Società semplice e Superbonus 110%

Fabio Gallio
11 Aprile 2022

Nell'ambito soggettivo del “Super-bonus” del 110%, non è ancora stato chiarito definitivamente se una società semplice che sostiene le spese per la ristrutturazione di un proprio immobile abitativo possa usufruire dell'agevolazione, la quale, ovviamente, per il principio di trasparenza, dovrebbe essere attribuita ai soci persone fisiche. Il contributo ripercorre gli orientamenti di dottrina e prassi.
Premessa

L'art. 119 del d.l. n. 34/2020 ("Decreto Rilancio") ha introdotto nuove disposizioni che aumentano al 110% la detrazione delle spese sostenute a fronte di specifici interventi (c.d. "superbonus"). Le nuove disposizioni si affiancano a quelle già vigenti che disciplinano le detrazioni spettanti per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici nonché per quelli di recupero del patrimonio edilizio, inclusi quelli antisismici.
Le tipologie e i requisiti tecnici degli interventi oggetto del Superbonus sono indicati nei commi da 1 a 8 del citato art. 119 del decreto Rilancio, mentre l'ambito soggettivo di applicazione del beneficio fiscale è delineato nei successivi commi 9 e 10.

In tali disposizioni, non risultano essere indicate le società semplici.

Per questo motivo, ci si è posti subito il dubbio se gli immobili detenuti da tali soggetti possano usufruire di codesta agevolazione, dal momento che si tratta di una tipologia di società molto particolare, sia dal punto di vista giuridico, sia da quello tributario, come si cercherà di esporre di seguito.

Fonte: IlSocietario.it

La società semplice

La società semplice (artt. 2251 - 2290 c.c.) è un'organizzazione societaria elementare, utilizzata per l'esercizio di attività lucrativa non commerciale, ossia di un'attività che - seppur economica (art. 2247 c.c.) e quindi produttiva e caratterizzata dalla finalità di lucro (Cfr. Corte Giust. UE, sez. VII, 4 ottobre 2012, causa C-502/11) - non deve qualificarsi come commerciale ai sensi dell'art. 2195 c.c.

In buona sostanza, in quanto società, il contratto sociale della società semplice affonda le radici nell'art. 2247 c.c., per cui i soci conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili.

L'art. 2249, comma 2, c.c., specifica poi che le società che esercitano un'attività commerciale devono utilizzare un tipo diverso dalla società semplice.

L'assenza di commercialità fa, quindi, della società semplice un unicum nel più vasto panorama dei tipi societari previsti dal nostro ordinamento societario.

In merito all'utilizzo della società semplice per la detenzione di beni patrimoniali è doveroso citare alcuni studi del Consiglio nazionale del Notariato (n. 69-2016/I, n. 73-2016/I e n. 92-2016/T), che hanno sdoganato definitivamente la società semplice, nel caso in cui essa venga utilizzata come “società contenitore”, ossia come una società il cui oggetto sociale consista nel godimento di beni (immobili, partecipazioni, ecc.) che costituiscono il suo patrimonio sociale.

Per quanto riguarda la figura del socio di società semplice, lo stesso viene definito come titolare di una quota della società e, partecipando ai risultati della gestione "comune" dell'ente societario, è titolare:

  • da un lato, del diritto di percepire gli utili realizzati dalla società;
  • dall'altro, dell'obbligo di concorrere alle perdite eventualmente subìte dalla stessa.

Come previsto dall'art. 2262 c.c. e salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto. Al contrario, nulla è previsto per le perdite, rispetto alle quali non si ha una ripartizione periodica, incidendo queste direttamente sul valore della singola quota.

In ogni caso le modalità attraverso cui ripartire gli utili e le perdite tra i soci possono essere stabilite, tenendo conto del divieto del patto leonino sancito dall'art. 2265 c.c., in base a:

  • criteri individuati dai soci nel contratto sociale;
  • criteri di ripartizione rimessi alla determinazione di un terzo;
  • criteri determinati dalla legge.

In tale ultimo caso trovano applicazione i seguenti criteri legali di ripartizione:

  • le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti (art. 2263, comma 1, primo periodo, c.c.);
  • se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, dette parti si presumono uguali (art. 2263, comma 1, c.c.);
  • se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione alle perdite (art. 2263, comma 3, c.c.).

Esposte queste brevi considerazioni in merito alla disciplina civilistica della società semplice, è opportuno soffermarsi anche sul relativo regime fiscale.

