Diritto di riscatto: la mancata comunicazione della vendita da parte del proprietario non dà diritto al risarcimento

Edoardo Valentino
04 Aprile 2022

Nell'ambito della compravendita di immobili urbani adibiti ad uso diverso dall'abitativo, la l. n. 392/1978 prevede un obbligo per il proprietario di comunicare al conduttore l'intenzione di alienare il bene. La mancata comunicazione comporta il diritto - della durata di sei mesi - del conduttore di esercitare il diritto di riscatto dell'immobile al prezzo della precedente vendita, e non da invece diritto ad alcun risarcimento.

Il caso. Una società aveva in conduzione un immobile urbano ad uso commerciale.

Resasi conto della possibile volontà della proprietaria di alienare il bene, questa aveva provveduto a inviare una comunicazione a mezzo raccomandata dichiarando la propria disponibilità all'acquisto dell'immobile in caso di vendita. La fondazione proprietaria, tuttavia, non replicava mai alla raccomandata della conduttrice.

Trascorso circa un anno, la conduttrice comunicava alla proprietaria la volontà di procedere al pagamento del canone annuale di locazione e si vedeva rispondere di corrispondere tale somma al nuovo proprietario. Alla luce di tale dichiarazione la società conduttrice agiva in giudizio contestando la condotta della fondazione e richiedendo un risarcimento per il danno subito.

Tanto il procedimento di primo grado quanto quello di appello terminavano con il rigetto delle argomentazioni della conduttrice. La società, quindi, agiva in Cassazione. Il ricorso depositato, sostanzialmente, contestava la condotta della fondazione, che a detta della società non avrebbe adempiuto ai propri doveri e - alienando ad altri in violazione del diritto di prelazione urbano - avrebbe cagionato un danno alla conduttrice che doveva essere risarcito.

Secondo la Cassazione, la proprietaria non aveva alcun onere di avvertire la conduttrice a seguito della vendita. Con la sentenza n. 10136 del 29 marzo 2022, la Corte, nel risolvere il caso assegnatole, compiva una illustrazione completa della procedura inerente alla prelazione nel caso di compravendita di immobile adibito ad uso diverso dall'abitativo in ambito urbano.

La Cassazione principia descrivendo la questione come un “meccanismo”, regolato quindi da disposizioni tanto precise quanto ineluttabili. L'insieme delle regole in oggetto può essere facilmente desunto dagli artt. 38 e 39 l. n. 392/1978.

Secondo la Cassazione, nello specifico, sussiste certamente un onere da parte del proprietario di notificare (a mezzo ufficiale giudiziario) prima della vendita al conduttore la volontà di alienare l'immobile e il prezzo di tale vendita. Il conduttore, quindi, ha il diritto entro 60 giorni dal ricevimento di tale comunicazione, di rispondere alla comunicazione dichiarando la volontà di avvalersi della prelazione a tale prezzo. La norma specifica altresì che in caso di mancata comunicazione, o di vendita ad un prezzo inferiore a quello dichiarato al conduttore, questi ha il diritto entro sei mesi dalla vendita di agire per riscattare il bene al prezzo della vendita effettiva. Queste le disposizioni normative inerenti al caso corrente.

La vicenda oggetto della sentenza, tuttavia, appariva diversa dalla regola normativa. Il conduttore, infatti, non aveva ricevuto alcuna comunicazione e non aveva mai verificato con ispezione ai pubblici registri immobiliari se l'immobile fosse effettivamente stato alienato. La raccomandata da lui inviata era considerata dalla Corte come legalmente irrilevante e priva di effetti per due ordini di ragioni.

In primo luogo, la legge non prevede la possibilità per il conduttore di inviare una sorta di pre-adesione in bianco, comunicando al proprietario che laddove egli intendesse vendere questi si avvarrebbe del diritto di prelazione. Tale comunicazione sarebbe quanto meno indeterminata (per quanto tempo? A quale prezzo?) e non veniva in alcun modo prevista dal “meccanismo” descritto dai Giudici.

La seconda motivazione dell'irrilevanza giuridica di tale comunicazione nel caso concreto era che questa fosse effettivamente pervenuta al proprietario in data successiva alla vendita. Né, ugualmente, poteva trarsi alcun significato giuridico - come invece prospettato dal ricorrente - dalla mancata risposta del proprietario a seguito dell'invio della raccomandata.

La Corte, quindi, riassumeva la questione nel seguente modo.

Gli artt. 38 e 39 l. n. 392/1978 prevedono una disciplina che obbliga il proprietario a notificare prima della vendita al conduttore la comunicazione contenente l'intenzione di vendere e il prezzo del negozio giuridico. Il venditore può scegliere se avvalersi della prelazione o meno liberamente. In caso di mancata comunicazione, entro 6 mesi dalla vendita, il conduttore può intervenire e riscattare il bene al prezzo di acquisto pagato dal terzo compratore. Se, però, come nel caso in questione, il conduttore non si avvede della vendita e lascia trascorrere i 6 mesi, allora egli perderà il diritto al riscatto e non avrà comunque in ogni caso diritto al risarcimento del danno, dato che l'unica sanzione prevista dalla norma per la mancata comunicazione della vendita è appunto la possibilità del riscatto dell'immobile per un periodo di 6 mesi.

Nel rigettare il ricorso, quindi, la Cassazione specificava come il meccanismo fosse stato creato dal legislatore per contemperare diversi interessi: quello del conduttore, di avere la prelazione sulla vendita, quello del venditore, ad effettuare una vendita ad un prezzo vantaggioso, quello del terzo acquirente, di avere la certezza della validità dell'acquisto. L'interesse del conduttore, tuttavia, per espressa scelta del legislatore, veniva compresso al periodo di riscatto di sei mesi, al fine di non sacrificare l'interesse delle altre due parti, e della collettività, alla certezza degli scambi commerciali; certezza che sarebbe stata decisamente compromessa laddove il legislatore avesse previsto un termine maggiore per il riscatto o, addirittura, non ne avesse previsto nessuno.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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