Il danno non patrimoniale da perdita della vita non è indennizzabile dall'INAIL

03 Maggio 2022

Il danno biologico coperto dall'INAIL si riferisce esclusivamente alla menomazione permanente, assoluta o parziale, dell'integrità psico-fisica, che si protrae per tutta la vita e decorre dal giorno successivo a quello della cessazione dell'inabilità temporanea...
Massima

Il danno biologico coperto dall'INAIL si riferisce esclusivamente alla menomazione permanente, assoluta o parziale, dell'integrità psico-fisica, che si protrae per tutta la vita e decorre dal giorno successivo a quello della cessazione dell'inabilità temporanea. Esulano dal sistema assicurativo pubblico sia il "danno biologico temporaneo" che il "danno morale".

Il caso

Dall'esposizione dei fatti di causa operata dalla Corte di Cassazione si ricava che in conseguenza del decesso di un lavoratore, i suoi eredi agivano nei confronti dell'INAIL e dei presunti responsabili civili dell'infortunio mortale, chiedendo la loro condanna al risarcimento del danno non patrimoniale subito.

Il processo di primo grado si concludeva con la condanna dell'Istituto, il cui appello veniva poi accolto dalla Corte territoriale, che escludeva un obbligo dell'INAIL di corrispondere somme per titoli diversi o ulteriori rispetto all'indennità per inabilità temporanea per il periodo dall'infortunio al decesso, all'assegno funerario e alla rendita ai superstiti già riconosciuti. In particolare, il giudice del gravame accertava che il breve tempo intercorso tra l'infortunio ed il decesso non aveva consentito la stabilizzazione di una menomazione permanente per la quale solo è ipotizzabile la tutela indennitaria, una volta cessata l'inabilità temporanea.

Nel contempo, la Corte di Appello accoglieva l'appello avanzato nei confronti dei responsabili civili, condannati al risarcimento del danno biologico terminale, essendo trascorso un apprezzabile lasso di tempo tra l'infortunio e la morte.

Avverso la sentenza di appello gli eredi proponevano ricorso per cassazione, dolendosi sia della mancata condanna dell'INAIL, "quale soggetto giuridico nei confronti del quale richiedere il risarcimento del danno non patrimoniale da infortunio sul lavoro ("qualsiasi siano gli esiti") sia della quantificazione del danno biologico terminale.

La questione

La questione esaminata e decisa dalla Cassazione, oggetto della presente nota, è la seguente:

In caso di decesso di un lavoratore avvenuto in assenza di un consolidamento di postumi permanenti, gli eredi della vittima hanno diritto all'indennizzo da parte dell'INAIL per il danno non patrimoniale?

La soluzione giuridica

La Suprema Corte ribadisce che nell'attuale sistema assicurativo l'INAIL indennizza, quale unico pregiudizio di natura non patrimoniale, il danno biologico, inteso come “la lesione all'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona” (

art. 13, comma 1, D. Lgs. n. 38/2000

).

Poiché la Corte territoriale, osserva la Cassazione, aveva accertato che nel lasso di tempo intercorso tra l'infortunio e la morte non vi era stata "stabilizzazione" della lesione all'integrità psico-fisica, derivante dall'infortunio, correttamente aveva anche escluso il diritto all'erogazione della prestazione economica per il danno biologico (art. 13, comma 2, lett. a) - lett. b), D. Lgs. n. 38/2000), trasmissibile agli eredi.

Inoltre, la Cassazione ricava dal combinato disposto di cui agli artt. 13, D. Lgs. n. 38/2000 e 66, T.U. n. 1124/65 - che prevede le seguenti prestazioni economiche: l'indennità giornaliera per l'inabilità temporanea; una rendita per l'inabilità permanente, per gli eventi accaduti sino al 25 luglio 2000; l'assegno per l'assistenza personale continuativa; la rendita ai superstiti e l'assegno una volta tanto in caso di morte; le cure mediche e chirurgiche, compresi gli accertamenti clinici; la fornitura degli apparecchi di protesi - che l'Istituto non indennizza né il danno biologico temporaneo (Cass. n. 4972/2018; Cass. n. 20392/2018; Cass. n. 24474/2020) né il danno morale.

