2021, i creditori destinatari delle misure non sarebbero tutti quelli esistenti, ma esclusivamente quelli indicati dal debitore istante; solo nei confronti di questi troverebbero applicazione le misure protettive del patrimonio, aventi il contenuto esattamente individuato ed eventualmente circoscritto dal giudice con l'ordinanza di conferma o di modifica sottoposta al suo esame. Muovendo da tale premessa, le Corti di merito investite delle relative richieste hanno applicato il criterio della selettività con gradazioni differenti. Così, il Tribunale di Milano si è inizialmente espresso per un'applicazione rigida di tale criterio, decidendo di applicare le misure protettive ai soli “creditori procedenti in via esecutiva”, e ciò “in base a un principio di proporzionalità, del minimo sforzo e di lesività non oltre lo stretto necessario delle aspettative creditorie” (Trib. Milano 17 gennaio 2022).

Con una successiva pronuncia non perfettamente speculare il Tribunale di Roma ha escluso dal novero dei creditori destinatari delle misure suddette coloro che “non abbiano ancora avviato i relativi procedimenti o minacciato di avviarli, con la notifica di un precetto”; costoro sarebbero sforniti di legittimazione passiva nell'ambito del procedimento introdotto ai sensi dell'

art. 7 D.L. 118/2021

, “sia perché le parti e il contenuto della fase giurisdizionale […] devono essere specificamente individuati dal ricorrente, in quanto elementi essenziali di una vera e propria domanda giudiziale, sia perché, al fine di pronunciare sulla domanda, il giudice deve verificare la funzionalità delle singole misure al buon esito delle trattative, la loro incidenza su beni strumentali dell'impresa necessari per la prosecuzione dell'attività nella prospettiva del suo risanamento, nonché la loro proporzionalità al sacrificio che ne deriva per il creditore” (Trib. Roma 3 febbraio 2022). La regola della selettività è stata poi nuovamente affermata dal Tribunale di Milano (ordinanza 24 febbraio 2022), che nondimeno ha offerto una prospettazione di più ampio spettro con riguardo ai creditori astrattamente interessati dalle misure di protezione.

Per questi ultimi, ai fini che precedono, non sarebbe dirimente la circostanza di aver già avviato le azioni esecutive o quanto meno notificato all'imprenditore ricorrente un atto di precetto; di aver quindi promosso un'attività processuale chiaramente rivolta alla soddisfazione individuale sul patrimonio del debitore. Sarebbe sufficiente, per determinare l'applicazione delle misure protettive, aver dimostrato una posizione “antagonista” rispetto all'imprenditore ricorrente, tale da far presagire l'avvio a stretto giro di “iniziative potenzialmente lesive del patrimonio” che possano pregiudicare le chances di esito positivo delle trattative con gli altri creditori. Segnali premonitori di siffatte iniziative sarebbero, secondo il Tribunale ambrosiano, anche le condotte stragiudiziali in qualche modo “ostili”, quali le comunicazioni già dirette al debitore contenenti l'avviso di prossime azioni di recupero del credito. Quanto in particolare al ceto bancario, tali condotte ostili sarebbero ravvisabili anche nel mantenimento di un semplice standstill di fatto (senza assunzione di alcun impegno formale), a maggior ragione laddove ad esso si sia accompagnata la sospensione degli affidamenti ed il conseguente aggravamento della condizione di tensione finanziaria dell'impresa.

- Orientamento per il quale le misure protettive debbono operare indistintamente nei confronti della generalità dei creditori. Secondo tale opposto indirizzo, “inaugurato” dal Tribunale Firenze con ordinanza del 29 dicembre 2021, le misure protettive in oggetto ben potrebbero dispiegare effetti erga omnes, non dovendo le medesime essere riferite ad alcuni creditori in particolare. Ai fini della conferma delle suddette misure, le “parti” destinatarie dell'obbligo di notificazione ad opera del debitore dovrebbero peraltro comprendere, oltre all'esperto, i (soli) creditori che abbiano promosso azioni esecutive o cautelari o che abbiano depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. Alla valutazione favorevole del Tribunale non osterebbe il mancato avvio, in ragione del poco tempo disponibile, delle trattative con i creditori così come la mancata predisposizione (per le stesse ragioni) di un vero e proprio piano di risanamento.

