La prescrizione dei crediti tra concordato preventivo e fallimento

02 Maggio 2022

La corte di Cassazione ha valutato l'estensibilità, al concordato preventivo, della disciplina dettata per il fallimento in tema di sospensione ed interruzione della prescrizione, precisando da quale momento possa dirsi compiuto un atto interruttivo del corso prescrizionale.
La massima

In tema di concordato preventivo non è ipotizzabile alcuna sospensione generalizzata della prescrizione dei diritti di natura patrimoniale spettanti ai creditori; l'art. 168, comma 2, l. fall., con l'espressione “le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese”, si riferisce esclusivamente alle prescrizioni che sarebbero interrotte da azioni esecutive e cautelari, prevedendo quindi l'effetto della sospensione (e non già quello - più favorevole - dell'interruzione) a beneficio dei soli creditori che abbiano già intrapreso le predette azioni al momento della pubblicazione della domanda di concordato.

Il caso

Un lavoratore dipendente di una società, dapprima assoggettata a procedura di concordato preventivo e poi, a distanza di qualche anno, dichiarata fallita, presentava domanda di ammissione al passivo fallimentare di crediti per retribuzioni lavorative. La domanda veniva respinta in sede di verifica dei crediti per intervenuta prescrizione, ma poi accolta in sede di giudizio di opposizione, in ragione della sospensione prevista dall'art. 168, comma 2, l. fall.. Contro il decreto del Tribunale ricorreva in cassazione il curatore fallimentare per violazione delle norme in tema di prescrizione.

Con la sentenza in commento la corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, ha definitivamente respinto la domanda di insinuazione del lavoratore per intervenuta prescrizione del credito ex art. 2948, n. 4, c.c., non risultando, nella fattispecie, essere stati compiuti idonei atti interruttivi e, contrariamente a quanto statuito dal giudice dell'opposizione, non operando in modo automatico e generalizzato la sospensione prevista dall'art. 168, comma 2, l. fall. in mancanza di azioni esecutive e cautelari promosse dal creditore prima della pubblicazione della domanda di concordato.

La questione e la soluzione data dalla sentenza in commento

Il caso sottoposto alla Suprema Corte solleva la seguente questione: se, stante il divieto per i creditori concorsuali di “iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore” dopo la pubblicazione della domanda di concordato, contenuto nell'art. 168, comma 1, l. fall., la sospensione del corso della prescrizione prevista dal comma 2 della medesima norma operi in favore, indistintamente, di tutti i creditori concordatari (perché di fatto impossibilitati a riscuotere i propri crediti, se non nei modi e nei tempi della procedura) ovvero soltanto in favore di coloro che avessero già prima della pubblicazione del ricorso agito in via esecutiva o cautelare.

Ebbene, la soluzione data dalla Corte è chiara e netta: l'art. 168, comma 2, l. fall. prevede l'effetto della sospensione della prescrizione a favore non già della generalità dei creditori, bensì solo di coloro che abbiano già intrapreso azioni esecutive o cautelari al momento della pubblicazione della domanda di concordato e con riferimento soltanto a quelle prescrizioni che sarebbero state interrotte da tali azioni.

Si tratta di una decisione che si pone nel solco della giurisprudenza di legittimità ormai consolidata (da ultimo si veda Cass. civ., sez. I, 5 agosto 2019, n. 20889 espressamente richiamata dalla sentenza in commento) e che offre l'occasione per tornare a riflettere sul diverso regime della prescrizione dei crediti nella procedura di fallimento e nella procedura di concordato preventivo.

Com'è noto, né la sentenza dichiarativa di fallimento, né l'apertura della procedura di concordato preventivo hanno di per sé l'effetto di interrompere o sospendere il corso della prescrizione dei crediti. In entrambi i casi, dunque, la prescrizione continua a decorrere.

Perché la prescrizione venga interrotta occorre - di regola e in linea generale - un'iniziativa del creditore finalizzata alla soddisfazione del proprio credito nel concorso.

