Sopravvenuta illegittimità costituzionale del divieto di prevalenza dell'attenuante del vizio parziale di mente sull'aggravante della recidiva reiterata
27 Aprile 2022
Massima
In tema di bilanciamento tra circostanze, deve essere annullata la sentenza che abbia fondato il diniego di prevalenza della attenuante del vizio parziale di mente sull'aggravante della recidiva ex art. 99, comma 4, c.p. soltanto sul divieto "obbligato" previsto dall'art. 69 ultimo comma c.p., dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 73/2020 della Corte costituzionale, con rinvio al giudice della cognizione affinché riesamini il motivo di appello dedicato ad invocare il giudizio di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente. Il caso
L'imputato aveva commesso una serie di plurimi, continuati reati di furto aggravati, commessi all'interno del Pronto Soccorso di un ospedale nei confronti dei pazienti ivi presenti ed in attesa di essere ricoverati ed assistiti, sottraendo loro numerosi oggetti di valore che tenevano nei pressi dei loro letti e barelle.
La Corte di appello di Genova, in data 9 dicembre 2019, aveva confermato la sentenza del giudice di primo grado condannandolo ad una pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed a 240 euro di multa, ritenendo sussistenti le aggravanti dell'aver commesso il fatto all'interno di un edificio pubblico e dell'esposizione alla pubblica fede (art. 625, comma 1, n. 5, c.p.), nonché quella della condizione di minorata difesa in cui versavano le vittime stesse (art. 61, comma 1, n. 5 c.p.): tutte circostanze che, unitamente alla riconosciuta recidiva reiterata ex art. 99, comma 4, c.p., sono state ritenute equivalenti alle concesse attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) nonché all'attenuante del vizio parziale di mente (art. 89 c.p.). La questione
Come unico motivo il ricorrente denuncia vizio di violazione di legge (art. 606, comma 1, c.p.p.) dovuto al mancato riconoscimento dell'attenuante del vizio parziale di mente, motivato sull'espresso divieto disposto dall'art. 69, comma 4, c.p., il quale, come modificato dall'art. 3 della l. 5 dicembre 2005, n. 251, dispone che le disposizioni dei commi precedenti, disciplinanti il concorso di circostanze aggravanti e attenuanti, «si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall'art. 99, comma 4, c.p. nonché dagli artt. 111 e 112, comma 1, n. 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato».
Tuttavia, a tale proposito viene evidenziato che tale divieto non può più trovare applicazione dopo che la Corte costituzionale con la sentenza 24 aprile 2020, n. 73, aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 69, comma 4, c.p. proprio nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante prevista dall'art. 89 c.p. sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all'art. 99, comma 4, c.p.
Invero, varie volte la Consulta si è occupata del “divieto” posto dall'art. 69, comma 4, c.p., con una serie di sentenze che hanno costantemente contribuito ad una sua “erosione”, con una serie di illegittimità parziali, e la citata sentenza n. 73/2020 è una delle numerose che l'hanno preceduta e non è neppure l'ultima emessa su tale normativa. Ne diamo uno schematico quadro:
Fra queste si situa la predetta sentenza della Corte cost., 24 aprile 2020, n. 73 (in Riv. it. dir. proc. pen. 2020, p. 1975, con nota di Peccioli, La progressiva erosione della blindatura della recidiva reiterata alla luce del principio di colpevolezza: il caso del vizio di mente), la quale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 69, comma 4, c.p., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 89 c.p. sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all'art. 99, comma 4, c.p.
Invero, mentre nelle altre pronunce la Corte si basava sul principio di offensività, per cui la esclusione della sua minor lesione, determinata dalla prevista attenuante (speciale tenuità, collaborazione post delictum), conduceva all'applicazione di una pena eccessivamente ed irragionevolmente sproporzionata e, quindi, lesiva dei princìpi costituzionali di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di rieducatività della pena (art. 27, comma 3 Cost.), nella sentenza n. 73/2020 il ragionamento della Corte viene ad investire il piano della colpevolezza.
Infatti, se è ben vero che merita un maggior rimprovero il recidivo che non rinuncia alla commissione di nuovi reati nonostante sia già stato destinatario di un ammonimento, da parte delle precedenti condanne, sul dovere di rispettare la legge penale, la “blindatura” dell'art. 63, comma 4, c.p. non consente al giudice di irrogare una pena proporzionata e calibrata sull'effettiva personalità del reo, posto che il vizio parziale di mente comporta una minore rimproverabilità del soggetto in relazione al minore grado di discernimento circa il disvalore della propria condotta e della minor capacità di controllo della propria volontà. Con la conseguenza che, al pari della medesima offensività, non è possibile applicare al seminfermo di mente una pena inferiore di quella relativa a chi abbia agito in condizioni di normalità psichica. Le soluzioni giuridiche
La Corte di cassazione, in linea peraltro con le conclusioni della Procura Generale, dichiara la fondatezza del ricorso alla luce della citata sentenza n. 73/2020 della Corte costituzionale, richiamando le motivazioni di tale pronuncia.
Ne deriverebbe l'annullamento sul punto della sentenza impugnata.
