Locazioni in corso e pandemia: primi orientamenti giurisprudenziali tra disposizioni codicistiche, normativa d'emergenza e D.p.c.m.
25 Marzo 2022
Il quadro normativo
Raramente si è visto un così numeroso accavallarsi di disposizioni normativi utilizzate, dagli interpreti, nell'affrontare le istanze ed aspettative delle parti dei rapporti di locazione in corso conseguentemente all'emergenza sanitaria verificatasi tra il 2020/2021 e tutt'ora presente. Anticipando, da sùbito, i riferimenti normativi a cui i vari provvedimenti giurisprudenziali si sono riferiti, nel tentativo di dare una risposta e soluzione alla realtà di fatto, dobbiamo considerare che tre, sostanzialmente, sono stati i filoni interpretativi utilizzati nelle varie decisioni. Volendo sintetizzare quanto sopra in una scheda che evidenzi gli orientamenti possiamo rifarci alla seguente tabella.
La problematica
Si tratta, come detto, di considerare l'incidenza delle conseguenze determinate dalla pandemia rispetto ai rapporti di locazione in corso riferiti a quelli ad uso diverso. E' qui il caso di ricordare che, per le abitazioni, vi era stato un forte intervento normativo attraverso il blocco dell'esecuzioni degli sfratti. Sul punto si veda il punto 11, della Bussola, del presente portale, dal titolo Esecuzioni per rilascio. Il diffondersi dell'infezione virale, infatti, ha determinato la chiusura delle attività, la riduzione di utilizzo degli immobili e ciò con un andamento ondivago che ha ingenerato richieste, aspettative e necessità di soluzione. Ciò a tutela, sicuramente delle imprese, ma senza dimenticare le necessità, i diritti e le aspettative della proprietà. Utilizzando un gergo informale potremmo dire che, sull'argomento, si è detto di tutto e di di più tanto che, al momento, non è possibile esprimere un orientamento prevalente rispetto alla soluzione del problema anche alla luce della più recente disposizione normativa di cui al d.l., n. 41, art. 6 nonies 22 marzo 2021, nella sua stesura di cui al d.l., n. 73 25 maggio 2021, convertito con modifiche dalla l. 23 luglio 2021, n. 106. Le soluzioni giurisprudenziali
Come detto, le soluzioni approntate dalla giurisprudenza, allo stato, hanno percorso e suonato l'intera tastiera dell'ordinamento giuridico in tema di obbligazioni, di contratti, di normativa emergenziale e di decreti ministeriali. Non potendo, allo stato, dare una soluzione univoca all'aspetto che ci occupa, non resta che riportarsi ai vari provvedimenti ed alle argomentazioni lì sostenute. Come detto, volendo riassumere le stesse, tre sono stati i filoni interpretativi utilizzati che ritroviamo nelle singole 18 decisioni che di seguito, in via cronologica si riportano: 1) ordinanza Trib. Bologna 11 maggio 2020 Nel procedimento si chiedeva, per ovvi motivi di urgenza ed irreparabilità, venisse ordinato alla banca garante di non adempiere all'obbligo fideiussorio per il pagamento, a seguito dell'attivazione della garanzia. Ciò in relazione ai canoni maturati e non corrisposti, per impossibilità dovuta alla crisi dell'attività a seguito della pandemia. Sul punto il provvedimento così si esprimeva: “Nonostante la carenza allo stato di approfondimenti in dottrina (salvo alcune prime embrionali riflessioni) e la carenza di noti precedenti editi e nonostante qualche incertezza nella stessa formulazione della norma di nuovissimo conio (art. 3, comma 6 bis, del febbraio 2020, n. 6, che ha previsto il riferimento agli artt. 1218 e 1223 c.c. In relazione alla responsabilità del debitore, esclusa per fatto a lui non addebitabile, rispetto alle misure di contenimento - che tuttavia può verosimilmente assumersi applicabile anche ai rapporti negoziali tra privati non apparendo dirimente la rubrica della norma “Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione di misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici”, la cui seconda parte sembrerebbe riferita al solo comma 2 dell'art. 91 - si deve osservare, innanzitutto, come sia allo stato incerto se in forza di tale disposizione le conseguenze dell'attuale emergenza sanitaria sul sistema produttivo assumano rilevanza in termini generali ed astratti, oppure, come parrebbe dalla lettera della disposizione, soltanto per gli specifici effetti del rispetto delle misure di contenimento (c.d. factum principis). Secondo il suo tenore strettamente letterale, la disposizione parrebbe in effetti avere riguardo non a una generica impossibilità di adempimento in conseguenza della pandemia, ma alla sopravvenuta impossibilità del debitore di adempiere a causa delle restrizioni su di lui gravanti in quanto impostegli dall'autorità e al riguardo nel caso di specie l'attrice ha espressamente escluso che le dette misure ne abbiano sospeso l'attività”. Il provvedimento, alla cui lettura si ci riporta, approfondendo il tema esaminato arriva a concludere: “In buona sostanza, se il legislatore avesse voluto attribuire ai debitori una moratoria, generalizzata a discapito degli interessi creditori, assumendo che l'attuale emergenza sanitaria legittimi una dilazione dei termini di pagamento per ogni debitore comunque interessato, anche in via indiretta, dalle attuali misure di contenimento e che ne soffra le indubbie conseguenze in termini di riduzione del fatturato, lo avrebbe stabilito espressamente” Ne conseguiva il rigetto del ricorso d'urgenza. 