Sulla prova nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo

04 Maggio 2022

Il focus approfondisce il tema del riparto dell'onere probatorio nell'ambito del procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo nella fase sommaria dinanzi al giudice dell'esecuzione.
Premessa

E' trascorso ormai un decennio da quando, con la l. 228/2012, è stata significativamente modificata la disciplina processuale dell'accertamento dell'obbligo del terzo, che è stato «dequalificato», almeno nella prima fase, ad incidente di esecuzione.

Il modello che ha seguito dal legislatore è, in sostanza, quello era stato già sperimentato dalla l. 80/2005, per le controverse distributive.

Infatti, l'art. 549 c.p.c. demanda, alla medesima stregua dell'art. 512 c.p.c., gli accertamenti a tal fine necessari al giudice dell'esecuzione, che decide con ordinanza opponibile ai sensi dell'art. 617 c.p.c.

L'art. 549 c.p.c. precisa espressamente che la decisione resa dal giudice dell'esecuzione sull'accertamento dell'obbligo del terzo ha effetti limitati al procedimento in corso, nonché per l'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione.

Dunque, tale ordinanza non è idonea al giudicato, assumendo, piuttosto, carattere sommario ed avendo finalità meramente esecutive, nel senso che ha il solo scopo di consentire il completarsi dell'iter processuale con l'emanazione del provvedimento di assegnazione (Colesanti, 1257), ferma la possibilità, conclusa la procedura, per il debitore di rimettere in discussione, nell'ambito di un giudizio ordinario di cognizione, il proprio obbligo nei confronti del terzo (cfr., in giurisprudenza, Cass. civ., 24 settembre 2019, n. 23644).

In passato, invece, a fronte dell'omessa dichiarazione del terzo pignorato ovvero della contestazione di tale dichiarazione, se il creditore manifestava l'intenzione di promuovere il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, il giudice dell'esecuzione concedeva, sospendendo il procedimento pendente dinanzi a sé, il relativo termine per incardinare lo stesso in sede di cognizione (Consolo-Merlin, 384). Solo dopo il passaggio in giudicato della decisione poteva essere riattivata l'esecuzione sospesa.

Oggetto dell'accertamento endo-esecutivo e onere della prova

Se, come appena evidenziato, nel sistema attuale, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione decide sull'accertamento dell'obbligo del terzo è inidonea al giudicato, ciò implica che non trovi più applicazione il principio sancito, all'esito di un ampio dibattito, dalle Sezioni Unite nel sistema previgente in ordine al c.d. duplice oggetto del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo (Giordano, 2016, 636 ss.; Vincre, 70). È opportuno ricordare, a riguardo, che le Sezioni Unite della Corte di cassazione avevano affermato che le questioni di giurisdizione sono ammissibili nell'ambito del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, previsto dall'art. 548 c.p.c., atteso che, pur essendo promosso dal creditore in forza di una propria legittimazione ad agire e non in via surrogatoria del debitore, non ha rilevanza limitata alla sola azione esecutiva, ma, anche per motivi di economia e celerità processuale richiesti dai principi del giusto processo ex art. 111 Cost., si conclude con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorità di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, è litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilità del credito pignorato all'espropriazione forzata, efficace nei rapporti tra creditore procedente ed il terzo debitor debitoris e come tale rilevante ai soli fini dell'esecuzione in corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale ex lege (tra le altre, Cass. civ., sez. un., 13 ottobre 2008, n. 25037; Cass. civ., sez. un., 18 febbraio 2014, n. 3773).

Se la finalità del procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo dinanzi al giudice dell'esecuzione è solo la conclusione “fruttuosa” della relativa procedura (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2022, n. 1170, in questa Rivista, con nota di L. Messina e, in relazione all'incidenza del fallimento del debitore, Cass. civ., 12 gennaio 2021, n. 272), deve infatti ritenersi che lo stesso procedimento verta esclusivamente sul diritto del creditore a procedere ad espropriazione forzata con riguardo ai beni pignorati e che, quindi, lo stesso agisca iure proprio (Saletti, 12; cfr. Cass., 9 ottobre 2018, n. 24867, in questa Rivista, con nota di L. Messina).

In realtà, occorre, ancor prima, interrogarsi, a fronte della laconicità della formulazione in parte qua dell'art. 549 c.p.c., secondo cui «il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo», se nel giudizio in esame operi il principio dispositivo.

Infatti, secondo un primo orientamento, affermato anche in giurisprudenza, dovrebbe ritenersi che nell'attività istruttoria il giudice sia "svincolato" dalle richieste delle parti.

