Protezione internazionale: la credibilità del richiedente deve essere valutata secondo un criterio atomistico-analitico

Redazione scientifica
26 Aprile 2022

La Corte di cassazione ha operato una puntuale ricostruzione dei criteri che il giudice deve utilizzare per la valutazione di credibilità del richiedente nei procedimenti in materia di protezione internazionale.

La vicenda trae origine dalla domanda di riconoscimento della protezione internazionale presentata da N., la quale veniva rigettata dalla Commissione territoriale competente, con decisione confermata dal Tribunale di Perugia.

Il ricorrente, cittadino nigeriano, non era comparso davanti al giudice di primo grado, ma in sede di audizione avanti alla Commissione territoriale aveva offerto una puntuale ricostruzione, corredata da elementi documentali, dei motivi che lo avevano spinto a fuggire dal proprio paese di origine.

In particolare, egli aveva dichiarato di essere fuggito dalla Nigeria per il fondato timore di essere vittima di gravi atti di persecuzione a causa della sua appartenenza al movimento pacifista (omissis) e aveva ricostruito nel dettaglio le persecuzioni subite.

Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, con la motivazione che il racconto presentava «elementi di sommarietà e lacune non superabili».

Avverso tale pronuncia, il richiedente proponeva ricorso per cassazione, lamentando che il decreto del tribunale si era basato su una mera e pedissequa riproposizione delle considerazioni svolte dalla Commissione territoriale.

Il tribunale aveva omesso un autonomo scrutinio delle informazioni e delle allegazioni documentali prodotte, operando una valutazione della credibilità del ricorrente oggetto, in parte, dell'omissione, in parte, della distorsione, dei criteri fissati dalla legge.

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso.

La funzione del procedimento giurisdizionale di protezione internazionale è quella - del tutto autonoma rispetto alla precedente procedura amministrativa - di accertare, secondo criteri legislativamente predeterminati, la sussistenza o meno del diritto al riconoscimento di una delle tre forme di asilo.

In particolare, il compito del giudice appare funzionale - anche al di là ed a prescindere da quanto accaduto dinanzi alla Commissione territoriale - alla complessiva raccolta, accurata e qualitativa, delle informazioni, nel corso della quale dissonanze e incongruenze andranno valutate secondo un criterio di unitarietà argomentativa e non di sistematico frazionamento, della narrazione.

Nel dettaglio, va adottato un modello di valutazione di credibilità improntato ad un criterio atomistico-analitico, il quale segue un percorso logico distinto in due fasi fondate, dapprima, su di un rigoroso esame di ciascun singolo fatto "indiziante" che emerge dal racconto del richiedente asilo.

Tale prima fase ha lo scopo di eliminare i fatti privi di rilevanza rappresentativa e conservare quelli che, valutati singolarmente, offrano un contenuto positivo, quantomeno parziale, sotto il profilo dell'efficacia del ragionamento probatorio.

Successivamente, il giudice deve procedere ad una valutazione congiunta, complessiva e globale, di tutti quei fatti, alla luce dei principi di coerenza logica, compatibilità inferenziale, congruenza espositiva, concordanza prevalente.

Ciò al fine di accertare se la loro combinazione, frutto di accurata sintesi logica e non di acritica somma aritmetica, possa condurre all'approdo della prova presuntiva del factum probandum - che potrebbe non considerarsi raggiunta attraverso una valutazione atomistica di ciascun indizio (quae singula non possunt, collecta iuvant) - .

Ebbene, nel caso di specie, il provvedimento impugnato si è del tutto sottratto ai principi richiamati, atteso che ha scomposto e frammentato i fatti che compongono la narrazione, trascurando immotivatamente precisi elementi documentali allegati e provati dal ricorrente.

In definitiva, il provvedimento oltrepassa insanabilmente la soglia dell'apparenza motivazionale (giusta le indicazioni di cui a Cass., civ., sez. un., n. 8053/2014) e si caratterizza altresì per la sua costante apoditticità.

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