2) Trib. Roma 29 maggio 2020 Il Tribunale di Roma sempre nell'ambito di un ricorso ex art. 700 c.p.c. - ove si rilevava che, a seguito della crisi generata dalla pandemia, si era sospesa l'attività per cui si chiedeva la sospensione dei pagamenti e l'inibizione di azioni dirette al recupero e all'escussione della fideiussione - con ordinanza del 29 maggio 2020 evidenziava “Il richiamo alle disposizioni di cui agli artt. 1175 (comportamento secondo correttezza) e 1375 c.c. (esecuzione di buona fede) pur suggestivo e pur se variamente declinato in dottrina, non persuade …”. Al contrario il provvedimento considera “… La soluzione alla questione risiede, ad avviso di questo giudicante, in una applicazione combinata sia dell'art. 1256 c.c. (impossibilità definitiva temporanea, norma generale in materia di obbligazione) che dell'art. 1464 c.c. (impossibilità parziale, norma speciale in materia di contratti a prestazioni corrispettive). Nel caso di specie ricorre difatti una (del tutto peculiare) ipotesi di impossibilità della prestazione della resistente allo stesso tempo parziale (perché la prestazione della resistente è divenuta impossibile quanto all'obbligo di consentire all'affittuario, nei locali aziendali, l'esercizio del diritto a svolgere attività di vendita al dettaglio, ma è rimasta possibile, ricevibile ed utilizzata quanto alla concessione del diritto di uso dei locali, e quindi nella più limitata funzione di fruizione del negozio quale magazzino e deposito merci) e temporanea (perché l'inutilizzabilità del ramo di azienda per la vendita al dettaglio è stata ab origine limitata nel tempo, per poi venir meno dal 18 maggio 2020). Le conseguenze di tale vicenda sul contratto - ferma la circostanza che, come già osservato, alcuna delle parti ha manifestato la volontà di sciogliersi dal vincolo contrattuale - non sono dunque né solamente quelle della impossibilità totale temporanea (che comporterebbe il completo venir meno del correlato obbligo di corrispondere la controprestazione: spunti in tal senso in Cass. n. 9816/2009) né quelle della impossibilità parziale definitiva (che determinerebbe, ex art. 1464, una riduzione parimenti definitiva del canone): trattandosi di impossibilità parziale temporanea, il riflesso sull'obbligo di corrispondere il canone sarà dunque quello di subire, ex art. 1464 c.c. una riduzione destinata, tuttavia, a cessare nel momento in cui la prestazione della resistente potrà tornare ad essere compiutamente eseguita (nel senso di porre nuovamente a disposizione della ricorrente un ramo di azienda utilizzabile secondo la destinazione di luogo di vendita al dettaglio prevista dal regolamento contrattuale, come poi accaduto a far data dal 18 maggio 2020). In conclusione, si ritiene che avendo la resistente potuto eseguire (pur senza colpa, ma per factum principis) dall'11 marzo al 18 maggio 2020 una prestazione solo parzialmente conforme al regolamento contrattuale, la ricorrente abbia diritto ex art. 1464 c.c. ad una riduzione del canone limitatamente al solo periodo di impossibilità parziale, riduzione da operarsi, nella sua determinazione quantitativa, avuto riguardo: a) alla sopravvissuta possibilità di utilizzazione del ramo di azienda nella più limitata funzione di ricovero delle merci, correlata al diritto di uso dei locali; b) al fatto che è il ramo di azienda è pur sempre rimasto nella materiale disponibilità della ricorrente”. Sulla base di tali argomentazioni, viene revocata la misura che era stata concessa inaudita altera parte e rigettato il ricorso. Tuttavia riconosciuto il diritto alla riduzione del canone. 3) Trib. Bologna 4 giugno 2020 Mixando le diverse norme di riferimento, si accoglie il ricorso d'urgenza, inibendo di incassare e sottoporre a protesto cambiali rilasciate a pagamento di canoni. Nel caso, viene valorizzato l'art. 1218 c.c. (esclusione di responsabilità per fatto non imputabile al debitore) esteso anche agli obblighi di pagamento, con la conseguenza che, il richiamo dell'art. 3, comma 6-ter, d.l. n. 6/2020, determina la giustificazione all'inadempimento (l'estensore si pone, infatti, il problema di stabilire se il pagamento, trattandosi di ricorso d'urgenza, sia prestazione per cui è ammissibile l'impossibilità). Tale aspetto viene combinato con il principio di cui all'art. 1384 c.c. in tema di riduzione della penale e di cui all'art. 1225 c.c. sulla prevedibilità del danno. Gli stessi legittimano il riconoscimento del danno limitatamente a ciò che si poteva prevedere al momento in cui è nata l'obbligazione. 4) Trib. Pordenone 8 luglio 2020 Con ordinanza dell'8 giugno 2020, resa in sede di opposizione alla esecuzione per l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, si considera che il più volte citato art. 3 comma 6-bis , d.l. n. 18/2020 “fa riferimento a profili diversi da quelli del pagamento del canone di affitto o di locazione, il cui obbligo ne risulta dunque, semmai, confermato”. 