Qualificazione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ed applicabilità dell'art. 4 d.lgs. 150/2011 nel c.d. rito lavoro/locatizio

Vincenzo Liguori
30 Marzo 2022

Le Sezioni Unite hanno affermato che, laddove l'opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia sia proposta con atto di citazione anziché con ricorso ex art. 447 bis c.p.c., non si applica il disposto di cui all'art. 4 d.lgs. 150/2011, applicabile invece alle sole controversie promosse nelle forme diverse rispetto a quelle espressamente previste dal predetto decreto...

La sentenza. Le Sezioni Unite, con la sentenza del 13 gennaio 2022, n. 927, hanno affermato che laddove l'opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia sia proposta con atto di citazione - anziché con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. - non si applica il disposto di cui all'art. 4 D. Lgs. 150/2011, applicabile invece alle sole controversie promosse nelle forme diverse rispetto a quelle espressamente previste dal predetto decreto, producendo l'atto gli effetti del ricorso in virtù del principio di conservazione, ma solo allorchè lo stesso sia depositato in cancelleria entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c..

La normativa. L'art. 4 D. Lgs. n. 150/2011, rubricato “mutamento del rito” prevede che quando una controversia venga promossa in forma diversa da quella prevista dallo stesso decreto, il giudice, anche d'ufficio e non oltre la prima udienza, con ordinanza, dispone il mutamento del rito.

In tale ipotesi gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento e restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento.

L'articolo in esame, pertanto, prevede che ogni qual volta una controversia assoggettata ad un rito regolato dal D. Lgs. n. 150/2011 sia introdotta con un diverso rito, il Giudice, anche d'ufficio, ma non oltre la prima udienza, dispone il mutamento del rito restando fermi gli effetti processuali e sostanziali della domanda che si sono già prodotti secondo le norme del rito erroneamente sceltononché le preclusioni e le decadenze maturate in base allo stesso rito.

L'ordinanza interlocutoria. La terza sezione civile della Suprema Corte, con l'ordinanza interlocutoria n. 13556/2021 (per la quale cfr. Qualificazione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ai fini dell'applicabilità dell'art. 4 D. Lgs. n. 150/2011: la parola alle Sezioni Unite), rilevato il contrasto giurisprudenziale e dottrinale sulla natura del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha devoluto alle Sezioni Unite la relativa questione, particolarmente importante nei casi di errore sulla scelta del rito da seguire ai fini dell'applicabilità o meno della salvezza degli effetti sostanziali e processuali verificatisi prima del mutamento del rito ex art. 4 D. Lgs. n. 150/2011, applicabile espressamente solo alle nuove controversie.

I fatti di causa. Il Tribunale di Palermo, con la sentenza n. 7477/2015, previo mutamento del rito da ordinario a locatizio, ha dichiarato inammissibile l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo notificato all'Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo il 18 luglio 2014 che l'opponente ha proposto con atto di citazione, anziché con ricorso, notificato all'opposta I.S. s.r.l. il 9 ottobre 2014 e depositato (tardivamente) il 20 ottobre 2014.

Proposto il gravame da parte dell'Azienda, la Corte di Appello di Palermo, con sentenza n. 75/2018, in particolare, ha ritenuto fondata la questione di diritto attinente la violazione dell'art. 4, comma 5, del D. Lgs. 150/2011 circa la salvezza degli effetti della domanda secondo le norme del rito seguito prima del mutamento ma ha osservato che l'appellante si era limitata a chiedere genericamente la riforma della sentenza di primo grado senza prospettare alcuna questione di merito e senza, soprattutto, chiedere l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo proposta, così incorrendo nella decadenza prevista dall'art. 346 c.p.c.


L'Azienda ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, mentre la I.S. s.r.l. in liquidazione ha proposto controricorso con ricorso incidentale condizionato articolato su tre motivi. La terza sezione civile della Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria n. 13556/2021, rilevato il contrasto giurisprudenziale e dottrinale sulla natura del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite.

La decisione delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite, in merito alla natura del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, hanno affermato che deve ritenersi stabilizzato in giurisprudenza quanto già affermato dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza del 7 luglio 1993, n. 7478, ovvero che “l'opposizione prevista dall'art. 645 c.p.c. non è un actio nullitatis o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma è un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore (anche se eventuale) del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo”.

L'applicabilità della disciplina del mutamento del rito ex art. 4, D. Lgs. 150/2011 al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, quale giudizio di primo grado strutturato per fasi, risulta più volte affermata in diverse pronunce della Suprema Corte essenzialmente in materia di liquidazione dei compensi di avvocato.

Invero, le stesse Sezioni Unite, con la sentenza n. 4845/2018, hanno chiarito che a seguito dell'introduzione dell'art. 14 del D.Lgs. 150/2011, la controversia di cui all'art. 28 della L. 794/1942, può essere introdotta anche con la procedura per decreto ingiuntivo e la relativa opposizione, da proporsi ai sensi degli artt. 702-bis c.p.c. e segg., è disciplinata dagli artt. 3,4 e 14 D. Lgs. 150/2011 (oltre che dagli artt. 648,649,653 e 654 c.p.c.).

L'inapplicabilità della normativa di cui all'art. 4 D. Lgs. 150/2011 al caso in esame, a differenza di quanto rilevato dalla controricorrente nel primo motivo del ricorso incidentale condizionato - fondato sulla natura della procedura di opposizione a decreto ingiuntivo - deve ritenersi fondata, invece, sulla base dei fatti accertati nelle fasi di merito ed esposti nei ricorsi principale ed incidentale, nonché nella sentenza impugnata.

