Opponibilità ex art. 617 c.p.c. dell'ordine di liberazione dell'immobile pignorato locato a canone vile

19 Aprile 2022

Con la sentenza in commento, la Cassazione si occupa della questione concernente la legittimazione del terzo locatario del bene immobile pignorato a proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordine di liberazione del bene emanato ai sensi dell'art. 560 c.p.c.
Massima

Il terzo, originariamente estraneo al processo esecutivo, locatario del bene immobile pignorato, può dispiegare opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordine di liberazione del bene emanato ai sensi dell'art. 560 c.p.c. sul presupposto della non opponibilità del contratto stesso per essere il canone ritenuto inferiore di un terzo a quello giusto ai sensi dell'art. 2923 c.c., comma 3; poiché in detta opposizione sono litisconsorti necessari anche i debitori ed i creditori e la non integrità originaria del contraddittorio è rilevabile d'ufficio anche per la prima volta in sede di legittimità, ove gli uni o gli altri non abbiano partecipato al giudizio, va disposta la cassazione con rinvio, ai sensi dell'art. 383 c.p.c., comma 3 e art. 354, c.p.c. al giudice di unico grado di merito, affinché il giudizio stesso sia celebrato a contraddittorio integro anche con i litisconsorti necessari pretermessi.

Il caso

Disposto ordine di liberazione dell'immobile pignorato, il conduttore occupante l'immobile proponeva avverso di esso opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., la quale veniva poi rigettata. Avverso tale ultima sentenza veniva proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi.

Con il primo motivo, il soccombente deduceva il difetto di legittimazione della procedura esecutiva ad ordinare nei confronti del terzo conduttore la liberazione coattiva dell'immobile interessato da locazione a canone "vile", in quanto inferiore di un terzo al giusto prezzo ex art. 2923 c.c., comma 3; con il secondo, il ricorrente contestava il vizio dell'omessa pronuncia per avere il giudice dell'opposizione deciso solo in ordine alla sussistenza della legittimazione del custode a far valere l'art. 2923 c.c., senza prendere invece posizione sulle censure relative all'impossibilità di ritenere il canone di locazione inferiore a quello giusto.

La questione

Così adita, la Suprema corte, prima di procedere alla disamina dei motivi proposti, rilevava d'ufficio la questione attinente alla integrità originaria del contraddittorio nel giudizio di opposizione ex art. 617 c.p.c., ritenuta pregiudiziale rispetto all'esame del ricorso.

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza che qui brevemente si commenta, la Cassazione, chiarito che l'ordine di liberazione consiste in un «provvedimento ordinatorio funzionale agli scopi del processo di espropriazione», volto non solo al soddisfacimento delle obbligazioni del debitore nella più ampia misura ed alle migliori condizioni possibili, ma anche alla tutela della stabilità dell'acquisto compiuto dall'aggiudicatario, tramite il conseguimento della disponibilità del bene anche eventualmente prima della vendita forzata, afferma il principio secondo cui è «pienamente legittima l'emanazione diretta da parte del giudice dell'esecuzione, … senza bisogno di munirsi preventivamente di un titolo giudiziale conseguito in sede cognitiva, di un ordine di liberazione dell'immobile pignorato sul presupposto della non opponibilità, all'aggiudicatario in futuro ed al ceto creditorio procedente nell'attualità, di un contratto di locazione a canone c.d. vile».

Per la S.C., infatti, a seguito della riforma apportata all'art. 560 c.p.c. dal d.l. 59/2016, deve escludersi che l'ordine di liberazione abbia la natura di autonomo titolo esecutivo: si è invece in presenza di un mero atto dell'espropriazione immobiliare, idoneo a produrre effetti nei confronti di tutti coloro che sono coinvolti nel procedimento di espropriazione e, in quanto tale, impugnabile con l'opposizione agli atti da parte di tutti coloro i quali denuncino l'esistenza di vizi o irregolarità idonei a pregiudicare la loro posizione.

Poiché nel caso portato all'attenzione della S.C. il locatario del bene staggito aveva dedotto a fondamento dell'opposizione agli atti l'invalidità dell'ordine di liberazione adottato dal g.e., «per la contestata potestà in capo a questi di emetterlo», occorre che in siffatto giudizio partecipino tutti i debitori e i creditori coinvolti nel giudizio, per cui in mancanza di alcuni di essi spetta al giudice adito, anche di legittimità, disporre l'integrazione del contraddittorio tramite una sentenza di cassazione con rinvio al giudice di unico grado di merito, affinché il giudizio venga svolto a contraddittorio integro anche con i litisconsorti necessari pretermessi.

