Effetti del fallimento delle società di persone sui soci illimitatamente responsabili

05 Maggio 2022

I soci illimitatamente responsabili sono esclusi di diritto ex art. 2288 c.c. anche nel caso di fallimento della società di persone di cui siano soci?

I soci illimitatamente responsabili sono esclusi di diritto ex art. 2288 c.c. anche nel caso di fallimento della società di persone di cui siano soci?

L'esclusione di diritto del socio dichiarato fallito, prevista dall'art. 2288 c.c., mira a preservare la società dagli effetti dell'insolvenza personale del socio e non opera nell'ipotesi in cui il fallimento del socio sia effetto di quello della società, in forza della responsabilità illimitata del primo per le obbligazioni della seconda.

Le società di persone previste dal codice sono di tre tipi: la società semplice (che non svolge attività commerciale), la società in nome collettivo e la società in accomandita semplice. Il legislatore ha disciplinato i tre tipi societari adottando una tecnica normativa cosiddetta “a cascata”: ha dettato una disciplina generale per la società semplice e poche e specifiche norme per la società in nome collettivo e per la società in accomandita semplice, aggiungendovi il richiamo alle norme del tipo precedente. Tra le caratteristiche comuni ad ogni tipo societario vi è, oltre alla caratteristica consustanziale dell'intuitus personae, la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali di almeno un socio.

Orbene, l'art. 2288 c.c. prevede, al primo comma, che è escluso di diritto il socio che sia dichiarato fallito. L'art. 382, comma 2, CCI (D.Lgs. 14/2019 come modificato dall'art. 39, comma 2, D.Lgs. 147/2020, cd. decreto correttivo), ha modificato tale comma disponendo che è escluso di diritto il socio nei confronti del quale è stata aperta o al quale è stata estesa la procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata.

La norma del codice civile, in entrambe le versioni, mira a tutelare la società dall'insolvenza del socio, in considerazione proprio delle caratteristiche personali che questi devono possedere per farvi parte. Del resto, fin dalla vigenza del vecchio codice di commercio la dottrina ha dato fondamentale rilievo alla solvibilità dei soci (l'intuitus personae, che è una delle caratteristiche distintive delle società di persone rispetto alle società di capitali, viene in rilevo anche e soprattutto per questo) talchè, “ha parte principale la considerazione delle persone e della loro solvibilità, perché tutti i soci sogliono collaborare all'amministrazione, e perché ognuno di essi deve sopperire col suo patrimonio alle eventuali deficienze del patrimonio sociale e del patrimonio particolare degli altri soci. La illimitata responsabilità che sta sempre sospesa sopra di loro ne accresce l'attività, la prudenza, la vigilanza, ed è eccitamento di progressi tecnici e economici(C. Vivante, Trattato di Diritto Commerciale, Vol. II, Le società commerciali, Milano, 1935, 91).

La Corte di Cassazione, intervenuta sul punto, ha precisato che l'esclusione di diritto del socio che sia dichiarato fallito, prevista dall'art. 2288 c.c., tende a preservare la società in bonis dagli effetti dell'insolvenza personale del socio e non opera, quindi, nell'ipotesi in cui il fallimento del socio sia effetto di quello della società, in forza della responsabilità illimitata del primo per le obbligazioni della seconda. Il fallimento delle società di persone, dunque, non determina lo scioglimento del vincolo sociale (cfr. Cass. civ., sez. I, 1° luglio 2008, n. 17953; Cass. civ., sez. I, 20 maggio 1975, n. 1991). Anche la giurisprudenza di merito (in specie, Trib. Palermo 6 aprile 2004 – sent.) ha sostenuto che l'art. 2288, 1º comma, c.c., che prevede l'esclusione dalla società del socio dichiarato fallito, trova applicazione esclusivamente nell'ipotesi in cui il socio stesso sia stato dichiarato fallito come esercente di un'impresa commerciale individuale o nella sua qualità di socio illimitatamente responsabile di un'altra società commerciale divenuta insolvente, ma non anche quando sia stata l'insolvenza della società (poi tornata in bonis) a coinvolgere nel fallimento il socio, in ragione dell'assunzione da parte sua della responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali.

In conclusione, dunque, l'esclusione di diritto del socio che sia dichiarato fallito, prevista dall'art. 2288 c.c., mirando a preservare la società dagli effetti dell'insolvenza personale del socio, non opera nell'ipotesi in cui il fallimento del socio sia effetto di quello della società, in forza della responsabilità illimitata del primo per le obbligazioni della seconda.

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