Credito da anticipi di spesa: l’ex amministratore deve provare che il rendiconto consuntivo sia stato approvato dall'assemblea

06 Aprile 2022

Il credito dell'amministratore per il recupero delle somme anticipate nell'interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini. Pertanto, è l'amministratore che deve offrire la prova degli esborsi effettuati, trattandosi del mandatario che agisce in giudizio per il recupero delle spese e delle anticipazioni sopportate per l'esecuzione dell'incarico.
Massima

Le anticipazioni di spese relative alla conservazione e alla gestione del condominio fatte dall'amministratore uscente, allo scopo di coprire un disavanzo di cassa devono, essere sottoposte al preventivo vaglio dell'organo assembleare oppure essere oggetto di specifica deliberazione di ratifica ad hoc, atteso che non è legittima la richiesta di rimborso non corrispondente ad un'operazione contabile registrata in sede di riepilogo e approvata dalla assemblea.

Il caso

L'ex amministratore citava in giudizio il condominio chiedendo il pagamento in suo favore di una somma (oltre rivalutazione monetaria ed interessi), quale rimborso delle anticipazioni effettuate in favore dello stesso condominio durante la sua attività di amministratore e mancata corresponsione del previsto compenso professionale annuo. L'attore sottolineava che la documentazione amministrativo-contabile, rimessa (come da verbale di passaggio delle consegne) nelle mani del nuovo amministratore, fornisse contezza del suo credito nei confronti della collettività condominiale.

Il condominio - che si costituiva in giudizio - deduceva che dall'analisi della documentazione contabile emergevano plurime situazioni debitorie che l'ex amministratore aveva dolosamente taciute ai condomini, con la conseguenza che non era possibile comprendere quali somme avesse anticipato l'attore; in ogni caso i convenuti, in considerazione dell'evidente mala gestio, non volevano riconoscere alcun compenso professionale all'attore.

Il Tribunale riteneva valide le difese del condominio, rigettando la richiesta di rimborso dell'ex amministratore. Secondo lo stesso giudice siciliano, infatti, alla luce del quadro probatorio (e in particolare della CTU) era emerso il mancato assolvimento dell'onere probatorio in capo all'attore che, in spregio all'art. 2697 c.c., non aveva fornito la prova documentale delle somme di cui chiedeva la restituzione.

L'ex amministratore proponeva, quindi, appello continuando a sostenere come dai consuntivi in atti versati si evincessero le poste passive ed il disavanzo di cassa ripianato non con i versamenti effettuati dai condomini, bensì con suoi interventi economici. In merito alla mancata approvazione dei bilanci relativi al periodo in cui era in carica notava che i condomini “scaltramente” non li avevano approvati ma tale circostanza non poteva andare a danno dell'appellante, sul quale incombeva certamente l'onere del rendiconto, ma non anche quello di vedersi approvati i consuntivi. In ogni caso, pretendeva il pagamento dei compensi per l'attività svolta, rilevando che il condominio non aveva dedotto, né tanto meno dimostrato, che l'incarico fosse stato assunto a titolo gratuito, onde superare la presunzione di onerosità posta dall'art. 1709 c.c.

La questione

Si trattava, quindi, di stabilire quale fosse l'onere probatorio che gravava sull'amministratore uscente nell'àmbito del giudizio volto a conseguire la condanna del condominio al rimborso delle anticipazioni operate nel corso della gestione, nonché dei compensi non corrisposti per l'attività svolta.

Le soluzioni giuridiche

In merito alla questione del diritto al rimborso per le spese anticipate dall'amministratore uscente, la Corte d'Appello ha osservato come la difesa dell'ex amministratore abbia fatto implicito riferimento ad una risalente e superata opinione giurisprudenziale, secondo cui l'amministratore di condominio cessato dall'incarico è attivamente legittimato a proporre azione per il recupero delle somme da lui anticipate nell'interesse del condominio nel corso della sua gestione (che risultino dalla deliberazione di approvazione del rendiconto) nei confronti dei singoli condomini per le quote rispettivamente a loro carico. Tuttavia - come notano i giudici catanesi - seguendo questa opinione, la mancata approvazione del rendiconto ad opera dell'organo assembleare finirebbe per precludere all'amministratore cessato dall'incarico (reo di non aver a suo tempo richiesto al Tribunale intervento sostitutivo ex art. 1105 c.c.), il riconoscimento del credito vantato mediante il residuale esperimento di actio de in rem verso ex art. 2042 c.c.; di conseguenza la Corte etnea ha ricordato che, secondo la tesi attualmente prevalente in giurisprudenza, la (presunta) disponibilità di un amministratore a farsi carico personalmente (salvo rivalsa) di spese relative alla conservazione ed alla gestione del condominio, onde coprire disavanzi di cassa, deve essere sottoposta al preventivo vaglio dell'organo assembleare od anche essere oggetto di specifica deliberazione di ratifica ad hoc, senza che possa ritenersi sufficiente la semplice e generica approvazione dei rendiconti annuali, approvazione peraltro che nel caso esaminato non si è neppure verificata.