Regime fiscale

Ai sensi dell'art. 5 del TUIR il reddito prodotto dalla società semplice è imputato per trasparenza ai soci in proporzione alla quota di partecipazione agli utili e indipendentemente dall'effettiva percezione (principio di trasparenza e di competenza).

Il reddito imputato al socio per trasparenza è “reddito di partecipazione”, e pertanto mantiene la stessa qualificazione che ha in capo alla società semplice, ovvero rientra in una delle categorie tra quelle indicate all'art. 6 del TUIR.

Ciò troverebbe conferma in un recente chiarimento fornito dall'Agenzia delle entrate che ha sostenuto che, sulla base di quanto chiarito nella circolare 13 febbraio 2006, n. 6/E, il reddito di partecipazione non costituisce un'autonoma categoria reddituale ma assume la natura della categoria reddituale da cui trae origine (Agenzia delle Entrate, risp. interpello 8 ottobre 2021, n. 689). Pertanto, la cessione di un'unità immobiliare da parte di una società semplice e detenuta da più di cinque anni genera una plusvalenza non imponibile ai sensi dell'art. 67, comma 1, lett.b), del TUIR. Tenuto conto che le somme corrisposte ai soci in sede di liquidazione derivano dalla cessione dell'immobile detenuto da più di cinque anni, le stesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile dei soci.

Non potendo svolgere attività commerciale (risp. interpello Direzione regionale Piemonte dell'Agenzia delle Entrate 7 aprile 2017, n. 901-171), i redditi conseguiti dalla società semplice possono essere redditi fondiari (locazione immobili), redditi diversi (cessione immobili e/o partecipazioni) o di capitale (dividendi e interessi derivanti dal possesso di partecipazioni e altre attività finanziarie); per gli eventuali effetti fiscali connessi al disconoscimento della qualifica di società non svolgente attività commerciale, si veda lo studio del Notariato n. 92-2016/T.

Va ricordato che, a differenza delle altre società (di persone e di capitali), la società semplice non dovrebbe essere considerata soggetto passivo IRAP, e alla stessa non è applicabile la disciplina delle società di comodo: la circ. 4 giugno 1998, n. 141/E, ha negato la soggettività passiva IRAP per le società semplici immobiliari con unica attività di locazione immobili, perché l'attività non sarebbe svolta in forma associata; diversamente, per le società semplici che svolgono attività professionale, la Corte di Cassazione ne sancisce la soggettività ad IRAP, al pari delle associazioni professionali.

A partire dal 1° gennaio 2020 anche le società semplici sono tenute ad assolvere l'IVIE e l'IVAFE sugli immobili, sui prodotti finanziari, sui conti correnti e sui libretti di risparmio detenuti all'estero (si veda il nuovo art. 4 del D.L. 28 giugno 1990, n. 167 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227).

Alle plusvalenze di natura finanziaria realizzate dalle società semplici si applicano le regole del regime dei c.d. capital gain, previsto per i contribuenti IRPEF non imprenditori. Pertanto, con riferimento ai redditi diversi realizzati dal 1° gennaio 2019, per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni (qualificate e non qualificate) si applica l'imposta sostitutiva del 26%.

Si deve, però, evidenziare che, nel caso in cui la società semplice dovesse cedere una o più delle sue partecipazioni, o dei suoi terreni edificabili e con destinazione agricola, la società semplice può avvalersi della possibilità di beneficiare delle norme sulla c.d. rivalutazione di partecipazioni o terreni (ai sensi della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ormai quasi annualmente prorogate), che, nell'ultima versione della normativa, prevede una tassazione sostitutiva dell'11% (art. 1, commi 693 e 694, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).

Qualora il costo rideterminato sia pari al prezzo di cessione, l'operazione di cessione della partecipazione detenuta dalla società non genera una plusvalenza imponibile ai sensi dell'art. 67, comma 1, lett. c-bis).

In questo caso, come precisato dall'Agenzia delle entrate, la conseguente distribuzione ai soci delle somme derivanti dalla predetta cessione non darebbe luogo a tassazione in capo al socio, in quanto le somme attribuite derivano dalla cessione di una partecipazione che ha determinato la realizzazione da parte della società semplice di un reddito diverso di natura finanziaria pari a zero (risp. interpello 28 ottobre 2021, n. 754).

