Scioglimento e liquidazione delle società

13 Aprile 2022

L'Autore analizza gli istituti dello scioglimento e della liquidazione delle società di capitali alla luce degli orientamenti dottrinali e della giurisprudenza più recente. Particolare attenzione viene dedicata alla definizione della nozione di liquidazione ed ai diritti ed obblighi che persistono anche dopo lo scioglimento della società.
Cause di scioglimento delle società di capitali

Le società di capitali possono sciogliersi per molti motivi. Il codice civile (art. 2484 c.c.) individua tra le cause di scioglimento:

  • il decorso del termine,
  • il conseguimento dell'oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (a meno che l'assemblea, appositamente convocata, non deliberi le opportune modifiche statutarie),
  • l'impossibilità di funzionamento o la continuata inattività dell'assemblea,
  • la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale (salvo quanto disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter c.c.. In tema, l'art. 6 del D.L. 23/2020, conv. con L. 40/2020, ha previsto che nel periodo compreso tra il 9 aprile 2020 ed il 31 dicembre 2020, qualora risulti che il capitale sia diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, non si applichino le disposizioni di cui agli articoli 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6 e 2482-ter c.c. Ha previsto inoltre che non operi la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui all'art. 2484, comma 1, n. 4) c.c. - tale norma prevede che le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si sciolgono per la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale - e di cui all'art. 2545-duodecies c.c. in tema di scioglimento delle società cooperative, a prescindere da quale sia la data di riferimento del bilancio di esercizio o della situazione patrimoniale infra annuale, dai quali emergono le predette perdite).
  • le ipotesi previste dagli articoli 2437-quater c.c., in merito al procedimento di liquidazione, e 2473 c.c. sul recesso del socio nelle s.r.l.,
  • la deliberazione dell'assemblea,
  • infine le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto.

Le società di capitali possono, inoltre, sciogliersi in tutti i casi previsti dalla legge.

Nozione di liquidazione

Il verificarsi di una causa di scioglimento non implica che la società si estingua automaticamente, sic e simpliciter. Prima dell'estinzione, infatti, è necessario porre in essere tutte quelle attività, cosiddette liquidatorie, tra le quali il pagamento dei debiti e la riscossione dei crediti, essenziali per la conversione del patrimonio in denaro e, tramite questa via, per la sua distribuzione ai soci. Sempre che, beninteso, un patrimonio netto, cioè depurato dai debiti, ancora ci sia.

La migliore dottrina ha specificato che la liquidazione altro non è che uno stadio di transizione tra lo scioglimento della società e la cessazione della sua attività durante il quale la società continua ad esistere al solo fine di regolare i propri affari (Fiorentino, in Riv. Trimestr. 1949, 637, n. 2). La liquidazione si appalesa pertanto come un processo di disgregazione della società o di riconversione del patrimonio sociale in denaro, al fine di soddisfare gli eventuali creditori e ripartire il residuo tra i soci (Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, Giuffrè, 1954). Va da sé che essa culmini con la ripartizione del patrimonio netto. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte la messa in liquidazione di una società non determina un mutamento della personalità giuridica della stessa, né tanto meno la sostituzione di un soggetto di diritto ad un altro, ma semplicemente la modifica dell'oggetto sociale che, per effetto della liquidazione, è ora diretto alla liquidazione dell'attivo ed alla sua ripartizione tra i soci, previa soddisfazione dei creditori sociali. Pertanto, vi è continuità tra la società prima e dopo la messa in liquidazione, sì che gli atti compiuti prima di essa continuano a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti della società (Cass. Civ., sez. I, 19 dicembre 2008, n. 29776). Una volta terminata, però, la liquidazione ed estinta la società si verifica anche l'estinzione della personalità giuridica della società stessa (Messineo, op. cit.).

Poteri e obblighi degli amministratori

La sussistenza o meno di una causa di scioglimento della società deve essere individuata dai suoi amministratori. Sono infatti questi ad avere l'obbligo, ai sensi dell'art. 2485 c.c., di accertare se esista o meno una causa di scioglimento della società e, in caso positivo, di procedere all'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese sia della dichiarazione con cui hanno accertato la causa di scioglimento sia della deliberazione dell'assemblea che l'ha sancita. Tale adempimento è molto importante perché gli effetti dello scioglimento si determinano dalla data di tali iscrizioni. Conseguentemente, gli amministratori, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi. Va comunque precisato che la società può sempre eliminare la causa di scioglimento della società e per tale via revocare lo stato di liquidazione.

