La natura ancipite della finanza pubblica. La tax green e le agevolazioni fiscali per investimenti ecocompatibili
08 Aprile 2022
I tributi ambientali
La funzione della finanza pubblica non si risolve nel prelievo fiscale strumentale al recupero del quantum debeatur, ma può operare anche a tutela di diritti costituzionalmente garantiti, quale ad esempio, l'ambiente. A tal proposito si parla di fiscalità ambientale, che può svolgersi non solo in funzione cd. repressiva (cd. tecnica del command and control), ma anche preventivo-agevolativa.
Nella prima categoria si collocano le cd. disposizioni impositive che mirano a colpire le condotte che possono cagionare un danno all'ambiente e seguono la regola del “chi inquina paga”. Si muove, dunque, dall'assunto che il soggetto responsabile di provocare danni all'ambiente debba provvedere alla riparazione degli stessi “a sue spese”.
Il principio in parola trova origine da una Direttiva n. 2004/35/CE istitutiva della cd. responsabilità ambientale, basata sull'obbligo del soggetto inquinante di riparare i danni, laddove per danno - come si legge nella Direttiva - deve intendersi “qualsiasi danno che produca significativi effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole alle specie o all'habitat”.
Quanto detto si pone in linea con un'amministrazione cd. punitivo-repressiva che si trova in una posizione di imperio rispetto al cittadino, abilitata all'irrogazione di sanzioni in caso di condotte contra legem. Sebbene oggi tale concezione sia stata ampiamente superata dalla amministrazione cd. preventiva che mira a premiare condotte virtuose. Il principio del chi inquina paga rileva non tanto, o meglio non solo, al fine di individuare il responsabile del danno cagionato, ma piuttosto per assicurare il soggetto tenuto a riparare al danno procurato. Una definizione di danno ambientale è contenuta anche all'interno del Codice dell'ambiente (d.lgs. 152/2006) che all'art. 300, comma 1, testualmente prevede che “è danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima”. La previsione di una sanzione economica conseguente alla commissione di un fatto illecito costituisce, pertanto, un deterrente all'adozione di condotte dannose (F. Onnis Cugia, Il danno da inquinamento dell'ambiente marino, in Responsabilità Civile e Previdenza, 2021, 3, 1025; A. Comello, Cambiamenti climatici e profili tributari della protezione dell'ambiente, nella prospettiva europea, in Diritto e Pratica Tributaria, 2021, 5, 1969).
È proprio nell'ottica sanzionatoria che vengono a collocarsi i cd. tributi ambientali (R. Alfano, Tributi ambientali. Profili interni ed europei,Torino, 2012). Per quanto riguarda l'origine, i tributi ambientali nascono per effetto di una serie di provvedimenti sovranazionali che ne hanno individuato i presupposti indefettibili che possono essere così sintetizzati: il bene ambientale deve essere collocato all'interno del presupposto ambientale e occorre attribuire ad esso la natura di elemento essenziale della fattispecie tributaria(in tal senso Parlamento risoluzione su Imposte, tasse e tributi ambientali nel mercato unico, 15 luglio 1998, in Guce C 292 del 21 settembre 1998).
Rientrano nella categoria di tributi ambientali, ad esempio, le tasse sulle emissioni inquinanti che si ricollegano al pagamento di imposte rapportate all'emissione di agenti inquinanti, le tasse disincentivanti finalizzate al recupero di entrate fiscali con lo scopo di disporre di risorse finanziarie per effettuare interventi a tutela dell'ambiente ovvero la cd. ecotassa.