Sempre con riguardo ai soci della società semplice, la tassazione dei componenti positivi e negativi derivanti dalla cessione delle quote della società semplice è regolata dagli artt. 67 e 68 del TUIR (come per le partecipazioni detenute in altri tipi di società), con l'avvertenza che – nel caso di quote detenute da socio di società di capitali - non si applica la participation exemption (essendo espressamente esclusa per le società semplici dal primo comma dell'art. 87 del TUIR) e, quindi, le plusvalenze e minusvalenze saranno, rispettivamente, integralmente imponibili e integralmente deducibili.

Infine, per quanto riguarda la tassazione dei dividendi incassati dai soci tramite la società semplice, si ricorda che l'art. 28 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40), riformando il regime fiscale introdotto dal D.L. 26 ottobre 2019, n. 124 (convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157), ha eliminato alcuni aspetti asistematici, derivanti da vari interventi legislativi non sempre tra loro coordinati.

In specie, l' art. 32-quater del D.L. n. 124/2019 ha stabilito che i dividendi corrisposti alle società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci, con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale. In sostanza la società semplice era considerata soggetto trasparente, per cui il dividendo andava imputato direttamente ai suoi soci, secondo la quota di partecipazione ai redditi spettante, con un approccio “look through”, ma limitatamente ai dividendi di fonte italiana e nei limiti della quota imputabile a soci residenti in Italia.

In sintesi, per gli utili distribuiti alle società semplici, dalle società di capitali, e dagli enti commerciali e non commerciali residenti in Italia, il regime fiscale era il seguente:

  • gli utili imputabili a soggetti tenuti all'applicazione dell'art. 89 del TUIR (società di capitali ed enti commerciali residenti), sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo per il 95% del loro ammontare;
  • gli utili imputabili a soggetti tenuti all'applicazione dell'art. 59 del TUIR (imprenditori individuali, società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti in Italia), sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo, nella misura del 41,86% del loro ammontare, nell'esercizio in cui sono percepiti;
  • gli utili imputabili alle persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni non detenute in regime d'impresa sono soggetti a ritenuta a titolo d'imposta nella misura prevista dall'art. 27, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

La norma, come modificata a seguito dell'art. 32-quater del D.L. n. 124/2019, presentava varie criticità, tra cui la principale era la non applicazione di tale disciplina ai dividendi di fonte estera e ai dividendi di fonte italiana ma imputabile a soggetti non residenti, il che poteva costituire violazione del principio di libertà di circolazione dei capitali (fra gli altri, M. Piazza, Dividendi a società semplici, tassati direttamente i soci, in Il Sole 24 Ore, 4 dicembre 2019; R. Michelutti - S. Massarotto, Utili a società semplice, resta il problema non residenti, ivi, 10 dicembre 2019; e F. Nobili - M. Piazza, Società semplici, sui dividendi decisiva la ritenuta, ivi, 16 dicembre 2019).

Il nuovo decreto interviene anche su questa disposizione, eliminando le incoerenze delle varie disposizioni succedutesi nel tempo e criticate dalla dottrina (cfr. anche quanto sostenuto da Assonime nella circ. 20 marzo 2020, n. 3).

Viene così fissata una regola per cui i dividendi corrisposti alle società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci, con applicazione del regime fiscale corrispondente (c.d. “approccio look through”).

Con riferimento a tale problematica, l'Agenzia delle Entrate ha recentemente sancito (risposta ad interpello n. 822 del 17 dicembre 2021) che una società semplice non può partecipare, anche se con soci persone fisiche, all'istituto della trasparenza fiscale ex art. 116 del TUIR, la quale comporta l'imputazione dei redditi della società trasparente direttamente ai soci, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili posseduta da ciascuno di essi ed a prescindere dall'effettiva percezione, con la conseguenza che - come chiarito dalla circolare n. 49/E del 2004 (paragrafo 3.10) - gli utili maturati in regime di trasparenza non concorrono a formare il reddito dei soci, anche qualora siano distribuiti dopo la vigenza dell'opzione per la trasparenza e anche ove eccedano il reddito imputato per trasparenza.

Secondo la tesi erariale, l'adesione al regime della trasparenza fiscale comporterebbe che gli utili prodotti dalla medesima istante ricadrebbero nella suesposta irrilevanza fiscale, il che sarebbe in contrasto con le finalità dell'articolo 32-quater sopracitato, a mente del quale gli utili distribuiti alla società semplice si intendono percepiti (e sono dunque tassati) in capo ai rispettivi soci.