Invero, nel caso in esame, l'opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia andava proposta con ricorso ex art. 447-bis c.p.c. che richiama l'art. 426 c.p.c. per il passaggio dal rito ordinario a quello speciale.

Secondo una diffusa elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, infatti, la disciplina di cui all'art. 4 D. Lgs. 150/2011, come previsto dal comma 1, risulta applicabile solo quando una controversia viene promossa nelle forme diverse da quelle previste dallo stesso decreto.

Detta disciplina, pertanto, come ricavabile anche dall'art. 2 del decreto legislativo in esame, non opera nelle ipotesi di mutamento dal rito ordinario al rito speciale delle controversie di lavoro, o viceversa, che restano, a tutt'oggi, regolate dagli artt. 426 e 427 c.p.c..

Da qui ne consegue che l'art. 4 in esame non costituisce una norma generale abrogativa e sostitutiva delle norme specifiche di cui agli artt. 426 e 427, che rimangono le norme generali di coordinamento tra il rito ordinario ed il rito lavoristico/locatizio.

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, allorchè l'opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia venga proposta con atto di citazione anziché con ricorso ex art. 447-bis c.p.c., occorre procedere alla conversione dell'atto introduttivo potendosi ritenere tempestiva l'opposizione, nonostante l'errore sulla forma dell'atto introduttivo, solo allorchè l'iscrizione a ruolo - mediante il deposito dell'atto notificato in cancelleria - avvenga nei termini di cui all'art. 641 c.p.c.(Cass. 19/9/2017 n. 21671; Cass. 29/12/2016 n. 27343; Cass. 2/4/2009 n. 8014; Cass. S.U. 8/10/2013 n. 22848; Cass. S.U. 23/9/2013 n. 21675; Cass. S.U. 14/3/1991 n. 2714).

In merito agli effetti sostanziali e processuali della domanda, laddove l'errore sulla forma dell'atto introduttivo non comporta ex se una nullità comminata dalla legge, occorre valutare se lo stesso atto abbia i requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo ex art. 156, co. 2, c.p.c..

Ne consegue che, al fine di impedire una decadenza, oltre alla valutazione in merito alla tempestività dell'atto introduttivo è determinante accertare l'idoneità dello stesso atto ad instaurare un valido rapporto processuale diretto ad ottenere una pronuncia nel merito da parte del giudice adito (Cass. S.U. 6/11/2014 n. 23675).

La vicenda processuale del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia, irritualmente introdotto con citazione tardivamente depositata è stata, altresì, sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale la quale:

  • con l'ordinanza n. 152/2000 ha dichiarato manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 641, 645 e 447 bis in relazione all'art. 8 c.p.c., comma 2, n. 3, sollevata in riferimento agli artt. 3,24 e 97 Cost. richiamando i propri precedenti con cui era stata negata l'irragionevolezza della diversa disciplina dell'opposizione a decreto ingiuntivo nel rito ordinario ed in quello di lavoro, finalizzata alla concentrazione della trattazione e alla immediatezza della pronuncia;
  • con sentenza n. 45/2018 ha dichiarato inammissibile la questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 426 c.p.c. sollevata in riferimento agli artt. 3,24 e 111 Cost.

In tale caso la questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 426 c.p.c. era stata sollevata in merito all'interpretazione della stessa norma data dalla Corte di Cassazione la quale, in caso di introduzione con rito ordinario di una causa soggetta al rito previsto dagli artt. 409 e segg. c.p.c. ed al successivo mutamento del rito, ricollega gli effetti sostanziali e processuali della domanda alla forma che l'atto introduttivo del giudizio avrebbe dovuto avere anziché a quella che l'atto ha avuto in concreto. Il remittente, pertanto, ha censurato la sanatoria “dimidiata” dell'atto non ritualmente introdotto in quanto non coerente con quella “piena” prevista sia dall'art. 4, co. 5, D.Lgs. 150/2011 sia dalla disciplina della cosiddetta transatio iudicii di cui all'art. 59, co. 2, L. 69/2009.

Per la stessa Corte, l'auspicata riformulazione del meccanismo di conversione del rito riflette una valutazione di opportunità e di maggior coerenza di sistema di una sanatoria piena e non dimidiata dell'atto irrituale per il raggiungimento dello scopo, ma non per questo risponde ad una esigenza di reductio ad legitimitatem della disciplina attuale, posto che tale disciplina (a sua volta coerente ad un principio di tipicità e non fungibilità delle forme degli atti) non raggiunge quella soglia di manifesta irragionevolezza che consente il sindacato di legittimità costituzionale sulle norme processuali.

Le Sezioni Unite, sulla scorta di quanto sopra sinteticamente argomentato, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “Allorché l'opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di immobili urbani, soggetta al rito speciale di cui all'art. 447-bis c.p.c. sia erroneamente proposta con citazione, anziché con ricorso, non opera la disciplina di mutamento del rito di cui al D.Lgs. n. 150/ 2011, art. 4 – che è applicabile quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dai modelli regolati dal medesimo D.Lgs. n. 150 del 2011 – producendo l'atto gli effetti del ricorso, in virtù del principio di conservazione, se comunque venga depositato in cancelleria entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c.”.

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