Sul punto si è, in particolare, osservato che: a) l'art. 115 c.p.c., nella parte in cui stabilisce che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove richieste dalle parti fa salva una diversa previsione di legge, previsione che dovrebbe individuarsi nell'art. 549 c.p.c. nella parte in cui demanda al giudice il potere di compiere necessari accertamenti per la decisione incidentale sull'esistenza e l'ammontare del credito; b) il potere inquisitorio del giudice dell'esecuzione potrebbe desumersi dall'art. 185 disp. att. c.p.c. e dalla natura camerale del procedimento, avendo riguardo al tradizionale orientamento per il quale nell'assunzione di informazioni ex art. 738, ult. co., c.p.c. nell'ambito dei procedimenti in camera di consiglio il giudice sarebbe svincolato dall'osservanza del principio dell'onere della prova e del principio dispositivo (Trib. Milano, ord., 3 marzo 2014, in dejure.giuffre.it).

Più persuasivamente, un altro orientamento ritiene che non sono derogati nel procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo endoesecutivo né il principio dispositivo né le regole in materia di riparto dell'onere probatorio (Trapuzzano, 2014; in giurisprudenza, tra le altre, App. Ancona, sez. II, 15 dicembre 2021, n. 1369, in dejure.giuffre.it, secondo cui incombe sul creditore attore l'onere di provare l'entità del saldo complessivo del credito del debitore esecutato verso il suo creditore nel suo complessivo ammontare, atteso che tale giudizio ha la funzione di determinare l'oggetto del pignoramento, e quindi di accertare l'esistenza, i caratteri e la misura del credito del debitore nei confronti del terzo[RG1] ; Trib. Roma, sez. IV, 19 gennaio 2017, secondo cui nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo quando la prova dell'esistenza di un credito del debitore nei confronti del terzo, determinato nel suo ammontare, non è stata raggiunta, la domanda dell'attore non può trovare accoglimento, non avendo egli interesse ad un accertamento meramente generico dell'esistenza di una pretesa creditoria).

Occorre in proposito ricordare, innanzi tutto, che, in conformità al consolidato insegnamento della S.C. nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo spetta al creditore l'onere di provare il fatto costitutivo dell'obbligo del terzo, mentre quest'ultimo dovrà dimostrare di aver estinto la sua obbligazione prima del pignoramento, con la conseguenza del venir meno dell'esistenza del credito supposta dal pignorante (Cass. civ., 18 novembre 2010, n. 23324; sempre con riferimento all'assetto ante riforma del 2012, v., più di recente, Cass. civ., 11 maggio 2021, n. 12349, in questa Rivista, con nota di Cicalese; Cass. civ., 19 aprile 2018, n. 9624).

Come si è già evidenziato che deve oggi ritenersi operante il principio per il quale in tema di esecuzione presso terzi, il creditore procedente non agisce in nome e per conto del proprio debitore ma iure proprio e nei limiti del proprio interesse, poiché il giudizio di accertamento attiene al solo credito fatto valere in sede esecutiva, non venendo più in rilievo, diversamente dal passato, la consistenza dell'originario rapporto debito-credito, almeno con potenziale efficacia di giudicato.

Ne deriva che, poiché il creditore agisce in virtù di un diritto proprio alla soddisfazione in sede esecutiva resteranno ferme le regole generali in tema di riparto dell'onere probatorio tra le parti di cui all'art. 2697 c.c., pur declinate secondo le peculiarità che caratterizzano l'ambiente esecutivo nel quale le relative controversie si svolgono (Giordano, 2016, 636 ss.).

Poteri istruttori d'ufficio del giudice dell'esecuzione

Se non crediamo possano esservi spazi per una deroga al principio dispositivo, il giudice dell'esecuzione potrà comunque disporre, a prescindere dalle istanze delle parti onerate della relativa prova, gli accertamenti che, eccezionalmente, sono demandati, anche nel processo di cognizione, ai poteri officiosi dell'autorità giudiziaria, come, ad esempio, la consulenza tecnica d'ufficio o la richiesta di informazioni alla P.A.

La circostanza che il procedimento si svolge in camera di consiglio comporta, inoltre, che il giudice dell'esecuzione sia senz'altro svincolato dalle regole processuali del giudizio ordinario di cognizione nello svolgere i relativi accertamenti e che quindi possa esservi una piena deformalizzazione istruttoria (Tota, 290), ad esempio, mediante l'assunzione non soltanto di prove tipiche secondo modalità atipiche quanto, altresì, di prove atipiche purché non illegittime.

