Il cram-down nel concordato in continuità con transazione fiscale

22 Aprile 2022

In caso di voto contrario da parte dell'Amministrazione finanziaria, il concordato preventivo con continuità aziendale contenente una proposta di trattamento del credito fiscale ex art. 182-ter l. fall. può essere omologato dal Tribunale, previa conversione del diniego erariale in voto favorevole, qualora l'adesione da parte dell'ente pubblico sia determinante ai fini del quorum approvativo del concordato e la transazione fiscale sia più conveniente nella prospettiva erariale rispetto ai prevedibili esiti dell'alternativo fallimento, anche in ipotesi di esercizio provvisorio (art. 180, comma 4, l. fall.).
Massima

In caso di voto contrario da parte dell'Amministrazione finanziaria, il concordato preventivo con continuità aziendale contenente una proposta di trattamento del credito fiscale ex art. 182-ter l. fall. può essere omologato dal Tribunale, previa conversione del diniego erariale in voto favorevole, qualora l'adesione da parte dell'ente pubblico sia determinante ai fini del quorum approvativo del concordato e la transazione fiscale sia più conveniente nella prospettiva erariale rispetto ai prevedibili esiti dell'alternativo fallimento, anche in ipotesi di esercizio provvisorio (art. 180, comma 4, l. fall.).

Il caso

Una società di capitali presentava avanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere una proposta di concordato preventivo misto, in continuità aziendale diretta ex art. 186-bis l. fall.

La proposta prevedeva la formazione di quattro classi di creditori:

- all'interno della prima classe erano collocati i creditori privilegiati da soddisfare integralmente entro l'anno dall'omologa del concordato, senza diritto di voto;

- all'interno della seconda classe era collocata, fra gli altri, l'Amministrazione finanziaria in relazione agli interessi in maturazione sui crediti privilegiati da soddisfare integralmente entro il secondo anno dall'omologa, con correlato diritto di voto;

- all'interno della terza classe era ancora collocato, fra gli altri, l'Erario in relazione alla parte dei crediti privilegiati non soddisfatti e dunque “degradati” in chirografo, nell'ambito di una proposta di transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall.;

- all'interno della quarta ed ultima classe erano collocati tutti gli altri creditori chirografari.

Il Tribunale dichiarava aperta la procedura concordataria.

Si teneva l'adunanza dei creditori e, decorsi i venti giorni ex art. 178 l. fall., il Commissario giudiziale depositava la propria relazione dando atto che fra le classi di creditori aventi diritto al voto - ovvero la seconda, la terza e la quarta - solo la IV classe aveva approvato la proposta di concordato.

L'Amministrazione finanziaria esprimeva voto contrario, respingendo la proposta di transazione fiscale: il voto erariale incideva, quanto alla II classe, per il 90.10%, quanto alla III classe, per l'84,74%.

La società ricorrente, appellandosi all'art. 180, comma 4, l. fall., come modificato dal D.L. n. 125/2020, chiedeva al Tribunale fallimentare di fissare l'udienza per l'omologazione della proposta di concordato.

La debitrice evidenziava che il voto contrario dell'ente impositore, come pure il parere negativo espresso sulla proposta di trattamento del credito tributario, erano carenti di motivazione, violando i criteri individuati dalla stessa Amministrazione finanziaria con circolare n. 34/E del 29 dicembre 2020.

Con il citato provvedimento, l'Agenzia delle Entrate ha dato disposizioni agli Uffici territoriali di motivare l'eventuale voto contrario in ordine alla transazione fiscale con indicazioni puntuali e precise circa le non condivise prospettazioni indicate tanto nel piano d'impresa, quanto nelle relazioni del Commissario giudiziale e del professionista attestatore.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, all'udienza collegiale ex art. 180 l. fall., preso atto di quanto rilevato dal Commissario giudiziale in punto di maggior convenienza del concordato rispetto all'alternativo fallimento, anche in ipotesi di esercizio provvisorio, omologava la proposta, previa “conversione” in voto favorevole del diniego erariale, ritenendo sussistenti le condizioni previste dall'art. 180, comma 4, l. fall.

Le questioni giuridiche trattate dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere

Quattro sono le questioni di diritto affrontate - e risolte - dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere:

1) l'interpretazione della locuzione “mancanza di voto”;

2) la cognizione del foro fallimentare sul diniego erariale;

3) la condizione di “decisività” del voto da parte dell'Erario;

4) la condizione di “convenienza” della transazione fiscale.

Passiamo sinteticamente in rassegna le suddette questioni giuridiche.