Osservazioni

La decisione in epigrafe, con una prosa particolarmente limpida e chiara, ricostruisce in poche pagine un istituto assai tribolato e controverso, qual è l'ordine di liberazione dell'immobile pignorato.

Come è noto, numerosi sono stati gli interventi normativi che si sono succeduti negli ultimi in tema di custodia e ordine di liberazione nell'ambito delle procedure esecutive immobiliari, evidente sintomo dell'importanza che tale istituto riveste ai fini della appetibilità e fruttuosità della vendita forzata.

Fino al 2006 non v'era alcun riferimento normativo quanto all'adozione dell'ordine di liberazione; solo con il decreto di trasferimento di cui all'art. 586 c.p.c. era possibile procedere alla liberazione dell'immobile occupato dal debitore.

Nel 2006, il legislatore, recependo alcune prassi virtuose adottate in alcuni uffici giudiziari, ha regolamentato espressamente l'ordine di liberazione del bene pignorato, prevedendosi la possibilità per il g.e. di adottare un provvedimento di rilascio del bene, costituente titolo esecutivo, da eseguirsi a cura del custode anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario.

La attribuzione del carattere di vero titolo esecutivo aveva tuttavia suscitato la perplessità degli operatori pratici oltre che degli studiosi del processo esecutivo, in quanto la collocazione dell'ordine di liberazione nell'ambito dell'art. 474 c.p.c., piuttosto che accelerare il procedimento di espropriazione immobiliare, ne aveva determinato il suo rallentamento a causa dell'affiancarsi ad esso di una procedura per rilascio volta ad ottenere la liberazione dell'immobile.

In questo contesto si colloca la riforma del 2016 che ha inciso sulla natura giuridica e le modalità di attuazione dell'ordine di liberazione, prevedendo che «il giudice dell'esecuzione dispone, con provvedimento impugnabile per opposizione ai sensi dell'art. 617, la liberazione dell'immobile pignorato senza oneri per l'aggiudicatario o l'assegnatario o l'acquirente (…)Il provvedimento è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 ss., anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano. Per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'art. 68 (…)».

In tal modo, l'ordine di liberazione da titolo esecutivo diviene mero atto endoesecutivo, da attuare senza le formalità di cui agli artt. 605 e ss. c.p.c.; il tutto con notevole vantaggio in termini di efficienza delle procedure esecutive.

Il quadro normativo così delineato cambia tuttavia radicalmente il suo volto con la l. 12/2019, la quale, operando una decisa inversione di rotta rispetto al passato, configura un duplice statuto dell'immobile pignorato a seconda che sia o meno adibito ad abitazione principale del debitore e dei suoi familiari, escludendo in quest'ultimo caso che possa essere disposta la liberazione dell'immobile prima del decreto di trasferimento, salvo alcune ipotesi patologiche. Come efficacemente osservato, «nel contemperamento degli interessi in conflitto, il legislatore del 2019 compie una precisa scelta sacrificando l'interesse dei creditori all'efficienza della vendita forzata. Ancora, espunge i riferimenti normativi dell'art. 560 c.p.c. alla natura dell'ordine di liberazione ed alla sua attuazione così innescando un dibattito interpretativo sull'individuazione delle forme dell'attuazione forzosa» (Marchese, Procedure esecutive immobiliari: l'ordine di liberazione, in Giustiziacivile.com).

Le norme concernenti la liberazione dell'immobile, ulteriormente modificate con la l. 8/2020 quanto agli aspetti concernenti il diritto transitorio, sono state altresì oggetto dell'attenzione del legislatore della riforma del processo civile; l'art. 1, comma 12, lett. f) e h) della l. 206/2021 ha delegato il Governo a prevedere «che il giudice dell'esecuzione ordina la liberazione dell'immobile pignorato non abitato dall'esecutato e dal suo nucleo familiare ovvero occupato da soggetto privo di titolo opponibile alla procedura, al più tardi nel momento in cui pronuncia l'ordinanza con cui è autorizzata la vendita o sono delegate le relative operazioni e che ordina la liberazione dell'immobile abitato dall'esecutato convivente col nucleo familiare al momento in cui pronuncia il decreto di trasferimento, ferma restando comunque la possibilità di disporre anticipatamente la liberazione nei casi di impedimento alle attività degli ausiliari del giudice, di ostacolo del diritto di visita di potenziali acquirenti, di omessa manutenzione del cespite in uno stato di buona conservazione o di violazione degli altri obblighi che la legge pone a carico dell'esecutato o degli occupanti», nonché a prevedere che «sia il custode ad attuare il provvedimento di liberazione dell'immobile pignorato secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 e ss. c.p.c., successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano».