Sulla base dell'art. 2487 c.c., contestualmente all'accertamento della causa di scioglimento gli amministratori, se non vi ha già provveduto l'assemblea e se l'atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, devono convocare l'assemblea dei soci affinché deliberi sul numero dei liquidatori e sulle regole di funzionamento del collegio in caso di pluralità di liquidatori; sulla nomina dei liquidatori, con indicazione di quelli cui spetta la rappresentanza della società; sui criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione; sui poteri dei liquidatori, con particolare riguardo alla cessione dell'azienda sociale, di rami di essa, ovvero anche di singoli beni o diritti, o blocchi di essi; sugli atti necessari per la conservazione del valore dell'impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, anche di singoli rami, in funzione del migliore realizzo. Il codice civile (art. 2487-bis c.c.) prevede inoltre che la nomina dei liquidatori e la determinazione dei loro poteri, comunque avvenuta, nonché le loro modificazioni, devono essere iscritte, a loro cura, nel registro delle imprese e che alla denominazione sociale venga aggiunta l'indicazione trattarsi di società in liquidazione.

Gli amministratori conservano il potere di gestire la società fino al momento della consegna ai liquidatori dei libri sociali (nonché di una situazione dei conti alla data di effetto dello scioglimento e di un rendiconto sulla loro gestione relativo al periodo successivo all'ultimo bilancio approvato). Il potere di gestione è però limitato alla conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale. Va da sé che essi siano personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi.

Poteri e obblighi dei liquidatori

La giurisprudenza di legittimità ha specificato che lo statuto legale dei liquidatori delle società di capitali (e delle società cooperative) non è identico a quello degli amministratori, posto che i poteri di questi ultimi si presumono in base alla legge mentre quelli dei secondi devono risultare dalla deliberazione dell'assemblea che li ha nominati (Cass. civ., I, 14 giugno 2016, 12273, secondo cui il potere dei liquidatori di deliberare la proposta e le condizioni di un concordato preventivo ai sensi dell'art. 152, comma 2, lett. b), l. fall., non può ritenersi compreso nell'atto di nomina degli stessi, né può rientrare tra gli atti utili per la liquidazione della società di cui all'art. 2489, comma 1, c.c., ma deve essere loro specificamente attribuito dall'assemblea ex art. 2487, comma 1, lett. c, c.c.). I liquidatori hanno infatti il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società se in sede di nomina i loro poteri non siano stati limitati o comunque diversamente specificati; e salvo sempre che lo statuto non disponga diversamente. Come ha chiarito la Corte di Cassazione, (solo) nel caso in cui l'assemblea che ha deliberato lo scioglimento della società e la nomina del liquidatore non abbia determinato i poteri attribuiti a quest'ultimo alla stregua delle indicazioni contenute nell'art. 2487, comma 2, c.c., il liquidatore è investito, giusta l'art. 2489, comma 1, c.c., del potere di compiere ogni atto utile per la liquidazione della società (Cass. civ., Sez. I, 1 giugno 2017, n. 13867). Ancora, i liquidatori devono adempiere i loro doveri con la professionalità e con la diligenza richieste dalla natura dell'incarico e la loro responsabilità per i danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri è disciplinata secondo le norme in tema di responsabilità degli amministratori. A questo proposito la Suprema Corte ha sottolineato come il liquidatore di società di capitali abbia il dovere di procedere a un'ordinata liquidazione del patrimonio sociale, pagando i debiti secondo il principio della par condicio creditorum, pur nel rispetto dei diritti di precedenza dei creditori aventi una causa di prelazione. In particolare - ha specificato la Corte - egli ha l'obbligo di accertare la composizione dei debiti sociali e di riparare eventuali errori od omissioni commessi dagli amministratori cessati dalla carica nel rappresentare la situazione contabile e patrimoniale della società, riconoscendo debiti eventualmente non appostati nei bilanci e graduando l'insieme dei debiti sociali, dopo averli verificati, in base ai privilegi legali che li assistono, il pagamento dei quali deve avvenire prima di quello dei crediti non garantiti da cause di prelazione. Ne consegue che il danno da risarcire al creditore che sia stato soddisfatto in percentuale inferiore a quella di altri creditori di pari grado equivale all'importo che egli avrebbe avuto diritto di ricevere ove il liquidatore avesse correttamente applicato il principio della par condicio creditorum (Cass. Civ., Sez. III, 15 gennaio 2020, n. 521, in questo portale con nota di Cappelletti).