L'estensione della locuzione “mancanza di voto” - La prima questione attiene alla portata della locuzione “mancanza di voto” già prevista dall'art. 180, comma 4, terzo periodo, l. fall., nella versione precedente alla modifica introdotta dall'art. 20, D.L. n. 118/2021, norma che ha sostituito all'interno del citato art. 180, comma 4, l'espressione “mancanza di voto” con quella di “mancanza di adesione”.

Il Tribunale campano ha così delimitato la questione: “All'indomani dell'introduzione del cd. cram down fiscale, la dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate sull'ampiezza applicativa della norma e, in particolare, sul significato dell'espressione in mancanza di voto e, dunque, sull'operatività della norma nel caso in cui l'Agenzia delle Entrate mantenesse il silenzio o anche quando il voto espresso fosse contrario all'omologa del concordato”.

E - alla domanda se il cram down sia applicabile anche al diniego erariale espresso - ha dato risposta affermativa:

- da un lato, in conformità ad un'interpretazione sistematica della norma ricavabile dall'art. 178 l. fall.: in ambito di concordato preventivo la mancata espressione del consenso da parte dei creditori equivale a non accettazione della proposta;

- dall'altro, in conformità con la ratio delle nuove disposizioni sul cram down fiscale, aventi la finalità di superare immotivate resistenze da parte dell'Amministrazione finanziaria alla soluzione concordataria ove più conveniente del fallimento.

La conclusione cui è pervenuto il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere appare condivisibile.

Il legislatore dell'emergenza, con l'art. 3, comma 1-bis, lett. a), D.L. n. 125/2020, ha integrato l'art. 180, comma 4, l. fall., prevedendo che il Tribunale possa omologare il concordato “anche in mancanza di voto” da parte dell'Erario (oltreché degli enti contributivi), purché l'adesione sia determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze e la proposta di trattamento sia più conveniente per l'ente pubblico rispetto all'alternativa liquidatoria.

Analoga disciplina sostanziale - ma con la differenza lessicale di cui infra -, il legislatore ha introdotto nel campo degli accordi di ristrutturazione dei debiti e degli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento: per entrambe tali procedure, la norma non fa però riferimento alla locuzione “mancanza di voto”, ma alla diversa espressione “mancanza di adesione”.

Tale differenza semantica ha ingenerato incertezze in ordine al perimetro applicativo delle nuove norme a motivo del fatto che, in ambito di concordato preventivo, la mancanza di voto determina, ope legis, la mancata adesione alla proposta, in applicazione della regola (implicita) ricavabile dall'art. 178, comma 4, l. fall. (cd. silenzio-rifiuto).

Di talché, assumendo a riferimento il parametro sostanziale utilizzato dal legislatore per le altre due procedure, il cram down avrebbe dovuto trovare applicazione nel concordato “anche in mancanza di adesione” e, dunque, ove anche l'ente pubblico non avesse espresso il voto sulla proposta concordataria contenente il trattamento del credito fiscale.

La questione ha (rectius, dovrebbe avere) trovato una soluzione, nel senso della possibilità di applicare il cram down al concordato preventivo in senso estensivo, con la modifica dell'art. 180, comma 4, l. fall., come introdotta dall'art. 20 del D.L. n. 118/2021, con effetto dal 25 agosto 2021.

Tale disposizione ha sostituito la locuzione “anche in mancanza di voto” con l'espressione “anche in mancanza di adesione”.

Per effetto di tale modifica, anche in ambito di concordato preventivo il cram down potrà trovare applicazione, al sussistere delle altre condizioni ex art. 180, comma 4, l. fall., ogni qual volta l'ente titolare del diritto al tributo non aderisca alla proposta di transazione fiscale, ciò potendo avvenire:

- sia che l'ente pubblico esprima voto contrario alla proposta di trattamento

- sia che lo stesso si determini a non esprimersi sulla proposta medesima.

La cognizione del foro fallimentare sul diniego erariale - Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, prima di prendere in esame, nel merito, le due condizioni previste dall'art. 180, comma 4, l. fall. (decisività dell'adesione e convenienza della proposta), si è soffermato sulla questione che attiene al “potere” da parte del foro fallimentare di sindacare le decisioni dell'Amministrazione finanziaria circa la valutazione della proposta di trattamento del credito tributario.

Si verte, in altre parole, sulla giurisdizione in ordine alle controversie conseguenti al mancato assenso da parte dell'Agenzia delle Entrate alla transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall.

Il Tribunale campano ha richiamato, sul punto, l'ordinanza n. 8504 delle Sezioni Unite della Cassazione, pubblicata il 25 marzo 2021, facendone proprio il contenuto circa la riconosciuta riconducibilità al foro ordinario della cognizione sul diniego alla transazione fiscale.