5) Trib. Milano 24 luglio 2020 Nello stesso senso ed in modo più articolato il provvedimento che qui si riporta. Ritiene in proposito il Tribunale che nel caso di specie non ricorrano gli estremi dell'exceptio doli generalis non potendosi ritenere che risulti evidente, certa ed incontestabile l'avvenuta estinzione dell'obbligazione di pagamento del canone di locazione sul solo presupposto della sospensione dell'attività commerciale del conduttore imposta dalle misure legislative connesse all'emergenza sanitaria da covid-19, né potendosi ritenere che l'escussione sia stata effettuata contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui. La valutazione degli effetti giuridici delle misure di prevenzione e contenimento connesse all'emergenza epidemiologica sui rapporti contrattuali in corso di esecuzione non può prescindere dall'esame degli interventi legislativi in materia, da cui emerge che il Legislatore ha avuto ben presente il problema del pagamento dei canoni di locazioni commerciali nel periodo da marzo a maggio 2020 ed ha ritenuto di intervenire disciplinando eccezionalmente solo talune ipotesi. L'art. 3 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla l. 5 marzo 2020, n. 13, ha previsto che il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti; tale disposizione, disciplinando gli effetti giuridici dell'inadempimento in termini di una possibile esclusione della responsabilità del debitore inadempiente, presuppone che inadempimento vi sia stato e che, dunque, l'obbligazione non si sia estinta per effetto delle misure di prevenzione e contenimento citate. Con specifico riferimento alle locazioni commerciali, l'art. 65 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, con il fine dichiarato di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento in questione, ha introdotto in favore dei soggetti esercenti attività d'impresa un credito di imposta nella misura del 60 per cento dell'ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1; l'art. 28 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla l. 17 luglio 2020, n. 77, ha poi previsto il credito di imposta nella misura del 60 per cento dell'ammontare del canone di locazione commisurato all'importo versato nel periodo di imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020. Tali disposizioni normative consentono, dunque, al conduttore che svolge la propria attività d'impresa presso l'immobile locato di beneficiare di un credito di imposta parametrato sull'ammontare dei canoni di locazione versati; tuttavia, le stesse implicano evidentemente l'adempimento dell'obbligazione di pagamento del canone da parte del conduttore, anche tramite cessione del credito di imposta ove accettata dal locatore. L'art. 95, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 ha previsto, limitatamente ai canoni di locazione e concessori relativi all'affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali, la mera sospensione dei termini per il pagamento sino al 31 maggio 2020, con previsione del versamento in un'unica soluzione o mediante rateizzazione fino ad un massimo di cinque rate a decorrere dal mese di giugno 2020. L'art. 216 del citato d.l. 19 maggio 2020, n. 34 ha previsto, infine, limitatamente ai contratti di locazione di palestre, piscine e impianti sportivi, che la sospensione delle attività sportive disposta con i dpcm attuativi del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 e del d.l. 25 marzo 2020, n. 19 sia sempre valutata ai sensi degli artt. 1256, 1464, 1467 e 1468 c.c. e, a decorrere dalla data di entrata in vigore degli stessi decreti attuativi, quale fattore di sopravvenuto squilibrio dell'assetto di interessi pattuito con il contratto; come conseguenza di tale squilibrio, è attribuito al conduttore il diritto ad una corrispondente riduzione del canone che, salva la prova di un diverso ammontare a cura della parte interessata, si presume pari al cinquanta per cento del canone contrattualmente stabilito. Si conclude per il rigetto della domanda cautelare. 6) Trib. Venezia 28 luglio 2020 L'ordinanza affronta la richiesta di provvedimento provvisorio di rilascio ai sensi dell'art. 665 c.p.c. nell'ambito di un procedimento di sfratto per morosità a seguito del mancato pagamento delle mensilità da marzo a maggio 2020. Rigetta la richiesta dell'ordinanza considerando che: “ per il periodo da marzo 2020 a maggio 2020, nella quale l'attività commerciale è stata chiusa (c.d. lockdown), non si può parlare di un'impossibilità assoluta di godimento dell'immobile, ma di una mera - per quanto significativa - impossibilità soltanto parziale dal momento che l'unità immobiliare è rimasta pur sempre nella disponibilità della conduttrice ed è stata utilizzata quantomeno con funzione di ricovero delle attrezzature e delle materie prime relative all'attività di ristorazione; appare, dunque, pertinente non tanto il richiamo all'art. 1463 c.c. ma piuttosto alla figura dell'impossibilità parziale temporanea, che giustifica nei contratti a prestazioni corrispettive o la riduzione della controprestazione o il recesso (cfr. artt. 1256, 1258 e 1464 c.c.); nel giudizio di merito almeno con riferimento dal periodo da marzo a maggio, sarà necessario determinare l'an e il quantum della riduzione del canone di locazione (non appare in discussione la volontà di parte intimata di proseguire il rapporto); ritenuto che la sussistenza della morosità, più che ad una reale volontà di non adempiere, sia dovuta all'effettiva contingenza derivante dall'emergenza sanitaria e dalla connessa normativa restrittiva; richiamato quanto previsto dall'art. 91 del d.l. n. 18/2020 …”. Rigettata pertanto la richiesta di ordinanza ex 665 c.p.c. e dato corso al giudizio ordinario previo procedimento di mediazione obbligatoria. 