A questo punto è possibile soffermarsi sui motivi per cui si ritiene corretto sostenere che anche gli immobili detenuti da società semplici possono godere del “Super-bonus”.

Il “Superbonus” e la società semplice

È necessario ricordare che, per quanto riguarda l'ambito soggettivo, il Superbonus si applica agli interventi effettuati:

a) dai condomìni e dalle persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche;

b) dalle persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, su unità immobiliari, salvo quanto previsto al comma 10;

c) dagli istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di "in house providing" per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica;

d) dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa, per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci;

d-bis) dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'art. 10 del d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'art. 6 della l. 11 agosto 1991, n. 266, e dalle associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano previsti dall'art. 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383;

e) dalle associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte nel registro istituito ai sensi dell'art. 5, comma 2, lettera c), d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, limitatamente ai lavori destinati ai soli immobili o parti di immobili adibiti a spogliatoi.

Dal momento che la legge non ha esplicitamente indicato le società semplici tra i soggetti deputati ad usufruire del “Super-bonus”, la Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 30/E del 22 dicembre 2020, paragrafo 2.1.3, ha ammesso la possibilità di fruire dell'agevolazione Superbonus 110% per interventi eseguiti su immobili rurali ad uso abitativo, ma, da come è stata formulata la questione, sembrerebbe che ciò possa avvenire se tali immobili sono stati assegnati a soci, amministratori nonché dipendenti esercenti attività agricola nell'azienda ed “in presenza di un idoneo titolo al momento di avvio dei lavori o al momento del sostenimento delle spese, se antecedente il predetto avvio”.

Risulta, pertanto, controversa la possibilità di usufruire dell'agevolazione di cui all'art. 119 del D.L. n. 34/2020 qualora sia la società semplice istante a sostenere le spese e l'immobile non sia assegnato ai suddetti soggetti in forza di un titolo idoneo.

La risposta in senso positivo a tale controversa questione dovrebbe essere individuata nelle istruzioni al modello REDDITI SP 2021, nella sezione dedicata alla compilazione del rigo RN17, secondo le quali la detrazione spetta anche alla società semplice, in quanto, a pagina 123 delle stesse, è affermato che: “L'art. 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 e successive modifiche (nel prosieguo, i commi richiamati si riferiscono all'art. 119 ove non diversamente specificato) ha previsto che, per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente di cui al comma 9 (ad esempio, società semplici agricole – cfr. circolare 30/E del 22 dicembre 2020), sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, la detrazione di cui all'art. 14 del decreto-legge n. 63 del 2013, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, si applica nella misura del 110 per cento[…].

Anche recentemente l'Agenzia delle Entrate (Circolare n. 7 del 25 giugno 2021) ha ribadito che la società semplice può usufruire dell'agevolazione, che poi a sua volta trasmette per trasparenza ai soci, e non è richiesto un titolo per l'uso in capo agli stessi soci persone fisiche. È solo necessario che gli interventi vengano svolti su fabbricati abitativi.

Infatti, a pag. 443 della Circolare n. 7 citata, è specificato che “possono inoltre accedere al Superbonus:

  • i titolari dell'impresa agricola, gli altri soggetti (affittuari, conduttori, ecc.), i soci o gli amministratori di società semplici agricole (persone fisiche) con qualifica di imprenditori agricoli professionali, nonché i dipendenti esercenti attività agricole nell'azienda, hanno diritto alla detrazione del 110 per cento a condizione che gli interventi siano effettuati su fabbricati rurali ad uso abitativo e, pertanto, diversi dagli immobili rurali “strumentali” necessari allo svolgimento dell'attività agricola”.

Del resto, come riportato dalla stampa specializzata, le società semplici si caratterizzano per la loro autonomia patrimoniale «imperfetta», giacché delle obbligazioni sociali rispondono, non solo il patrimonio sociale, ma anche i patrimoni dei singoli soci che hanno agito in nome e per conto della società, determinando, di fatto, una vera e propria assenza dello schermo societario e, in ulteriore subordine, quelli di tutti gli altri soci, e per il semplice fatto che, ai fini fiscali, detti soggetti giuridici sono destinati esclusivamente all'esercizio di attività «non» qualificabili d'impresa (agricole e/o professionali).

