I limiti alla risarcibilità del danno parentale in favore dal neonato per la morte del nonno

Redazione Scientifica
28 Aprile 2022

La Cassazione torna sul danno da perdita del rapporto parentale, respingendo la domanda di risarcimento invocato a favore della nipote di soli 8 mesi per la scomparsa del nonno.

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla domanda di risarcimento del danno avanzata dai genitori di una minore in conseguenza della morte del nonno a seguito di un sinistro. In particolare, i ricorrenti denunciano la perdita di una sorta di rapporto parentale futuro, «ossia della perdita che, una volta cosciente, la minore avverte e che consiste nel non poter aver il nonno con sé, ossia vivere dei momenti con lui come nella normalità dei rapporti tra nonno e nipote».

A tal proposito, la Corte rammenta che il danno al minore infante è qualificabile come danno futuro e che, a sua volta, per il danno futuro possono ipotizzarsi due diverse configurazioni: il danno virtuale e quello eventuale. Il primo dei due è un danno certo al momento del fatto illecito, ma destinato ad avere ripercussioni nel futuro; il danno futuro eventuale è invece un danno che al momento del fatto illecito non si sa se si verificherà in futuro, ed è quindi ipotetico.

Ciò premesso, la Suprema Corte evidenzia che la perdita del rapporto parentale, nella sua dimensione non patrimoniale, determina la perdita dei reciproci affetti in corso, che sono, a differenza del danno morale soggettivo, "dimensioni oggettive" del pregiudizio, ossia "utilità" la cui estinzione rileva a prescindere dalla sofferenza che quella perdita può produrre sul parente sopravvissuto (Cass. civ., n. 18284/2021). Pertanto, la perdita del rapporto parentale, in quanto perdita delle "utilità" che il rapporto consente, è necessariamente una perdita attuale, che consiste nella definitiva impossibilità di godere di quel legame, con la conseguenza che costituisce pregiudizio rilevante solo per il congiunto che di tale rapporto sia parte, non in senso formale, ma nel senso di poter trarre dal rapporto le "utilità" che esso offre e che l'illecito fa perdere definitivamente.

Il danno futuro dell'infante, ovvero la sua futura sofferenza per la perdita attuale del nonno, è dunque un danno eventuale che non può essere ritenuto rilevante ora per allora, in quanto se si può riconoscere, in astratto, una eventuale sofferenza postuma, «non si può ammettere un godimento postumo dei beni che il rapporto familiare consente».

Per questi motivi, la Corte respinge il ricorso.

(Fonte: Diritto e Giustizia)