7) Trib. Roma 27 agosto 2020 Sempre in sede di ricorso ex art. 700 c.p.c. con richiesta di inibire l'escussione di fideiussione a garanzia di canone e di riduzione dell'importo mensile, accoglie l'istanza con riduzione del canone. Il punto di partenza della motivazione è quello di rispetto delle convenzioni contrattuali: “Ciò posto, si ritiene che pur in mancanza di clausole di rinegoziazione, i contratti a lungo termine, in applicazione dell'antico brocardo rebus sic stantibus, debbano continuare ad essere rispettati ed applicati dai contraenti sino a quando rimangono intatte le condizioni ed i presupposti di cui essi hanno tenuto conto al momento della stipula del negozio. Al contrario, qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale, quale quella determinata dalla pandemia del covid-19, la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi della esecuzione del contratto alle stesse condizioni pattuite inizialmente deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto, in base al dovere generale di buona fede oggettiva (o correttezza) nella fase esecutiva del contratto (art. 1375 c.c.). Vengono anche analizzate le misure previste a sostegno della situazione di emergenza economica verificatasi, ancorché ritenute insufficienti per il riequilibrio del rapporto privatistico. Ne consegue, per arrivare alla decisione assunta, che con riferimento al generale obbligo di buona fede e di solidarietà exart. 2 Cost., si ritiene esistente in capo alle parti l'obbligo di addivenire a nuove trattative per la rinegoziazione del contratto. Ciò anche sotto il diverso profilo di ritenere la prestazione della locatrice (godimento dell'immobile) di natura parziale e temporanea, il che legittima “l'applicazione del combinato disposto degli artt. 1256 (in tema di impossibilità definitiva e temporanea, norma generale in materia di obbligazioni) e 1464 c.c. (impossibilità parziale, norma speciale in materia di contratti a prestazioni corrispettive)”. 8) Trib. Milano 21 ottobre 2020 Il provvedimento si connota per una forte intromissione, nel rapporto inter partes, a fronte dell'intimato sfratto per il pagamento di tre mensilità di marzo, aprile, maggio 2020 per € 10.652,00. La decisione invita “a formulare alla conduttrice per iscritto entro il 15 novembre 2020 una proposta di rinegoziazione del canone che comprenda il periodo marzo-dicembre 2020” ancorché si consideri che il contratto prevedeva lavori di ripristino. Rinviava alla successiva disamina anticipando, in mancanza di rinegoziazione, il mutamento del rito. La motivazione, tra l'altro, evidenziava quanto segue: “ritenuto, in ogni caso, allo stato degli atti ed impregiudicata una diversa valutazione all'esito della compiuta istruttoria nell'eventuale giudizio di merito, che è quanto meno dubbio che l'importo dedotto nell'atto di intimazione sia dovuto nella sua interezza, alla luce del fatto che per effetto del cosiddetto lockdown, ai conduttori di immobili adibiti ad uso commerciale - come quello di specie, adibito all'attività di ristorazione - è stata inibita l'utilizzazione del bene per lo svolgimento di attività ritenute ‘non essenziali', in forza di ordine dell'autorità (factum principis) e che ciò ha comportato senz'altro una limitazione nel godimento del bene locato, sotto il profilo non della sua detenzione (che è rimasta al conduttore), quanto piuttosto della sua utilizzazione secondo la destinazione negoziale, entrambe prestazioni (detenzione e destinazione contrattuale) che rientrano nell'obbligo del locatore di mantenere la cosa locata, nel corso del rapporto, “in istato da servire all'uso convenuto” (art. 1575, n. 2), c.c.; “. Oltre alla disposizione di cui al citato art. 1575, n. 2), c.c. si faceva anche riferimento al principio buona fede e correttezza e dei doveri di solidarietà costituzionale di cui all'art. 2 Cost. 9) Trib. Macerata 28 ottobre 2020 Il provvedimento è relativo all'istanza exart. 