Il correntista deduce la mancata pattuizione in forma scritta del contratto di conto corrente; quali conseguenze?

Fabio Fiorucci
19 Aprile 2022

Se in correntista deduce la mancata pattuizione in forma scritta del contratto di conto corrente, l'onere di produzione del contratto grava sulla banca che ha percepito interessi ultralegali, commissioni, spese e simili. Nell'ipotesi di cui al terzo comma dell'art. 117 TUB non è previsto alcun tasso sostitutivo ex art. 117, comma 7, TUB.
Massima

Se in correntista deduce la mancata pattuizione in forma scritta del contratto di conto corrente, l'onere di produzione del contratto grava sulla banca che ha percepito interessi ultralegali, commissioni, spese e simili. Nell'ipotesi di cui al terzo comma dell'art. 117 TUB (inosservanza della forma scritta per il contratto con conseguente nullità totale del rapporto) non è previsto alcun tasso sostitutivo ex art. 117, comma 7, TUB. La nullità totale del rapporto derivante dalla mancata osservanza della forma prescritta priva in radice di effetti l'operazione di autonomia privata impostata dai contraenti, determinando come conseguenza esclusivamente effetti restitutori con riguardo a tutte le prestazioni eseguite da entrambe le parti, ai sensi dell'art. 2033 c.c. Il ricalcolo del rapporto deve essere operato senza alcuna capitalizzazione, utilizzando il tasso legale sia per gli interessi attivi sia per gli interessi passivi, stornando dal conteggio tutti gli addebiti a titolo di spese, commissioni e CMS.

Il caso

La parte attrice, nell'ambito di un rapporto di conto corrente, lamenta l'applicazione di interessi usurari ed anatocistici nonché di competenze illegittime, quali commissioni di massimo scoperto nulle e spese non dovute, deducendo soprattutto la mancata pattuizione in forma scritta del contratto di conto corrente.

La questione

La clientela bancaria abitualmente promuove una domanda di accertamento negativo e di ripetizione di indebito per far valere (schematizzando): la mancanza di un contratto scritto e quindi delle relative clausole onerose (art. 117 TUB); la nullità per violazione dell'art. 1283 c.c. (anatocismo); la nullità della clausola anatocistica per carenza dei requisiti formali e sostanziali di cui agli artt. 120 TUB e 2-6-7 Delibera CICR 9.2.2000 (ratione temporis vigente); la nullità della clausola relativa alla CMS (per carenza di forma o perché indeterminata ed indeterminabile nei criteri di calcolo); la nullità della clausola di tasso ultralegale, anche in ragione del mancato efficace esercizio dello ius variandi (art. 118 TUB); la non debenza degli interessi per superamento del tasso soglia usurario (artt. 644 c.p. e 1815 comma 2 c.c.).

Nei giudizi promossi dal correntista-attore per far valere la nullità di clausole contrattuali o l'illegittimità degli addebiti in conto corrente, in vista della ripetizione di somme richieste dalla banca in applicazione delle clausole nulle o, comunque, in forza di prassi illegittime, grava sulla parte attrice innanzitutto l'onere di allegare in maniera specifica i fatti posti alla base della domanda e, in secondo luogo, l'onere di fornire la relativa prova.

Come noto, «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda» (art. 2697 c.c.). L'attore deve assolvere, dunque, in primo luogo gli oneri di puntuale allegazione, e poi deve provvedere a supportare la domanda giudiziale con prove documentali sufficienti. Operativamente, la disposizione significa che la mancanza di elementi idonei all'accertamento dei fatti costitutivi dell'azione determina la soccombenza della parte onerata della relativa dimostrazione (ex multis Cass. nn. 27704 e 27705/2018; Cass. n. 30822/2018; Cass. n. 33009/2019; Cass. n. 10140/2022).

Il correntista deve dunque produrre in giudizio: i) il contratto di finanziamento di cui sono contestate le pattuizioni (l'obbligo di forma scritta dei contratti bancari è stato introdotto dall'art. 3, comma 1, della L. n. 154/1992); ii) la sequenza completa degli estratti conto, idonei a ricostruire il credito risultante a suo favore.