Nella procedura fallimentare questa iniziativa è disciplinata dagli artt. 92 ss. l. fall., che regolano la fase della verifica dei crediti: ogni creditore che intenda partecipare al concorso ha l'onere di presentare apposita domanda di ammissione allo stato passivo nelle forme e nei termini di cui all'art. 93 l. fall., la quale determina di diritto l'interruzione della prescrizione del credito con effetto permanente sino alla chiusura della procedura (art. 94 l. fall.).

Nel contesto fallimentare, dunque, la questione della prescrizione non solleva particolari problematiche. Il combinato disposto delle norme appena richiamate (e in particolare dell'art. 94 l. fall., che assimila la domanda di insinuazione alla domanda giudiziale), infatti, restituisce un quadro di sistema chiaro, che non lascia margini di incertezza in punto di prescrizione dei crediti nel fallimento.

Purtroppo, altrettanto non può dirsi con riguardo alla procedura di concordato preventivo.

Nel concordato preventivo, infatti, non esiste una fase di verifica dei crediti, né è previsto che il creditore presenti una domanda di ammissione al concorso equivalente, quanto agli effetti, alla domanda giudiziale, come prescritto dall'art. 94 l. fall. per la procedura fallimentare; e non vi è neppure una norma che disciplini in via generale il thema della prescrizione dei crediti, posto che - come visto - l'art. 168, comma 2, l. fall. ha un ambito di applicazione circoscritto e specifico.

Si pone allora la questione - non trattata dalla sentenza in commento, ma di sicuro interesse pratico soprattutto con riguardo alle ipotesi di prescrizioni brevi e in caso di successione di procedure - di verificare se e come il corso della prescrizione dei crediti possa dirsi interrotto nel contesto di una procedura di concordato preventivo.

Si cominci con una premessa: com'è noto, a norma dell'art. 161 l. fall., il creditore che presenti domanda di ammissione alla procedura di concordato deve depositare, unitamente al ricorso, “l'elenco nominativo dei creditori, con indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione”; e ciò deve fare anche nell'ipotesi di c.d. ricorso in bianco di cui al comma 6.

Si possono allora presentare due scenari: quello in cui il creditore non è indicato nel relativo elenco (in ipotesi, perché la pretesa è contestata dal debitore) e quello in cui, invece, è annoverato tra i creditori concordatari.

Nel primo caso, il creditore, per poter vedere soddisfatte le proprie ragioni, ha l'onere di agire in via ordinaria per il relativo accertamento: nel concordato preventivo, infatti, non è vietato ai creditori di agire per l'accertamento dei propri crediti nei confronti del debitore; ciò che è vietato, come visto, è far valere il credito in via esecutiva o cautelare. In tal modo, in forza delle norme di diritto comune, il creditore provoca altresì l'interruzione della prescrizione sino al passaggio in giudicato della relativa decisione giudiziale (artt. 2943, comma 1, e 2945, comma 2, c.c.) (in questo primo scenario, dunque, è difficile che sorgano problematiche connesse alla prescrizione del credito, salvo l'improbabile caso in cui tra il passaggio in giudicato della sentenza di accertamento del credito e il deposito della domanda di insinuazione al passivo fallimentare sia intercorso l'intero periodo prescrizionale nell'assoluta inerzia del creditore).

Nel secondo caso, invece, il creditore non ha né l'onere di, né un interesse a, agire per l'accertamento del proprio credito, sia perché lo stesso è stato indicato dal debitore nell'elenco di cui all'art. 161 l. fall., sia perché comunque non potrebbe agire per l'esecuzione, dato il divieto di cui all'art. 168, comma 1, l. fall..

Ebbene, in questo caso, stante la mancanza di iniziative del creditore, un tema di prescrizione potrebbe porsi.