Tra i primi compiti spettanti ai liquidatori vi è quello di redigere il bilancio e di presentarlo per l'approvazione all'assemblea o ai soci (nell'ipotesi disciplinata dal terzo comma dell'art. 2479, comma 3, c.c.), nei termini previsti per il bilancio di esercizio della società. Tale adempimento è fondamentale: se, infatti, il bilancio non venisse depositato per oltre tre anni consecutivi la società sarebbe cancellata ex officio dal registro delle imprese. L'estinzione di una società determinata dall'avvenuta sua cancellazione dal registro delle imprese per omesso deposito del bilancio per oltre tre anni consecutivi, non determina il venir meno dell'interesse alla decisione di un giudizio risarcitorio, pendente, intrapreso dal suo liquidatore: ciò sia per la difficoltà di distinguere, in assenza del bilancio di liquidazione, tra i diritti in cui siano succeduti i soci, ove all'estinzione societaria non sia seguito il venir meno di tutti i rapporti giuridici facenti capo all'ente estinto, e quelli destinati all'estinzione; sia, soprattutto, perché l'instaurazione e la prosecuzione di quel giudizio da parte del liquidatore non consentono di ritenere che la società avesse rinunciato alla pretesa ivi azionata. (Cass. civ., I, 25 ottobre 2016, 21517).

I liquidatori devono redigere una relazione in cui illustrano l'andamento, le prospettive, anche temporali, della liquidazione ed i principi e criteri adottati per realizzarla; devono inoltre redigere una nota integrativa che contenga i criteri di valutazione adottati specificatamente motivati. Compiuta la liquidazione, spetta a loro il compito di redigere il bilancio finale, indicando la parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell'attivo.

Infine, una volta approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Compiuta la liquidazione, la distribuzione dell'attivo o il deposito delle somme non riscosse, i libri della società devono essere depositati e conservati per dieci anni presso l'ufficio del registro delle imprese affinché chiunque possa esaminarli.

Diritti e obblighi persistenti allo scioglimento della società

Va conclusivamente sottolineato che, se anche vi è stata la cancellazione della società, vi sono dei diritti e dei doveri che sopravvivono ad essa. Si pensi, ad esempio, al caso in cui alcuni creditori non siano stati soddisfatti. In questa circostanza, anche se, appunto, vi è stata la cancellazione della società, i creditori sociali possono ugualmente far valere i loro crediti. Vi sono però dei limiti: essi infatti possono agire nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione e possono agire nei confronti dei liquidatori solo se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi ultimi. La Corte di Cassazione ha chiarito che, in tema di legittimazione ad agire degli ex soci di società di capitali estinta, per i rapporti facenti capo a questa ed ancora pendenti dopo la cancellazione dal registro delle imprese si determina un fenomeno successorio rispetto al quale occorre distinguere: se l'ex socio agisce per un debito della società estinta, non definito in sede di liquidazione, la successione interessa tutti i soci esistenti al momento della cancellazione, posto che essi succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società, sicché sussiste un litisconsorzio di natura processuale e tutti i soci debbono essere chiamati in giudizio, ciascuno quale successore della società e nei limiti della propria quota di partecipazione. Se invece l'ex socio agisce per un credito della società estinta, pur rimanendo immutato il meccanismo successorio, la mancata liquidazione comporta soltanto che si instaurerà tra i soci medesimi un regime di contitolarità o comunione indivisa, onde anche la relativa gestione ne seguirà il regime proprio, con esclusione del litisconsorzio (Cass. civ., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 15637).

Si può anche verificare l'ipotesi in cui l'estinzione di una società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese intervenga durante la pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso. In questo caso non si verifica anche l'estinzione della pretesa azionata, salvo che il creditore abbia manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito comunicandola al debitore e sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare (Cass. civ., Sez. I, 22 maggio 2020, n. 9464).

Quanto poi alla cancellazione della società dal registro delle imprese per trasferimento della sede sociale all'estero, ciò non implica la cessazione della sua attività e conseguentemente tale società, non venendo meno, non perde la sua legittimazione processuale ad agire o resistere in giudizio (Cass. civ., Sez. III, 12 febbraio 2020, n. 3375).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario