L'ora contumaciale nel procedimento per convalida di sfratto a garanzia dell'intimato

Roberto Masoni
13 Aprile 2022

Il focus approfondisce il tema – da sempre spinoso e di grande interesse pratico – dell'ora contumaciale, che viene declinato dall'Autore con riferimento alle differenti tesi emerse, anche nella prassi, sullo stesso.
Mancata comparazione e mancata costituzione in giudizio

Lo spunto per approfondire la tematica relativa alla c.d. ora contumaciale in rapporto al procedimento per convalida di sfratto è sorto in seguito alla lettura di una recente massima della Cassazione (Cass. civ., 12 gennaio 2022, n. 822), che ha statuito il carattere non generale del principio desumibile dall'art. 59 att. c.p.c., in quanto riferito al solo processo avanti al giudice di pace.

Come è stato autorevolmente notato, il tema della mancata comparizione dell'intimato in udienza (di convalida di sfratto) si ricollega ad una questione «di modesta consistenza giuridica, ma di discreto rilievo pratico» (Di Marzio, 587).

In effetti, la determinazione del momento esatto in cui la parte possa ritenersi avere disertato il processo è problema non secondario per gli effetti che alla contumacia si riconnettono, tanto nel processo ordinario di cognizione (ove questi effetti sono meno marcati ex art. 292 c.p.c.), quanto e soprattutto nel procedimento per convalida di sfratto (ove l'effetto della mancata comparizione dell'intimato determina la convalida dello sfratto; art. 663 c.p.c.).

Il problema insorge dato che le disposizioni processuali generali non dettagliano temporalmente tale momento.

La norma processuale generale ricollega la dichiarazione di contumacia alla mancata «costituzione della parte neppure in (prima) udienza» (art. 171, 3° comma, c.p.c.).

Alla mancata costituzione in giudizio della parte, prima dell'udienza (art. 166 c.p.c.), ovvero alla prima udienza (art. 291 c.p.c.), il codice ricollega la dichiarazione di contumacia, senza precisare a decorrere da quale momento il giudice possa pronunziarla.

Nel procedimento per convalida di sfratto, per la c.d. dichiarazione di contumacia, l'art. 663, 1° comma, c.p.c. esige che «l'intimato non comparisca» (in udienza), anche in tal caso senza precisare da quale momento temporale la convalida possa pronunziarsi da parte del giudice.

In questo caso, ciò che rileva, non è tanto la costituzione in giudizio (che può avvenire anche in udienza: art. 660, comma 5, c.p.c.), quanto la mancata (fisica) comparizione in udienza da parte dell'intimato.

Ben si spiega allora il disposto affidato all'art. 59 att. c.p.c., disposizione che ha natura«solo apparentemente regolamentare», integrando piuttosto «dispositivamente l'attività del giudice sul momento della dichiarazione di contumacia» (Levoni, 120) e che dispone: «la dichiarazione di contumacia della parte non costituita è fatta dal giudice di pace a norma dell'articolo 171 ultimo comma del codice, quando è decorsa almeno un'ora dall'apertura dell'udienza».

Come si vede, la norma regolamentare, in difetto di ulteriori previsioni normative integrative dettate dal codice di rito, è l'unica in grado di chiarire da quale momento il giudice sia tenuto a dichiarare la contumacia, ovvero a convalidare lo sfratto.

Per prassi giudiziaria, diffusa ed inveterata, nel processo ordinario di cognizione, ritiene che la contumacia vada dichiarata una volta decorsa un'ora dopo l'inizio dell'udienza.

Omessa riforma dell'art. 59 att. c.p.c.

Fino alla riforma del 1998 che ha introdotto il giudice unico di primo grado, l'art. 59 att. c.p.c. era specificamente riferito che si svolgevano ai processi avanti al pretore ed al conciliatore.

In particolare, la previsione regolamentare era testualmente riferibile al procedimento per convalida di sfratto, che era procedimento rimesso alla competenza pretorile (art. 8, 1° comma, n. 3, c.p.c., come innovato dalla l. 399 /1984).