Pertanto, in caso di decesso del lavoratore l'INAIL non è legittimato ad indennizzare né il danno biologico terminale né il danno morale terminale o catastrofale o catastrofico, il cui ristoro grava esclusivamente sul responsabile civile se il decesso è la conseguenza di un fatto illecito.

Osservazioni

Non è la prima volta che la Cassazione respinge il tentativo di allargare le maglie della tutela sociale contro gli infortuni sul lavoro anche al pregiudizio non patrimoniale scaturito dal decesso di un lavoratore in conseguenza di un fatto illecito.

In precedenza, infatti, la Cassazione aveva escluso la tutela assicurativa del danno tanatologico, iure proprio o iure hereditario, vantato dagli eredi superstiti, trattandosi di un pregiudizio estraneo alla tutela sociale (Cass. 27 maggio 2009, n. 12326), come anche la pretesa di porre “a carico dell'INAIL l'indennizzo per il danno da "perdita del diritto alla vita", atteso che, venendo in questione un bene, quale la vita, diverso dalla salute, non ricorre la nozione di danno biologico recepita dal citato art. 13” (Cass. 4 novembre 2020, n. 24474).

A fondamento di quest'ultima decisione la Cassazione aveva esposto che la nozione di danno biologico recepita dalle disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni impedisce di considerare come tale il danno da perdita della vita, sia perché il danno tanatologico, nel caso in cui la morte segue le lesioni dopo breve tempo, riguarda il bene giuridico della vita che è diverso da quello della salute, sia perché detto bene non è fruibile se non dal titolare e deve escludersi la risarcibilità iure hereditatis, sia perché non può essere reintegrato per equivalente a causa della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo che impedisce il verificarsi di un danno biologico da invalidità permanente.

E' altrettanto pacifico che l'INAIL non indennizzi il danno biologico temporaneo, che rappresenta un danno complementare, il cui risarcimento non viene decurtato con gli importi erogati dall'Istituto per compensare il danno biologico; in tal senso si è espressa la giurisprudenza di legittimità allorquando è stata chiamata a verificare la correttezza del calcolo del danno differenziale quantitativo e qualitativo (Cass. 2 marzo 2018, n. 4972; Cass., ord. 1° agosto 2018, n. 20392; Cass. 2 aprile 2019, n. 9112; Cass. 8 aprile 2019, n. 9744; Cass. 20 aprile 2021, n. 10373; Cass. 27 settembre 2021, n. 26117).

La tutela sociale del danno biologico temporaneo e del danno morale, oggi definito danno da sofferenza soggettiva interiore (Cass. 10 novembre 2020, n. 25164), è impedita, allora, dalla norma contenuta nell'art. 13, comma 1, D. Lgs. n. 38/2000, che consente l'indennizzabilità solo della lesione all'integrità psico-fisica suscettibile di valutazione medico legale, esattamente del pregiudizio biologico statico, organico o d'apparato, che persiste alla stabilizzazione della lesione, con esclusione delle conseguenze e dei riflessi della menomazione di carattere soggettivo.

Ciò nonostante le vittime dell'infortunio, soprattutto quando dubitano che il responsabile civile possa onorare l'obbligazione risarcitoria, reputano ancora l'INAIL come un assicuratore della responsabilità civile, a cui rivolgere la domanda risarcitoria, come nel caso in esame.

Si tratta chiaramente di pretesa priva di fondamento, pur se le prestazioni economiche assicurate dall'Istituto conservano una natura indennitaria, essendo volte “a soddisfare, neutralizzandola in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria civilistica” (Cass. s.u. 22 maggio 2018, n. 12566).

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