L'art. 3, commi 24-41, della legge n. 549 del 28 dicembre 1995, ha istituito in favore delle Regioni, il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (cd. “ecotassa”), così come definiti e disciplinati dall'articolo 2 dell'abrogato d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915. Per quanto riguarda la competenza, essa è stato assegnato in via esclusiva allo Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e, di conseguenza, l'esercizio della potestà legislativa delle Regioni è di gran lunga circoscritto. Non si tratta, dunque, di un tributo “proprio” della Regione, nel senso di cui all'art. 119 Cost., non assumendo alcun rilievo, a tal fine, l'attribuzione del gettito alle Regioni né la (circoscritta) sfera di competenza regionale nell'attuazione del prelievo ;(G. Selicato, I limiti della legislazione regionale nell'applicazione dell'ecotassa, tra assestate regole di riparto dell'autonomia impositiva e principi cardine del diritto ambientale (considerazioni a margine della sentenza Corte Cost. n. 82/2021), in Giurisprudenza Costituzionale, 2021, 2, 1010D, nota a Corte Costituzionale, 30 aprile 2021, n.82). Come asserito dalla Suprema Corte la finalità del suddetto tributo è espressamente ambientale, stante l'esigenza di ridurre la produzione di rifiuti e di incentivare il recupero di energia o di altre materie prime dai rifiuti stessi (in tal senso Cass. Civ. sez. trib. n. 26196 del 18 ottobre 2018), come è reso palese dalla relazione causale diretta che intercorre tra l'unità fisica impiegata per la commisurazione dell'imposta ed il danno cagionato all'ambiente. Il tributo realizza finalità ambientali consistenti nel favorire la minore produzione di rifiuti, il recupero dagli stessi di materia prima e di energia, la bonifica di siti contaminati e il recupero di aree degradate.
Tale finalità emerge sicuramente dai vincoli di contabilità pubblica dei bilanci delle Regioni, che prescrivono una destinazione del 18% del gettito derivante dall'ecotassa a favore di fondi regionali destinati a finanziare il riciclo, smaltimenti alternativi, bonifiche e recuperi. Proprio la sussistenza di tale vincolo di destinazione consente di qualificarlo quale tributo “speciale “.
Per quanto concerne il presupposto impositivo del suddetto tributo, esso deve essere individuato nel conferimento in discarica dei rifiuti solidi, mentre il soggetto passivo dell'obbligazione tributaria è il gestore dell'impianto di stoccaggio. Quest'ultimo, tuttavia, è titolare di un diritto di rivalsa nei confronti del conferente che ha integrato il predetto presupposto, in virtù del principio “chi inquina paga” (Cassazione civile sez. trib., 22/05/2019, n.13784, in Giustizia Civile Massimario 2019). Il contributo speciale per il conferimento in discarica (c.d. “ecotassa”) è generalmente qualificato come un tributo ambientale in senso stretto ;atteso che il suo presupposto si individua nel conferimento in discarica ed è parametrato al quantitativo conferito (S. Cannizzaro, L'”ecotassa” e la ripartizione delle competenze in materia di fiscalità “ambientale” tra Stato e Regioni, in Giurisprudenza Costituzionale, 2017, 2, 836, nota a Corte Costituzionale, 13 aprile 2017, n. 85).
È, infatti, sulla base della qualità e quantità di rifiuti depositati in discarica che il soggetto passivo del tributo, ovvero il gestore dell'attività di stoccaggio definitivo dei rifiuti (art. 3, co. 26, I. n. 546 del 1995), è tenuto al versamento di un ammontare ragguagliato al danno cagionato all'intera collettività ed ai costi che devono essere sostenuti per ripararlo.
Oltre all'obbligo di versamento dell'imposta, con le modalità previste dalla legge regionale, sul gestore gravano anche degli obblighi strumentali, come quello relativo alla redazione della dichiarazione dei conferimenti che sono stati effettuati nella discarica, che peraltro consente la concreta quantificazione del tributo speciale (Tribunale Cosenza sez. I, 15/07/2019, n.1582, in Redazione Giuffrè 2019). Si tratta, infine, di un tributo che non colpisce i presupposti impositivi tradizionali ovvero elementi indicativi di ricchezza, ma il conferimento di materiale che determina solo costi aggiuntivi per la collettività e pregiudizi per l'ambiente. È proprio tale assunto che connota i tributi ambientali, i quali non colpiscono le forme tradizionali di presupposto (reddito e consumo), ma dei fatti potenzialmente economici quale appunto la condotta inquinante (che obbliga alla riparazione dei danni (V. Ficari, Nuovi elementi di capacità contributiva ed ambiente. L'alba di un nuovo giorno…..fiscalmente più verde?, in Rivista Trimestrale di diritto tributario, 2016, 4, 809). La funzione agevolativa della finanza pubblica
Fin d'ora si è evidenziato l'aspetto sanzionatorio della finanza pubblica, ma come si è anzidetto, il sistema impositivo può operare anche attraverso disposizioni agevolative, premiando condotte virtuose e diligenti poste in essere dagli operatori economici (P.Clarizia, M. Manocchio, P. Marconi, B. P. Amicarelli, G. Mocavini, R. Morgante, G. Napolitano, A. Renzi, I piani nazionali di ripresa e resilienza in prospettiva comparata, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 2021, 4, 1137; A. Averardi, C. Cataldi, A. L. Crucitti, C. di Seri, V. Ferraro, M. Giusti, M. Macchia, L. Saltari, G. Sciascia, A. Turchini, G. Vesperini, S. Vinci, L'intervento pubblico a sostegno dell'economia, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 2021, 4, 1183; I. Macrì, Il Pnnr italiano per la digitalizzazione e l'innovazione della Pubblica Amministrazione, in Azienditalia, 2022, 1, 38; per un approfondimento in generale sulle agevolazioni fiscali si rinvia a S. La Rosa, Le agevolazioni fiscali alle imprese: aspetti giuridici, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 1993, 3, 560). In questa ultima ipotesi, il sistema tributario riveste la funzione di incentivo ad un miglioramento generalizzato, concorrendo a realizzare i fini sociali. Lo scopo dell'imposizione, dunque, non è solamente quello di recuperare somme per il sostentamento delle spese pubbliche, delineandosi altresì una vera e propria funzione sociale di organizzazione della vita economica e collettiva.