Ora, la Corte ricorda correttamente come a suo tempo, proprio in riferimento ad una sentenza di incostituzionalità relativa al giudizio “obbligato” di bilanciamento previsto dal legislatore rispetto alla recidiva reiterata (trattasi della citata Corte cost. 15 novembre 2012, n. 251), le Sezioni Unite avevano stabilito che lo stesso giudice dell'esecuzione, pur in presenza di una sentenza irrevocabile, poteva affermare la prevalenza della circostanza attenuante, sempreché una simile valutazione non sia stata esclusa nel merito dal giudice della cognizione, secondo quanto risulta dal testo della sentenza irrevocabile. E spetta al p.m., in ragione delle sue funzioni istituzionali, il compito di chiedere al giudice dell'esecuzione l'eventuale rideterminazione della pena inflitta anche in applicazione dell'art. 69, comma 4., c.p., sempre che il trattamento sanzionatorio sia già in corso di attuazione, e fino a quando questo non sia interamente eseguito (Cass. pen., sez. un., 29 maggio 2014, n. 42858, in Cass. pen., 2015, p. 41, con nota di Gambardella, Norme incostituzionali e giudicato penale: quando la bilancia pende tutta da una parte – Rules uncostitutional, and final judgment: when the balance is all on one side; ed in Riv. it. dir.e proc. pen., 2015, p. 975, con nota di Vicoli, L'illegittimità della norma penale sanzionatoria travolge il giudicato: le nuove frontiere della fase esecutiva nei percorsi argomentativi delle Sezioni Unite).
Similmente, sempre secondo tale rilevante pronuncia delle Sezioni Unite, a seguito della dichiarata incostituzionalità dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 11-bis, c.p.relativa all'aver il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale (Corte cost., 8 luglio 2010, n. 249), poteva il giudice della esecuzione individuare la porzione di pena da eliminare in quanto relativa a tale aggravante.
Se, dunque, la sentenza di illegittimità costituzionale impone sia al giudice della cognizione che a quello della esecuzione di ricondurre la sanzione penale inflitta nella “misura costituzionalmente legittima” riparametrando il giudizio di bilanciamento secondo il decisum della Consulta, la Cassazione, nella sentenza in commento, rimarca come l'unica ratio decisoria individuata dal giudice della cognizione per escludere la prevalenza dell'attenuante del vizio parziale di mente sulle aggravanti contestate e, in particolare, anche su quello della recidiva ex art. 99 comma 4 c.p. è stata proprio l'esistenza del divieto normativo disposto dall'art. 69, comma 4, c.p., dichiarato poi incostituzionale con la sentenza n. 73/2020.
Di conseguenza la sentenza deve essere annullata con rinvio affinché il giudice di rinvio, ispirandosi all'interpretazione costituzionalmente legittima indicata dalla sentenza n. 73/2020, «riesamini il motivo di appello dedicato ad invocare il giudizio di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente sulle contestate aggravanti, compresa la recidiva qualificata, così applicando la nuova dimensione normativa dell'art. 69 ultimo comma c.p., seguita alla decisione di parziale incostituzionalità».
In altri termini, si deve ricordare che la sentenza impugnata prevedeva, oltre a quella della recidiva reiterata, anche altre due aggravanti ed un ulteriore attenuante oltre a quella del vizio parziale di mente: ed il tutto ricondotto ad un giudizio di equivalenza. Ora, se, a seguito dell'annullo in base alla sentenza costituzionale n. 73/2020, il vizio di mente deve ritenersi prevalente rispetto alla recidiva reiterata, rimane da effettuare il bilanciamento nel contesto del quadro così modificato: il che potrebbe anche condurre ad un risultato affatto identico a quello precedente.
Del che la Suprema Corte si rende ben conto, quando conclude che «resta inteso che il giudice di rinvio potrà confermare il giudizio di equivalenza tra circostanze di tenore opposto, sulla base di argomentazioni diverse, scevre dall'automatismo obbligato imposto dalla disposizione normativa ed ora eliminato dalla sentenza della Corte costituzionale».
In definitiva, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: «In tema di bilanciamento tra circostanze, deve essere annullata la sentenza che abbia fondato il diniego di prevalenza della attenuante del vizio parziale di mente sull'aggravante della recidiva ex art. 99 comma 4 c.p. soltanto sul divieto "obbligato" previsto dall'art. 69 ultimo comma c.p., dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 73/2020 della Corte costituzionale, con rinvio al giudice della cognizione affinché riesamini il motivo di appello dedicato ad invocare il giudizio di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente». In conclusione
La questione, a ben vedere, è alquanto lineare: dopo la sentenza della Corte d'appello del 2019 è intervenuta la citata sentenza della Corte costituzionale del 2020, per cui una delle disposizioni applicate nel giudizio di bilanciamento delle circostanze è stata dichiarata costituzionalmente illegittima.
Data la varietà delle circostanze presenti la Cassazione non poteva procedere con un semplice annullo, imponendosi una nuova valutazione complessiva da parte del giudice della cognizione che tenesse presente la pronuncia della Consulta: donde il disposto rinvio.
Peraltro, come non escluso dalla stessa Cassazione, sembra prevedibile che tale nuovo giudizio di bilanciamento possa comunque concludersi con una decisione di equivalenza che lasci immutata la pena inflitta nei precedenti gradi di giudizio. |