Sulla base di queste considerazioni, i giudici di secondo grado hanno rigettato anche l'altro motivo di appello, con cui l'appellante ha reclamato i compensi annui per lo svolgimento dell'incarico di amministratore del condominio.

Osservazioni

Riguardo al riparto dell'onere probatorio nelle controversie attinenti al rimborso delle anticipazioni, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, poiché il credito per il recupero delle somme anticipate nell'interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, l'amministratore deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condomini (e quindi il condominio) - che sono tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, ed a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell'eventuale danno - devono dimostrare di avere adempiuto all'obbligo di tenere indenne l'amministratore di ogni diminuzione (Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 2019, n. 5611; Cass. civ., sez. VI/II, 17 agosto 2017, n. 20137; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2006, n. 7498).

È, dunque, l'amministratore a dover fornire la dimostrazione dei fatti su cui fondare la propria pretesa di recupero delle spese sostenute. Tuttavia, la giurisprudenza ha più volte ribadito che il rapporto debito/credito asseritamente vantato dall'amministratore di condominio non può trovare origine dall'accettazione di documenti da parte del nuovo amministratore in sede di passaggio di consegne, competendo all'assemblea la cognizione sull'entità e necessità delle spese asseritamente anticipate dall'amministratore uscente (Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2020, n. 3859; Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 1980 n. 5759).

In particolare, i dati contabili predisposti unilateralmente dall'amministratore - verbale di consegna e bilanci portati all'approvazione dell'assemblea - non possono assumere alcuna valenza probatoria in favore dell'amministratore stesso. L'onere probatorio dell'amministratore, infatti, deve coordinarsi con la particolare natura dell'incarico gestorio svolto e del soggetto mandante, atteso che l'amministratore di condominio non ha - salvo quanto previsto dall'art. 1130 c.c. e dall'art. 1135 c.c. in tema di lavori urgenti - un generale potere di spesa, in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore.

In altre parole, l'amministratore ha anche l'onere di precisare quali pagamenti abbia effettuato e di dimostrare l'inerenza di essi ad obbligazioni da lui legittimamente contratte nell'interesse del condominio e nei limiti dei suoi poteri o su autorizzazione dell'assemblea (eventualmente, mediante approvazione del conto preventivo in cui la relativa spesa figuri), ovvero di propria iniziativa, ma ottenendo la ratifica dell'assemblea (Trib. Torino 18 gennaio 2021, n. 235). La deliberazione assembleare che approva il rendiconto consuntivo emesso dall'amministratore ha valore di riconoscimento di debito solo in relazione alle poste passive specificamente indicate.

Pertanto, ove il rendiconto evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, l'approvazione dello stesso non consente di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall'amministratore con denaro proprio, poiché la ricognizione di debito richiede un atto di volizione, da parte dell'assemblea, su un oggetto specifico posto all'esame dell'organo collegiale (Cass. civ., sez. II,14 febbraio 2017, n. 3892).

In altri termini, solo una chiara e definitiva indicazione in bilancio dell'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili può costituire idonea prova del debito dei condomini nei confronti del precedente amministratore (Cass. civ., sez. II, 28 maggio 2012, n. 8498; Trib. Roma 4 novembre 2021, n. 17133).

In tema di prova, quindi, l'amministratore potrà esercitare l'azione di ripetizione dell'indebito, solo qualora disponga del verbale recante la delibera di approvazione del rendiconto, il quale indichi, però, la contabilizzazione delle anticipazioni rese nell'interesse del condominio (Trib. Torino 16 ottobre 2020, n. 3611). Alla luce di quanto sopra, si deve pure escludere che l'ex amministratore possa reclamare i compensi annui a corrispettivo dello svolgimento dell'incarico conferitogli dal condominio sulla base della semplice e generica approvazione dei bilanci (preventivi o consuntivi) in cui i relativi importi fossero appostati.

Del resto, parallelamente in àmbito societario, è già stato chiarito che, per la determinazione della misura del compenso degli amministratori di società, è necessaria un'esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio. Conseguentemente, l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall'art. 2389 c.c., salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori (Cass. civ., sez. un., 29 agosto 2008, n. 21933).

In ogni caso, la circostanza che l'assemblea di condominio abbia anche conferito mandato al nuovo amministratore di revisionare la contabilità redatta dal precedente amministratore non può in alcun modo essere interpretata alla stregua di un mandato a riconoscere l'altrui credito ma solo di valutare la correttezza dell'operato del precedente mandatario da sottoporre all'esame dell'assemblea. Anche gli eventuali pagamenti effettuati con tale imputazione dal nuovo amministratore, che non siano stati ratificati dall'assemblea, nessun rilievo assumono nei confronti del condominio dovendosi ritenere che l'amministratore abbia agito senza potere con le conseguenze previste dall'art. 1711 c.c. (Trib. Roma 7 gennaio 2020, n. 153).

Riferimenti

Celeste - Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano, 2017;

Gatto, Amministratore (anticipazioni), in Condominioelocazione.it, 3 ottobre 2019;

Gallucci, Spetta all'amministratore di condominio uscente dare la prova del proprio credito per anticipazioni verso gli amministrati, in Dirittoegiustizia.it, 2010;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015.

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