Le conseguenze della decisione fondata unicamente sulla mancata risposta all'interrogatorio formale
04 Maggio 2022
La Corte di cassazione ha affrontato la questione della legittimità di una decisione del giudice dell'esecuzione fondata unicamente sulla mancata risposta all'interrogatorio formale, in assenza di una valutazione del corredo probatorio presente agli atti.
La vicenda si poneva nell'ambito di un giudizio di pignoramento presso terzi promosso da una società nei confronti dell'ASL nell'ambito del quale quest'ultima rendeva la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., asserendo che le fatture emesse nei suoi confronti non corrispondevano ad un credito sottostante.
Alla richiesta del creditore procedente di assegnare i crediti pignorati, il giudice dell'esecuzione procedeva all'accertamento previsto dall'art. 549 c.p.c. e, su istanza del creditore, disponeva l'interrogatorio formale del legale rappresentante della ASL, il quale non compariva all'udienza fissata a tale scopo.
Il giudice dell'esecuzione riteneva accertato parzialmente il credito e disponeva con ordinanza la sua assegnazione, avverso la quale la ASL proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c., la quale veniva sospesa dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 618 c.p.c.
A seguito dell'introduzione del giudizio di merito da parte degli eredi del debitore, il Tribunale, respinte le istanze istruttorie avanzate dalle parti, con la sentenza, rigettava l'opposizione ex art. 617 c.p.c. e accertava il debito di Euro 110.451, 95 della ASL.
La ASL proponeva ricorso per cassazione denunciando la violazione dell'art. 232 c.p.c., in relazione all'art. 111 Cost., per avere il giudice di merito attribuito piena efficacia probatoria all'interrogatorio formale, affermando l'insussistenza di altri elementi dai quali desumere ulteriori elementi di prova, e così', ignorando totalmente la documentazione, volta a dimostrare l'insussistenza del credito, presentata dalla ASL (le cui istanze di prova testimoniale erano state respinte).
La Corte ha ritenuto fondato il ricorso, evidenziando che l'art. 232 c.p.c. - secondo consolidata giurisprudenza di legittimita' - non ricollega automaticamente all'omessa risposta all'interrogatorio formale o alla mancata comparizione della parte l'effetto della confessione, ma da' solo la facolta' al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, pero', nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova (ex multis, Cass. civ., n. 9436/2018).
In altri termini, anche quando ricorrono i presupposti per l'applicazione dell'art. 232 c.p.c., il giudice non puo' prescindere dall'intero corredo probatorio a sua disposizione, ne' puo' rifugiarsi in un'apodittica affermazione circa l'insussistenza di altri elementi contrastanti, quando gli stessi non sono stati nemmeno apparentemente.
Nella fattispecie esaminata, la stringata motivazione della sentenza - interamente basata sulla mancata comparizione della ASL all'udienza fissata per rendere l'interrogatorio formale - e' priva di un supporto argomentativo idoneo a dimostrare che il giudice abbia compreso ed esaminato le doglianze dell'opponente e le risultanze probatorie dalla stessa indicate e che, in definitiva, abbia effettivamente valutato, come richiesto dall'art. 232 c.p.c., "ogni altro elemento di prova" a sua disposizione.
Per gli indicati motivi, la Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale in diversa composizione. |