Illegittima l’inefficacia dei pignoramenti immobiliari riguardanti l’abitazione principale del debitore
05 Aprile 2022
La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 4 del d.l. 137/2020, convertito in l. 176/2020, nella parte in cui sancisce l'inefficacia di «ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare» avente ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione, ossia fino al 25 dicembre 2020.
Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Treviso sono state ritenute fondate con riferimento ai parametri di cui agli artt. 24 e 3 Cost.
Con riguardo alla violazione del diritto alla tutela giurisdizionale, è stato, anzitutto, ribadito che il diritto del creditore a soddisfarsi in sede esecutiva costituisce componente essenziale del diritto di accesso al giudice, sancito dall'art. 24 Cost. (ex multis, sentenza n. 225/2018).
L'azione esecutiva è, invero, fattore complementare e necessario dell'effettività della tutela giurisdizionale perché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa anche in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore (ex plurimis, sentenze n. 198/2010, n. 335/2004, n. 522/2002, n. 333/2001 e n. 321/1998).
Come ribadito di recente dalla Corte in riferimento ad altre disposizioni dettate nel contesto della legislazione emergenziale, sono ammissibili limitazioni al diritto del creditore di agire in sede esecutiva solo se fondate su circostanze eccezionali e se circoscritte nel tempo (sentenze n. 236, n. 213 e n. 128/2021).
Di contro, una previsione come quella censurata, sia pur limitatamente al breve periodo di due mesi, limita oltre modo il diritto del creditore finanche a cautelarsi con il pignoramento dell'immobile a fronte del rischio di possibili atti di disposizione da parte del debitore.
Essa ha infatti compromesso in via definitiva il diritto al soddisfacimento in sede esecutiva dei creditori chirografari, in quanto, a seguito della declaratoria di inefficacia, non si sono prodotti gli effetti di cui agli artt. 2913 e ss. c.c. con conseguente opponibilità anche al creditore procedente (nonché ai creditori eventualmente intervenuti) degli atti di disposizione del bene posti in essere dal debitore dopo il pignoramento.
La norma censurata viola, inoltre, l'art. 3 Cost., poiché, allo scopo di tutelare il diritto di abitazione del debitore esecutato, contempla una conseguenza eccessivamente pregiudizievole per il creditore, che non si pone in necessaria correlazione con siffatta finalità di tutela.
Infatti, il predetto diritto, certamente meritevole di speciale protezione, costituendo esso un «diritto sociale» incluso nel catalogo dei diritti inviolabili, per un verso non viene meno per effetto della sola apposizione del vincolo del pignoramento e, per l'altro, era già adeguatamente tutelato, nello stesso periodo, dalla proroga della sospensione delle relative procedure esecutive, oltre che dalla sospensione dell'esecuzione dell'ordine di rilascio dell'immobile.
Il bilanciamento tra i diritti coinvolti è stato così operato dal legislatore, che pure gode in questa materia di ampia discrezionalità, in maniera manifestamente irragionevole, con la previsione, in danno del creditore, di una sanzione processuale (l'inefficacia di «ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare») che, rispetto alla finalità perseguita, comprime il diritto del creditore procedente in misura eccessiva. |