665 c.p.c. Il conduttore che intenda opporsi allo sfratto per morosità per non aver corrisposto i canoni in conseguenza delle norme di contenimento dell'epidemia, ha l'onere di provare il “ … collegamento eziologico tra inadempimento e causa impossibilitante rappresentata dal rispetto delle prescrizioni di contenimento dell'epidemia, giacché in definitiva, la necessità di adeguarsi a siffatte prescrizioni è in linea astratta causa di forza maggiore, ma esige in linea concreta la dimostrazione da parte del debitore che l'inadempimento è derivato proprio dall'esigenza di allinearsi ad esse …”. Conseguentemente, in difetto di superamento dell'onere probatorio, il Tribunale ben può emettere ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni. 10) Trib. Venezia 16 novembre 2020 Sempre in sede di procedimento ex art. 700 c.p.c., l'azione era relativa alla richiesta di inibitoria ad azionare la garanzia fideiussoria per mancato pagamento dei canoni. Nel caso, il periodo considerato da marzo a giugno 2020, rispetto ad un rapporto locativo corrente nella città di Venezia, viene addirittura frazionato nelle diverse fasi generate dalla pandemia. Testualmente: “Per quanto riguarda i mesi di marzo, aprile e maggio 2020, il canone non è dovuto perchè estinguendosi la contro-obbligazione per sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione, la prestazione del canone ha perso, con riferimento a quei mesi, la sua giustificazione causale. Non occorre scomodare, ora, il generale paradigma del dovere di comportarsi secondo buona fede exart. 1375 c.c. Infatti, vi è un altro principio ben radicato nel nostro ordinamento civilistico, che, certo, viene in rilievo ancor più in primo piano”. Ciò in quanto “Si allude al principio per cui tutti i trasferimenti di ricchezza devono avere una giustificazione causale - lecita e non immorale - nel nostro ordinamento (argomentando ex artt. 1322, comma 2, 1325, n. 2, 2033, 2034, 2035 e 2041 c.c.), e certo ciò vale anche quando la ragione d'essere di una prestazione risiede nel beneficiare nella contro-prestazione dell'altra parte contrattuale, in un rapporto di corrispettività (argomentando ex artt. 1453, 1458, 1463, 1464 e 1467 c.c.)”. Inoltre, come si anticipava, il frazionamento del periodo considerato - esclusa la legittimità della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta in quanto istanza da formulare con domanda giudiziale non rilevando la diversa forma (pag. 9 del provvedimento) - porta al riconoscimento del canone per la mensilità di giugno, a seguito della cessazione del c.d. lockdown in quanto “In questo caso, la prestazione offerta alla società ricorrente non è stata totalmente inutile e, certo, l'apertura all'Italia, prima, e all'Europa, poi, ha aperto nuove aspettative di guadagno. L'interesse creditorio riprendeva a rinvigorirsi, dopo essersi sopito, se solo si veda la vicenda sotto l'angolo prospettico di un operatore economico interessato all'utilizzazione del compendio nella sua oggettività, al di fuori di logiche di massimo guadagno, vista la congiuntura e doveri di solidarietà sociale exart. 2 Cost. Che come valgono per parte resistente valgono anche per quella ricorrente. Quindi, legittima è la pretesa di parte resistente con riferimento a tale mensilità. Tuttavia, la pretesa va, nel quantum, riconosciuta, in questa sede sommario-cautelare, nell'importo pari ad € 3,000,00 ovvero alla metà. Infatti, sarebbe inesigibile, secondo un canone di buona fede oggettiva exart. 1375 c.c., la pretesa creditoria, di parte resistente, per l'intero.”. Viene valorizzato, quindi, dopo quello riferito all'art. 1463 c.c., l'art. 1375 c.c. relativo all'obbligo di esecuzione di buona fede dei contratti. Ad ulteriore sostegno della conclusione a cui si giunge “Insomma il canone va ridotto considerato che è contrario a buona fede oggettiva richiedere il canone a cifra piena in uno scenario economico, a detta degli economisti, vicino soltanto a quello esistente in vicende belliche. Sussistono le previsioni emergenziali a tutela dell'imprenditoria italiana ma, si badi, il credito d'imposta è subordinato al pagamento effettivo del canone (v. Circolare Agenzia delle Entrate del 6 giugno 2020 prodotta da parte ricorrente, v. doc. 14, in ogni caso, essendo il principio intuitivo) sicché l'interesse alla rimodulazione del quantum è integro e intatto. La riduzione a metà del canone risponde all'esigenza di riequilibrare l'assetto di interessi, in un'ottica di riequilibrio graduale degli interessi in gioco, in uno scenario caratterizzato da fortissime perplessità sui tempi ed entità della ripresa, comunque, all'epoca in fieri. Ovvio e palese è che si sta procedendo in via approssimativa vuoi perché valutazioni ex ante non sono concepibili vista l'eccezionalità e imprevedibilità della situazione vuoi perché, ex post, nessuna delle due parti ha fornito dettagli sulle utilità ricavabili.”. Provvedimento come si vede dall'intervento veramente dirompente, che entra a gamba tesa all'interno del rapporto. 