Mezzi di prova

Per altro verso, occorre chiedersi quali siano i mezzi di prova che possono trovare ingresso nel procedimento incidentale di accertamento dell'obbligo del terzo di fronte al giudice dell'esecuzione.

Prima della riforma di cui alla l. 228/2012, assumeva peculiare rilevanza, per il creditore, l'interrogatorio formale del terzo pignorato, strumento che consentiva di pervenire a una decisione favorevole alla domanda del creditore anche a fronte di una condotta non collaborativa del terzo. In pratica, si riteneva comunemente che in tema di accertamento dell'obbligo del terzo, qualora quest'ultimo si sottragga all'interrogatorio formale ammesso e ritualmente notificatogli con l'indicazione dell'udienza ove lo stesso doveva essere reso, il giudice, da tale comportamento, può ricavarne gli effetti di cui agli artt. 548, secondo comma, e 232 c.p.c., ritenendo accertati i fatti in guisa di ficta confessio e la sussistenza tra il debitore esecutato ed il terzo di un rapporto di credito (Trib. Nocera Inferiore, Sez. Lav., 4 novembre 2010, n. 1690, in www.dejure.it) ovvero allo stesso quantum debeatur in misura non inferiore all'importo pignorato (Trib. Torre Annunziata, 28 maggio 2006, in Guida al dir., 2006, n. 36, 63).

Nondimeno, poiché oggi il procedimento in esame costituisce un incidente dinanzi al giudice dell'esecuzione, considerati i limitati effetti della decisione, non possono essere ammessi mezzi di prova che implicano la disposizione del diritto fatto valere.

In altre e più chiare parole, la circostanza che sia stato precisato che, a seguito della riforma di cui alla l. 228/2012, l'ordinanza non ha effetti di giudicato sul rapporto nonché lo stesso ambiente esecutivo nel quale si svolgono gli accertamenti comportano che non possano essere ammessi mezzi di prova legali come confessione e giuramento: quest'ultima, peraltro, appare l'unica reale limitazione.

Vi è dunque che ampio spazio può essere dato alle produzioni documentali, anche contenenti dichiarazioni di terzi informati sui fatti, in ragione della deformalizzazione del procedimento (cfr. Saletti, 13 ss.; Giordano, 1640).

Su richiesta di parte, il giudice dell'esecuzione potrà, poi, ricorrendone i presupposti, ordinare l'esibizione di documenti ex art. 210 c.p.c. (Farina, 245). Potranno inoltre essere disposte consulenze tecniche (ad esempio di carattere contabile per il corretto computo degli interessi), anche d'ufficio, purché non aventi finalità meramente esplorativa e volte ad eludere il rispetto delle regole in tema di riparto dell'onere della prova (cfr. Trib. Bari, Sez. II, 20 giugno 2012, n. 2270, in www.dejure.it). Inoltre potranno essere espletate prove costituende, ascoltando testimoni e disponendo l'interrogatorio libero, pur con le modalità proprie di un'istruttoria deformalizzata (contra, autorevolmente, rispetto alle controversie distributive, Capponi, 1761).

Riferimenti
  • Colesanti, Novità non liete per il terzo debitore (cinquant'anni dopo!), RTPC, 2013, 1255;
  • Saletti, Le novità dell'espropriazione presso terzi, in REF, 2013, 8 ss.;
  • Capponi, L'opposizione distributiva dopo la riforma dell'esecuzione forzata, in Corr. Giur., 2006, 1760 ss.;
  • Carratta, Riforma del pignoramento presso terzi e dell'accertamento dell'obbligo del terzo, in GI, 2014, 1029;
  • Consolo-Merlin, Profili relativi all'interpretazione sistematica dell'art. 549 c.p.c., in REF, 384;
  • Farina, L'espropriazione presso terzi dopo la legge n. 228 del 24 dicembre 2012, RTPC, 2014, 235;
  • Giordano, Considerazioni sul procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo, in REF, 2016, n. 4, 636;
  • Tota, Individuazione e accertamento del credito nell'espropriazione forzata presso terzi, Napoli, 2014, spec. 261-318;
  • Trapuzzano, L'espropriazione presso terzi: impugnazione degli effetti della mancata dichiarazione e contestazione della dichiarazione, in Giustiziacivile.com, 2014;
  • Vincre, Brevi osservazioni sulle novità introdotte dalla l. 228/2012 nell'espropriazione presso terzi: la mancata dichiarazione del terzo (art. 548 c.p.c.) e la contestazione della dichiarazione (art. 549 c.p.c.), in REF, 2013, 53 ss.

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