Diversamente, se è dedotto dal correntista-attore che non sia stato stipulato alcun contratto scritto, l'onere di produzione del contratto di finanziamento grava sulla banca, che ha percepito interessi ultralegali, commissioni, spese e simili (Trib. Sassari 9.8.2014; Trib. Roma 6.2.2018; Trib. Pavia 21.4.2018; Trib. Sulmona 28.11.2018; Trib. Pavia 18.4.2019; Trib. Sulmona 26.6.2019; Trib. Roma 28.5.2019; Trib. Pescara 23.10.2019; Trib. Avellino 1.10.2019; Trib. Forlì 15.1.2021; Trib. Pistoia 30.3.2021 n. 298).

In altri termini, il correntista assume l'inadempimento della banca (mancanza contratto in forma scritta), che è dunque onerata dell'obbligo di provare il proprio adempimento producendo copia del contratto scritto: « gli opponenti hanno dedotto un fatto negativo, che ontologicamente non può essere oggetto di prova (mancata dimostrazione dell'avvenuta stipulazione del contratto). Per contro la prova del contrario - cioè il fatto positivo dell'esistenza di un (valido) accordo - era senz'altro possibile e spettava alla banca opposta (attore in senso sostanziale)» (Trib. Catania 26.10.2019).

Le soluzioni giuridiche

Il giudice romano è condivisibilmente allineato all'orientamento secondo cui, se è dedotto dal correntista attore che non sia stato stipulato alcun contratto scritto, grava sulla banca convenuta l'onere di dimostrare l'avvenuta stipula in forma scritta del contratto di finanziamento, in virtù del quale ha incassato interessi ultralegali, commissioni e simili. In altri termini, « se il contratto è negato, la contraria prova della sua esistenza è a carico della parte che intende avvalersene a giustificazione dei pagamenti ricevuti in base a quel titolo » (App. Roma 20.11.2020 n. 5767).

È certo onere dell'attore produrre i documenti contrattuali nonché gli estratti di conto corrente dai quali desumere le somme che egli assume illegittimamente pagate alla banca e delle quali rivendica la restituzione. Tale principio subisce una deroga (in verità solo apparente) nelle ipotesi in cui 1) il correntista deduca che non è stato stipulato alcun rapporto contrattuale ed in quelle in cui 2) il medesimo correntista, ancorché attore in senso formale e sostanziale, sia destinatario nel medesimo giudizio di una domanda riconvenzionale tesa ad ottenere la condanna al pagamento dell'eventuale saldo negativo portato dal conto corrente: in tali casi, nell'ipotesi da ultimo considerata graverà su entrambe le parti offrire la prova dell'esistenza dei fatti costitutivi addotti e, dunque, la banca convenuta (ma attrice in riconvenzionale) dovrà provare i fatti costitutivi della propria pretesa per come esercitata mentre nell'ipotesi sub 1) sarà onere dell'Istituto bancario, che affermi l'avvenuta stipulazione per iscritto del contratto, offrirlo in produzione, non potendo in tal caso gravare sul correntista la prova di un fatto – questo, sì – negativo (Trib. Spoleto 20.6.2017).

Insomma: l'esistenza di una pattuizione scritta sul tasso di interesse ultralegale applicato è fatto costitutivo del diritto di credito della banca e fatto impeditivo dell'accoglimento della domanda del cliente: è quindi onere della banca provarlo documentalmente. Anche a voler ravvisare nell'azione di nullità della pattuizione riferita al pagamento di interessi ultralegali un'azione di accertamento negativo, costituente il presupposto dell'azione di ripetizione svolta dal cliente, la deduzione circa la nullità di una pattuizione (nella fattispecie, mancata pattuizione scritta delle condizioni economiche del rapporto), costituisce già di per sé la prova dell'assenza di causa debendi che l'attore è tenuto a dare. Appare quindi naturale onerare la banca della prova dell'oggettiva esistenza della fonte contrattuale degli interessi convenzionali addebitati (e tale onere deve ritenersi perdurare fino a quando non sia prescritta l'azione di ripetizione fondata sul contratto (Trib. Pavia 21.4.2018) (per ulteriori approfondimenti v. Fiorucci, Controversie bancarie. Casi e soluzioni giurisprudenziali, Milano, 2022, 767 ss.).