11) TribRoma 16 dicembre 2020 Il provvedimento affronta il problema sotto un aspetto sino ad ora inesplorato. Si tratta, sulla base di un approfondimento indubbiamente molto articolato, di considerare illegittimi i d.p.c.m. succedutisi nel periodo della pandemia. L'autore ritiene, secondo attento esame alla cui lettura ci si riporta, che i provvedimenti amministrativi risultano illegittimi perché “hanno imposto la compressione dei diritti fondamentali che oggi viene addotta quale causa eziologica dell'alterato equilibrio del sinallagma contrattuale”. Ciò determina - per quanto rilevato da chi vorrebbe porre la situazione pandemica a base per le richieste di esenzione o riduzione e, comunque, di rinegoziazione dei rapporti giuridici interessati dall'evento - che coloro che chiedono l'intervento sui rapporti in corso propongono “non un danno da emergenza sanitaria, ma di un danno da attività provvedimentale che si reputa illegittima, e che la parte non si è attivata in alcun modo per rimuovere e, di conseguenza, eliminarne gli effetti dannosi, che dunque ben avrebbe potuto evitare”. Conclude, sul punto, il citato provvedimento, che “La pretesa invocata con la domanda, dunque, è basata su un presupposto di partenza già di per sé errato, tale da rendere infondata la richiesta”. Ma il provvedimento va oltre, demolendo tutte le ipotesi che, sino ad oggi, si sono sostenute per avvalorare il diritto all'intervento sui rapporti in corso. Tali ipotesi vengono tutte analizzate e escluse quali motivi legittimi per la pretesa di rinegoziazione o modifica dei contratti esistenti. Va detto che gli argomenti sostenuti paiono essere tutti fortemente convincenti. Pur rimandando, anche in questo caso, alla lettura del provvedimento, si potrebbero riassumere le argomentazioni svolte come segue: la pandemia non ha il carattere della definitività, né della impossibilità sopravvenuta, è fenomeno temporaneo, non determina la impossibilità di utilizzo dell'immobile che, anzi, continua ad essere occupato. In definitiva è un evento che va riportato al c.d. “rischio di impresa” (così testualmente a pag. 11 del provvedimento). Ciò risulta altrettanto confermato dai numerosi provvedimenti a tutela delle imprese previsti dalla legislazione emergenziale. Anche su tale aspetto il provvedimento si sofferma concludendo che “Anche questi pochi esempi (i provvedimenti a sostegno delle imprese che vengono citati, ndr), ma le ipotesi sono moltissime, confermano la validità di quanto detto in merito alla non ricorribilità agli strumenti ordinari di ripristino del sinallagma contrattuale”. Il provvedimento, quindi, introduce un aspetto che ha destato, anche da parte dell'opinione pubblica, notevole interesse. 12) Trib. La Spezia 14 dicembre 2020 La sentenza respinge la richiesta di risoluzione del contratto per grave inadempimento a seguito della morosità nel pagamento delle mensilità da aprile a giugno 2020. Il provvedimento si sofferma sul principio che l'inadempimento deve essere qualificato grave ovvero di non scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455 c.c. Conclude con il rigetto della domanda in quanto non può ritenersi che il temporaneo mancato pagamento del canone da parte del conduttore per sole tre mensilità possa considerarsi grave anche alla luce degli importi dovuti. Inoltre, va ritenuto che l'inadempimento si è verificato durante il periodo di emergenza sanitaria causata dal covid-19 che ha sicuramente inciso, se pur in via riflessa, anche sulle attività professionali che hanno continuato ad essere esercitate come quella del convenuto tanto è vero che la normativa sostanziale dispone che ciò debba essere valutato al fine di escludere, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., la responsabilità del debitore. 13) Trib. Firenze il 27 gennaio 2021 Nel caso di specie (ed a differenza di altri provvedimenti che di seguito, per compiutezza di trattazione, considereremo), il Tribunale di Firenze valorizza le seguenti disposizioni codicistiche: l'art. 1175 c.c. quale obbligo di correttezza nell'adempimento delle obbligazioni a cui le parti devono attenersi; l'art. 1375 c.c. relativo alla buona fede nella esecuzione del contratto, sempre quale obbligo di riferimento per le parti; l'art. 1374 c.c. per il quale l'adempimento del contratto è integrato con le conseguenze che dallo stesso ne derivano; gli artt. 1218 e 1223 c.c. come richiamati dal d.l.6/2020, comma 6-bis, dell'art. 3 n. in tema di responsabilità del debitore per danni. Ciò salva la prova della sua incolpevolezza. Sul punto, viene anche ulteriormente valorizzato, con estensione analogica, l'art. 1623 c.c. in tema di affitto, relativamente alle modifiche sopravvenute del rapporto contrattuale a seguito di provvedimenti dell'autorità. Sulla base di tali riferimenti normativi, veniva rigettata l'ordinanza ex art. 665 c.p.c. rimettendo, quindi, ogni decisione al merito, salvo il preventivo obbligatorio esperimento della mediazione (attesa la materia trattata), ancorché di ciò non venga dato atto nel provvedimento. Da ricordare, sul punto, che la mediazione ex d.lgs. n. 28/2010 è prevista quale condizione di procedibilità anche ai sensi dell'art. 6 ter del d.l.2020 n. 6/, come introdotto dal d.l.n. 28/2020 convertito con la l. n. 70/2020. 14) Trib. Modena 15 febbraio 2021 L'ordinanza considerava una morosità decorrente da febbraio 2020 a fronte della quale parte conduttrice chiedeva la riduzione del canone. Il Tribunale rigettava il rimedio dell'eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c. e privilegiava le disposizioni di cui agli artt. 1256, 1258 e 1464 c.c. in una sorta di applicazione analogica della riduzione prevista ex art. 216 del d.l. n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) ancorché previsto per le palestre, piscine, impianti sportivi privati. Le parti, pertanto, venivano rimesse avanti al Tribunale previa mediazione affermando che la stessa era la sede idonea per affidare in prima istanza all'autonomia delle parti il compito di ridefinire l'originario assetto degli interessi, recependo così il suggerimento della Corte di Cassazione. 