In seguito all'istituzione del giudice unico in primo grado (art. 124 d.lgs. 51/1998), fu soppresso l'ufficio del pretore, come pure ogni riferimento a tale organo giurisdizionale che era riscontrabile nell'art. 59 att. c.p.c. Le competenza per la convalida dello sfratto è così trascorsa al Tribunale in formazione monocratica (art. 661 c.p.c.). Viceversa, la norma in esame è ora testualmente riferita unicamente al «giudice di pace», senza che il legislatore l'abbia sentito l'esigenza di innovarla, col generico richiamo al «giudice».

Testualmente, quindi, la previsione dettata in tema di ora contumaciale, in quanto non dotata di valenza generale, per l'applicabilità circoscritta al processo avanti al giudice onorario, non conferirebbe alla parte ritardataria una facoltà processuale al suo rispetto.

L'interpretazione giurisprudenziale

Consapevole dell'esistenza dei riferiti problemi applicativi, l'interpretazione giurisprudenziale ha affermato la persistente piena vigenza del principio dell'ora contumaciale alla durata delle udienze riguardanti il procedimento per convalida di sfratto, nelle quali l'omessa comparizione dell'intimato determina l'effetto irreversibile della convalida.

Una prima pronuncia nomofilattica del 1999 ha rigettato il ricorso avanzato avverso pronunzia di merito che aveva dichiarato la nullità del un'ordinanza di convalida di sfratto pronunziata quando l'ora dall'inizio dell'udienza ancora non era decorsa (Cass. civ., 1 ottobre 1999, n. 10870).

Si è osservato che la norma di attuazione ex art. 59 c.p.c. «esprime un principio di portata generale», nel senso che «la durata di ogni udienza, intesa come collocazione temporale nell'esplicazione dell'attività processuale, non può essere inferiore ad un'ora».

Il principio è stato ribadito nel 2008 (Cass. civ., 20 febbraio 2008, n. 4294, in Giust. Civ., 2009, I, 2249, con nota di RISOLO), ritenendolo di piana e naturale applicabilità al procedimento per convalida di sfratto.

In termini generali ed espressi, il principio è stato invece contraddetto da un giudicato del 2012, pronunziato con riguardo ad improcedibilità pronunziata all'esito di udienza riguardante un giudizio di appello (Cass. civ., 19 ottobre 2012, n. 18048): «in tema di disciplina delle udienze, l'art. 59 disp. att. c.p.c., per il quale la dichiarazione di contumacia della parte non costituita è fatta dal giudice di pace, a norma dell'art. 171, ultimo comma, c.p.c., quando è decorsa almeno un'ora dall'apertura della udienza", detta una norma speciale per la prima udienza del procedimento davanti al giudice di pace, senza che possa desumersene un principio di carattere generale, valevole per tutte le udienze di trattazione e per tutti i giudizi, ostandovi il silenzio dell'art. 83 disp. att. c.p.c., che pure disciplina la trattazione delle cause, e la ratio della norma speciale, correlata al disposto dell'art. 171 c.p.c., il quale, nel consentire alla parte di costituirsi direttamente in prima udienza, ha inteso limitare l'onere dell'altra parte, tempestivamente costituitasi, di attendere la conclusione di tale udienza».

Sempre nell'ambito di un giudizio ordinario di cognizione, la pronunzia del 2022 richiamata ab initio ha poi ribadito il carattere non generale della previsione dettata in tema di ora contumaciale.

Due possibili soluzioni

A stretto rigore, la norma di attuazione appare lessicalmente applicabile solo nel circoscritto ambito del giudizio che si svolge innanzi al giudice onorario, col rischio però che summum ius si trasformi in summa iniuria, come avviene quando la mera previsione legalistica non venga calata nell'effettiva realtà processuale e rimanga invece confinata su un piano astratto.