La legge delega dunque stabilisce che l'ordine di liberazione, tranne per il caso dell'abitazione principale del debitore, va emesso in occasione dell'ordinanza che dispone la vendita, confermando allo stesso tempo l'esenzione dalla liberazione dell'abitazione principale del debitore. Viene stabilito che in tal caso l'ordine va emesso solo dopo il decreto di trasferimento. Inoltre, viene confermata l'ultrattività dei poteri di liberazione del custode, escludendosi tuttavia la necessità di una esplicita richiesta di attuazione dell'ordine da parte dell'aggiudicatario: si prevede infatti che l'attuazione a cura del custode sia esclusa solo quando l'aggiudicatario lo esenti, conciliandosi così l'efficienza del processo con la disponibilità in capo all'aggiudicatario delle forme di liberazione.

Sennonché, l'intervento del legislatore delegante, sebbene permetta di dipanare alcuni dubbi che sino ad oggi avevano agitato dottrina e giurisprudenza, non risolve molti altri problemi, che restano tuttora irrisolti.

Tra questi particolare rilievo riveste il problema dell'emissione dell'ordine di liberazione nei confronti dei terzi, in quanto se dall'art. 1, comma 12, lett. f) si ricava implicitamente la possibilità per il g.e. di adottare tale provvedimento nei confronti degli occupanti l'immobile pignorato, nulla è stabilito in ordine alle concrete modalità operative.

Al riguardo, merita di essere ricordato come sino alla riforma del 2016 nulla era stabilito in ordine alla posizione dei terzi occupanti l'immobile pignorato; tuttavia, nella prassi si ammetteva la possibilità di poter eseguire l'ordine di liberazione adottato nei confronti del debitore anche nei confronti dei terzi occupanti senza titolo opponibile, in virtù della considerazione per cui l'inopponibilità degli atti dispositivi successivi al pignoramento (artt. 2913 ss. c.c.) è indice altresì della inopponibilità della procedura esecutiva a situazioni di fatto non opponibili ai creditori e quindi all'aggiudicatario.

Sulla spinta di tali considerazioni, allora, il legislatore del 2016, nel novellare l'art. 560 c.p.c., aveva previsto la possibilità «per il terzo che vanta la titolarità di un diritto di godimento del bene opponibile alla procedura», di poter proporre opposizione agli atti entro venti giorni «dal giorno in cui si è perfezionata nei confronti del terzo la notificazione del provvedimento». Veniva dunque espressamente ammessa la possibilità di emettere l'ordine di liberazione nei confronti del terzo occupante che vanti un diritto di godimento opponibile alla procedura, al contempo prevedendo in favore del terzo l'esperibilità di uno specifico strumento impugnatorio.

Sennonché, con la novella realizzata tra il 2019 e il 2020 è stato espunto dall'art. 560 il riferimento testuale all'ordine di liberazione nei confronti dei terzi, così come quello relativo alla notifica dell'ordine di liberazione in loro favore.

Ora, la previsione di un duplice regime dell'ordine di liberazione non lascia dubbi circa la possibilità di emanare l'ordine di liberazione nei confronti dei terzi occupanti l'immobile pignorato, ma ci si è chiesti in primo luogo se la liberazione anticipata sia solo possibile o addirittura necessitata (in quest'ultimo senso Fanticini, La liberazione dell'immobile pignorato dopo la “controriforma” del 2019, in inexecutivis.it, per il quale dalla norma contenuta nell'art. 560 c.p.c. come modificata nel 2019 si può ricavare un vero e proprio obbligo di adozione anticipata dell'ordine di liberazione nelle ipotesi di immobile libero o occupato da terzi senza titolo).

Sul punto, la decisione in commento, ricalcando un suo noto precedente (Cass. civ., 3 aprile 2015, n. 6836), ribadisce la possibilità per g.e. di disporre la liberazione anche in un momento anteriore all'aggiudicazione, allo scopo «di fare conseguire subito alla procedura la disponibilità del bene per la sua offerta in gara e quindi in tempo anche anteriore all'aggiudicazione» (par. 8).

