Domicilio dichiarato, eletto o determinato e tentata notifica “postale” all'irreperibile: esclusa (con eccezioni) la nullità della consegna al difensore

21 Aprile 2022

Il punto centrale della questione di diritto demandata alle Sezioni Unite ha riguardato la corretta interpretazione dell'art. 170, comma 3, c.p.p., nel caso di irreperibilità del destinatario a fronte di dichiarazione o elezione di domicilio.
Massima

Nel caso di domicilio dichiarato, eletto o determinato ai sensi dell'art. 161, commi 1, 2 e 3, c.p.p. il tentativo di notificazione col mezzo della posta, demandato all'ufficio postale ai sensi dell'art. 170 c.p.p. e non andato a buon fine per irreperibilità del destinatario, integra, senza necessità di ulteriori adempimenti, l'ipotesi della notificazione divenuta impossibile e/o della dichiarazione mancante o insufficiente o inidonea di cui all'art. 161 comma 4, prima parte c.p.p. In questo caso, di conseguenza, la notificazione va eseguita da parte dell'ufficiale giudiziario, mediante consegna al difensore, salvo che l'imputato, per caso fortuito o forza maggiore, non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, dovendosi in tal caso applicare le disposizioni degli artt. 157 e 159 c.p.p.

Il caso

Nell'ambito di un processo per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570-bis c.p.), i giudici di appello disattendevano l'eccezione difensiva di nullità assoluta degli atti del giudizio di primo grado, per essere stato il decreto che aveva disposto il giudizio notificato dall'ufficiale giudiziario all'imputato a norma dell'art. 161, comma 4, c.p.p., nonostante la mancanza di prova della impossibilità di notifica nel corretto, idoneo ed esistente indirizzo ove l'imputato aveva eletto domicilio, comportando ciò la mancata conoscenza del procedimento.

Impugnando per cassazione la sentenza di secondo grado, l'imputato denunziava la violazione degli artt. 161, comma 4, 179 e 420-bis c.p.p., artt. 111 e 117 Cost. e art. 6 Cedu, rilevando in particolare che la notifica del decreto di citazione diretta a giudizio risultava effettuata ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p. al difensore d'ufficio per “irreperibilità” dell'imputato nel domicilio dichiarato. Richiamata la riforma intervenuta con la l. 11 agosto 2014, n. 67, che ha introdotto nel codice di rito il processo in absentia, con l'inserimento nel codice di rito dell'art. 420-bis c.p.p. che disciplina l'assenza dell'imputato nel processo a suo carico, la difesa evidenziava come tale norma prevede che l'imputato debba aver ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero che risulti con certezza che egli sappia del procedimento oppure, ancora, si sia volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo. Nel caso di specie, l'imputato aveva dichiarato domicilio, così dimostrando di non volersi sottrarre alle ricerche, presso un indirizzo specifico. La notifica, tentata dall'ufficiale giudiziario dopo la prima udienza, attestava la mancata consegna del plico raccomandato, contenente il verbale della predetta udienza ed il decreto di citazione a giudizio per “irreperibilità” dell'imputato. Si affermava dunque che la mera “irreperibilità” attestata sulla ricevuta del plico postale non fosse, da sola, sufficiente a giustificare la successiva notificazione al difensore d'ufficio ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p.

Accertata l'esistenza di un contrasto interpretativo a riguardo la questione era rimessa alle sezioni unite (Cass. pen., sez. VI, 23 settembre 2021, n. 35944) che la decideva con la pronuncia in esame.

La Procura Generale della Cassazione presentava memoria scritta nella quale, dopo aver richiamato i termini del contrasto giurisprudenziale, riteneva che meritasse condivisione l'orientamento che ritiene legittima la notificazione eseguita mediante consegna al difensore, ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p., nel caso in cui l'addetto al servizio postale, incaricato della notificazione, abbia in precedenza attestato l'impossibilità di eseguire la notifica presso il domicilio dichiarato o eletto. Ai fini della integrazione di tale presupposto ritiene sufficienti – oltre all'ipotesi dell'irreperibilità del destinatario – anche solo la sua temporanea assenza o la non agevole individuazione dello specifico luogo.