15) Trib. Roma 19 febbraio 2021 Un primo provvedimento definitivo, quantomeno nel primo grado. La decisione in modo netto sentenzia: “Preliminarmente, dovrà essere esclusa l'esistenza, nel nostro ordinamento, di norme o principi generali che, al di fuori di ipotesi specificamente indicate, attribuiscano al giudice un potere di riequilibro dei sinallagmi contrattuali, ancorché alterati da fatti sopravvenuti e imprevedibili, autorizzandolo a sostituire o integrare, con proprie determinazioni, gli accordi liberamente stipulati dalle parti.” Per gli squilibri nei sinallagmi dei contratti a prestazioni corrispettive, precisa la sentenza, sono previsti i seguenti modi: risoluzione ex art. 1463 c.c.; la non responsabilità del debitore ex art. 1256 c.c.; la riduzione della prestazione in caso di impossibilità parziali ex art. 1464 c.c.; l'eccessiva onerosità ex art. 1467 c.c.; la riduzione ad equità sempre ex art. 1467 c.c. “Nessuno dei suddetti rimedi risulta tuttavia confacente alle esigenze espresse dalla conduttrice, posto che detta società non intende risolvere il rapporto locatizio ma proseguirlo previa riduzione del canone, ritenendo evidentemente di avere diritto alla rinegoziazione delle condizioni economiche del contratto e, in mancanza di accordo con la controparte, di poter ottenere in giudizio le richieste riduzioni, come affermato da certa dottrina che desume tale diritto dall'art. 1374 c.c., espressione dei doveri di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto previsti dagli artt. 1175, 1366 e 1375 c.c. e dai doveri di solidarietà sociale sanciti dall'art. 2 Cost.”. L'ipotesi non viene condivisa secondo quanto segue: “Ritiene tuttavia questo giudice, come innanzi anticipato, che né I'art. 1374 c.c. né i doveri di correttezza e buona fede nell' esecuzione del contratto né il dovere di solidarietà sociale di cui al menzionato precetto costituzionale consentano di ritenere esistente nel nostro ordinamento un obbligo di rinegoziazione dei contratti divenuti svantaggiosi per taluna delle parti, ancorché in conseguenza di eventi eccezionali e imprevedibili, e un potere del giudice di modificare i regolamenti contrattuali liberamente concordati dalle parti nell'esercizio della Loro autonomia contrattuale, al di là delle ipotesi espressamente previste dalla legge (vedasi il potere del giudice di ridurre le penali manifestamente eccessive riconosciuto dall'art. 1384 c.c. o il potere riconosciuto al giudice dall'art. 1660 c.c. in materia di appalto di apportare le necessarie variazioni al progetto e le correlative variazioni di prezzo in caso di mancato accordo delle parti.” A seguito di quanto sopra, il contratto veniva dichiarato risolto per inadempimento con la relativa conseguenza all'obbligo del rilascio e del pagamento dei canoni fino a tale adempimento (nello specifico con la riduzione del 50% da marzo a luglio 2020 trattandosi di attività sportiva, palestra, piscine ex art. 216, comma 3, del d.l. 34/2020) e tassazione delle spese di causa. 16) Trib. Roma il 10 marzo 2021 Altro provvedimento definitivo. Si tratta, tuttavia, di una situazione particolare in quanto l'immobile era locato quale civile abitazione del conduttore ed anche ai fini dell'eventuale svolgimento di attività di ricezione turistica e/o come casa vacanza e/o come bed & breakfast ed affittacamere. La decisione precisa che la particolare pattuizione “non vale certo a coinvolgere il locatore nel rischio che poi tale attività potesse o meno svolgersi, sia stata in concreto svolta o sia stata impedita per effetto della situazione pandemica”. In definitiva, viene deciso che “ il conduttore ben poteva utilizzare il bene solo con l'abitazione propria e della famiglia ovvero adibirlo ad uso turistico solo per un periodo limitato: e allora come può ritenersi che la pandemia abbia reso impossibile una utilizzazione (specifica) del bene che era indicata in contratto come eventuale rispetto alla quale il locatore era del tutto indifferente; mentre certamente è rimasta invariata la piena possibilità del conduttore di utilizzare la prestazione (ovvero l'immobile) come abitazione”. Pertanto, a fronte della morosità viene dichiarata la risoluzione del contratto. 