A conferma che il soggetto destinatario dell'agevolazione non è la società semplice, ma il socio di riferimento, si deve ricordare che tale principio è stato fatto proprio, come sopra esposto, dal legislatore recentemente con l'art. 28 d.l. n. 23 dell'8 aprile 2020 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 5 giugno 2020, n. 40), in forza del quale è stato riformato il regime fiscale dei dividendi percepiti dalle società semplici, precedentemente introdotto dal d.l. n. 124 del 26 ottobre 2019: per effetto di tali modifiche è stato fissato un criterio di trasparenza fiscale “pura” della società semplice, con la previsione per cui gli utili percepiti siano tassati direttamente in capo ai soci secondo il regime fiscale degli stessi soci e non quello della società, fissando, in tal modo, una regola per la quale i dividendi corrisposti alle società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci, con applicazione del regime fiscale agli stessi applicabile (c.d. “approccio look through”), rafforzando, quindi, il concetto che la società semplice non possa rappresentare uno schermo societario.

In altri termini, il legislatore ha voluto rendere applicabile la stessa disciplina fiscale che si sarebbe applicata nel caso in cui i soci avessero percepito direttamente il dividendo.

Ciò permetterebbe di sostenere che la società semplice è uno strumento giuridico che, diversamente dalle altre società di persone, le quali esercitano attività di impresa, rende fiscalmente irrilevante l'interposizione dello schermo societario e consente di applicare le varie agevolazioni in funzione della tipologia di socio.

Conseguentemente, nel caso in cui la società semplice sia partecipata da persone fisiche, che rientrano tra i soggetti deputati ad accedere al super bonus del 110%, l'agevolazione è usufruibile, in quanto è come fosse direttamente il socio persona fisica a poterlo fare.

Pertanto, la lettura corretta da dare alle istruzioni è quella di attribuire la fruibilità del 110% ai soci delle società semplici, anche se non sostengono le spese e non detengono l'immobile in forza di un titolo.

E tutto quanto sopra sarebbe in linea con la stessa struttura della società semplice, giacché la detrazione, per trasparenza, viene assegnata al vero destinatario della detrazione maggiorata (socio della società), come, peraltro, puntualmente precisato nella chiusura del quesito inserito nel documento di prassi richiamato anche dalle istruzioni (Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 30/E/2020, risposta 2.1.3).

Se tale tesi fosse confermata, qualora le spese riguardanti gli interventi edilizi siano sostenute dalla società semplice, la relativa detrazione spettante sarebbe attribuita pro-quota ai soci come disciplinato dall'art. 5 del T.U.I.R.: “I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”.

Inoltre, come precisato dalla stessa Agenzia delle Entrate a commento di altri crediti d'imposta concessi a favore di una società semplice, 'attribuzione ai soci del credito maturato in capo alla società non configura un'ipotesi di cessione del credito d'imposta, ma ne costituisce una particolare forma di utilizzo (Risposta ad interpello n. 817 del 16 dicembre 2021).

In tal caso, la relativa detrazione sarebbe imputata in relazione alla quota di partecipazione agli utili ai diversi soci della società semplice.

Quanto indicato al precedente capoverso emerge chiaramente da una risposta ad interpello (la n. 303 del 23 luglio 2019) dell'Agenzia delle Entrate in cui l'istante “rappresentava di essere in procinto di acquistare a titolo gratuito da un socio, della medesima società di cui fa parte, un credito corrispondente alla detrazione IRPEF a lui spettante pro-quota per le spese sostenute nel 2018 dalla società semplice per gli interventi di riqualificazione energetica ex art. 1, commi 344 ss. della legge n. 296/2006 e successive modificazioni e integrazioni.”.

L'Agenzia delle Entrate, nel merito dell'interpello sopra citato, ha risposto che: “nel caso in esame l'istante rappresenta di “far parte” di una società semplice che nell'anno 2018 ha sostenuto spese per interventi di riqualificazione energetica e di essere in procinto di acquistare il credito corrispondente alla detrazione a lui spettante pro-quota. Chiede pertanto se:

  • il credito corrispondente alla detrazione spettante pro-quota ad un socio possa essere ceduto a titolo gratuito ad un altro socio della medesima società;
  • la cessione del predetto credito possa avvenire anche a favore di soci nudi proprietari della società.