Il caso trattato dalle Sezioni Unite traeva origine dalla mancata adesione erariale ad una proposta di trattamento formulata nell'ambito di un procedimento per l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Il contribuente aveva impugnato il diniego avanti la competente Commissione tributaria territoriale, assumendone la natura fiscale; l'ente impositore aveva eccepito il conflitto di giurisdizione, rilevando come la cognizione fosse attratta dal foro ordinario e, in particolare, da quello fallimentare.

In quel caso, il contesto normativo di riferimento non era stato ancora modificato per effetto della normativa emergenziale in punto di cram down tributario-contributivo, trattandosi dunque di norme in vigore prima dell'introduzione del D.L. n. 125/2020.

Le Sezioni Unite, pur in mancanza di disposizioni di diritto transitorio contenute all'interno del sopra citato decreto-legge, hanno ritenuto di fare riferimento alle nuove norme sul cram down in chiave ermeneutica, considerati i profili di continuità tra i due regimi normativi.

Quanto sopra, dal momento che. sin dal 1° gennaio 2017, per effetto dell'art. 1, comma 81, L. n. 232/2016, la transazione fiscale rappresenta un sub-procedimento “necessario” all'interno del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione.

Per effetto di tale carattere obbligatorio, la ratio concorsuale della transazione fiscale prevale rispetto alla propria ratio fiscale: si tratta dunque di pervenire ad una definizione del rapporto giuridico d'imposta attraverso l'applicazione delle regole previste dal diritto concorsuale.

Secondo le Sezioni Unite, le nuove norme sul cram down indirizzano la questione della cognizione circa il diniego erariale verso il foro fallimentare, collocandola “all'interno delle procedure concorsuali ed alle loro peculiari finalità, piuttosto che all'ambito delle procedure di attuazione dei tributi”.

Come ha ben ricordato il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la prevalenza della funzione concorsuale della transazione fiscale fa sì che al foro fallimentare spetti la cognizione sui profili di convenienza della proposta, ricadendo, invece, nel seno del giudice tributario, la cognizione circa le questioni attinenti all'an ed al quantum dell'obbligazione fiscale.

In questo quadro, si rende necessario trovare, sul piano sistematico, un punto di raccordo fra la norma concorsuale e la norma tributaria, in funzione del riparto di giurisdizione: la disposizione di legge “chiave” è l'art. 90 D.P.R. n. 602/1973.

Essa prevede che ove il contribuente sia ammesso al concordato, l'agente della riscossione compia sulla base del ruolo quanto necessario ai fini della partecipazione al concorso; in presenza di eventuali contestazioni, il credito fiscale è inserito in via provvisoria nell'elenco di cui all'art. 176, comma 1, l. fall.

L'art. 90 del D.P.R. n. 602/1973 garantisce, pertanto, che il credito fiscale prenda parte alla procedura concordataria, ferma la cognizione del foro tributario in ordine al merito della pretesa erariale, ex artt. 2-19 D.Lgs. n. 546/1992.

La decisività dell'adesione erariale - Risolta la questione della giurisdizione in ordine al diniego erariale, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere passa a verificare la sussistenza della prima condizione prevista dall'art. 180, comma 4, l. fall., ovvero la decisività dell'adesione medesima.

Il foro campano ha ricordato come, sul punto, possano aversi due diverse interpretazioni.

Secondo un primo orientamento, il voto dell'Amministrazione finanziaria potrebbe essere neutralizzato e/o sterilizzato, nel senso che “ove l'ente resti silente o esprima voto contrario, questo sarà escluso dal calcolo delle maggioranze ed il concordato potrà essere ugualmente omologato quando siano raggiunte le maggioranze contemplate dall'art. 177 l. fall.”.

Secondo altro orientamento, il foro fallimentare ha il potere, sussistendo l'ulteriore condizione di cui all'art. 180, comma 4, l. fall. (convenienza della proposta di trattamento), di convertire in voto favorevole il diniego espresso ovvero il silenzio dell'Amministrazione finanziaria, con “la conseguenza che le classi composte dai crediti fiscali o contributivi andranno conteggiate come favorevoli e il concordato omologato”.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha fatto propria la seconda impostazione, dando atto come, nel caso in esame, il voto dell'Agenzia delle Entrate “pesasse”, quanto alla II classe, nella misura del 90,10% del totale dei crediti ivi inseriti, quanto alla III classe, nella misura dell'84,74% del totale dei crediti sempre ivi inseriti, discendendone che, ai “fini del calcolo delle maggioranze, il voto del creditore istituzionale diventa determinante”.