17) Trib. Roma 9 aprile 2021 Anche questo provvedimento ripropone due interessanti aspetti. Quello relativo alla natura dei d.p.c.m. e quello relativo all'obbligo di buona fede “nel caso di specie la conduttrice non contesta la morosità limitandosi a sostenere che la stessa sarebbe dovuta alle misure restrittive dettate con d.p.c.m. in materia di covid-19 dal Governo italiano. Inoltre, la locatrice avrebbe violato il dovere di buona fede di cui all'art. 1375 c.c. che impone la rinegoziazione del contratto. … I richiamati d.p.c.m. … non assurgono a fonte normativa, essendo, semmai, partecipi della medesima natura delle ordinanze contingibili ed urgenti, le quali … sono meri provvedimenti amministrativi generali ma privi di valenza normativa …. Dalla natura provvedimentale e non già normativa dei d.p.c.m. de quibus deriva l'esclusione degli stessi dal principio jura novit curia e l'afferenza dei medesimi all'onere probatorio gravante in capo alla parte … Nel caso di specie nessun d.p.c.m. è stato prodotto. Ad ogni buon conto deve evidenziarsi come “la violazione del canone di buona fede non è riscontrabile nell'esercizio in sé considerato dei diritti scaturenti dal contratto, bensì nelle particolari modalità di tale esercizio in concreto, che siano appunto sorrette in relazione alle circostanze del caso” … Dunque l'esercizio di un diritto contrattuale da parte della …… non può essere considerato, in sé, violativo dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede. Quest'ultima impone al paciscente di attivarsi in favore dell'altro contraente ma “nei limiti dell'interesse proprio” (Cass. n. 23069/2018), ovvero “nei limiti in cui ciò possa avvenire senza un apprezzabile sacrificio di altri valori” (Cass. n. 17642/2012) ovvero “nei limiti in cui ciò possa avvenire senza un apprezzabile sacrificio a suo carico” (Cass. nn. 10182/2009, 15669/2007, 264/2006 e 2503/1991) ovvero sempre che “non pregiudichi in modo apprezzabile il proprio interesse” (Cass. n. 5240/2004). Appare di chiara evidenza che la rinuncia ad un proprio diritto contrattuale per addivenire ad un accordo costituisca certamente un apprezzabile sacrificio che non può essere preteso.” Conseguentemente a ciò, viene dichiarata la risoluzione del contratto atteso il mancato pagamento del canone e confermata l'ordinanza di rilascio già emessa. 18) Trib. Arezzo 17 maggio 2021 Il provvedimento introduce il disposto dell'art. 185-bis c.p.c. in tema di proposta di conciliazione del giudice a seguito del “favor attuale del legislatore nei confronti di metodi alternativi non contenziosi di definizione delle liti anche a fini deflattivi del carico, considerato che appare oggi consentito al magistrato affrontare nel dettaglio le questioni a lui sottoposte anche prima della sentenza senza compromissione della sua posizione di imparzialità, considerato che appare consentito al magistrato esporre alcuni elementi di indagine per consentire alle parti una valutazione più attenta delle proprie posizioni anche al fine di dare indicazione su eventuali contratti transattivi tra le stesse indipendenti dalla proposta giudiziale”. Valorizzate, quindi, anche in questo caso, le disposizioni di cui agli artt. 1218, 1223, 1374, 1366, 1375, 1464 c.c. e art. 2 Cost., si provvede a formulare una proposta transattiva con rinvio dell'udienza per esame della medesima. Volendo individuare una statistica rispetto alle decisioni sopra riportate le stesse potrebbero essere riassunte nel seguente schema.
Conclusioni
Alla luce della numerosa produzione giurisprudenziale e come sin dall'inizio anticipato, allo stato non è possibile dare un'indicazione in ordine a quella che debba essere la normativa di riferimento diretta a giustificare o meno l'intervento nei confronti dei rapporti in corso e, nel caso, in quali termini e modalità. Si va da un'intromissione totale ad una altrettanto totale esclusione. Fermo ciò andrà valutato l'impatto che su tale ricostruzione risulterà conseguente dalla più recente normativa introdotta sull'argomento. Ci si riferisce al d.l., n. 41, art. 6 22 marzo 2021 come modificato dalla legge di conversione del 21 maggio 2021, n. 69 la quale aveva previsto che al fine di “consentire un percorso regolato di condivisione dell'impatto economico derivante dall'emergenza epidemiologica da covid-19, a tutela delle imprese e delle controparti locatrici, nei casi in cui il locatario abbia avuto una significativa diminuzione del volume d'affari, del fatturato o dei corrispettivi … locatorio e locatore sono tenuti a collaborare tra di loro per rideterminare il canone di locazione”. Come si vede, una norma più di mero auspicio che rigorosamente precettiva. Bisognerà vedere, pertanto, come la stessa verrà considerata ed applicata nel concreto. Da considerare, ulteriormente, che la stessa disposizione appena citata nel suo testo come convalidato il 21 maggio 2021, è stato ampiamente rielaborato dal successivo art. 4 bis, comma 1, del convertito con modifiche dalla l. 23 luglio 2021, n. 106. Il nuovo testo normativo, ferma la premessa di cui al comma 1 introduce una disciplina più rigorosa rispetto, comunque, “all'auspicio” per cui “il locatario e il conduttore sono chiamati a collaborare tra loro in buona fede per rideterminare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021. Ci si riporta, per l'indicazione delle diverse precisazioni in ordine ai presupposti relativi “all'auspicio”, alla lettura della disposizione. Ciò non senza rilevare come l'originario “auspicio” sia stato fortemente ridimensionato nella nuova formulazione normativa. Con ciò il legislatore mostra una sorta di incertezza in ordine all'introduzione di questo nuovo e, per certi aspetti, originale istituto della contrattazione. |