Al riguardo, si ritiene che il collegamento con il rapporto che ha dato origine alla detrazione, necessario ai fini della cedibilità del credito corrispondente alla detrazione di cui al citato art. 14 del D.lgs. 63/2013 possa essere ravvisato anche nella partecipazione alla medesima compagine societaria. Per effetto di tale collegamento, il socio della società di persone che ha diritto pro-quota alla detrazione per le spese sostenute dalla società per interventi di riqualificazione energetica potrà, quindi, cedere ad un altro socio della medesima società il credito corrispondente alla predetta detrazione”.

Considerazioni conclusive

Secondo, però, altra tesi, la società semplice, non essendo indicata tra i soggetti deputati ad usufruire del 110%, potrebbe fruire del Superbonus, nel rispetto delle ulteriori condizioni previste dalla norma, esclusivamente in relazione alle spese sostenute per interventi effettuati sulle parti comuni degli edifici in condominio.

Il Superbonus, infatti, spetta a tutti i singoli condòmini che sostengono le relative spese, a prescindere dalla loro natura giuridica e, quindi, a prescindere dal fatto che siano persone fisiche o meno, e indipendentemente dalla tipologia della singola unità immobiliare ferma restando la prevalenza della destinazione residenziale della superficie nel suo complesso.

In altri termini, fuori dal caso del condominio, la società non potrebbe usufruire direttamente del bonus. Al contrario, se l'immobile è concesso in comodato ai soci persone fisiche, il bonus sarebbe usufruito da tali soggetti (si veda la recente risposta ad interpello n. 62 del 1° febbraio 2022).

Tale tesi, però, non tiene contro che, come si è cercato di sostenere nei precedenti paragrafi la società semplice è uno strumento giuridico che, diversamente dalle altre società di persone, le quali esercitano attività di impresa, rende fiscalmente irrilevante l'interposizione dello schermo societario e consente di applicare le varie agevolazioni in funzione della tipologia di socio (nel caso specifico super bonus 110%).

In via generale, i contribuenti che possiedono e/o coltivano terreni devono compilare il quadro A del modello Redditi 2021 per dichiarare i redditi dominicali e quelli agrari; qualora i contribuenti siano in possesso della qualifica di Imprenditore agricolo professionale (Iap) o coltivatori diretto (Cd), i redditi vanno comunque dichiarati ma, diversamente, non sono oggetto di tassazione.

L'esenzione da Irpef sopra detta spetta alle persone fisiche in possesso della qualifica agricola anche se soci di società semplice. In questo caso, la società deve barrare la casella 10 del quadro RA del modello Reddito SP e i redditi dominicale e agrario, rispettivamente rivalutati dell'80 e del 70%, vanno indicati nelle colonne 13 e 14 del rigo RA1; l'ulteriore rivalutazione del 30% non si applica considerato che la società è Iap. Diversamente, i soci di società agricole costituite nella forma di S.n.c., S.a.s. e S.r.l. trasparenti che hanno optato per la tassazione catastale (articolo 1, comma 1093, Legge n. 296/2006) non possono, invece, fruire dell'esonero (Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 8 del 7 aprile 2017, paragrafo 9).

Pertanto, anche in questo caso, si evince che le società semplici si caratterizzano per la loro autonomia patrimoniale «imperfetta», giacché delle obbligazioni sociali rispondono, non solo il patrimonio sociale, ma anche i patrimoni dei singoli soci che hanno agito in nome e per conto della società, determinando, di fatto, una vera e propria assenza dello schermo societario e, in ulteriore subordine, quelli di tutti gli altri soci, e per il semplice fatto che, ai fini fiscali, detti soggetti giuridici sono destinati esclusivamente all'esercizio di attività «non» qualificabili d'impresa (agricole e/o professionali).

Infatti, come recentemente confermato dall'Agenzia delle Entrate (così la risposta ad interpello n. 689 dell'8 ottobre 2021), la società semplice si differenzia dalle altre società di persone, con le quali, tuttavia, condivide il regime di imputazione dei redditi per trasparenza ex art. 5 del Tuir.