Ci si può allora chiedere se l'indicazione del nominativo del creditore nell'elenco di cui all'art. 161 l. fall. sia equiparabile, quanto agli effetti, a un “riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere”, idoneo a interrompere la prescrizione ex art. 2944 c.c..

L'unico precedente di legittimità in termini (Cass. civ., sez. I, 14 aprile 1993, n. 4446) sembrerebbe deporre per una risposta negativa, in quanto l'indicazione del creditore nell'elenco ex art. 161 l. fall. varrebbe solo a identificare i creditori aventi diritto al voto, lasciando impregiudicate le questioni relative all'esistenza (e alla natura) dei relativi crediti.

Ad avviso di chi scrive, tuttavia, una simile conclusione non è condivisibile. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, infatti, “il riconoscimento di un debito non esige formule speciali e … può risultare, implicitamente, anche da un atto compiuto dal debitore per una finalità diversa e senza la consapevolezza dell'effetto ricognitivo. L'atto di riconoscimento, infatti, non ha natura negoziale, né carattere recettizio e non deve necessariamente essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva” (Cass. civ., sez. II, 12 aprile 2018, n. 9097); “il riconoscimento del diritto, idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non deve necessariamente concretarsi in uno strumento negoziale, cioè in una dichiarazione di volontà consapevolmente diretta all'intento pratico di riconoscere il credito, e può, quindi, anche essere tacito e concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore” (Cass. civ., sez. VI - 3, 2 dicembre 2010, n. 24555).

Pertanto, l'aver annoverato il creditore nell'elenco di cui all'art. 161 l. fall., sulla scorta del quale il debitore ha elaborato la proposta di concordato, potrebbe anche valere come riconoscimento del credito, idoneo a interromperne la prescrizione. Di più: in virtù dei princìpi appena visti, si potrebbe persino attribuire un effetto interruttivo della prescrizione anche alla mancata contestazione del credito da parte del debitore in sede di discussione della proposta di concordato (art. 175, comma 4, l. fall.), nonché alla domanda di omologazione del concordato contenuta nella memoria di costituzione del debitore nel giudizio ex art. 180 l. fall., se depositata. Queste condotte, infatti, appaiono “concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore”.

Viceversa, non è sostenibile la tesi secondo cui, nel concordato con cessione dei beni, la prescrizione rimarrebbe sospesa per tutta la durata della procedura in virtù dell'art. 2941, n. 6, c.c., a norma del quale “la prescrizione rimane sospesa … tra le persone i cui beni sono sottoposti per legge o per provvedimento del giudice all'amministrazione altrui e quelle da cui l'amministrazione è esercitata finché non sia stato reso e approvato definitivamente il conto”. Sul punto, infatti, la Corte di Cassazione è netta nell'affermare che “il concordato preventivo mediante cessione dei beni ai creditori comporta il trasferimento agli organi della procedura non della proprietà dei beni, ma dei soli poteri di gestione finalizzati alla liquidazione. Ne consegue che l'art. 2941, n. 6, c.c., non è applicabile estensivamente ai rapporti tra debitore e creditori del concordato preventivo in questione, poiché la titolarità dell'amministrazione dei beni ceduti spetta esclusivamente al liquidatore, il quale la esercita non in nome o per conto dei creditori concordatari, ma nel rispetto delle direttive impartite dal tribunale …” (Cass. civ., sez. I, 26 febbraio 2019, n. 5663; Cass. civ., sez. I, 31 luglio 2019, n. 20642).

Osservazioni e conclusioni

Quello della prescrizione continua a essere un tema insidioso per il creditore del debitore in concordato, tanto più - paradossalmente - se il creditore è stato indicato nell'elenco di cui all'art. 161 l. fall., atteso che, a ben vedere, difficilmente costui potrebbe interrompere la prescrizione tramite una valida intimazione ex art. 2943, comma 4, c.c., che per definizione deve tradursi in una “richiesta scritta di adempimento” (Cass. civ., sez. II, 31 maggio 2021, n. 15140) inattuabile in pendenza di procedura.

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