Le Sezioni unite, risolvendo il contrasto, hanno anzitutto ricordato i tratti essenziali dell'istituto della notificazione, deputato a fungere da equilibrato momento di raccordo tra l'esigenza di assicurare la conoscenza effettiva dell'atto e quella di stabilire il regime della conoscenza legale come generatrice degli effetti processuali. Con specifico riguardo al tema in esame, e cioè quello della notificazione della citazione a giudizio, i Supremi Giudici hanno poi ricordato che il sistema normativo, delineato soprattutto dalla novella del 2014, è teso a garantire l'effettività della conoscenza del processo in capo all'imputato, in linea con i moniti provenienti dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo che ha messo in luce talune criticità del sistema legale di presunzioni di conoscenza degli atti proprie dell'ordinamento processuale penale italiano, sottolineando come le Sezioni Unite hanno fornito una lettura convenzionalmente orientata dell'art. 420-bis c.p.p., in termini di effettività della conoscenza correlata all'instaurazione del processo, tecnicamente inteso, mediante un formale provvedimento di vocatio in iudicium: in una visione di sintesi, dunque, si è osservato come la tradizionale dicotomia di fondo tra conoscenza legale – conseguente, cioè, al solo rispetto delle forme stabilite dall'ordinamento – e conoscenza effettiva, che ha animato la novella del 2014, così come interpretata dalle Sezioni Unite (Cass. pen., sez. un., 28 novembre 2019, n. 23948, Ismail; Cass. pen., sez. un., 26 novembre 2020, n. 15498, Lovric; Cass. pen., sez. un., 30 settembre 2021, n. 7635, Costantino), è stata spostata a vantaggio della seconda.

Hanno quindi concluso – dopo aver operato un'ampia ricognizione normativa delle disposizioni rilevanti ed esaminato i contrapposti orientamenti – nel senso che: «1) la notificazione di atti giudiziari a mezzo posta è del tutto equiparabile alle notificazioni compiute personalmente dall'ufficiale giudiziario che mantiene, comunque, sempre la titolarità della funzione; 2) l'utilizzo del mezzo postale è possibile sia in caso di prima notifica all'imputato non detenuto che in caso di domicilio dichiarato o eletto; 3) l'art. 170, comma 3, c.p.p., nello stabilire che "qualora l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, l'ufficiale provvede alle notificazioni nei modi ordinari", intenda far riferimento all'esigenza che la procedura prosegua secondo le due diverse e fra loro alternative modalità previste dal codice di rito, ossia, da un lato, quella di cui agli artt. 159 e 160 c.p.p. che prevedono nuove ricerche, finalizzate all'adozione del decreto di irreperibilità, nel caso si tratti di prima notifica all'imputato ex art. 157 c.p.p. e, dall'altro, quella di cui all'art. 161 comma 4 c.p.p. mediante notifica al difensore, qualora vi sia stata dichiarazione ed elezione di domicilio ex art. 161 c.p.p., salvo che l'imputato, per caso fortuito o forza maggiore, non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, dovendosi in tal caso applicare le disposizioni degli artt. 157 e 159 c.p.p.».

La questione

La questione controversa, cui le Sezioni Unite della Cassazione hanno fornito risposta, scaturiva dal seguente interrogativo: «attestata, dall'addetto al servizio postale incaricato della notificazione, l'irreperibilità dell'imputato presso il domicilio dichiarato o eletto, è legittima la notificazione successivamente eseguita mediante consegna al difensore a norma dell'art. 161, comma 4, c.p.p., ovvero è necessaria l'osservanza delle modalità ordinarie ai sensi dell'art. 170, comma 3, c.p.p.?».

Le soluzioni giuridiche

Secondo un primo orientamento interpretativo, disatteso dalle Sezioni Unite, era da «escludersi la legittimità della notificazione eseguita mediante consegna al difensore a norma dell'art. 161, comma 4, c.p.p., senza procedere con le modalità ordinarie ai sensi dell'art. 170, comma 3, c.p.p., quando l'addetto al servizio postale abbia attestato l'irreperibilità dell'imputato presso il domicilio dichiarato o eletto. In particolare, l'irreperibilità del destinatario della notificazione, attestata dall'addetto al servizio postale, espressamente citata dall'art. 170, comma 3, c.p.p. non sarebbe sovrapponibile a quella tipica disciplinata dall'art. 159 c.p.p. e non sarebbe idonea ad integrare la condizione che legittima la notifica sostitutiva al difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p., ovvero la impossibilità della notifica presso il domicilio eletto, facendosi leva sulla ratio della norma che presuppone una minore affidabilità dello strumento postale rispetto agli Uffici per le notificazioni istituiti presso le Corti d'appello. Da qui, quindi, la conseguente necessità di un intervento diretto dell'ufficiale giudiziario per perfezionare il procedimento notificatorio, quando sia già stato affidato al servizio postale che, rilevata ed attestata la non reperibilità del destinatario, non è riuscito a completarlo. La notificazione sostitutiva al difensore, per essere legittima, richiederebbe ulteriori ricerche per notificare l'atto personalmente al destinatario, anche dopo l'attestazione dell'agente postale incaricato di non averlo reperito presso il domicilio indicato».