Anche in questo caso, le conclusioni cui sono pervenuti i giudici campani sono condivisibili.

Sotto un profilo letterale, l'art. 3, comma 1-bis, lett. a), D.L. n. 125/2020 ha previsto che il Tribunale possa omologare il concordato preventivo quando il voto dell'ente pubblico sia “determinante” ai fini del raggiungimento delle maggioranze ex art. 177 l. fall.

In ambito di accordi di ristrutturazione dei debiti, l'art. 3, comma 1-bis, lett. b), D.L. n. 125/2020, integrando l'art. 182-ter, comma 5, l. fall., ha previsto che la procedura possa essere omologata quando l'adesione sia “decisiva” ai fini del raggiungimento della percentuale ex art. 182-bis, comma 1, l. fall.

In ambito di sovraindebitamento, l'art. 4-ter del D.L. n. 137/2020, integrando l'art. 12, L. n. 3/2012, ha previsto che la procedura possa essere omologata quando l'adesione sia “decisiva” ai fini del raggiungimento della percentuale ex art. 11, comma 2, L. n. 3/2012.

Al di là della (irrilevante) differenza lessicale fra gli aggettivi “determinate” e “definitiva”, la condizione di “decisività” è integrata ove le maggioranze previste per l'approvazione del concordato, nonché le percentuali previste per l'omologazione degli ADR e degli accordi di composizione della crisi, siano raggiunte imputandovi, tramite conversione “adesiva” ad opera dell'Autorità giudiziaria, il credito dell'ente pubblico contrario alle singole proposte.

Non si tratta, così, di “sterilizzare” il voto contrario e/o la mancata adesione degli enti pubblici ai fini della determinazione dei rispettivi quorum; in questo caso, il debitore, una volta che il credito pubblico sia sterilizzato, dovrebbe raggiungere: i) con riferimento al concordato preventivo, la maggioranza dei voti computati in relazione ai crediti aventi diritto al voto diversi da quelli erariali-contributivi, oltreché la maggioranza delle altre classi; ii) con riferimento agli ADR ed agli accodi composizione della crisi, la percentuale del 60% dei crediti diversi da quelli di titolarità dell'ente erariale-contributivo.

In base alle nuove norme sul cram down, l'Autorità giudiziaria, sussistendo le altre condizioni di legge, può “convertire” il diniego degli enti pubblici in voto favorevole/adesione alla proposta, andando così - i crediti pubblici - ad integrare i quorum previsti per le singole approvazioni.

Per il debitore sarò, dunque, “sufficiente” raggiungere:

- la maggioranza dei voti computati sull'intesa base dei crediti aventi diritto al voto (ivi inclusi i voti pubblici, “convertiti” in favorevoli), nonché la maggioranza di tutte le classi, con riferimento al concordato preventivo;

- la percentuale del sessanta percento determinata su una base costituita da tutti i crediti, ivi inclusi i crediti di titolarità degli enti pubblici, “convertiti” in adesione, con riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti.

La convenienza della proposta di trattamento del credito fiscale - Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, prima di procedere con l'omologazione del concordato, si è soffermato sulla sussistenza dell'altra condizione prevista dall'art. 180, comma 4, l. fall., ovvero la convenienza della transazione fiscale rispetto all'alternativa liquidatoria.

Tale indagine, secondo il foro campano, fa sì che “la valutazione vada effettuata tenendo conto dell'ammontare previsto in favore dell'Agenzia delle Entrate e dei tempi di pagamento, rapportati allo scenario fallimentare”.

Preliminarmente, il Tribunale sammaritano ha ricordato come l'Erario sia tenuto a corredare l'eventuale intendimento di non aderire alla proposta di trattamento con una compiuta motivazione, pena la nullità dell'atto amministrativo ex art. 3 d.lgs. n. 240/1991.

D'altra parte, la stessa Amministrazione finanziaria, con la ricordata circolare n. 34/E del 29 dicembre 2020, ha segnalato agli Uffici territoriali la necessità di motivare in modo adeguato e puntuale il proprio eventuale dissenso alla proposta di trattamento del credito fiscale.