Il punto di partenza di tale nuova prospettiva è quello di considerare l'impresa come un'attività imprescindibile per la crescita economica e, dunque, sussiste la necessità di adottare “misure premiali” in favore di quegli operatori che contribuiscono allo sviluppo economico nel pieno rispetto dell'ambiente (L. Ventura, Public procurement e sostenibilità. Convergenze trasversali dei sistemi giuridici contemporanei, in Diritto del Commercio Internazionale, 2020, 1, 243; M. Delsignore, La tutela o le tutele pubbliche dell'ambiente? Una risposta negli scritti di Amorth, in Diritto Amministrativo, 2021, 2, 313; V. Cavanna, Economia verde, efficienza delle risorse ed economia circolare: il rapporto “Signals 2014” dell'Agenzia europea dell'Ambiente, in Rivista Giuridica dell'Ambiente, 2014, 6, 8219).
L'agevolazione può riguardare la nascita di nuove imprese le cd. start up che svolgano attività ecocompatibili ovvero riguardare l'acquisto e l'impiego di nuovi macchinari green. In tal senso si colloca l'ultima legge di bilancio (G. Ielo, Legge di bilancio 2022, “Milleproroghe” ed altre disposizioni, in Azienditalia, 2022, 2, 203), con cui, ad esempio, viene prorogato e rimodulato il credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi 4.0 (art. 1, comma 44). Si pensi, ancora, agli investimenti in beni materiali strumentali 4.0 (indicati nell'Allegato A alla legge n. 232/2016) effettuati dalle imprese a decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 31 dicembre 2025, ovvero entro il 30 giugno 2026. La condizione per usufruire dell'agevolazione fiscale è che entro la data del 31 dicembre 2025 risulti accettato dal venditore l'ordine di acquisto dei suddetti macchinari e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione. Il credito d'imposta è riconosciuto nella misura del 20% del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro; 10% del costo, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro; 5% del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro.
La Legge di Bilancio 2022 provvede anche alla riduzione dell'aliquota Iva al 5% per le forniture di gas metano destinato alla combustione per usi civili e industriali con riferimento ai consumi stimati o effettivi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2022.
Già la legge di bilancio del 2019 aveva incentrato il focus sul processo di transizione ecologica e sull'economia circolare. Laddove, per economia circolare si intende la gestione sostenibile dei rifiuti attraverso la quale i medesimi, una volta recuperati, rientranonel ciclo produttivo, al fine di consentire il recupero di nuove risorse (G. Spina, L'attuazione del principio dell'economia circolare nelle regioni italiane, in Amb. Sv., 2021, 6, 441; A. Castelli, Gpp e economia circolare: le dinamiche ambientali all'interno del codice dei contratti pubblici, in Am. Sv., 2019, 10, 725).
Tra le misure strettamente connesse all'era green si collocavano il credito d'imposta per l'installazione delle ricariche elettriche, le tasse per le aziende più inquinanti, gli incentivi per impianti di biogas da parte degli agricoltori, un credito d'imposta per le imprese che acquistano prodotti riciclati o imballaggi compostabili riciclati. Viene, dunque, in rilievo il Piano Transizione 4.0, come la nuova politica industriale che riconosce crediti d'imposta per gli investimenti in innovazione sostenibile, ricerca, sviluppo e formazione.