Un contrapposto orientamento affermava invece che «l'impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l'esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall'art. 161, comma 4, c.p.p., può essere integrata anche dalla temporanea assenza dell'imputato al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore, senza che sia necessario procedere ad una verifica di vera e propria irreperibilità. E' dunque legittima la notificazione eseguita mediante consegna al difensore, ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p., nel caso in cui l'addetto al servizio postale incaricato della notificazione attesti l'irreperibilità del destinatario nel domicilio dichiarato o eletto, atteso che, ai fini dell'integrazione del presupposto dell'impossibilità della notificazione in tale domicilio, legittimante la notificazione sostitutiva al difensore, sono sufficienti anche solo la temporanea assenza dell'imputato al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore o la non agevole individuazione dello specifico luogo».

Le Sezioni unite si sono soffermate, anzitutto, sulla varietà dei modelli notificatori e sulla scelta legislativa di quale di essi debba essere adottato, anche in considerazione della maggiore idoneità, dell'uno rispetto all'altro, allo scopo di portare l'atto notificato a conoscenza del destinatario. Si sono poi soffermate sulla questione della notificazione della citazione a giudizio, ricordando che il sistema normativo, delineato soprattutto dalla l. n. 67/2014, è teso a garantire l'effettività della conoscenza del processo in capo all'imputato, in linea con i moniti provenienti dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo che ha messo in luce talune criticità del sistema legale di presunzioni di conoscenza degli atti proprie dell'ordinamento processuale penale italiano. Analizzando, quindi, l'esegesi intervenuta ad opera delle Sezioni Unite sull'art. 420-bis c.p.p., si è sottolineato come l'interpretazione è stata funzionale ad una lettura convenzionalmente orientata, in termini di effettività della conoscenza correlata all'instaurazione del processo, tecnicamente inteso, mediante un formale provvedimento di vocatio in iudicium. In una visione di sintesi, le Sezioni Unite hanno quindi osservato come la tradizionale dicotomia di fondo tra conoscenza legale – conseguente, cioè, al solo rispetto delle forme stabilite dall'ordinamento – e conoscenza effettiva, che ha animato la novella del 2014, così come interpretata dalle Sezioni Unite, è stata spostata a vantaggio della seconda.

Il punto centrale della questione di diritto demandata alle Sezioni Unite ha riguardato la corretta interpretazione dell'art. 170, comma 3, c.p.p., nel caso di irreperibilità del destinatario a fronte di dichiarazione o elezione di domicilio. A tal proposito, dopo aver operato una puntuale ricognizione normativa delle disposizioni applicabili (art. 148 c.p.p.; art. 170 c.p.p.; art. 1 l. 20 novembre 1982, n. 890), le Sezioni Unite hanno, anzitutto, preso atto, attraverso il richiamo all'esegesi, anche costituzionale di tale disciplina normativa, che la notificazione di atti giudiziari a mezzo posta è del tutto equiparabile alle notificazioni compiute personalmente dall'ufficiale giudiziario che mantiene, comunque, sempre la titolarità della funzione. Con la conseguenza che risulta evidente che l'utilizzo del mezzo postale è possibile sia in caso di prima notifica all'imputato non detenuto che in caso di domicilio dichiarato o eletto. Passando, infine, ad esaminare più nello specifico il tema posto dalla questione controversa, le Sezioni Unite hanno puntualizzato che per integrare il presupposto di una "impossibilità" della notifica, a norma dell'art. 161, comma 4, c.p.p., è sufficiente l'attestazione di mancato reperimento dell'imputato nel domicilio dichiarato – o del domiciliatario nel domicilio eletto – non occorrendo alcuna indagine che attesti la irreperibilità dell'imputato, doverosa solo qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall'art. 157 c.p.p., come si desume dall'incipit dell'art. 159 c.p.p. Di conseguenza anche la temporanea assenza dell'imputato o la non agevole individuazione dello specifico luogo indicato come domicilio abilitano l'ufficio preposto alla spedizione dell'atto da notificare a ricorrere alle forme alternative previste dall'art. 161, comma 4, c.p.p.

La risposta allo specifico quesito sottoposto ad esame è stata pertanto la seguente:

«nel caso di domicilio dichiarato, eletto o determinato ai sensi dell'art. 161 commi 1, 2 e 3 c.p.p. il tentativo di notificazione col mezzo della posta, demandato all'ufficio postale ai sensi dell'art. 170 c.p.p. e non andato a buon fine per irreperibilità del destinatario, integra, senza necessità di ulteriori adempimenti, l'ipotesi della notificazione divenuta impossibile e/o della dichiarazione mancante o insufficiente o inidonea di cui all'art. 161 comma 4, prima parte c.p.p. In questo caso, di conseguenza, la notificazione va eseguita da parte dell'ufficiale giudiziario, mediante consegna al difensore, salvo che l'imputato, per caso fortuito o forza maggiore, non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, dovendosi in tal caso applicare le disposizioni degli artt. 157 e 159 c.p.p.».