Sarebbe all'uopo sufficiente, sulla base delle informazioni disponibili nonché in particolare del parere dell'esperto, la ragionevole prospettiva della perseguibilità del risanamento e della strumentalità delle misure protettive al buon esito delle trattative, altrimenti irrimediabilmente pregiudicate da iniziative individuali dei creditori. Nel solco di tale indirizzo ermeneutico si pone anche l'ordinanza del Tribunale di Padova oggetto del presente commento che, sulla scorta delle medesime considerazioni, ha confermato le misure protettive richieste tanto nei confronti dei “creditori procedenti” (nella fattispecie, la società locatrice che ha promosso un atto di pignoramento presso terzi a fronte di canoni rimasti inevasi) quanto di “eventuali ulteriori creditori”. E ciò dando comunque atto – sottolineando così un aspetto non secondario nella valutazione complessiva della questione – che al debitore non sono inibiti i pagamenti spontanei, come stabilito all'art. 6, comma 1, d.l. 118/2021.

Le opposte soluzioni adottate dalle Corti di merito che si sono fino ad oggi espresse toccano un profilo di fondamentale importanza nell'economia della vicenda trattata. Le misure di protezione hanno infatti a che vedere con quello che di sovente è il nervo scoperto di un percorso di risanamento, e cioè la (in)capacità di condurre le relative trattative senza la minaccia continua di azioni individuali ad opera dei creditori meno “pazienti”. In assenza di contromisure efficaci che creino un temporaneo cordone sanitario intorno all'impresa in crisi tale minaccia può tradursi in concreto in un ricatto a carico dell'impresa stessa, che per evitare pignoramenti potenzialmente esiziali o l'interruzione di contratti strategici si troverà a dover pagare obtorto collo, aggravando fatalmente la propria condizione di squilibrio.

Osservazioni

L'esame delle soluzioni suddette deve muovere dal dato normativo offerto dall'art. 6, comma 1, d.l. 118/2021, a mente del quale a partire dal giorno della pubblicazione dell'istanza nel registro delle imprese “i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l'imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa”.

La lettera della norma sembrerebbe suggerire un'applicazione generalizzata del divieto di iniziative individuali, dovendo esso interessare non soltanto i creditori che intendano proseguire nelle azioni intraprese ma anche coloro che vogliano “iniziare” tali azioni (laddove in ogni caso, come noto, queste ultime prendono formalmente avvio solo con la notifica del pignoramento). La scelta di limitare il divieto suddetto ai soli creditori già attivatisi – quanto meno – con la notifica del precetto non sembrerebbe poi coerente nemmeno con la logica della norma (chiaramente ispirata al favor per il risanamento e la continuità aziendale), se si considerano i tempi strettissimi di reazione di cui disporrebbero il debitore ricorrente e il Tribunale, posto che dopo soli 10 giorni il creditore “impaziente” potrebbe procedere con la notifica del pignoramento. Al riguardo, va osservato che l'eventuale ordinanza del Tribunale in un momento successivo all'avvio dell'azione esecutiva potrebbe rivelarsi concretamente inutile in funzione della riuscita del risanamento. Si pensi al precetto cui segua il pignoramento sugli eventuali saldi attivi dei conti correnti dell'impresa debitrice, che può condurre al blocco dell'operatività finanziaria dell'impresa stessa.

Se, come sostiene una nutrita giurisprudenza, l'improseguibilità della procedura esecutiva dovesse comportare non l'improcedibilità (e quindi l'estinzione) ma la mera “sospensione” o “quiescenza” della stessa, il provvedimento del Tribunale non farebbe comunque venire meno l'indisponibilità delle somme appostate sui conti correnti e oggetto di pignoramento. Con la conseguenza che l'impresa ricorrente, proprio nel momento di maggiore fragilità, non potrebbe impiegare tali somme per sostenere la propria operatività corrente e, segnatamente, per il pagamento di crediti relativi a prestazioni essenziali per la prosecuzione dell'attività̀. Non solo. La scelta di un criterio selettivo che limitasse l'efficacia delle misure di protezione ai soli creditori che si siano già adoperati con la notifica del precetto potrebbe costringere il debitore ricorrente a replicare la richiesta di tali misure protettive anche più volte, con inutile dispendio di attività processuale.