Si assiste, dunque, ad un aumento della domanda di “competenze verdi” che riguarda in maniera trasversale i settori e le professioni e sembra delineare anche nuovi equilibri territoriali (G. M. Esposito, Tutela dell'ambiente e attività dei pubblici poteri, Torino, 2008; L. Casano, Ripensare il “sistema” delle politiche attive: l'opportunità (e i rischi) della transizione ecologica, in Diritto delle Relazioni Industriali, 2021, 4, 997; Lisa Rustico, Michele Tiraboschi, Le prospettive occupazionali della economia verde. Le prospettive occupazionali della green economy tra mito e realtà, in Dir. relaz. ind., 2010, 4, 931).
Le nuove strategie di politica industriale si fondano sul presupposto che i pubblici poteri debbano essere i promotori di processi orientati all'attuazione di investimenti industriali compatibili con i grandi obiettivi di sviluppo come l'innovazione tecnologica, la sostenibilità ambientale, la c.d. green economy e la rigenerazione dei territori (in dottrina R. Dipace, Politiche e strumenti amministrativi per lo sviluppo economico, in Diritto Amministrativo, 2020, 4, 903; F. Costantino, Impresa e pubblica amministrazione: da Industria 4.0 al decreto semplificazioni, in Diritto Amministrativo, 2020, 4, 877). Attualmente si può parlare di un vero e proprio percorso di transizione ecologica che, d'altronde, è alla base dell'Agenda 2030 dell'ONU e dei nuovi obiettivi europei per il 2030; il suddetto percorso è finalizzato alla creazione di una economia più sostenibile in favore delle generazioni future e per accrescere la competitività del nostro sistema produttivo (T. Ronchetti, M. Medugno, Strategia nazionale per promuovere l'economia circolare e misure per agevolare l'attuazione degli obiettivi del PNNR, in Ambiente & sviluppo, 2021, 8-9, 599).
L'importanza, via via crescente, della materia ambientale e la nuova interpretazione della società non più meramente antropocentrica, ma ecocentrica ha fatto sorgere l'esigenza di costituzionalizzare il diritto all'ambiente. In tal senso, si colloca l'ultima riforma legislativa di modifica dell'art. 9 Cost. finalizzata ad inserire all'interno della predetta disposizione costituzionale la tutela dell'ambiente tra i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico.
L'attuale disposizione normativa testualmente prevede che “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. Al fine di comprendere al meglio la rinnovata norma è opportuno richiamare la originaria formulazione che prevedeva “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Non risultava, pertanto, alcun riferimento esplicito all'ambiente, la cui tutela veniva ricavata solo in via indiretta dalla menzione del “paesaggio”. Oltre all'art. 9 Cost. è stato oggetto di riforma anche l'art. 41 Cost. che all'attuale formulazione prevede che “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”. La neoformulazione dell'art. 41 Cost. prevede, dunque, l'inserimento del termine ambiente quale vincolo alla iniziativa economica e la tutela dell'ambiente tra le finalità che le attività imprenditoriali sono chiamate a perseguire. L'art. 41 Cost. mostra un'architettura che consente di individuare l'ambiente sotto un ancipite aspetto: come limite dell'attività di impresa e quale finalità della stessa. Le predette norme vanno, dunque, lette in combinato disposto e operano a suffragio dell'ambiente, quale valore fondamentale che in quanto tale merita espresso riconoscimento anche dalla Carta Costituzionale. Conclusioni
La nuova era, cd. green, si fonda sul presupposto che i pubblici poteri debbano promuovere percorsi finalizzati all'effettuazione di investimenti industriali compatibili con gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di rigenerazione dei territori.
In tal senso si colloca il potere della finanza pubblica di sanzionare le condotte dannose, imponendo al soggetto “inquinante” di riparare ai danni ambientali.
Nella medesima ottica si colloca, altresì, la funzione premiale che consiste nel riconoscimento di agevolazioni fiscali, per lo più sotto forma di credito di imposta, in favore delle imprese che investano in macchinari ecocompatibili. Per tali ragioni la finanza pubblica riveste una funzione di ancipite natura che non si limita all'effettuazione del prelievo fiscale, ma si estende al riconoscimento di agevolazioni fiscali. In linea con questo cambio di prospettiva si colloca anche la riforma degli artt. 9 e 41 Cost. da leggere in combinato disposto, quale espressione del passaggio ad una società ecocentrica, nella quale il rispetto per l'ambiente assurge a valore fondamentale. Bibliografia
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