Al contempo le Sezioni unite hanno affrontato un'ulteriore questione, definendola sulla base di corollari del principio affermato.

In particolare, hanno verificato se la pur valida notifica, ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p., della citazione a giudizio consentiva di procedere in assenza dell'imputato e di ritenere regolare la costituzione del rapporto processuale e volontaria la rinuncia alla partecipazione. Sul punto, richiamata l'interpretazione giurisprudenziale delle Sezioni Unite dell'art. 420-bis c.p.p. (la quale dimostra come il sistema sia incentrato sulla effettività della conoscenza del processo da parte dell'imputato), hanno ricordato che la ritualità della notifica non è di per sé sufficiente occorrendo la certezza della conoscenza da parte dell'imputato del contenuto dell'accusa e del giorno e luogo dell'udienza, con la conseguenza che non è possibile dichiarare l'assenza, se manca il ragionevole convincimento della conoscenza effettiva del processo da parte dell'imputato. Nel caso di specie, si evinceva che l'imputato non aveva avuto conoscenza della citazione in giudizio e non emergeva ragione di una sua volontaria sottrazione alla conoscenza del processo. Risultava infatti che si fosse proceduto in assenza a fronte di una notifica ex art. 161, comma 4, c.p.p. al difensore d'ufficio per irreperibilità del destinatario al domicilio dichiarato. Era chiaro, inoltre, che non vi era stata un'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra l'imputato e il difensore d'ufficio che, disertando tutte le udienze, aveva mostrato disinteresse alla difesa con conseguente impossibilità di ritenere realizzate le condizioni di un rapporto di informazione tra il legale e il suo assistito che consenta di ritenere che lo stesso avesse avuto effettiva consapevolezza dell'inizio del processo a suo carico. Considerata la necessità che la conoscenza da parte del destinatario dell'atto di citazione deve essere effettiva, le Sezioni Unite hanno dunque ritenuto che non poteva ritenersi sufficiente la notificazione sostitutiva al difensore in mancanza di un reale contatto informativo con l'assistito non solo al momento della nomina, ma per tutto il decorso processuale.

Osservazioni

Sono di particolare rilevanza alcuni aspetti sottesi al ragionamento delle Sezioni unite nella decisione in esame:

  • la lettura convenzionalmente orientata dell'art. 420-bis c.p.p., in termini di effettività della conoscenza correlata all'instaurazione del processo, tecnicamente inteso, mediante un formale provvedimento di vocatio in iudicium;
  • l'equiparabilità della notificazione di atti giudiziari a mezzo posta alle notificazioni compiute personalmente dall'ufficiale giudiziario;
  • la circostanza che l'art. 170, comma 3, c.p.p., nello stabilire che «qualora l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, l'ufficiale provvede alle notificazioni nei modi ordinari», intende far riferimento all'esigenza che la procedura prosegua secondo le due diverse e fra loro alternative modalità previste dal codice di rito (quella di cui agli artt. 159 e 160 c.p.p.; quella di cui all'art. 161, comma 4, c.p.p.).

In relazione a tali argomenti, possono svolgersi alcune considerazioni a margine.

Posta l'esigenza di non sovrapporre i due distinti procedimenti e premessa la perfetta parità, sotto ogni profilo, dei due tipi di notificazioni, tale da far ritenere valida l'attività di ricerca già svolta dall'agente postale e pienamente fidefacenti le sue attestazioni in merito, la soluzione delle Sezioni Unite trova conforto proprio nel dettato di cui all'art. 170, comma 3, c.p.p., potendosi considerare che tale norma, nello stabilire che, qualora l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, l'ufficiale giudiziario provvede alle notificazioni “nei modi ordinari”, intende, a ben vedere, fare riferimento all'esigenza che la procedura prosegua secondo la disciplina ordinaria dettata dal codice di procedura penale, e precisamente quella di cui agli artt. 159 e 160 del codice di rito, che prevedono nuove ricerche finalizzate alla adozione del decreto di irreperibilità, ove si tratti di prima notifica all'imputato, e quella di cui all'art. 161, comma 4, c.p.p., mediante notifica al difensore di ufficio, qualora si tratti di domicilio eletto o dichiarato, non individuandosi una valida ragione per ritenere che l'ufficiale giudiziario debba, in entrambi i casi, replicare attività già espletate dall'agente postale.

Riferimenti
  • Cordero, Procedura penale, Giuffrè, 2012, 372;
  • Morselli, Il «render noto» nel processo penale, Giuffrè, 2012;
  • Punzi, Notificazione a mezzo posta e diritto di difesa del cittadino, in Giur. Cost., 1991, 1892;
  • Trinci – Ventura, Notificazioni e processo senza imputato. Vizi e difetti della comunicazione nel procedimento penale, Giuffrè, 2015.

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