Legittimità del provvedimento di sospensione in caso di mancata adesione alla campagna preventiva organizzata dal datore di lavoro

31 Marzo 2022

La scelta datoriale di impedire l'accesso ai locali ai lavoratori che si rifiutino di sottoporsi al tampone antigienico nel contesto di una campagna di screening anti Covid-19...
Massima

La scelta datoriale di impedire l'accesso ai locali ai lavoratori che si rifiutino di sottoporsi al tampone antigienico nel contesto di una campagna di screening anti Covid-19 organizzata dal datore di lavoro è legittima in quanto funzionale all'esigenza di garantire l'incolumità psico-fisica di tutti i lavoratori.

Il caso

Nel mese di aprile 2021 una società organizzava una campagna di prevenzione anti Covid-19, invitando tutti i dipendenti di uno stabilimento a sottoporsi al tampone antigienico e facendo presente che la mancata adesione alla campagna avrebbe comportato l'irricevibilità della prestazione lavorativa per 14 giorni con collocazione in permesso non retribuito.

Un dipendente, non appena ricevuto il preannunciato provvedimento per mancata adesione alla suddetta campagna, presentava ricorso ex art 414 c.p.c. con istanza cautelare; in particolare, il ricorrente rivendicava la violazione dell'art. 5 St. Lav. che vieta gli accertamenti sulla idoneità per malattia del dipendente nonché l'insussistenza di una norma che prevedesse l'obbligo di aderire alle campagne di screening previste dal proprio datore di lavoro.

La questione

Quale è il limite tra l'obbligo datoriale di salvaguardare l'integrità fisica di tutto il proprio personale e la libertà individuale del dipendente?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Bergamo, in conformità con la giurisprudenza di merito sul punto, rigetta il ricorso.

Preliminarmente, viene ribadito l'obbligo datoriale di salvaguardare l'integrità fisica dei dipendenti ai sensi dell'art. 2087 c.c., anche sulla base degli obblighi specifici previsti dal D.lgs. 81/2008 sia per il datore di lavoro sia per i dipendenti.

In particolare, tra le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro rientra l'obbligo per l'imprenditore di eliminare o, ove non sia possibile, minimizzare i rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico (art. 15, D.lgs. 81/2008).

Dall'altra parte anche il lavoratore è tenuto inter alia, a contribuire all'adempimento degli obblighi previsti in materia (art. 20, D.lgs. 81/2008).

Con riferimento all'emergenza epidemiologica, è opportuno precisare che - come rilevato dal ricorrente – la normativa vigente e la regolamentazione in materia (inter alia, Protocollo 24. Aprile 2020 ed il relativo aggiornamento del 6 aprile 2021) non prevedono l'obbligatoria adesione alle campagne di prevenzione epidemiologica per il personale dipendente. Tuttavia, il summenzionato Protocollo prevede espressamente che il datore di lavoro possa “integrare e proporre tutte le misure di regolamentazione legale al COVID-19”.

Inoltre, l'argomentazione del ricorrente relativa all'art. 5 St. Lav. è stata ritenuta infondata stante il carattere volontario della campagna di prevenzione.

Peraltro, come correttamente indicato dal Tribunale di Sondrio (ordinanza del 29.04.2021), deve distinguersi lo strumento del tampone antigienico dal vaccino anti Covid-19 in quanto il tampone “a differenza del vaccino, non è un trattamento sanitario e non viene pertanto in considerazione il diritto garantito dall'art. 32 della Costituzione, costituendo soltanto un accertamento diagnostico privo di qualsiasi idoneità ad incidere sull'integrità fisica del lavoratore”.

Infatti, sulla idoneità del tampone antigienico come misura preventiva ai sensi dell'art. 2087 c.c. si è pronunciato anche il Tribunale di Milano, sebbene in una fattispecie differente. In particolare, con sentenza del 4 novembre 2021, n.2659 è stato considerato illegittimo il provvedimento di sospensione del lavoratore dalla prestazione lavorativa per un presunto (ma infondato) obbligo di quarantena, avendo potuto il datore di lavoro invitare il dipendente “a fornire un attestato di negatività al virus al fine di rientrare al lavoro (es. esito tampone negativo). Ciò in via prudenziale e in virtù del disposto di cui all'art. 2087 c.c., norma atta a tutelare l'integrità e le migliori condizioni di salute dei dipendenti”.

Alla luce di quanto procede, la irricevibilità della prestazione lavorativa è stata quindi considerata una legittima conseguenza della libera scelta del dipendente di non aderire alla campagna preventiva datoriale stante “il dovere di solidarietà tra consociati e di tutela reciproca della salute tra colleghi di lavoro” (sentenza n. 550 del 21 ottobre 2021 del Tribunale di Bergamo in una causa analoga).

Osservazioni

Occorre premettere che, a far data dall'emanazione del D.L. 21 settembre 2021 n. 127, è stato introdotto l'obbligo per tutti i dipendenti di possedere la certificazione verde (“Green Pass”) per accedere, inter alia, alla propria sede di lavoro.

Pertanto, la questione relativa alla possibilità per il datore di lavoro di invitare i propri dipendenti a sottoporsi ad un tampone antigienico pena l'irricevibilità per un determinato periodo della prestazione lavorativa, non è più attuale.

Sempre aperta invece è la questione relativa al bilanciamento tra gli obblighi in materia di salute e sicurezza in capo al datore di lavoro, il dovere di collaborazione da parte dei dipendenti e la libertà individuale del singolo, questione la quale - stante la rilevanza degli interessi nonché dei diritti oggetto di bilanciamento - non può che essere affrontata di volta in volta a seconda delle circostanze fattuali.

Nel caso di specie, tuttavia, come correttamente precisato nella sentenza in commento, il datore di lavoro ha richiesto al proprio personale di sottoporsi al tampone antigienico, misura preventiva che non rappresenta un trattamento sanitario che può essere imposto solo per legge (art. 32 Cost).

Pertanto, sebbene possa discutersi sul carattere effettivamente volontario della campagna preventiva (stante la irricevibilità della prestazione per 14 giorni in caso di mancata adesione), la decisione del Tribunale di Bergamo appare in ogni caso del tutto corretta, in virtù della preminente esigenza di tutelare la collettività nonché del dovere solidaristico in capo al singolo dipendente.

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