Una soluzione certamente orientata ad una maggiore flessibilità è quella adottata da ultimo dal Tribunale di Milano (con la sopra richiamata ordinanza 24 febbraio 2022), che ha declinato il criterio di selettività valorizzando l'esistenza in concreto di una posizione conflittuale dei creditori singolarmente individuati con l'imprenditore ricorrente, che possa ragionevolmente far pensare ad un imminente avvio di azioni lesive del patrimonio. Qui semmai il problema può risiedere nell'assenza di un criterio interpretativo univoco – la posizione “antagonista” dovrebbe formare oggetto di valutazione caso per caso – che potrebbe condurre, come è successo in passato per altri istituti del diritto della crisi d'impresa, ad indirizzi disomogenei e non sempre pronosticabili, con inevitabile vulnus per le ragioni degli operatori interessati.

In ultimo, ma non in ordine di importanza, va considerato un ulteriore aspetto. Come prevede l'art. 6, comma 5, d.l. 118/2021 “I creditori interessati dalle misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione […], per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori rispetto all'istanza di cui al comma 1”.

Con specifico riferimento ai creditori bancari, è chiaro che un'interpretazione estensiva e non selettiva in tema di misure protettive potrebbe scoraggiare la prassi della (spesso) automatica “sospensione temporanea” dei fidi conseguente all'avvio di un percorso di risanamento, accrescendo le probabilità di un esito favorevole di tale percorso.

Dall'altro lato, non possono nemmeno tacersi alcune potenziali criticità che potrebbero conseguire ad un'applicazione erga omnes delle misure di protezione, allorché il relativo provvedimento autorizzatorio non sia preceduto da un attento esame della situazione di crisi e delle reali prospettive di risanamento. Il tema, che in questa sede può essere solo accennato, si lega in particolare alla espressa previsione ex art. 6, comma 1, D.L. 118/2021 relativa alla libertà dell'imprenditore ricorrente, in costanza delle misure protettive, di continuare ad effettuare pagamenti spontanei.

È chiaro come, alla luce del rischio di condotte fraudolente o anche solo malaccorte, sarà fondamentale che l'eventuale conferma delle suddette misure sia disposta in esito ad un'indagine quanto più attenta sull'assenza di controindicazioni oggettive e soggettive, riferite quindi anche al profilo dell'imprenditore ricorrente; ed è altrettanto chiaro come, specie in questo frangente, sarà fondamentale il contributo dell'esperto, che nel poco tempo a disposizione avrà l'onere di acquisire ogni informazione utile all'istruttoria del Tribunale.

Guida all'approfondimento

In giurisprudenza, per una prima decisione sulle misure protettive con particolare riguardo alla necessità della pubblicazione dell'istanza di composizione negoziata e dell'accettazione dell'incarico da parte dell'esperto v. Trib. Brescia 2 dicembre 2021, con commento di F. Cesare, La prima decisione sulle misure protettive: per la convalida occorrono pubblicazione e accettazione, in questo portale, 15 dicembre 2021.

Per il criterio selettivo nell'adozione delle misure di protezione: Trib. Milano 17 gennaio 2022; Trib. Roma 3 febbraio 2022; Trib. Milano 24 febbraio 2022.

Per l'opposto orientamento dell'efficacia erga omnes delle misure protettive, oltre all'ordinanza oggetto di commento v. Trib. Firenze 29 dicembre 2021.

Per la tesi della mera quiescenza del procedimento esecutivo già avviato in ipotesi di conferma delle misure protettive da parte del Tribunale v. di recente Trib. Milano 27 gennaio 2022.

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