La società semplice, infatti, determina il proprio reddito imponibile quale sommatoria delle singole categorie di reddito indicate nell'articolo 6 del Tuir. Ciò significa che i redditi prodotti dalla società semplice sono qualificati in ragione della loro fonte di produzione e concorrono al reddito complessivo come sommatoria dei redditi appartenenti a ciascuna categoria reddituale al netto degli oneri deducibili, con esclusione dei redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o di imposta sostitutiva e dei redditi esenti (cfr. art. 3 del Tuir). Il reddito complessivo così determinato è dichiarato con propria dichiarazione dalla società semplice quale autonomo centro di imputazione di situazioni giuridicamente rilevanti, ma l'assoggettamento ad imposta avviene - in forza del principio di imputazione per trasparenza di cui all'art. 5 del Tuir - direttamente in capo a ciascun socio in proporzione alla propria quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dall'effettiva percezione dello stesso. La netta distinzione tra il momento dell'assoggettamento ad imposta di tale reddito direttamente in capo al socio e il momento della percezione materiale dello stesso comporta che le successive movimentazioni di redditi già tassati rappresentino mere movimentazioni patrimoniali, prive di qualsiasi rilevanza ai fini impositivi.

In particolare, viene stabilito che il regime fiscale applicato alla società semplice si trasferisce ai soci, come se fossero gli stessi ad avere prodotto il relativo reddito (nel caso di specie si tratta di una cessione di un immobile detenuto dalla società semplice da più di cinque anni e per questo motivo, non soggetto a tassazione, né in capo alla società, né ai soci ai sensi dell'art. 67, comma 1, lett. b), del Tuir).

Pertanto, così come per la determinazione del reddito ai soci la società semplice è solo un centro di imputazione, così la stessa società lo deve essere per i crediti d'imposta, come lo è il Superbonus del 110%.

Tale interpretazione avrebbe anche il pregio di rendere applicabile l'agevolazione nel caso in cui in un edificio, interamente posseduto dalla società semplice, siano presenti più unità immobiliari.

In merito, si ricorda che la “nuova” lett. a) del comma 9 dell'art. 119 d.l. n. 34/2020, modificata dall'art. 1 comma 66 della L. n. 178/2020, ammette ora tra gli interventi agevolati anche quelli effettuati da persone fisiche “su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche”.
In sostanza, l'accesso al “Superbonus” è consentito anche per gli edifici composti da più unità immobiliari (ma nel limite di quattro) ancorché non costituite in condominio.
Ne consegue che, se l'edificio interamente posseduto da un'unica persona fisica, o da più persone fisiche in comproprietà pro indiviso, è composto da 5 o più unità immobiliari distintamente accatastate, le spese sostenute per gli interventi agevolati effettuati sulle sue parti comuni non possono beneficiare del superbonus al 110%.

È sorto il dubbio di come di deve conteggiare il limite delle quattro unità.

Come rilevato dal Notariato, nel conteggio delle unità immobiliari non dovrebbero rientrare le pertinenze. Ad esempio, se un “edificio è composto da tre unità immobiliari abitative, distintamente accatastate, da una cantina e da un box auto, deve ritenersi possibile fruire della detrazione del 110 per cento anche se il proprietario è unico” (. Studio n. 27-2021/T del 16 marzo 2021).

L'orientamento espresso dal notariato ha trovato per fortuna conferma in un documento di prassi dell'Agenzia delle Entrate, la quale, con una risposta ad interpello (la n. 242 del 13 aprile 2021) ha precisato quanto segue “si precisa che la lett. n), del citato comma 66 dell'art.1 della Legge di Bilancio 2021 ha modificato il predetto comma 9, lett. a) dell'art. 119 del decreto Rilancio, prevedendo che il Superbonus si applica anche agli interventi effettuati «dalle persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche».
Per effetto della modifica sopra indicata, pertanto, l'agevolazione spetta anche se gli interventi sono realizzati su edifici non in condominio in quanto composti da più unità immobiliari (fino a 4) di un unico proprietario o in comproprietà. Al riguardo, si precisa che, in assenza di specifiche indicazioni nella norma, ai fini del computo delle unità immobiliari, le pertinenze non vanno considerate autonomamente anche se distintamente accatastate”.

Seguendo l'interpretazione secondo la quale è la società semplice il soggetto che, essendo l'unico proprietario dell'edificio, può usufruire del c.d. “Super-bonus”, è possibile sostenere che ciò sia possibile anche quando sia l'unico proprietario dell'edificio, purchè le unità abitative non siano più di quattro.

In caso contrario, si rischierebbe di fare perdere l'opportunità ai soggetti che detengono immobili tramite società semplici, dal momento che, in tale ipotesi, non si è in presenza di un condominio (secondo la disciplina prevista dagli artt. da 1117 a 1139 c.c.), essendo la società semplice agricola proprietaria di tutte le unità immobiliari costituenti l'edificio.

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