Nella decisione in commento il tribunale valorizza anche la circostanza che, a fronte della deduzione della mancata pattuizione del contratto di conto corrente, la banca convenuta non abbia dimostrato il contrario, omettendo la produzione in giudizio del contratto, sebbene le fosse stato richiesto dal correntista, ai sensi degli artt. 119 TUB, al momento dell'instaurazione del giudizio (v. anche Trib. Pavia 18.4.2019, che ha ritenuto raggiunta per presunzioni la prova della mancata stipulazione del contratto a seguito del comportamento della banca che non ha prodotto il documento nemmeno a seguito di ordine ex art. 210 c.p.c., così mostrando di nulla avere da opporre alla allegazione del ricorrente circa l'assenza di un contratto scritto).

È stato anche argomentato che potrebbe essere irrilevante che il correntista abbia già chiesto o no alla banca di consegnargli il contratto scritto, avvalendosi del disposto di cui all'art. 119 TUB, posto che l'onere di produzione non ricade sul correntista, che quindi non ha neppure interesse a rivolgere alla banca un ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. La prospettazione di parte attrice (invalidità delle condizioni economiche in quanto non pattuite per iscritto) rende arduo imporre alla parte l'onere di provare la mancanza di pattuizione scritta mediante la produzione del contratto scritto. Nella fattispecie, parte attrice non ha dedotto semplicemente la nullità del contratto per contrarietà delle pattuizioni a norme imperative ma ha dedotto quella particolare forma di nullità “testuale” che consiste nella mancata stipulazione “per iscritto”. Per tale motivo di nullità è sufficiente l'allegazione dovendosi ritenere la prova da un lato in re ipsa (non potendosi imporre la prova di un fatto negativo) (Trib. Pavia 18.4.2019).

Altre decisioni non hanno censurato la condotta del correntista-attore che abbia omesso di richiedere l'esibizione alla banca del contratto, posto che ciò si tradurrebbe in un'istanza rivolta a far produrre in giudizio un documento di cui il correntista asserisce l'inesistenza (Trib. Sulmona 26.6.2019; in argomento anche Trib. Locri 2.7.2020).

Anche secondo la Cassazione, se la domanda attorea è basata sul mancato perfezionamento del contratto in forma scritta, non può gravarsi il correntista, attore in giudizio, della prova negativa della documentazione dell'accordo (incombendo semmai alla banca convenuta darne positivo riscontro): se è vero che anche nelle azioni di accertamento negativo l'onere della prova incombe sull'attore, tuttavia quanto ai fatti negativi (nella specie, inesistenza di convenzione scritta di interessi ultralegali e di previsione contrattuale sufficientemente specifica di commissioni di massimo scoperto) trova applicazione il principio di vicinanza o inerenza della prova, che ribalta l'onere sul convenuto (Cass. n. 6480/2021; Cass. n. 24051/2019).

La mancata osservanza della forma prescritta determina il ricalcolo del rapporto non applicando alcuna capitalizzazione, utilizzando il tasso legale sia per gli interessi attivi sia per gli interessi passivi, stornando dal conteggio tutti gli addebiti a titolo di spese, commissioni e CMS.

Anche nella fattispecie, il Trib. Roma valorizza l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, se il contratto è nullo (mancanza forma scritta), non possono trovare applicazione norme, quali l'art. 1284, terzo comma, c.c. (oltre che l'art. 117 TUB) che presuppongono chiaramente la sussistenza di una obbligazione ex contractu. In caso di nullità del contratto di conto corrente, la banca ha, sì, diritto alla restituzione delle somme erogate in favore del cliente, ma solo a titolo di indebito oggettivo, dunque con gli interessi legali come disciplinati dall'art. 2033 c.c. (Cass. n. 188/2022).

Conclusioni

Il correntista-attore deve produrre in giudizio il contratto di finanziamento di cui sono contestate le pattuizioni e la sequenza completa degli estratti conto, idonei a ricostruire il credito risultante a suo favore. Ma se è dedotto che non sia stato stipulato alcun contratto scritto, l'onere di produzione del contratto di finanziamento grava sulla banca, che ha percepito interessi ultralegali, commissioni, spese e simili. In altri termini, il correntista assume l'inadempimento della banca (mancanza contratto in forma scritta), che è dunque onerata dell'obbligo di provare il proprio adempimento producendo copia del contratto scritto. La mancata osservanza della forma scritta (art. 117, comma 1, TUB) determina il ricalcolo del rapporto senza alcuna capitalizzazione, applicando il tasso legale sia per gli interessi attivi sia per gli interessi passivi, stornando dal conteggio tutti gli addebiti a titolo di spese, commissioni e CMS.