Chiarito ciò, resta tuttavia da stabilire se il terzo debba essere sentito prima dell'emissione del provvedimento; sul punto, può osservarsi che dalla nuova formulazione del 6° comma dell'art. 560 c.p.c. che rende implicitamente obbligatoria l'emanazione dell'ordine di liberazione «quando l'immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare», sembrerebbe desumersi che il destinatario dell'ordine sia sempre il debitore esecutato, ma che il provvedimento emesso dal g.e. sia efficace anche nei confronti del terzo.

In tal senso si pone la sentenza in commento, la quale osserva che, sebbene dopo la riforma del 2016 l'ordine di liberazione non rivesta più il carattere di titolo esecutivo (come tale efficace ultra partes), «è pienamente legittima l'emanazione diretta da parte del giudice dell'esecuzione, con la successiva diretta attuazione da parte del custode da lui nominato e senza bisogno di munirsi preventivamente di un titolo giudiziale conseguito in sede cognitiva, di un ordine di liberazione» e ciò in quanto lo scopo del procedimento di liberazione di assicurare ampia tutela alla posizione dell'aggiudicatario impone l'anticipazione a questo momento della produzione degli effetti favorevoli che il decreto di trasferimento assicura tramite il suo peculiare regime di efficacia ultra partes. Pertanto, «quanto non sarà opponibile all'aggiudicatario non è opponibile neppure alla procedura o ai creditori che ad essa danno impulso, nell'interesse non solo e non tanto del primo, quanto in quello pubblicistico del rituale sviluppo della procedura»; al g.e., dunque, è dato allora di adottare l'ordine di liberazione anche nei confronti del terzo, «avvalendosi delle stesse inopponibilità che potrà un domani fare valere l'aggiudicatario», ferma restando la possibilità per il terzo di avvalersi dei rimedi cognitivi interni al processo esecutivo ed in primis dell'opposizione agli atti esecutivi.

Pertanto, la liberazione deve essere disposta – trattandosi di un provvedimento emesso all'esito di una cognizione sommaria, nel contraddittorio delle parti – con ordinanza, che deve contenere l'ordine al debitore (e a qualsiasi occupante) di rilasciare immediatamente al custode l'immobile pignorato, libero da persone e vuoto da cose.

Sebbene la decisione sembri (correttamente) confinare la tutela del terzo destinatario dell'ordine nel solo ambito della opposizione ex art. 617 c.p.c. dalla decisione, parrebbe tuttavia opportuno, prima di provvedere all'adozione dell'ordine di liberazione, a convocare in contraddittorio non solo le parti ma anche i terzi eventualmente coinvolti, naturalmente qualora emerga dagli atti la loro presenza. Come è stato infatti autorevolmente affermato, «Ascoltare le ragioni di quei terzi prima di decidere sulla liberazione o meno dell'immobile pignorato può rivelarsi coerente alle ragioni dell'economia processuale (soprattutto sotto il profilo della ragionevole durata del processo), evitando l'emanazione di un provvedimento destinato a essere revocato, ove impugnato a norma dell'art. 617 c.p.c.» (Olivieri, L'ordine di liberazione dell'immobile pignorato e la sua attuazione (art. 560, 3° e 4° comma, c.p.c.), in www. www.ca.milano.giustizia.it.

Riferimenti
  • Crivelli, L'ordine di liberazione dopo la L. 11 febbraio 2019, n. 12, in REF, 2019, 764 ss.;
  • Farina P., Le modifiche apportate dalla l. 11-2-2019, n. 12 alla conversione del pignoramento e all'ordine di liberazione, in REF, 2019, 149 ss.;
  • Giordano R., Note in punta di penna sul nuovo art. 560 c.p.c., in Questa Rivista;
  • Marchese, Procedure esecutive immobiliari: l'ordine di liberazione, in Giustiziacivile.com;
  • Olivieri, La liberazione dell'immobile pignorato. L'efficacia del nuovo titolo esecutivo nei confronti dei soggetti diversi dal debitore e rimedi esperibili, in REF, 2009, 5 ss.;
  • Russo M.L., La liberazione dell'immobile alla luce delle novelle legislative n. 12 del 2019 e n. 8 del 2020. Parte I, in REF, 2020, 678 ss.;
  • Russo M.L., La liberazione dell'immobile alla luce delle novelle legislative n. 12 del 2019 e n. 8 del 2020. Parte II, in REF, 2020, 984 ss.

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