Nel caso in esame, come sottolineato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, l'ente territoriale non si era attenuto ai principi impartiti dall'Autorità amministrativa centrale, ove si consideri che la proposta concordataria prevedeva il soddisfacimento integrale sia del credito erariale privilegiato oggetto di moratoria di cui alla II classe, sia del credito erariale chirografario oggetto di “falcidia” ex art. 182-ter l. fall. di cui alla III classe,

D'altra parte, il Commissario giudiziale aveva rimarcato nella propria relazione ex art. 172 l. fall., come confermata in sede d'udienza collegale, che l'ente pubblico, aderendo al concordato preventivo, avrebbe ricevuto un trattamento migliore rispetto al fallimento, e ciò anche in ipotesi di esercizio provvisorio (la debitrice svolgeva servizi pubblici in affidamento sì che le incombenze legate all'espletamento di una nuova gara avrebbero negativamente inciso sulle percentuali di soddisfacimento dei crediti privilegiati concorsuali, fra cui quello erariale, a motivo della prevedibile, lunga durata del nuovo procedimento di aggiudicazione).

Alcune note finali sul requisito di “convenienza”.

Secondo l'art. 180, comma 4, l. fall., il Tribunale “omologa il concordato […] quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'art. 161, comma 3, la proposta di soddisfacimento dell'Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.

In questa prospettiva, il confronto posto a base dall'Autorità giudiziaria ai fini dell'omologazione della procedura concorsuale ha ad oggetto il trattamento proposto all'Erario in sede di transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall. rispetto al trattamento che l'ente pubblico riceverebbe, in via prognostica, in sede di alternativa soluzione liquidatoria (id est, nella maggiorana dei casi, fallimento).

La valutazione circa la convenienza della proposta di trattamento del credito fiscale presuppone, pertanto, un giudizio “prognostico” avente ad oggetto l'esame dei seguenti elementi fattuali:

i) percentuale di pagamento;

ii) tempi di soddisfacimento del credito;

iii) esistenza di eventuali garanzie.

Il suddetto giudizio è diverso dal giudizio previsto dall'art. 160, comma 2, l. fall.

In tale sede, il professionista in possesso dei requisiti ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. assume a riferimento ai fini comparativi il profilo della convenienza del concordato preventivo rispetto all'intero ceto creditorio.

Nel caso del cram down fiscale ex art. 180, comma 4, l. fall., il Tribunale - anche basandosi su quanto affermato, sul punto, dallo stesso attestatore - attua, invece, il giudizio di convenienza nella specifica prospettiva della posizione creditoria erariale, confrontando quanto offerto dal contribuente all'ente pubblico attraverso la proposta di trattamento del credito fiscale rispetto al grado di soddisfacimento dello stesso credito tributario nell'alternativo scenario liquidatorio.

Il che passa, dapprima, da una simulazione di un riparto finale in sede fallimentare, tenuto conto del grado dei singoli privilegi erariali, e, successivamente, dal confronto dei relativi esiti, in termini di entità e tempi di realizzo, con le condizioni economiche previste nell'ambito della proposta di trattamento. assieme alle eventuali, correlate garanzie.

Non senza segnalare - da ultimo - la necessità di valutare gli esiti prognostici degli eventuali contenziosi fiscali pendenti al momento dell'apertura del concordato, che potrebbero essere oggetto di specifiche previsioni nell'ambito della proposta transattiva ex art. 180, comma 4, l. fall. e che, invece, proseguirebbero in caso di apertura della procedura concorsuale maggiore.

Riferimenti minimi in giurisprudenza e dottrina

In giurisprudenza, per la cognizione del foro fallimentare a decidere in relazione al diniego erariale: Cass. Civ., Sez. Un., 25 marzo 2021, n. 8504; contra, Comm. Trib. Prov. Milano, 10 dicembre 2019, n. 5429; Comm. Trib. Prov. Roma, 1° dicembre 2017, n. 2613. Per i profili interpretativi circa la locuzione “mancanza di voto”: Trib. La Spezia, 14 gennaio 2021; Trib. Bari, 18 gennaio 2021; Trib. Teramo, 19 aprile 2021; Trib. Pescara, 27 maggio 2021.

In dottrina: G. Andreani, Le nuove norme della legge fallimentare sulla transazione fiscale, in questo portale, 5 gennaio 2021; L. Gambi, Questioni aperte sul cram down nella transazione fiscale, in questo portale, 25gennaio 2021; M. Ferro,

Legge n. 159/2020:

il giudizio di convenienza supplisce nei concordati al mancato voto dell'ente pubblico per debiti tributari e previdenziali”, in quotidianogiuridico.it, 7 dicembre 2020; L. De Bernardin, Brevi note a prima lettura sull'omologa dei piani di ristrutturazione con trattamento dei crediti tributari o contributivi, in Ilcaso.it, 2 gennaio 2021; F. Santangeli, Note sul nuovo ruolo del tribunale come giurisdizione di merito nel trattamento dei crediti tributari e contributivi nel codice della crisi di impresa e dell'insolvenza ed in più recenti disposizioni legislative, in Ilcaso.it, 18 marzo 2021.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.