In ogni caso, questo non significa precluderne tout court la forza espansiva nell'ambito del procedimento per convalida di sfratto, come hanno univocamente insegnato le pronunzie del 1999 e del 2008, specifiche sul punto e che non contraddicono le successive più recenti, pronunziate nell'ambito del processo ordinario di cognizione.

Il problema è particolarmente avvertito nel procedimento speciale nel quale la diserzione dell'intimato dall'udienza determina convalida dello sfratto (art. 663 c.p.c.).

In effetti la previsione regolamentare costituisce cruciale previsione di garanzia, che «tutela la parte che si deve costituire» (Levoni, 122), dato che, prima del decorso dell'ora c.d. contumaciale, la convalida non è ammessa e, laddove egualmente pronunziata, la stessa sarebbe viziata di nullità e come tale suscettibile di gravame (come ha insegnato Cass. 10870/1999).

Con soluzione di buon senso, la migliore dottrina specialistica, esclusa l'applicazione diretta della previsione normativa, ha suggerito di superare aliunde il problema lessicale.

In particolare, si è consigliato al giudice del procedimento per convalida «di gestire l'udienza sostanzialmente applicando» ugualmente il detto principio (Frasca, 481). Ovvero, richiamando il potere del giudice di disporre lo svolgimento del procedimento, non solo in modo «sollecito» ma anche «leale» (art. 175 c.p.c.); così ipotizzando che, laddove l'intimato non fosse comparso in udienza, la convalida sia pronunziabile «dopo un certo tempo, e così dopo il decorso dell'ora contumaciale di una volta, dall'apertura dell'udienza» (Di Marzio, 588).

In realtà, la ratio di cruciale presidio di garanzia e tutela dell'intimato, che trova fondamento nella disposizione di attuazione dettata in tema di ora contumaciale, sembra suggerirne, piuttosto, un'applicazione analogica alle udienze dei procedimenti di competenza del tribunale ed in particolare a quelle di cui agli artt. 657 e segg. c.p.c.

La soluzione sembra preferibile rispetto all teorica che propone di rimettere la gestione dell'orario di udienza all'esercizio di un potere discrezionale, oltrechè al buon senso, del giudicante. Per sua naturale configurazione, tale scelta non sempre e non necessariamente viene esercitata in modo omogeneo ed uniforme dalla giurisdizione, con trasparente rischio di lesione del principio di eguaglianza.

D'altro canto, garantire un opportuno spazio temporale di tolleranza, con riguardo alla durata dell'udienza, rappresenta forma di tutela minima e necessaria soprattutto nelle udienze del procedimento per convalida di sfratto, nelle quali i ritardi scusabili nella comparizione degli intimati non sono infrequenti (si pensi agli errori nell'individuazione del palazzo di giustizia, della sede, dell'aula d'udienza, del giudice, etc.). Il problema risulta amplificato dalla circostanza che l'intimato, persona non avvezza a frequentare le aule di giustizia, ha facoltà di difendersi personalmente in giudizio, senza necessità di patrocinio difensivo (art. 661, 6° comma, c.p.c.; norma ritenuta non incostituzionale da C. Cost. 28 ottobre 2021, n. 205, in questo Portale, 21 dicembre 2021, con nota dello scrivente), con previsione di sua «comparizione personale» in udienza.

Riferimenti
  • Levoni, Le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, Milano, 1992, 122-123.
  • Frasca, Il procedimento per convalida di sfratto, Torino, 2001, 480-481.
  • Di Marzio, in Di Marzio, Di Mauro, Il processo locatizio, Milano, 2011, II° ed., 587-589.
  • Masoni, in Grasselli, Masoni, Le locazioni, Il processo, II, Padova, 2013, II° ed., 368-369.
  • Risolo, L'udienza del procedimento per convalida di sfratto, in Giust. Civ., 2014.
  • Giordano, Procedimento per convalida di sfratto, Bologna, Roma, 2015, 153.
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